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Revisione ed aggiornamento delle linee guida sulla ... - Anmco

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Ital Heart J Suppl Vol 2 Maggio 2001dei soggetti colpiti da IMA e i recenti avanzamenti terapeuticine hanno ulteriormente abbattuto in mododrastico la mortalità, che nell’ultimo studio GISSIoscilla intorno a valori dell’8%. Le principali determinantidella prognosi a breve termine in questa popolazionerisultano legate:a) all’estensione della necrosi, e quindi alla compromissionepiù o meno marcata della funzione di pompa;b) all’instabilità della lesione coronarica che si manifestacon la persistenza o con la precoce ripresa dei segnidi ischemia miocardica;c) all’instabilità elettrica, a sua volta condizionata anch<strong>ed</strong>alla compromissione di pompa;d) a fattori quali l’età avanzata o il sesso femminile, nonmodificabili, e caratterizzanti sottopopolazioni a rischioparticolarmente elevato.In sintesi, quindi, dagli studi epidemiologici e daigrandi trial clinici di intervento emergono due aspetti:• da un lato la morte improvvisa, per lo più dovuta a instabilitàelettrica acuta, è concentrata nelle prime or<strong>ed</strong>all’esordio dell’infarto, durante l’evoluzione inizial<strong>ed</strong>el processo di ischemia-necrosi;• dall’altro lato, dopo il ricovero in osp<strong>ed</strong>ale, il destinodell’infartuato è condizionato dalla gravità del dannomiocardico e dalla sua evoluzione, oltre che dall’imprev<strong>ed</strong>ibileevoluzione a breve termine della patologiadella placca aterosclerotica coronarica.Dalla prima osservazione emerge la necessità chepersonale qualificato e dotato di mezzi idonei prenda incarico il più celermente possibile il soggetto colpito daIMA, poiché ancora oggi è elevata la mortalità primadel ricovero in UTIC. A proposito del secondo puntoinvece nuovi metodi di lavoro e soprattutto di collaborazionetra i diversi centri hanno portato a risultati pregevoli.I risultati conseguiti in Unità di Terapia IntensivaCoronaricaA partire dagli anni ’80 i responsabili <strong>delle</strong> UTIC,spinti dalla necessità di individuare gli interventi farmacologicipiù efficienti da utilizzare in un periodo ditempestosa evoluzione della malattia, hanno adottatocome metodo formidabile quello della realizzazione distudi controllati multicentrici. Solo in questa maniera èstato possibile sperimentare, saggiare e giudicare l’efficaciadei possibili interventi terapeutici con una rapiditàe affidabilità senza prec<strong>ed</strong>enti. Tale metodo di lavorosi è rivelato positivo non solo ai fini del raggiungimentodi risultati affidabili, ma anche perché ha permessodi diffondere in breve periodo strategie di terapiam<strong>ed</strong>ica o interventistica, che altrimenti avrebbero potutodiventare operative in un lasso di tempo più lungo.Vale la pena di citare le più importanti innovazioniterapeutiche insieme ai vantaggi prodotti.L’introduzione dei betabloccanti come pratica diroutine ha seguito la pubblicazione degli studi MIAMIe ISIS-1 10,11 che hanno vinto le diffidenze suscitate daun trattamento ritenuto responsabile in prima istanza diuna possibile ulteriore caduta della contrattilità cardiaca,in un momento già impegnativo per il cuore, documentandola riduzione dell’estensione dell’infarto, <strong>delle</strong>aritmie ventricolari maligne e della mortalità globale<strong>ed</strong> in particolare della rottura di cuore.L’introduzione del trattamento fibrinolitico ha modificatosostanzialmente il primo approccio al soggetto conIMA, consacrando definitivamente l’importanza di rimuovereil trombo occlusivo, intervenendo direttamentesui processi emocoagulativi locali. Nello stesso senso vala dimostrazione dell’efficacia dell’aspirina 12,13 .L’introduzione del trattamento con ACE-inibitori, apartire dal raggiungimento di un’accettabile stabilizzazioneclinica, ha permesso di modificare l’evoluzion<strong>ed</strong>ella geometria del ventricolo sinistro, riducendo l’espansion<strong>ed</strong>ella regione dell’infarto e la dilatazione global<strong>ed</strong>ella camera e prevenendo sul piano clinico la frequenzadegli episodi di insufficienza cardiaca e dellamortalità ad essa connessa 14,15 .In questo modo si è potuto assistere ad una riduzioneprogressiva della morbilità e della mortalità per IMA.Prima dell’apertura <strong>delle</strong> UTIC, negli anni ’60, la mortalitàosp<strong>ed</strong>aliera era del 25-30% 16 . A partire dal 1960 laprognosi a breve termine è progressivamente migliorata,sino a giungere ad una m<strong>ed</strong>ia del 16%, prima dell’usodiffuso della fibrinolisi 17-21 . Gli studi GISSI hanno permessodi descrivere l’evoluzione della prognosi dei soggetticolpiti da IMA e ricoverati presso le UTIC italiane22 . Nonostante l’incremento della popolazione a maggiorrischio (pazienti di età più avanzata e di sesso femminile)la mortalità osp<strong>ed</strong>aliera si è ulteriormente ridottasia nella popolazione generale che, soprattutto, nei soggettiche, arruolati nei diversi studi clinici, sono stati sottopostiai trattamenti raccomandati (per esempio dalGISSI-3 emerge che la mortalità è del 6% circa nei soggettitrattati con ACE-inibitori) 14 .L’ulteriore miglioramento dell’efficacia fibrinoliticadei farmaci e <strong>delle</strong> terapie antitrombotiche è l’oggetto dinumerosi studi appena completati o ancora in corso. Adessi si vanno aggiungendo gli studi multicentrici tendentia documentare l’efficacia di un intervento meccanicocome l’angioplastica coronarica (PTCA), appannaggiosinora di centri di élite, dotati di strumenti di elevatatecnologia e di un’efficienza organizzativa tale dagarantire le prestazioni del laboratorio di emodinamicain tempi utili per una significativa riduzione del dannoischemico. Dagli studi in corso sembrerebbe che la mortalitàosp<strong>ed</strong>aliera nei soggetti trattati possa essere ulteriormentemigliorata e portata al di sotto del 5% 23 .L’attuale struttura e organizzazione <strong>delle</strong> unitàoperative di cardiologiaRecentemente l’ANMCO e la SIC in una propostacongiunta per la “Struttura e Organizzazione Funziona-512

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