Ottobre 2001 - Ordine dei Giornalisti

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Intervista a Lucia Mari, quarant’anni di esperienza professionale nel settoreLa Divina ModaLucia Maridi Paola PastacaldiMandare gli stilisti all’inferno?Perché no! Anche se è soltanto l’infernodell’ironia. Perché la moda, dopo averconquistato il mondo sull’onda di un made inItaly straordinario, sta spopolando il cuoredelle città, assediandole di boutique e showroom, perché infine e non ultimo il mondo delgiornalismo di moda ha riempito le paginedei settimanali e i muri delle città di unapubblicità invasiva e qualche volta anche didubbio gusto. L’idea diremmo “dantesca” è diLucia Mari, da quarant’anni impegnata inquesto segmento del giornalismo, che staraccogliendo le sue memorie su passato epresente della moda per farne un libro.“Ripenso alle mie esperienze con ironia, orame lo posso permettere, dopo una vitatrascorsa dietro le quinte delle passerelle -allora non li chiamavamo back stage -. Hoimmaginato di raccontare la storia dellamoda come se fosse una Divina Commedia,da cui un titolo probabile La Divina Moda,con i protagonisti trattati alla maniera diDante. C’è chi finisce nei gironi dell’inferno echi in quelli del purgatorio”.E il paradiso?“Quello, parafrasando un film storico, puòattendere.Cercherò di svelare il vero volto degli stilisti,le loro debolezze e le vanità, i loro peccati”.Con nomi e cognomi?La risposta di Lucia Mari è puntuale anchese breve.“Sì, con nome e cognome. Valentino andràall’inferno, Armani in Purgatorio e gli altrivedremo!”.Lucia Mari è stata inviato per la moda diStasera e di Paese Sera dal 1961 al 1987,è poi passata al Giorno, dove come collaboratricefissa seguiva le sfilate e teneva larubrica “Agenda Donna” sino al ‘97. Hacollaborato anche a Gente. E nel ‘69 haavuto l’idea di vestire i cantanti del “Festivalbar”,proponendo tra gli altri grandi nomicome quelli di Litrico e di Biki, che riscosseun enorme successo in abbinata con unacelebre canzone Acqua azzurra, acquachiara di Lucio Battisti. Nell’81 prese ilpremio della Camera Nazionale dell’AltaModa Italiana per gli articoli su Paese Sera.È sua la voce sulla moda italiana e francesedal 1900 al 1960 per il Dizionario EnciclopedicoModerno, edito da Labor, e ha collaboratoal Dizionario della moda curato daGuido Vergani, edito da Baldini e Castoldi.E, dopo una vita dedicata alla carta, si è riciclatacon entusiasmo - come dice lei - comeresponsabile della moda per il canale tvsatellitare “Leonardo” e, in più, sta lavorandoalacremente a due romanzi. Continuaanche a portare avanti la sua attività socialea favore dei bambini, per la quale ha avutoriconoscimenti sia dall’Onu nel ‘95 sia dalComune di Milano, nell’ambito dell’Ambroginod’oro.“Quando sono entrata nel giornalismo, lesfilate si facevano a porte chiuse e solo perle clienti, non c’erano uffici stampa, ma lesarte che dirigevano gli atelier ad organizzaretutto. Erano invitate quasi solo le colleghedei settimanali.Noi dei quotidiani potevamo vedere le toilettessolo nei foyer del Teatro della Scala indefilet a porte chiuse. La moda si è affermataa Firenze, che era la città delle passerellee di Palazzo Pitti: eravamo negli AnniCinquanta. Solo dopo, negli anni Settanta,quando è arrivata nella città degli affari, si ètrasformata in un business, promuovendoMilano a capitale della moda. Ma prima diallora era tutto diverso. Non molti sanno cheDino Buzzati era un appassionato e talvoltascrivesse di abiti e modelle. Ero con lui aParigi al debutto di Yves Saint Laurent, cheaveva appena lasciato il grande Dior. CocoChanel, prima di ogni sfilata, allineava leindossatrici e diceva loro: ‘Ora si comincia.Ma non scordate che protagonisti sarannosolo e sempre gli abiti, se per caso ve nescorderete sarete licenziate’.Oggi è esattamente il contrario. Con l’arrivodelle firme, tutto si è modificato.“C’è spesso il dominio della pubblicità cheimpedisce di parlare liberamente di questomondo e se lo si fa, se ne subiscono leconseguenze. Le grandi aziende possonoarrivare a ritirare la pubblicità dai giornali. Lamoda è governata dall’arroganza”.La moda, aggiungiamo, è diventata spettacolo,come del resto anche altri settori. E lemodelle vivono la tragica era della magrezzaanoressica. Una sorta di modello, di idealesociale che viene proposto ai giovani. Maessere magri è diventato troppo bello. Dianoressia molti giovani muoiono. Il vestireper i giovani rappresenta un modo di essere,è per alcune età l’appartenenza alla tribù.Quindi le pagine dei giornali, le pubblicitàinfluenzano la formazione delle giovanigenerazioni.Che ne pensa delle modelle di oggi?“La moda è certamente bella, ma è diventataanche crudele. Molto spesso sono ledonne a identificarsi nelle modelle in modopassivo o eccessivo. Per non parlare dellemodelle adolescenti. Dico una sola parola.Non va fatto. Non si devono proporre modellegiovani, magrissime. Non si devonoproporre modelli volgari. Non si può presentarela donna come se il suo corpo fosse unacredenziale pronta per l’uso”.Ferpi raccogliela sfida culturalee formativa in alleanzacon Maggioli Editore“Nuovastagioneper le rpin Italia”Pubblichiamo il comunicato della Ferpi(Federazione italiana relazioni pubbliche):“Giovedì 2 agosto, in tarda serata, il Consigliodei ministri ha approvato in via definitivail regolamento di attuazione della 150. Aquindici mesi dalla sua approvazione parlamentare,dopo prese di posizione e asprepolemiche pubbliche e private, la decisionedelle Regioni di chiamarsi fuori e la dura criticaespressa dall’Autorità Antitrust, la 150 è,a tutti gli effetti, legge dello Stato.La Ferpi, dopo avere attivamente contribuitoal regolamento di attuazione elaborato dalDipartimento della Funzione Pubblica, hadeciso di creare, tramite Ferpi Servizi srl,una associazione di impresa con MaggioliEditore per sviluppare una offerta formativarivolta ai colleghi degli uffici stampa e degliurp del settore pubblico.Questo, al fine di contribuire a trasferirenell’amministrazione pubblica una culturainnovativa delle relazioni pubbliche.In questa direzione, la Ferpi ha inviato a tuttii suoi soci una lettera per informarli delprogetto offrendo loro, in presenza dei requisitiprevisti dalla legge, la possibilità di avanzarecandidature per svolgere un ruolo didocenza nei corsi Ferpi-Maggioli.Il progetto è ora operativo.Nel frattempo, l’associazione ComunicazionePubblica - nata nel 1990 in accordo conla Ferpi…come opportunamente sottolineaAttilio Consonni correggendo un errore nellarelazione di Bologna del Presidente - haelaborato una nuova “linea politica”, assaiapprezzabile nei contenuti e nelle intenzioni.Il prossimo 20 settembre al Compa, le dueassociazioni realizzano un convegno comunee potrebbe essere un utile appuntamentodi confronto, un appuntamento al quale laFerpi si presenta con le migliori intenzioni,proprio come, in assoluta buona fede, avevafatto l’anno scorso. L’augurio è che questavolta l’esito sia positivo”. (da www.ferpi.it)26 (34) ORDINE 8 2001

L I B R E R I A D I T A B L O I DJosef K. Byte,Nello CozzolinoPapere e papaveridi Gianni de FeliceSembra giusto che diPapere e papaveri, gustosae abbastanza imparzialeraccolta di infortuni, scivoloni,distrazioni, incertezze epresunzioni di Tv, giornali egiornalisti a Napoli nel 2000,tratta dal settimanale on lineIustitia, debba occuparmi ioche – sebbene mascheratodal greve accento lombardopreso in quarantadue anni divita milanese – sono nato,come tardivamente confessoad amici, colleghi e lettoriche non l’avessero ancoracapito, nel pieno centro diNapoli.Sembra logico che di questodivertente florilegio dell’informazionepartenopea si parlisul mensile dei giornalistilombardi. Non soltanto perchéla Lombardia è, comesapete, la più settentrionaledelle regioni meridionali, maanche e soprattutto perchéle insidie – chiamiamole così– del nostro mestiere nonhanno patria. A qualsiasi latitudinesono in agguato, sottola scrivania o nella tastieradel computer, la gaffe e l’anacoluto,la ridondanza emagari l’invidia. Scagli la primapenna chi, avendo bucatouna notizia, non ha tentatoall’indomani di sostenereche i concorrenti, esagerando,avevano fatto di unasciocchezza uno scoop.I colleghi Byte e Cozzolinocredono di allibirci con la citazionedi questo bizzarro incipit,pubblicato da una gloriosatestata napoletana il 6maggio 2000: “Sarà pure veroche l’asino non troppo sirivela soggetto docile quandos’innervosisce”. Illusi. DaMilano rispondo citando l’incipitdel primo fondo dellaneonata pagina dell’agricolturadel Corriere della Sera,stampata nell’autunno del1962: “Il malcontento serpeggiaviscido nel mondodel pomodoro”. E siamo 1-1.Fanno gli spiritosi, i duemaestrini dalla penna grossa(o dal randello sottile, chefa lo stesso), perché in untiggì regionale si ascolta lanotizia di “Napoli soà, unamostra per non dimenticare”.E immaginano di avereinvitato il collega a vedere unmemorabile film di StevenSpielberg sul doloroso argomento:“Ma ci ha rispostoche Sindler’s List lo avevagià visto, e ne approfittavaper andare a fare un po’ disopping”.Chiaro che l’emittente nonera la BBC. Ma come faccioa non reagire, ricordando iltiggì nazionale in cui vennedata la notizia – da microfoninon napoletani – che “il sàmmitdi Belfast è stato rinviatosàin dài”: cioè, “sine die”?L’inglese, ragazzi, è così: o timanca o ti cresce. E siamo2-2.Il genere DDT, cioè fare lepulci ai colleghi, sta prendendopiede. In varie forme.Quella condita con lazzi ecachinni di Striscia la notizia,che insieme con le Jene praticail vero giornalismo di ricerca,inchiesta e denuncia:perciò, quando capita, mandaanche giornali e telegiornalidietro la lavagna.Oppure la forma minuetto,stile rondò veronese, flautatada Giulio Nascimbeni conun occhio rivolto alla tuteladella grammatica e un altroalla custodia delle date storichee dei film d’epoca.Oppure quella tutta frizzi,trombette e clacson dellaGialappa’s, che per la veritàscortica viva più la sintassidegli allenatori che quelladei giornalisti: forse perchéuno dei tre ex-ragazzacci(ormai son padri di famiglia)è figlio di un grande giornalistasportivo e, come si sa,l’arte di tata va rispettata.Quindi questo Papere ePapaveri – che, confesso,più d’una risata me l’hastrappata – si aggiunge all’operadi altri maestri e maestroniper suggerire a tuttinoi giornalisti umiltà, attenzione,un pensierino allaconsecutio temporum, unsospiro alla grammatica, uncollirio contro la “congiuntivite”,una sciacquata di panninel Tamigi e, perché no?, anchenel Reno e nella Senna.A tutti: senza distinzione dietà, sesso, latitudini, longitudini,regioni e media.Dunque, anche a NelloCozzolino e Josef K. Byte(ma come si fa a chiamarePeppeniéllo uno che ci haquesti prenome, nome e cognome?).Ai quali paternamente,o ziescamente, suggeriscodi non cominciaremai più un libro sulle gaffesdei colleghi infilandone unanella nota di prefazione.“La palla entrò in porta comeun carro armato a vele spiegate”– frase che non ha maiscalfito la tradizione di culturae prestigio del giornalismosportivo napoletano – non fuscritta negli anni Ottanta comeallegramente si fantastica,ma apparve in un resocontodel 1959. Ho l’età peraverla letta e orripilato, comedire?, dal vivo.Josef K. Byte,Papere e papaveri(Tv, giornalie giornalisti a Napolinel 2000),a cura di Nello Cozzolino,Edizioni Magmata,pagine 196, lire 20.000Antonio FranchiniL’abusivoCosì è stato ritrovato ilcadavere di GiancarloSiani il 23 settembre 1985.di Ettore ColomboAntonio Franchini fa lo scrittore,Giancarlo Siani facevail giornalista, o meglio “l’abusivo”,al Mattino di Napoli.Antonio e Giancarlo eranoamici: avevano iniziato insieme.Poi Franchini se n’è andatoed è andato a vivere aMilano. Siani a Napoli è rimasto,ma presto è anchemorto. E già, perché questoè il punto: Franchini è vivo eoggi ha quarant’anni. Sianiinvece è morto, ucciso dallacamorra il 23 settembre1985 quando di anni ne aveva26. Franchini ha scritto unlibro bellissimo, L’abusivo,che – si direbbe – parla del“caso Siani”. Di come è statoammazzato, di chi l’ha ucciso,delle indagini mille volteiniziate e mille volte interrotte,dell’ambiente del Mattinoe, più in generale del giornalismo“alla napoletana” (unasottospecie tutta particolaredi una professione già squinternata,quella del giornalismo“all’italiana”) fatto diabusivi (e di abusi, dei direttoricome dei caposervizi,dei colleghi come della concorrenza),di raccomandazioni(dei politici, naturalmente,ma a volte anchedello zio prete e simili) e d’ignavia,certo, nei confrontidel potere vero che spadroneggia,nel regno di Napoli,quello della criminalità. Mafatto anche di tanti giornalistisconosciuti e coraggiosi,che indagano e stanno allecostole dei corrotti come deipiccoli e grandi boss locali,di amicizie e solidarietà anchetra chi era già praticanteo professionista (e quindi potevaesibire il famoso “tesserino”)e chi invece non lo erae faceva, appunto, unoORDINE 8 2001pseudo mestiere, “l’abusivo”,termine che – scriveFranchini – a Napoli acquistatutto un altro suono.Eppure, questo libro nonparla – o meglio, non parla“solo” – del caso Siani e dicome è potuto maturare “ilcontesto” che ha portato allasua morte: le inchieste diSiani a Castellammare diStabia e il fastidio che davaal clan Gionta, le indaginiche stentano, il Mattino chesi vergogna, almeno all’inizio,di difendere la memoriadel suo cronista (in quanto,appunto, “abusivo”...), e poila santificazione e i premidati in suo nome, che passada quello di un giovane ebrillante cronista di provinciaa quello di simbolo. No, il librodi Franchini parla, perfortuna dei suoi lettori e dichi voglia capire tante cose,della città di Napoli, con tuttoil contorno vociante e improbabiledi personaggi e culture,alle follie sociali e mentalidi cui può rendersi protagonistasolo quella piccola borghesiameridionale dallaquale lo stesso autore proviene,fino alla generazionedi quei trenta/quarantenniche hanno fatto in tempo avivere gli scampoli degli anniSettanta (sì, persino aNapoli) ma che sono statitroppo presto sommersi daldisincanto e dalla cupidigiadegli anni Ottanta e oggi, affermatisocialmente o menoche siano, si sentono dolorosamentein debito con laStoria prima ancora che conle loro stesse vite. Infine,Franchini opera – all’internodel testo, tutto costruito sulunghe e fedelissime sbobinaturedei colloqui che haavuto nel corso degli anni,mentre accatastava i materialie svolgeva le ricercheper il libro, con i vari amici,colleghi e protagonisti dellavicenda Siani – delle interpolazioninarrative dall’esitofelice e imprevedibile. Perpagine e pagine, infatti, lastoria di Giancarlo e dellasua morte viene intervallatada quella della famiglia diFranchini e in particolare datre figure, due femminili euna maschile: la nonna, soprannominata“Il Locusto”,vecchissima eppure loquacee perfidamente saggia, lamadre dell’autore, esasperatae invelenita dalla presenzadi sua madre e dall’assenzadel marito, che siesprime con una volgaritàferoce e cinica, ma contemporaneamentein un dialettoe con ragionamenti di un’ilaritàcontagiosa, e infine lozio Rino, ex (forse) generaledei Carabinieri, silenzioso emagrissimo, che in tempo diguerra dovette giudicare unsuo attentatore e gli evitò lacondanna a morte. Franchinisi può permettere di tratteggiareun ritratto vero e impietoso,ai limiti della cattiveria,del suo più ristretto clan familiaresolo perché si mettein gioco in prima persona econsente a chi lo legge di rifletteresu concetti dolorosi einsieme cruciali. Innanzitutto,che – come gli disse un tristeWalter Chiari in una dellesue prime prove da giornalista– “ad un certo punto dellavita ci si abitua a tutto. Aperdere gli amici, agli addiidelle donne...”. Ecco perchésolo ora Franchini ha potutoscrivere di Siani. Poi che “andarsenecongela gli affetti eforse li preserva”, comeFranchini ha fatto con questastoria, seguita e insiememessa da parte per tanti anni,ma anche con Napoli eprobabilmente anche con lasua famiglia. Infine, che “catalogare- posti, esperienze,amori, è già un gesto chedovrebbe togliere il diritto divivere”. Perché, sostiene, sesiamo saturi, anche solo diandare ogni giorno al marenella stessa bellissimaspiaggia, dovremmo pensareai nostri coetanei morti, achi questa possibilità nonviene più data. E, dunque,conclude Franchini, per chi,come Siani e altri della suagenerazione, ha lottato tantoper diventare giornalista, perraccontare quello che vedeva,per conquistare una dignità(professionale, sociale,umana) è un insulto vedereo pensare a chi snobba consufficienza conquiste e responsabilitàche, ad altri, inposti più crudeli, sono costatila gioia e la vita. Come aSiani. O la fuga e il dolore.Come a Franchini.Antonio Franchini,L’abusivo,Edizioni Marsilio 2001,pagine 249, lire 28.000CORPORATE WEB TVPRIMARIO GRUPPO ITALIANOper un progetto di Corporate Web Tv ricerca le seguenti figure professionali1 capo redattore (RIF 140)4 redattori ordinari (RIF 141)3 giornalisti di prima nomina (RIF 142)1 segretaria di redazione (RIF 143)Per tutti i candidati costituiscono elementi preferenziali:esperienza in redazioni radio televisive, livello culturale ottimocon particolare riferimento ai settori economico e finanziario.In particolare, per la posizione di Redattori ordinari sarà un requisito distintivo l’esperienza diretta nella conduzione ditelegiornali.La sede di lavoro è Milano.Le persone interessate possono visitare il sitowww.executivesurf.com alla sezione ”ricerche in corso”.27 (35)

L I B R E R I A D I T A B L O I DJosef K. Byte,Nello CozzolinoPapere e papaveridi Gianni de FeliceSembra giusto che diPapere e papaveri, gustosae abbastanza imparzialeraccolta di infortuni, scivoloni,distrazioni, incertezze epresunzioni di Tv, giornali egiornalisti a Napoli nel 2000,tratta dal settimanale on lineIustitia, debba occuparmi ioche – sebbene mascheratodal greve accento lombardopreso in quarantadue anni divita milanese – sono nato,come tardivamente confessoad amici, colleghi e lettoriche non l’avessero ancoracapito, nel pieno centro diNapoli.Sembra logico che di questodivertente florilegio dell’informazionepartenopea si parlisul mensile <strong>dei</strong> giornalistilombardi. Non soltanto perchéla Lombardia è, comesapete, la più settentrionaledelle regioni meridionali, maanche e soprattutto perchéle insidie – chiamiamole così– del nostro mestiere nonhanno patria. A qualsiasi latitudinesono in agguato, sottola scrivania o nella tastieradel computer, la gaffe e l’anacoluto,la ridondanza emagari l’invidia. Scagli la primapenna chi, avendo bucatouna notizia, non ha tentatoall’indomani di sostenereche i concorrenti, esagerando,avevano fatto di unasciocchezza uno scoop.I colleghi Byte e Cozzolinocredono di allibirci con la citazionedi questo bizzarro incipit,pubblicato da una gloriosatestata napoletana il 6maggio 2000: “Sarà pure veroche l’asino non troppo sirivela soggetto docile quandos’innervosisce”. Illusi. DaMilano rispondo citando l’incipitdel primo fondo dellaneonata pagina dell’agricolturadel Corriere della Sera,stampata nell’autunno del1962: “Il malcontento serpeggiaviscido nel mondodel pomodoro”. E siamo 1-1.Fanno gli spiritosi, i duemaestrini dalla penna grossa(o dal randello sottile, chefa lo stesso), perché in untiggì regionale si ascolta lanotizia di “Napoli soà, unamostra per non dimenticare”.E immaginano di avereinvitato il collega a vedere unmemorabile film di StevenSpielberg sul doloroso argomento:“Ma ci ha rispostoche Sindler’s List lo avevagià visto, e ne approfittavaper andare a fare un po’ disopping”.Chiaro che l’emittente nonera la BBC. Ma come faccioa non reagire, ricordando iltiggì nazionale in cui vennedata la notizia – da microfoninon napoletani – che “il sàmmitdi Belfast è stato rinviatosàin dài”: cioè, “sine die”?L’inglese, ragazzi, è così: o timanca o ti cresce. E siamo2-2.Il genere DDT, cioè fare lepulci ai colleghi, sta prendendopiede. In varie forme.Quella condita con lazzi ecachinni di Striscia la notizia,che insieme con le Jene praticail vero giornalismo di ricerca,inchiesta e denuncia:perciò, quando capita, mandaanche giornali e telegiornalidietro la lavagna.Oppure la forma minuetto,stile rondò veronese, flautatada Giulio Nascimbeni conun occhio rivolto alla tuteladella grammatica e un altroalla custodia delle date storichee <strong>dei</strong> film d’epoca.Oppure quella tutta frizzi,trombette e clacson dellaGialappa’s, che per la veritàscortica viva più la sintassidegli allenatori che quella<strong>dei</strong> giornalisti: forse perchéuno <strong>dei</strong> tre ex-ragazzacci(ormai son padri di famiglia)è figlio di un grande giornalistasportivo e, come si sa,l’arte di tata va rispettata.Quindi questo Papere ePapaveri – che, confesso,più d’una risata me l’hastrappata – si aggiunge all’operadi altri maestri e maestroniper suggerire a tuttinoi giornalisti umiltà, attenzione,un pensierino allaconsecutio temporum, unsospiro alla grammatica, uncollirio contro la “congiuntivite”,una sciacquata di panninel Tamigi e, perché no?, anchenel Reno e nella Senna.A tutti: senza distinzione dietà, sesso, latitudini, longitudini,regioni e media.Dunque, anche a NelloCozzolino e Josef K. Byte(ma come si fa a chiamarePeppeniéllo uno che ci haquesti prenome, nome e cognome?).Ai quali paternamente,o ziescamente, suggeriscodi non cominciaremai più un libro sulle gaffes<strong>dei</strong> colleghi infilandone unanella nota di prefazione.“La palla entrò in porta comeun carro armato a vele spiegate”– frase che non ha maiscalfito la tradizione di culturae prestigio del giornalismosportivo napoletano – non fuscritta negli anni Ottanta comeallegramente si fantastica,ma apparve in un resocontodel 1959. Ho l’età peraverla letta e orripilato, comedire?, dal vivo.Josef K. Byte,Papere e papaveri(Tv, giornalie giornalisti a Napolinel 2000),a cura di Nello Cozzolino,Edizioni Magmata,pagine 196, lire 20.000Antonio FranchiniL’abusivoCosì è stato ritrovato ilcadavere di GiancarloSiani il 23 settembre 1985.di Ettore ColomboAntonio Franchini fa lo scrittore,Giancarlo Siani facevail giornalista, o meglio “l’abusivo”,al Mattino di Napoli.Antonio e Giancarlo eranoamici: avevano iniziato insieme.Poi Franchini se n’è andatoed è andato a vivere aMilano. Siani a Napoli è rimasto,ma presto è anchemorto. E già, perché questoè il punto: Franchini è vivo eoggi ha quarant’anni. Sianiinvece è morto, ucciso dallacamorra il 23 settembre1985 quando di anni ne aveva26. Franchini ha scritto unlibro bellissimo, L’abusivo,che – si direbbe – parla del“caso Siani”. Di come è statoammazzato, di chi l’ha ucciso,delle indagini mille volteiniziate e mille volte interrotte,dell’ambiente del Mattinoe, più in generale del giornalismo“alla napoletana” (unasottospecie tutta particolaredi una professione già squinternata,quella del giornalismo“all’italiana”) fatto diabusivi (e di abusi, <strong>dei</strong> direttoricome <strong>dei</strong> caposervizi,<strong>dei</strong> colleghi come della concorrenza),di raccomandazioni(<strong>dei</strong> politici, naturalmente,ma a volte anchedello zio prete e simili) e d’ignavia,certo, nei confrontidel potere vero che spadroneggia,nel regno di Napoli,quello della criminalità. Mafatto anche di tanti giornalistisconosciuti e coraggiosi,che indagano e stanno allecostole <strong>dei</strong> corrotti come <strong>dei</strong>piccoli e grandi boss locali,di amicizie e solidarietà anchetra chi era già praticanteo professionista (e quindi potevaesibire il famoso “tesserino”)e chi invece non lo erae faceva, appunto, unoORDINE 8 <strong>2001</strong>pseudo mestiere, “l’abusivo”,termine che – scriveFranchini – a Napoli acquistatutto un altro suono.Eppure, questo libro nonparla – o meglio, non parla“solo” – del caso Siani e dicome è potuto maturare “ilcontesto” che ha portato allasua morte: le inchieste diSiani a Castellammare diStabia e il fastidio che davaal clan Gionta, le indaginiche stentano, il Mattino chesi vergogna, almeno all’inizio,di difendere la memoriadel suo cronista (in quanto,appunto, “abusivo”...), e poila santificazione e i premidati in suo nome, che passada quello di un giovane ebrillante cronista di provinciaa quello di simbolo. No, il librodi Franchini parla, perfortuna <strong>dei</strong> suoi lettori e dichi voglia capire tante cose,della città di Napoli, con tuttoil contorno vociante e improbabiledi personaggi e culture,alle follie sociali e mentalidi cui può rendersi protagonistasolo quella piccola borghesiameridionale dallaquale lo stesso autore proviene,fino alla generazionedi quei trenta/quarantenniche hanno fatto in tempo avivere gli scampoli degli anniSettanta (sì, persino aNapoli) ma che sono statitroppo presto sommersi daldisincanto e dalla cupidigiadegli anni Ottanta e oggi, affermatisocialmente o menoche siano, si sentono dolorosamentein debito con laStoria prima ancora che conle loro stesse vite. Infine,Franchini opera – all’internodel testo, tutto costruito sulunghe e fedelissime sbobinature<strong>dei</strong> colloqui che haavuto nel corso degli anni,mentre accatastava i materialie svolgeva le ricercheper il libro, con i vari amici,colleghi e protagonisti dellavicenda Siani – delle interpolazioninarrative dall’esitofelice e imprevedibile. Perpagine e pagine, infatti, lastoria di Giancarlo e dellasua morte viene intervallatada quella della famiglia diFranchini e in particolare datre figure, due femminili euna maschile: la nonna, soprannominata“Il Locusto”,vecchissima eppure loquacee perfidamente saggia, lamadre dell’autore, esasperatae invelenita dalla presenzadi sua madre e dall’assenzadel marito, che siesprime con una volgaritàferoce e cinica, ma contemporaneamentein un dialettoe con ragionamenti di un’ilaritàcontagiosa, e infine lozio Rino, ex (forse) generale<strong>dei</strong> Carabinieri, silenzioso emagrissimo, che in tempo diguerra dovette giudicare unsuo attentatore e gli evitò lacondanna a morte. Franchinisi può permettere di tratteggiareun ritratto vero e impietoso,ai limiti della cattiveria,del suo più ristretto clan familiaresolo perché si mettein gioco in prima persona econsente a chi lo legge di rifletteresu concetti dolorosi einsieme cruciali. Innanzitutto,che – come gli disse un tristeWalter Chiari in una dellesue prime prove da giornalista– “ad un certo punto dellavita ci si abitua a tutto. Aperdere gli amici, agli addiidelle donne...”. Ecco perchésolo ora Franchini ha potutoscrivere di Siani. Poi che “andarsenecongela gli affetti eforse li preserva”, comeFranchini ha fatto con questastoria, seguita e insiememessa da parte per tanti anni,ma anche con Napoli eprobabilmente anche con lasua famiglia. Infine, che “catalogare- posti, esperienze,amori, è già un gesto chedovrebbe togliere il diritto divivere”. Perché, sostiene, sesiamo saturi, anche solo diandare ogni giorno al marenella stessa bellissimaspiaggia, dovremmo pensareai nostri coetanei morti, achi questa possibilità nonviene più data. E, dunque,conclude Franchini, per chi,come Siani e altri della suagenerazione, ha lottato tantoper diventare giornalista, perraccontare quello che vedeva,per conquistare una dignità(professionale, sociale,umana) è un insulto vedereo pensare a chi snobba consufficienza conquiste e responsabilitàche, ad altri, inposti più crudeli, sono costatila gioia e la vita. Come aSiani. O la fuga e il dolore.Come a Franchini.Antonio Franchini,L’abusivo,Edizioni Marsilio <strong>2001</strong>,pagine 249, lire 28.000CORPORATE WEB TVPRIMARIO GRUPPO ITALIANOper un progetto di Corporate Web Tv ricerca le seguenti figure professionali1 capo redattore (RIF 140)4 redattori ordinari (RIF 141)3 giornalisti di prima nomina (RIF 142)1 segretaria di redazione (RIF 143)Per tutti i candidati costituiscono elementi preferenziali:esperienza in redazioni radio televisive, livello culturale ottimocon particolare riferimento ai settori economico e finanziario.In particolare, per la posizione di Redattori ordinari sarà un requisito distintivo l’esperienza diretta nella conduzione ditelegiornali.La sede di lavoro è Milano.Le persone interessate possono visitare il sitowww.executivesurf.com alla sezione ”ricerche in corso”.27 (35)

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