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Revisione ed aggiornamento delle linee guida sulla ... - Anmco

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R Mariotti, F Mauri - Linee <strong>guida</strong> dell’infarto miocardico acutoquesta prognosi già buona non può essere ulteriormentemigliorata con un intervento di rivascolarizzazione,pertanto la coronarografia è inopportuna (evidenza ditipo C). I pazienti che presentano queste caratteristichepossono essere dimessi e rivalutati dopo 3-4 settimane(evidenza di tipo C).Anche se spesso esiste una certa riluttanza ad eseguireuna prova da sforzo precoce per il timore di complicazioni,tale timore non è giustificato dai fatti. In unostudio sistematico, eseguito in 570 centri, l’incidenza dicomplicanze gravi durante prova da sforzo massimaleeseguita 1 settimana dopo l’infarto, risultò solo dello0.19% per un esame massimale e solo dello 0.10% perun esame sottomassimale 129 .Ristratificazione prognostica dei pazienti dimessi. Èopportuno rivalutare i pazienti infartuati 3-4 settiman<strong>ed</strong>opo la dimissione. Se il paziente continua ad esser<strong>ed</strong>el tutto asintomatico e la prova da sforzo eseguita primadella dimissione aveva raggiunto almeno il 70%della frequenza teorica massima e/o un carico ≥ 6METS non è necessario ripetere nessun esame diagnostico.Se invece il paziente lamenta episodi anginosi tipiciricorrenti e/o prolungati in presenza di terapia ottimale,è opportuno un ricovero imm<strong>ed</strong>iato per eseguire coronarografia.Se, infine, il paziente lamenta episodi anginosi tipici,ma infrequenti, non prolungati e prevalentemente dasforzo, è opportuno ripetere una prova da sforzo e <strong>sulla</strong>base di questa decidere se consigliare un esame coronarografico(se la prova da sforzo è positiva a basso carico)o incrementare la terapia antianginosa. È opportunoripetere il test anche in quei pazienti con frazione dieiezione > 45% in cui durante prova da sforzo pr<strong>ed</strong>imissionenon si sviluppava ischemia, ma non era statoraggiunto un carico sufficientemente elevato (≥ 6METS).LA MOBILIZZAZIONE E LA RIABILITAZIONEIntroduzioneL’esercizio fisico aumenta l’estensione del dannoischemico miocardico in presenza di riduzione del flussocoronarico. Questa osservazione, confermata da studiin modelli di ischemia e infarto sperimentali, costituisceil presupposto fisiopatologico per il riposo a lettonei pazienti con IMA.La durata dell’allettamento che per anni è stata di 3-6 settimane, si è progressivamente ridotta negli ultimi20 anni a seguito di alcuni studi che hanno dimostratola sicurezza <strong>ed</strong> i vantaggi psicofisici della mobilizzazioneprecoce del paziente con IMA. La realtà del nostropaese è tuttavia ancora caratterizzata da tempi m<strong>ed</strong>idi degenza per l’IMA eccessivamente lunghi e dauna ridotta sensibilità per la mobilizzazione precoce.La prolungata immobilità a letto produce numerosieffetti negativi quali aumento del rischio di trombosivenosa agli arti inferiori, ipotensione ortostatica, decondizionamentomuscolare, riduzione della capacitàaerobica con conseguente facilitazione dell’insorgenzadi ischemia miocardica per minimi sforzi. La mobilizzazioneprecoce è in grado di prevenire questi eventisfavorevoli, come dimostrato da una minore incidenzadi complicanze maggiori quali recidiva infartuale, emboliapolmonare e mortalità nei pazienti mobilizzatiprecocemente. Di qui la necessità di programmare la ripresadell’attività fisica non appena possibile. Contro laricchezza di dati disponibili per i problemi prec<strong>ed</strong>entementetrattati la letteratura fornisce in merito alla mobilizzazioneinformazioni concernenti pochi punti essenzialie non certamente degli schemi comprovati, percui qui di seguito verranno date semplici indicazionibasate più sulle consuetudini e sull’esperienza dei singolicirca i tempi e gli schemi per la mobilizzazione, las<strong>ed</strong>e di esecuzione dei primi esercizi <strong>ed</strong> i controlli clinicida esercitare.Non sono oggetto della presente trattazione i programmidi riabilitazione postdimissione, peraltro giàben trattati da altre <strong>linee</strong> <strong>guida</strong>.Tempi e gradualità per la mobilizzazioneAttualmente la mobilizzazione del paziente conIMA inizia dopo 24 ore dall’ingresso in UTIC nell’IMAnon complicato, oppure 24 ore dopo la risoluzione <strong>delle</strong>complicanze maggiori, rappresentate da: shock cardiogeno;scompenso cardiaco congestizio grave; persistenzadi dolore toracico di tipo ischemico; aritmie ventricolarigravi (TV e FV recidivanti); iperpiressia> 39°C.La mobilizzazione del paziente con IMA deve esseregraduale, correlata con l’andamento clinico e prev<strong>ed</strong>evari stadi. La celerità con cui si passa da uno stadioall’altro è variabile <strong>ed</strong> è definita secondo differenti programmidi mobilizzazione in base alle caratteristich<strong>ed</strong>el singolo paziente. Vengono suggeriti tre programmiprincipali in base alla durata dei singoli stadi:1. programma rapido per i pazienti con IMA non complicato;2. programma interm<strong>ed</strong>io per i pazienti con IMA estesosenza segni di riperfusione miocardica e/o con severadisfunzione ventricolare sinistra e/o con scompensosubclinico in fase acuta e per i pazienti con recidiva infartuale;3. programma lento per i pazienti con complicanzemaggiori in fase acuta.A titolo di esempio vengono presentati due programmidi mobilizzazione rapida e m<strong>ed</strong>ia (Tabb. V eVI).Il primo è adatto, in sostanza, ai soggetti con veloceregressione del dolore, con segni clinici o strumentalidi riperfusione miocardica, senza alcuna complicanza.543

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