P R I V A C Yrestrittive, è stata accolta l’impostazione delGarante per quanto riguarda l’identificazione<strong>dei</strong> dati personali e la nozione di banca dati.Permane un arretrato, già segnalato lo scorsoanno: non è stata ancora data specificarisposta a 3454 tra segnalazioni e richieste.Questo problema può essere ora affrontatoin modo più adeguato grazie alla costituzionedi un apposito ufficio, al quale verrà destinatagran parte del nuovo personale, perrendere possibile l’eliminazione di questoarretrato in tempi brevi. È bene tener presente,ad ogni modo, che si tratta di un arretratoche riguarda l’intero quadriennio passato, sìche la sua incidenza sul numero complessivodi ricorsi, segnalazioni, reclami e richiesteammonta al 2.8%.Un ritardo si è manifestato anche nell’inserimentodelle notificazioni nel Registro generale<strong>dei</strong> trattamenti. Delle 297.500 notificazioniricevute, 270.000 sono state già inseritenel Registro e sono consultabili. Per quantoriguarda le altre, è stato stipulato uncontratto che consentirà di eliminare l’arretratoentro settanta giorni e, quindi, di inserirele nuove notificazioni nel registro <strong>dei</strong> trattamentilo stesso giorno in cui verranno ricevute.Dal prossimo autunno cominceranno afunzionare la biblioteca ed il centro di documentazione.Queste strutture, che raccoglierannoil più ricco materiale esistente in Italiaper lo studio <strong>dei</strong> rapporti tra tecnologie e diritti,saranno aperte al pubblico.Alcune questioni aperteIl lavoro complessivamente svolto dal Garantesuggerisce anche una serie di valutazioniqualitative, dalle quali trarre indicazioni perl’attività futura, per offrire al Parlamentoelementi di valutazione e per segnalare alGoverno “l’opportunità di provvedimentinormativi richiesti dall’evoluzione del settore”,come prevede l’art. 31 della legge.Abbiamo in più occasioni segnalato l’omessaconsultazione del Garante in casi esplicitamenteprevisti dalla legge, e lo abbiamoripetutamente fatto presente alla Presidenzadel Consiglio. Ci auguriamo che la Presidenzavoglia richiamare i ministeri al rispetto ditale norma, anche per evitare l’invalidità degliatti emanati.Non sottolineiamo questo fatto lamentando laviolazione del prestigio del Garante. La nostraconsultazione serve ad assicurare che inprocedimenti che incidono - lo ripeto - su undiritto fondamentale del cittadino possa trovareespressione il punto di vista dell’organo alquale è istituzionalmente affidata la cura ditale interesse. Peraltro, nella grandissimamaggioranza <strong>dei</strong> casi in cui è stata richiesta,anche informalmente, la collaborazione delGarante, questa si è svolta in un clima cheha consentito un miglioramento, talvolta decisivo,<strong>dei</strong> provvedimenti in questione.Mi limito a ricordare i casi del “registro nazionale”dello stato civile e della proposta dicostituzione di un’anagrafe unica degli italiani,del processo civile telematico, dellacentrale rischi della Banca d’Italia. In altricasi, l’aver trascurato i suggerimenti delGarante ha provocato conseguenze negative,com’è avvenuto per la tessera elettorale.Segnaliamo al Governo alcune questioniaperte, mantenendo piena, come in passato,la nostra offerta di collaborazione:rimane negativo il quadro delle garanzie peralcune banche dati riguardanti il Welfare, inparticolare per quanto riguarda il riccometro,il sanitometro, il Sistema Informativo Lavoro;Diritto di cronacae diritto alla privacy:gli interventi del Garante nel 2000Attività giornalistica e rispIn diverse circostanze, il Garante ha dovuto ribadire la necessitàdi applicare la normativa – in ampia parte di caratterespeciale – dettata con riguardo ai trattamenti di dati personalisvolti nell’ambito dell’attività giornalistica. Così, ad esempio,nel dichiarare infondato un ricorso presentato controalcune importanti testate nazionali da parte di una testimoneall’interno di un procedimento penale per gravi reati(Provv.del 3 luglio 2000), l’Autorità ha chiarito che il trattamentodoveva essere valutato alla luce di quanto dispostodall’art. 25 della legge n. 675/1996 e dal codice di deontologiarelativo al trattamento <strong>dei</strong> dati personali nell’eserciziodell’attività giornalistica (Provv. del 29 luglio 1998, in G.U. del3 agosto 1998).Pertanto, quando gli articoli o i servizi pubblicati costituisconouna legittima espressione del diritto di cronaca, magariin relazione – come nel caso di specie – a delicate indaginivolte ad appurare l’attendibilità di una testimone (l’interessata)e di sue rilevanti dichiarazioni ai fini processuali, e il trattamentoè finalizzato ad informare l’opinione pubblica suglisviluppi di una vicenda che ha richiamato l’attenzione a livellonazionale, nel rispetto dell’essenzialità dell’informazionee della pertinenza <strong>dei</strong> dati riferiti, lo stesso trattamento deveconsiderarsi legittimo.In tal caso, quindi, non può invocarsi il mancato conferimento,da parte dell’interessata, del preventivo consenso al trattamento<strong>dei</strong> dati, essendo questo esplicitamente esclusodalle disposizioni appena richiamate. Ciò, anche quandoattraverso gli articoli e le trasmissioni vengano diffusi dati dicarattere sensibile, essendo anche in questa ipotesi consentitoprescindere dal consenso, naturalmente ove sia rispettatoil limite posto al diritto di cronaca dall’essenzialitàdell’informazione e si evitino riferimenti a congiunti o ad altrisoggetti non interessati ai fatti (art. 5 del citato codice deontologico).Argomentazioni analoghe hanno fondato la decisione originatada un ricorso – poi dichiarato infondato – presentato daalcuni consiglieri di amministrazione, dirigenti e giornalisti diuna delle principali aziende radiotelevisive nazionali chelamentavano l’avvenuta pubblicazione su un quotidiano diuna serie di articoli in cui venivano evidenziate asseriteappartenenze politiche degli stessi, nonché rapporti e relazionipersonali (amichevoli od ostili) esistenti all’interno dell’a-SentenzadellaCassazioneRodotà può ordinare a de Bortoli:“Correggi quella notizia sbagliata”La legge sulla tutela <strong>dei</strong> datipersonali non si applica soloagli archivi elettronici, maanche all’informazione giornalistica,E, pertanto, ilGarante per la protezione<strong>dei</strong> dati personali può ordinareal direttore di un giornalela rettifica di informazionilesive dell’identità di unapersona. È questo il filo conduttoredella sentenza8889/<strong>2001</strong> con la quale laprima sezione civile dellaCassazione (presidenteCarnevale) ha annullata unasentenza del tribunale diMilano.L’intervento del Garante, avvenutonell’aprile ‘99, erastato provocato dal ricorsodella signora Maria TeresaValoti, vedova Olcese, laquale aveva chiesto che negliarticoli di cronaca pubblicatisul Corriere della Serala definizione di “signoraOlcese” venisse attribuita alei e non anche alla primamoglie di Vittorio Olcese,Giuliana De Cesare.Il Garante aveva, successivamente,imposto all’editoree al direttore del Corrieredella Sera di cessare il“comportamento illegittimo”rettificando la registrazioneo, comunque, la trattazione<strong>dei</strong> dati personali della ricorrentein modo tale da “individuarecorrettamente con l’espressionesignora Olcesesoltanto la ricorrente MariaTeresa Valoti anziché la signoraGiuliana De Cesare”,nonché di divulgare la rettificacon la pubblicazione diun comunicato sul quotidiano.Il Tribunale di Milano, condecisione del 14 ottobre1999, ha accolto l’opposizione,annullando il provvedimentoemesso dalGarante. Nella motivazionedella decisione il Tribunale,ha osservato, tra l’altro, chela direttiva della CommissioneEuropea 95/46/CE, inbase alla quale è stata approvatadal nostro Parlamentola legge 675/96, circoscrivein modo inequivocabileil proprio ambito diapplicazione al trattamento<strong>dei</strong> dati personali comunquedestinati all’archiviazione epertanto non concerne leinformazioni diffuse dai giornali:ciò deve indurre, secondoil Tribunale ad interpretarein senso restrittivo la portatadella legge n. 675/96,anche per evitare che la suaapplicazione si ponga incontrasto con l’articolo 21della Costituzione, che tutelala libertà di informazione.Il Tribunale, inoltre, ha ritenutoche la diffusione di talinotizie rientri nell’eserciziodel diritto di cronaca e che ilprovvedimento del Garantesi sia posto in contrasto conl’articolo 21 dellaCostituzione, che “pone allapubblica autorità il divietoassoluto di adottare provvedimentidiretti ad esercitarecontrolli o assensi preventivisul contenuto delle pubblicazioni”.La portata della legge n.675/1996 – ha affermato laCorte di Cassazione – nonè limitata all’archiviazionedelle informazioni nelle banchedati; l’attenzione che lalegge dedica a tali banche,e dunque a quel particolaretrattamento che consistenella elaborazione ai fini diarchiviazione per un successivouso, si giustifica conla considerazione di comuneesperienza della rapiditàdi tale uso da parte di chiaccede all’archivio. “Il vantaggiodell’archiviazione –ha osservato la Corte – èper l’appunto di consentirela disponibilità immediata,all’occorrenza, di un datoda adoperare ai più svariatifini; pertanto l’attenzionedella legge all’archiviazionenon può essere consideratafine a se stessa, bensì adimpedire la diffusione delleinformazioni scorrette. Diconseguenza – ha affermatola Corte – qualunque trattamento,anche quello giornalistico,dell’informazione,e non soltanto quello direttoalla conservazione in archivio,deve avvenire nel rispetto<strong>dei</strong> principi stabilitidall’articolo 1 della legge n.675 del 1996, che tutela i dirittifondamentali e la dignitàdelle persone, con particolareriferimento alla riservatezzaed all’identità personale”.Il potere, attribuito dalla leggeal Garante, di disporre larettifica di informazioni giornalistiche– ha affermato laCorte – non si pone in contrastocon l’articolo 21 dellaCostituzione, “che vieta ogniintervento censorio”: altro è,infatti, un ordine o un poteredi inibitoria alla pubblicazione,da ritenersi contrario allaCostituzione, altro è un ordinedi rettifica. “L’attività giornalistica– ha osservato laCorte – legittima di per sé altrattamento <strong>dei</strong> dati, anchepersonali, ma ciò deve avvenirenei limiti di cui all’articolo1 della legge: pertantoneppure l’essenziale eserciziodell’informazione puòsovrapporre al dato esclusivodi una persona fisica(quale il nome) l’eventualeuso di tale dato da parte diterzi”.(Fr. Ab.)6 ORDINE 8 <strong>2001</strong>
permangono ritardi gravi nei decreti attuativiriguardanti la materia delicatissima del trattamento<strong>dei</strong> dati sensibili, sì che risultano illecitii comportamenti di numerose amministrazionipubbliche;le moltissime lamentele <strong>dei</strong> cittadini sollecitanol’intervento del ministro della Sanità inmateria di ricette mediche;ai ministri dell’Interno e della Sanità chiediamointerventi per uniformare le diverse prassipresso comuni ed aziende sanitarie locali,spesso inutilmente burocratiche e che nontutelano, invece, la privacy <strong>dei</strong> pazienti;chiediamo al ministro dell’Interno di coinvolgere ilGarante nelle sperimentazioni della carta d’identitàelettronica e <strong>dei</strong> servizi ai cittadini attraversole reti civiche, come già era stato assicurato;Ma la crescente disponibiltà di una gammasempre più estesa di tecnologie determinaproblemi qualitativi sui quali, in conclusione,vogliamo richiamare l’attenzione, perchésiamo di fronte a possibili, radicali mutamentidelle nostre organizzazioni sociali.In uno <strong>dei</strong> primi provvedimenti del Governo,ad esempio, si è opportunamente stabilitoche il regime di conoscibilità delle aliquotedell’addizionale Irpef non sia più affidato allapubblicazione nell’albo pretorio, ma sul web.Ma non in tutti i casi il passaggio dai tradizionaliregimi di pubblicità a quelli elettroniciappare accettabile. Il Garante ha dovutoaffrontare un caso in cui un ufficio giudiziario,dovendo effettuare le notificazioni allemolte parti di un processo, aveva appuntodeciso di farlo attraverso un sito web. Maquesto ha comportato la conoscibilità daparte di una platea indeterminata di soggettisegnaliamo alla Presidenza del Consiglio lanecessità di dare risposte alle nostre segnalazioniriguardanti i servizi di sicurezza e dipolizia;al ministro della Giustizia segnaliamo lequestioni, da noi ripetutamente sollevate,delle diverse garanzie di riservatezza neigiudizi civili e penali, nonchè delle modalitàdelle notificazioni degli atti giudiziari,spesso effettuate in forme che ledono,prima ancora che la riservatezza, ladignità stessa delle persone alle qualisono indirizzate.al ministro per l’Innovazione e le Tecnologiechiediamo di considerare con particolareattenzione i problemi derivanti dall’interconnessionetra le diverse banche dati pubbliche.Diritti e nuove tecnologiedel fatto che le parti lese, indicate con tuttele generalità, erano state contagiate ederano ammalate di epatire virale o di Aids,violando la dignità di queste persone. Abbiamoritenuto questo “slittamento” dallevecchie alle nuove forme di notificazione unaviolazione delle norme sul trattamento <strong>dei</strong>dati, scorgendo in ciò anche una violazionedel diritto costituzionale a far valere in giudizioi propri diritti. Chi, infatti, ricorrerà al giudicese questo avrà come contropartita uninammissibile obbligo di denudarsi davantiall’intera collettività?Il rischio di derive tecnologiche è nelle cose,e nelle cifre che rappresentano la realtà inturbinoso cambiamento. In Italia si inviano 30milioni di messaggi Sms al giorno. I dati ditraffico conservati dalle società telefonichesono ben oltre i cento miliardi, e consentonodi ricostruire l’intera rete delle relazioni perso-nali, sociali, economiche di ciascuno di noinei passati cinque anni. Si stanno sperimentandosoftware che consentiranno entrobreve tempo di inviare cento milioni di e-mailal giorno, con il rischio che ciascuno di noi nericeva da trenta a cinquanta in una giornata,con conseguenti costi in termini di tempo e diconnessione alla rete. Centinaia di migliaia disistemi di controllo a distanza sono giàoperanti. Cresce in maniera esponenziale ilricorso ai test genetici, e crescono le pretesedi assicuratori e datori di lavoro per utilizzarlinel valutare chi chiede un’assicurazione oun’assunzione: negli Stati Uniti sono già staticensiti centinaia di casi di discriminazione suquesta base, e questa è la ragione dell’interventodi Bush ricordato all’inizio.Questo non è allarmismo, è realismo. Se nonsi prenderà coscienza del significatocomplessivo di questo fenomeno, e si sacrificheràtutto sull’altare di una efficienza tuttaMa noi dobbiamo qui ripetere la testimonianzagià proposta negli anni passati, fondata suuna esperienza che fa riferimento ad unasterminata serie di casi in cui la richiesta diuna forte tutela della sfera privata esprime,insieme, un bisogno di intimità, il rifiuto d’ognipossibile discriminazione, l’esigenza dicompiere le proprie scelte personali, sociali,politiche fuori d’ogni rischio di stigmatizzazionesociale. La privacy rompe gli angusti steccatinei quali ancora vorrebbe chiuderla unasua arcaica lettura. La protezione <strong>dei</strong> datipersonali è ormai componente essenzialedella cittadinanza democratica nella societàdell’informazione. E pure del diritto di ciascunodi costruire liberamente la propria personalità,anche manifestando un io diviso in cuiconvivono esibizionismo e riservatezza.delegata alla tecnologia, non si produrràsoltanto uno scarto tra proclamazione deldiritto fondamentale alla protezione <strong>dei</strong> datie realtà delle sue quotidiane violazioni. Sirestringeranno gli spazi vitali delle persone,continuamente esposte a sguardi e messaggiindesiderati, ormai incapaci di godere diintimità, obbligate a modellare la loro stessapersonalità da questo obbligo di vivere continuamente“in pubblico”, sottoposti ad unaimplacabile registrazione d’ogni atto anchequando si fa una passeggiata o si fa unacquisto in un supermercato.Si dice che questa non è più soltanto unacondizione tecnologicamente determinata,ma socialmente gradita. Si invoca l’autoritàdelle mille trasmissioni televisive dove volontariamentesi espone la propria intimità all’occhiodi milioni di spettatori. Si ridefisce lo stessoconcetto di base della nostra materia ricorrendoad un ossimoro: la privacy “condivisa”.Un aspettodella cittadinanza democraticaSu questo sfondo si muove l’azione delGarante, che ha come bussola quel riferimentoalla dignità della persona che oggi apre laCarta <strong>dei</strong> diritti fondamentali dell’Unione europea,ma che, con significativa anticipazione,compare nell’art. 1 della nostra legge.Ma, proprio perché siamo di fronte a mutamentidella società che coinvolgono il destinomedesimo delle persone e della democrazia,ripetiamo qui che non può bastarel’impegno volonteroso di un’autorità. Spettaal Parlamento, luogo massimo della rappresentanza,discutere e decidere del ruolodelle tecnologie nelle nostre società. Lodiciamo non per omaggio al luogo che ciospita, ma per comune e convinta convinzionedemocratica.Stefano Rodotàetto <strong>dei</strong> principi della legge n. 675/1996zienda televisiva medesima (Provv. del 31 maggio 2000).Anche in tal caso l’Autorità, applicando la disciplina soprarichiamata, ha ritenuto che gli articoli fossero espressione diuna legittima modalità di esercizio del diritto di cronaca – perquanto opinabili potessero essere i toni utilizzati – con riferimentoalla personalità, alle esperienze professionali ed agliincarichi ricoperti dalle persone su indicate, le quali occupavanoappunto posti di rilievo in un’azienda di primaria rilevanzasociale.Nel caso di specie, non sussistevano gli estremi per censurareil diritto <strong>dei</strong> mezzi di informazione di esprimere valutazioni,anche critiche, riferite alle singole persone, atteso che,peraltro, le notizie riportate potevano essere acquisite correttamentedai giornalisti attraverso la consultazione di giornali,interviste, colloqui, dichiarazioni o attingendo alle consuetefonti lecitamente utilizzate nella cronaca giornalistica.Tale pronuncia del Garante, come altre analoghe, non eraovviamente preclusiva per gli interessati della possibilità diadire il giudice ordinario per rivolgere eventuali diverse istanzein sede civile o penale che esulano dall’ambito di competenzadel Garante.In questo contesto, merita infine di essere ricordata la decisionecon la quale l’Autorità ha dichiarato non fondato unricorso presentato dal titolare di una ditta artigiana. Questiaveva infatti lamentato l’avvenuta pubblicazione su un quotidianolocale della notizia secondo la quale alcuni consigliericomunali avevano segnalato alla Corte <strong>dei</strong> conti il comportamentodi un comune concernente una transazione con il ricorrente,relativamente al versamento di una penale contrattualelegata a “gravi motivi di salute” del ricorrente medesimo(Provv. del 22 gennaio <strong>2001</strong>, in Bollettino n. 16, p. 8).In tale circostanza il Garante ha constatato che l’articoloriguardava una contestata vicenda amministrativo-erarialeche traeva spunto da atti e documenti accessibili al pubblico.La vicenda era quindi riferita ad un fatto di interesse generalerelativo al corretto svolgimento dell’attività amministrativacomunale e, nel caso di specie, non era stata descritta ricorrendoa particolari o dettagli non pertinenti; il generico riferimentoai “motivi di salute” del ricorrente (origine della controversariduzione della penale, contestata dai consiglieri comunali)non è stato reputato, proprio in ragione della sua genericità,tale da recare lesione alla dignità dell’interessato: invirtù di ciò l’Autorità ha considerato lecita la pubblicazionedell’articolo, dichiarando pertanto infondato il ricorso. L’applicazionedella normativa ai trattamenti svolti in ambito giornalistico,alle fotografie pubblicate dai giornali ed alle ripresetelevisive.In altre circostanze l’Autorità ha applicato la normativa a trattamentidi dati personali, realizzati nell’ambito della professionegiornalistica, sotto forma di fotografie o di immaginidiffuse attraverso i mezzi di informazione.Anche in tali eventualità all’autore delle fotografie (o delleriprese) si applica la previsione dell’art. 25, comma 4, dellalegge n. 675/1996; quest’ultima disposizione, infatti, estendele norme relative all’esercizio della professione di giornalistaai “trattamenti temporanei finalizzati esclusivamente allapubblicazione di articoli, saggi o altre manifestazioni delpensiero” e fra queste, possono essere appunto inseriteanche le attività dirette a realizzare un servizio fotografico,atteso che anche le fotografie che ritraggono persone sonotrattate dalla legge alla stregua di documenti contenenti datipersonali (art. 1, comma 2, lett. c), l. n. 675/1996).Per tale ragione, colui che scatta fotografie, al pari di chiraccoglie notizie, è tenuto a rendere note la propria identità,la propria professione e le finalità della raccolta, senza ricorreread “artifici o pressioni indebite” (art. 2 del codice deontologico<strong>dei</strong> giornalisti).Al riguardo, con particolare riferimento all’informativa semplificataprevista per i trattamenti svolti nell’ambito dell’attivitàgiornalistica, il Garante ha chiarito che questa trova applicazioneanche nelle ipotesi in cui i dati sono raccolti presso unsoggetto diverso dall’interessato (Provv. del 21 febbraio2000).Nel caso di specie, il Garante era stato investito dell’esamedi una vicenda che aveva visto la pubblicazione, da parte diun organo di stampa, delle copie di alcune fotografie relativead un noto personaggio dello spettacolo conservate pressol’abitazione <strong>dei</strong> genitori di questo. Poiché, dunque, le fotografieritraevano una persona diversa rispetto a coloro che vivevanonella casa in cui erano conservate, esse non potevanoconsiderarsi raccolte presso l’interessato, con conseguenteinoperatività dell’obbligo di informativa ai sensi dell’art. 10,comma 1, della legge n. 675/1996.La disciplina sulla riservatezzaper i personaggi pubblici e le persone noteAnalogamente a quanto accade in altri ordinamenti, anchenel nostro la sfera privata delle persone che ricoprono determinatecariche pubbliche o che hanno acquisito una particolarenotorietà risulta essere per certi aspetti più ridotta rispettoa quella delle persone la cui vita privata è protettamaggiormente.Tenendo conto di tale principio, il codice deontologico <strong>dei</strong>giornalisti ha però previsto che la sfera privata delle personenote o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettatase la notizia o di dati non hanno alcun rilievo sul ruolo osulla loro vita pubblica (art. 6).Nel corso del 2000 il Garante si è trovato più volte ad applicaretale disposizione, a fronte di reclami presentati da alcunipersonaggi pubblici che denunciavano una lesione dellapropria vita privata. È questo, ad esempio, il caso di un quesitosottoposto all’Autorità da un noto parlamentare che avevapreso parte ad una cerimonia in cui erano presenti altripersonaggi pubblici, e che aveva visto il suo nome riprodotto,insieme a quello di altri, in un articolo di giornale che riferivadella cerimonia medesima.In tale occasione, il Garante ha constatato che non vi erastata alcuna violazione delle disposizioni del codice deontologicoappena richiamate e che una parte dell’articolosembrava anzi scaturire da una precisazione fornita direttamentedall’interessato. Più in generale, l’Autorità ha ricordatoche, con riguardo al principio dell’essenzialità dell’informazione,può considerarsi lecita anche un’informazione moltodettagliata, qualora ricorrano determinati presupposti, tra iquali rileva la qualificazione <strong>dei</strong> protagonisti come personaggipubblici (Provv. del 21 febbraio 2000 e, per un caso analogo,Provv. del 20 ottobre 2000).Fatti resi noti direttamente dagli interessatio attraverso i loro comportamenti in pubblicoCon riguardo alla diffusione operata dai mezzi di informazione,nell’ipotesi in cui gli stessi interessati abbiano in qualchemodo reso pubbliche le notizie che li riguardano, vieneprecluso in alcuni casi un intervento dell’Autorità diretto aridurre la diffusione delle informazioni medesime (v., inproposito, il comunicato n. 5 del 17 gennaio 2000, in Bollettinon. 11-12, p. 83).La legge n. 675/1996, mentre ha previsto in generale che igiornalisti devono rispettare i limiti del diritto di cronaca, conparticolare riferimento a quello dell’essenzialità dell’informazioneriguardo a fatti di interesse generale, ha lasciato fermala possibilità di trattare i dati relativi a circostanze e fatti resinoti direttamente dall’interessato o attraverso i suoi comportamentiin pubblico (art. 25, comma 1). Tale ipotesi ha trovatoanche riscontro nel codice di deontologia <strong>dei</strong> giornalisti cheha fatto salvo il diritto di addurre successivamente motivilegittimi di tutela, ma non ha ribadito il limite dell’essenzialitàdell’informazione, richiamato invece con particolare pregnanzaper quanto attiene ai dati sensibili (art. 5 del codice dideontologia).A questo riguardo, si può ricordare un ricorso riguardante ledichiarazioni fatte dal padre naturale di un minore durantealcuni programmi televisivi. Chiarito che in tale ipotesi nonsarebbe stato in ogni caso applicabile l’art. 3 della legge n.675/1996 (in tema di trattamento di dati per fini esclusivamentepersonali), l’Autorità ha constatato che la vicenda allaquale era stata fatta menzione durante la trasmissione eranotoria, in quanto già oggetto di cronaca giornalistica, anchea seguito di dichiarazioni <strong>dei</strong> relativi protagonisti (v. Provv. del28 febbraio 2000). Di qui l’impossibilità di accogliere la richiestadi opposizione al trattamento formulata dalla ricorrente(in quanto trovava applicazione il già citato art. 5, comma 2,del codice deontologico), che lascia però impregiudicatal’esigenza che giornalisti e conduttori delle trasmissioni televisiveoperino in modo da evitare o ridurre il rischio di trattarei dati riferiti ai minori in modo da non incidere sul correttosviluppo della personalità degli stessi (ciò, in particolare, conriferimento all’art. 7 del codice <strong>dei</strong> giornalisti, sul quale sitornerà fra breve).Un altro caso che merita di essere menzionato è quello incui il Garante è stato chiamato a decidere sul ricorso presentatoda una madre nei confronti di una televisione a diffusionenazionale, in relazione ad un servizio relativo al rimpatrioin Italia della propria figlia minore a seguito della decisione diuna Corte distrettuale statunitense. Anche in tale frangentel’Autorità ha dichiarato infondato il ricorso in quanto, sebbeneORDINE 8 <strong>2001</strong>7