Ottobre 2001 - Ordine dei Giornalisti

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L I B R E R I A“Corriere della Sera” dell’8 settembre 2001La Resistenzadi MurialdiMario Costa CardolUltimo zar –primo olocaustodi Gigi SperoniLa prima guerra mondiale ciha lasciato saggi, ricordi,memoriali di generali (ognunoa difendere la propria verità)testimonianze di scrittori,come Lussu, Hemingway,Remarque. A questa pubblicisticaenorme che raccontae analizza l’insensato sacrificiodi una intera generazionesui vari fronti di battaglias’aggiunge, ora, questo librodi Mario Costa Cardol dedicatoa uno sterminio avvenutonelle retrovie, e dimenticato:tra il 1914 e il 1916 circadue milioni di ebrei trovaronola morte durante le deportazionivolute dallo statomaggiore russo col pretestoche i villaggi giudei eranocentrali spionistiche a favoredel nemico tedesco. Due milioni!E i più deboli: donne,vecchi, bambini, perché gliuomini validi erano al fronteo disertori.Il titolo del libro, Ultimo zar –primo olocausto, ne sintetizzail contenuto.L’ultimo zar era Nicola II, cheil 17 luglio 1918 verrà ucciso,con tutta la famiglia, dai bolscevichi,per ordine delSoviet degli Urali, a Ekaterin-burg,in Siberia, e latragedia del popolo della diasporapuò essere ben definitacome il “primo olocausto”.Oltretutto a opera di unaRussia che accusava le vittimedi essere al servizio propriodei futuri nazisti che, inmodo più scientifico, programmerannola soluzionefinale del popolo d’Israele.Nel 1916, mentre i soldatidello zar perseguitavano gliebrei, un giovanotto di 27anni, Adolf Hitler, in un ospedaleda campo tedesco, pervia degli occhi ustionati dall’iprite.maturava i suoi follipropositi di distruzione.E Mario Costa Cardol citacome “prezioso e importantissimopunto di riferimento”,Jacob L. Talmon, professoredi storia moderna allaUniversità di Gerusalemme,che, di fronte alla strage russa,si era accorto “con sgomentodi trovarsi di fronte auna sorta di prefigurazionedell’ecatombe attuata dainazisti”.Mario Arduino e Oscar Di PrataFu breve la giornatadi Massimo CobelliMario Arduino, classe 1939,sindaco di Sirmione delGarda per una decina d’anni,dal 1990, e autore di libridi poesia e di saggi sul suoillustre concittadino di duemilaanni fa, Catullo; OscarDi Prata, nato a Brescia nel1910, pittore, critico e docente,per molti anni collabo-L’autore cerca di inquadrarela tragedia in campo largo,ovvero in un ampio scenariogeopolitico, con veloci pennellatesui protagonisti dell’epoca,nell’intento di comporreun quadro d’insieme.Compito non facile.Il suo vero merito rimanequello di aver riportato allaluce un dramma, e chedramma, rimosso dalla memoriae dalla coscienza degliuomini. E rivissuto conuna partecipazione personale:“Grazie all’intelligenzae alla sensibilità di mia moglieDoris Sarina, ho avutodell’animo e del mondoebraici la comprensione necessariaper scrivere questolibro, che dedico alla memoriadi Lei e alla vita di nostronipote Carlo Yehuda”.Mario Costa Cardol,Ultimo zar –primo olocausto,Lulav editrice,Milano 2001,pagine 269, lire 29.800(euro 15,39)di Corrado StajanoDeve aver forzato la proprianatura riservata, PaoloMurialdi, per scrivere, più di50 anni dopo, una cronacadella sua guerra partigianain una brigata garibaldinadell’Oltrepò pavese. Il libretto,pubblicato da Il Mulino, siintitola La traversata. Settembre1943-dicembre1945. È una memoria secca,priva di retorica e di compiacimenti,dove l’emozione hapoco spazio. Si svela soltanto,ma con misura, nella paginadove Murialdi raccontal’arrivo a Milano, il 27 aprile‘45, dei partigiani dell’Oltrepò,i primi che giunsero incittà: “Le vie dell’ingresso sonoquelle abituali di quandonon c’era l’autostrada: Conchetta,san Gottardo. Tra lecase incontriamo il tripudio.Dai marciapiedi e dalle macerieuomini e donne applaudonoe urlano evviva.Qualcuno grida welcome,welcome e noi rispondiamoche siamo italiani, non americanio inglesi. Ricordo unadonna che si sbracciava tantoche un seno le uscì dalloscollo del vestito”. (Una bellasoddisfazione, indimenticabile,per un giovane di 25 anni,liberare Milano dal nazifascismo.Capace di ripagaredi tante fatiche, ansie, dolori,ricordi di morte). In cima alsuo libro, Murialdi ha postodue citazioni, la prima diJosif Brodskij, “L’animo precedela penna e non permettealla penna di tradirlo”. Laseconda di Italo Calvino:“Siamo tutti uguali davantialla morte, non davanti allastoria”. Questa di Murialdi,storico del giornalismo, giornalistaper tanti anni, è unamemoria nel segno indicatoda Claudio Pavone, l’autoredi Una guerra civile, fondamentalesaggio storico sullamoralità della Resistenza.Murialdi è ritornato nei postidella sua giovinezza partigiana,ha rivisto i paesi dipianura, i villaggi di collina aridosso della via Emilia,Voghera, Stradella, la terralombarda sotto il Po, i prati ei boschi dei rastrellamenti, lestrade degli agguati, i luoghidella guerriglia, le cascineQuando vestivamoalla garibaldinadell’ospitalità contadina. Èandato, inutilmente, alla ricercadella buca lunga unpo’ più di tre metri, largaquasi due, di terra e di tavoledi legno, dove con tre compagnivisse per 35 giorni dopoil feroce rastrellamentodei mongoli del novembre‘44.Murialdi non ha reticenze,racconta tutto quel che ricorda,è salito in montagna conun impermeabile stinto, i calzonialla zuava, un sacco inspalla.La Resistenza, allora e oggi,è per lui portatrice di libertà.È un duro tirocinio, il suo, imparala politica, impara a conosceregli uomini. Spessonon sono facili i rapporti tra ipartigiani delle diverse formazioni,i comunisti, i socialisti,gli autonomi, iGaribaldini, i Matteottini,quelli di Giustizia e libertà,ratore di giornali e riviste:due esperienze diverse, duediverse generazioni, ma ununico modo di “sentire” l’avventuraumana, con le suegioie e i suoi dolori, con il fardellodel passato e con lesperanze del futuro.La giornata è appena cominciatae già volge al tramonto,ma nonostante la “stagione”sia perduta per sempre rimanela gioia di aver vissutoe di vivere alla ricerca di unalibertà interiore che è poi ilsegreto della vita. È la gioiadei semplici, dei puri di cuore,che non si lasciano maiabbattere dalla disperazione.Dal sodalizio tra il poeta e ilpittore è nato il volume Fubreve la giornata, parole edimmagini sulla stagione perduta,raccolta di poesie diArduino e di disegni di DiPrata, dalla quale affiora unduplice e personalissimopercorso umano e spirituale,intrapreso alla ricerca di unrigore morale che non hanulla a che fare con il circodelle vanità impostoci dauna società alla deriva.Arduino e Di Prata, poeti distrada innamorati della vita,allora tenuti in sospetto daicomunisti, adesso da chi vedei comunisti in ogni cantone.Il libro di Murialdi, garibaldinonon comunista, cometanti altri, è familiare, spiegacon naturalezza, fuori delmito, la quotidianità della vitapartigiana. Spiega anche gliorrori e la pietà. Non tace leatrocità della guerra civile,non nasconde la violenzapartigiana. Ma il seme dellavendetta, commenta, l’avevanoseminato i neri. Nell’ultimoperiodo del fascismopoi, quello di Salò, poi normalipersone di fede fascistasi trasformarono in efferatitorturatori, come gli uominiche operarono nell’Oltrepò,italiani feroci di una formazioneche si chiamava“Sicherheits Abteilung”.I compagni del partigianoPaolo sono l’Americano,intercalano disegni e poesiecome in un libro di filastroccheper bambini, confondendole une con gli altri.“Entrambi ‘giocano’ con sestessi e con il mondo, ebbridi gioia orgogliosa e conscia”,osserva nella presentazionedel volume AmanzioPossenti: “ambedue raccontanoche la vita è un donosenza pari, anche se fu brevela giornata. Tra parole eimmagini, là avanti si profilaun guado da superare, perloro, per tutti: è dolce che aldi là attenda un Dio pieno dimisericordia, che abbracciail Poeta, si emoziona ai coloridel Pittore e avvolge tuttinel segreto dell’eternità”.E quando sarà il momento,Piero, Toni, Ciro, PrimulaRossa. Ma anche Nerone,Sceriffo, Caino, Usignolo,Togliatti, Badoglio, Audace,Indietro, Portos, Tigre, Stalin,Macario. Nomi fantasiosi, pittoreschi,ironici. Ma sonodue i protagonisti della cronacadi Murialdi: Edoardo eMaino. Edoardo è ItaloPietra. È lui - il futuro direttoredel Giorno - il comandanteche l’aveva arruolato in uncampo di meliga: “Indossaun insieme che ricorda unpo’ gli alpini e un po’ i campidi sci: giacca a vento lunga egialla, fuori ordinanza, calzonigrigioverdi da ufficiale, calzettonibianchi, scarpe Vibram.Non porta armi”.Maino è Luchino dal Vermeche i partigiani-contadinichiamavano al cònt, il conte.Ufficiale delle batterie a cavalloin Russia, nel partigianatoè stato uguale tra gliuguali, ossessivo bersagliodei nazifascisti. Pietra hascritto di lui bellissime paginenel suo libro I grandi e igrossi (Mondadori, 1973).C’è, nella cronaca diMurialdi, un episodio che rivelal’intelligenza politica, lostile e il nero umore burlescodi Pietra.Il 29 aprile 1945, il crudelecapo della Sicherheits,Felice Fiorentini, viene catturatoe portato nelle scuoledi viale Romagna, casermapartigiana di Milano: “Alto,magro, pallido, disfatto.Edoardo ed io temiamo il linciaggioo una raffica di mitra.Edoardo, allora, pensa dimostrarlo ai partigiani ammassatinell’atrio e urlanti,con noi due ai suoi fianchi,quasi a contatto di gomito.Ottenuto il silenzio Edoardodice che bisogna dargli unalezione: farlo giudicare da untribunale straordinario aVoghera ma, intanto, cantargliuna canzone partigiana.Così accade. Una scenaemozionante e anche teatrale;ma i partigiani cantano enon sparano”.Paolo Murialdi,La traversata. Settembre1943-dicembre 1945,Il Mulino 2001, pagine 137,lire 18.000 (euro 9,26)dice Arduino, “concedimi lamorte improvvisa, Signore. /Abbattimi come una querciamontana / colpita dalla folgoreceleste. / Evitami la degradanteagonia / dell’erba sottola ferza estiva. / Conservamidignità umana / fino all’ultimoistante. / Ed accoglimiquindi / nelle tue bracciaamiche”.Mario Arduinoe Oscar Di Prata,Fu breve la giornata.Parole ed immaginisulla stagione perduta,con prefazionedi Amanzio Possenti,Tipolitografia EditriceAngelo Lumini,Travagliato(Bs), pagine 140, s.i.p.24 (32) ORDINE 8 2001

L I B R E R I A D I T A B L O I DLuigi Gestra e Lucia PurisiolUna voce mi chiamò:Primo!L. Benedini e C.MartignoniMarino Moretti a GiuseppeRavegnani. Letteredi Gigi SperoniSpiega Lucia Purisiol: “Miconvinse a scrivere questatestimonianza del suo camminodi conversione, chiedendomi:«Perché credi cheil Signore ci abbia fatto incontrare?».Non ebbi dubbinel rispondere: «Per scrivereun libro».Ed eccolo, dunque, il libro,nato dall’incontro di una cronistad’esperienza con LuigiGestra, che, a quarant’anni,si è lasciato alle spalle unavita brillante e mondana, cometitolare di un negozio diabbigliamento nel centro diMilano, per diventare terziariofrancescano.Non per un’improvvisa folgorazione,ma dopo un camminodai sofferti interrogativimentre veniva fornito di dotiparanormali da una presenzainvisibile che lo “sollecitavaa fare”. A esercitare fenomenirazionalmente inspiegabiliche lo dilaniavano nelcercare di comprendere checosa gli stava succedendo,chi lo andava trasformandoin sensitivo, a volte, addirittura,in una specie di guru.Lo aiuterà in questa ricercainteriore un sacerdote, definito“Padre Illuminato”, che,passo passo, lo avvierà versola vocazione. Sin quando“all’improvviso una voce interioremi disse: «… tu seivenuto al mondo per convertirele anime».E in quell’istante ebbi questavisione: il mio feto (compresisubito che ero io) e l’animache entrava in esso nella formadi una particola bordatad’oro”.Prima di questa rivelazione(siamo ormai verso le ultimepagine del racconto),Gestra, verrà indotto dallasua “voce guida” a compiereuna serie di stupefacenti attiper la meraviglia di amici econoscenti: grandi e piccolebuone azioni: dall’avvertimentodi non affidarsi più aun commercialista disonesto,alla diagnosi per faruscire un padre di famigliadal coma; dai consigli all’amicomusulmano su quandogiocare una schedina vincente,al lungo, commosso,colloquio con un’amica nell’aldilà…e via così.Episodi raccolti dalla Purisiolcon diligenza partecipantevisto che anche lei è statacoinvolta dalla personalitàdel Gestra: “Quando ho cominciatoa frequentare Luigi,gli amici si sono accorti subitoche c’era qualcosa di nuovoin me, in genere chiusa,diffidente, pessimista.Naturalmente mi hannochiesto come andava l’amoree se avevo un nuovo fidanzato.Io rispondevo cheavevo conosciuto una personache mi faceva pregare.Conoscendo i miei trascorsi,allarmati, insistevano nel sapernedi più e io rispondevoregolarmente che quandoandavo da lui mi sentivotranquilla, serena, e che«pregare non fa male».”Il libro è di buona scrittura, equi mi fermo. Perché il contenutova preso per quello chevuole essere: una testimonianzadi Fede. Che doneràulteriori certezze a chi credee potrà offrire spunti di riflessionea chi dubita. Comesempre, d’altronde, quandosi entra nel mistero del trascendente.Così, più che addentrarmi inun’analisi critica, penso chesia più interessante proporreal lettore due profezie diLuigi Gestra. Sta parlando,nei boschi della Verna, “dellagrandezza di San Francesco”con alcuni amici,quando li zittisce «perché mistanno comunicando unmessaggio»”.“Sentii questa voce delSignore che mi diceva:«Iltempo che verrà è molto duro.Dal 2001 al 2003 mancheràil pane, ma chi è vicinoa me non deve temere perchénon gli mancherà.Chi invece sarà lontano dame cadrà nelle tenebre.Vedrai ci saranno molti suicidiperché non credono in mee nella mia salvezza».Poi mi disse per la Chiesa:«Il vostro Papa è un grandePapa… Parlerà alle potenzema non lo crederanno. Lasua grande missione è quelladi spianare la strada alprossimo Papa che verrà eavrà un carattere molto duro.Dirà basta a tutte le filosofie.La verità è il Vangelo.Molti sacerdoti verrannospretati perché usano filosofienon coerenti con ilVangelo. E ci vorranno cinquant’anniper ricostruire laChiesa».I riscontri a un futuro. E neppuremolto lontano.Luigi Gestra,Lucia Purisiol,Una voce mi chiamò:Primo!,una vita,una speranza,una conversione,Piemme, Religione,pagine 208,lire 24.000 (euro12,39)di Gian Luigi FalabrinoSe si mette a confronto unpoeta e narratore con un criticodi giornali e direttore dicollana, un operatore culturalecome si diceva anni fa,scatta facilmente nel lettore,soprattutto se letterato anch’egli,un pregiudizio: il pregiudizioromantico del poetabaciato dall’ispirazione e dallagloria, di fronte al quale l’operatoreculturale sembramolto meno importante.C’è del vero, naturalmente, inquesta specie di classifica,perché la creatività artistica èciò che conta, e ciò che si giudicaè l’opera. Ma sul pianodelle personalità, della cultura,della stessa autorità che sipuò esercitare nei giornali enelle case editrici, il confrontonon va sempre a favore deipoeti e dei narratori. In parte,è anche il caso del confrontofra Marino Moretti e GiuseppeRavegnani, che emerge dallelettere che il primo ha indirizzatoal secondo, in due periodi,1914-1921 e 1952-1964,pubblicate dalla BibliotecaCivica di Pavia, col titoloMarino Moretti a GiuseppeRavegnani. Lettere.Questo volume è lo sviluppodi una tesi di laurea di LuciaBenedini, arricchita di note edi una biografia di Ravegnani,in collaborazionecon la professoressa CleliaMartignoni, che ha anchescritto l’introduzione. Ci sonosoltanto le lettere di Moretti aRavegnani, ma da ciò chescrive il poeta e dai chiarimentidelle note, molto precise,si intuiscono gli argomentie il tono del critico.Quando i due letterati cominciaronoa scriversi, Morettisfiorava i trent’anni ma eragià celebre, Ravegnani avevadieci anni di meno e stava facendole prime prove conqualche libretto di versi, conuna rivistina letteraria fattacon Italo Balbo (allora repubblicanopoi fascistissimo) chenon passò i due numeri, e poicon un’altra rivista durata dueanni, fino al 1915. Come dicela Martignoni nell’introduzione,la conoscenza fra i due èsuperficiale: Moretti è affermatoe già esperto, Ravegnaniimpacciato e subordinato.Le lettere del periodo1914-1921 rivelano un tipo dirapporto molto frequente fra iletterati: l’esordiente mandapoesie per la pubblicazione,e l’affermato risponde “lei puòfare di meglio”; oppure l’esordientescrive soffietti benevoliper l’arrivato, e questi si degnadi rispondere con brevicartoline, dal tono molto formale,che si fanno più lunghee cordiali soltanto dal 1921.Poi ci sono trent’anni di silenzio:nel 1952 i due letteratis’incontrano nella giuria delpremio “Grazia Deledda”, diventanoamici e la corrispondenzariprende da quell’annoal ‘64: sono ambedue romagnoli,lavorano in modo diversoper la Mondadori, eRavegnani ha mantenutoun’attenzione critica verso leopere di Moretti. A propositodi Mondadori: Moretti era divenutoun autore della casa,e Ravegnani, come scriveLucia Benedini nella schedabiografica, dopo i trascorsi fascisti(fra l’altro, nel ‘43 fu anchedirettore per pochi mesidel Gazzettino e dellaGazzetta di Venezia) e dopola direzione della BibliotecaAriostea di Ferrara, nel ‘44 riparòa Milano. Qui dal 1950al ‘59 fu redattore capo e criticoletterario di Epoca e direttoredella celebre collana dipoesia Lo Specchio. Questiincarichi, uniti alla capacitàcritica, gli diedero una posizionedi “potere” fra gli autori,che non scomparve del tuttoneppure dopo la rottura con iMondadori e il passaggio alGiornale d’Italia.Le molte lettere del secondoperiodo sono rivelazioni econferme di beghe editoriali,ambizioni di autori, delusionie persino pettegolezzi. Nelraccoglierle in questo promettentelavoro, LuciaBenedini ha sostenuto le letteree i loro contenuti con notenumerose e approfondite,che costituiscono il meritomaggiore di questa giovanestudiosa.Si tratta di vere biografie, precisee dettagliate, di tanti autoridel Novecento. Se si mettesseroinsieme le brevi, maricche biografie di Panzini,Rea, Govoni, Cecchi,Giuseppe A. Borgese e tantissimialtri (e anche molti “minori”:GuidoLopez, Mas-simoGrillandi, Cesare Bran-duani,per esempio), si otterrebbenon soltanto una descrizionedell’ambiente letterario delsecolo, ma anche un compendiodi storia della letteraturache, in certe parti, è storiadell’editoria e del giornalismo.Lucia Benedinie Clelia Martignoni,Marino Moretti a GiuseppeRavegnani. Lettere,Biblioteca Civica di Pavia,Edizioni N.T.P. 2000Romano BracaliniL’Italia prima dell’Unità (1815-1860)di Gigi SperoniPer chi ama la storia,Romano Bracalini è un autoreDOC, garanzia di documentazionid’origine controllata.Come nella sua ultimafatica dedicata all’Italia primadell’Unità, agli anni chevanno dal 1815 al 1860: dallacaduta definitiva diNapoleone, sconfitto aWaterloo, alla vigilia dellaproclamazione del regnod’Italia. Con i popoli “spartiti”dal Congresso di Vienna“come greggi, comprati evenduti come al mercato” el’Italia “divisa in cinque grandiStati (Piemonte, Lombardo-Veneto,Toscana, Roma,Napoli), più due piccoli(Parma e Modena) che aggregano,rispettivamenteLucca e Massa-Carrara)”.Ognuno con usi ed economiediverse, le proprie leggi,la sua moneta.Ho usato il termine “fatica”nel senso che questo libro è,chiaramente, il risultato di unaccurato, paziente, lavoro diricarca; tradotto in un testoaccattivante, diviso in treparti per raccontare la vitapubblica, privata, sociale degliitaliani quando erano unitiunicamente dalla lingua, peraltroparlata soltanto daun’élite di intellettuali.In trecento pagine ricche didati, fatti, aneddoti, l’autoremette a confronto le mentalità,i personaggi, le consuetudiniin una penisola dove...“anche le abitudini quotidianenon potevano esserepiù diverse a seconda del rigoreo della mitezza del clima,della qualità dei governi,della floridezza dell’economiao della povertà delle terre:ed era naturale che ciòinfluisse sul temperamento,sull’umore e sulle disposizionidell’uomo”.È “L’Italia prima dell’Unità”:un mondo misconosciuto, unvuoto che Bracalini ha riempitoin un Paese che già pocoricorda del suo passato diNazione, figurarsi dei 45 anniche precedettero il Risorgimento!E l’ha riempito a mo’ di racconto:godibilissimo, spessoarguto.“A Venezia il turismo avevasalvato la città dalla completarovina, dopo la crisi economicadegli anni ‘20. Solonel 1843 erano arrivati112.644 forestieri, più deglistessi abitanti, e la città eradiventata una grande locanda,l’Austria aveva favoritoquesta nuova «industria delforestiero».”… “Certe locandeerano prive di servizi igienici.In una Heine avevachiesto dove fosse la toilette.«Là fuori» rispose il locandiereindicandogli l’apertacampagna.Le strade erano piene di ladri;e non era piacevole doverdividere per parecchigiorni la medesima stanzapriva di ogni comodo conpersone sospette e sconosciute”…“Per recarsi da Milano aRecanati, Giacomo Leopardidovette procurarsi il passaportonecessario all’ambasciataaustriaca «per andare,stare, tornare», come dicevala formula d’uso.Impiegò tre giorni per andareda Bologna a Milano…Lungo i 60 chilometri circache dividevano Mantova daParma c’erano sette barrieredoganali; e lungo il Po, malgradola libera circolazioneprevista dal trattato del1815, cinque; e più di ottantaerano i posti di blocco in cuile barche potevano essereispezionate. Tra Milano eBologna c’erano sei frontieredoganali, ognuna delle qualiimponeva al traffico due oredi sosta”…“Nel Regno di Napoli su1848 comuni ben 1621 mancavanototalmente di strade”…“Non solo non se necostruivano di nuove, manessuno riparava quelle vecchie.I briganti erano talvoltameno pericolosi dei gendarmiche taglieggiavano i viaggiatoricol pretesto di averviolato i regolamenti. Qualiregolamenti, se non ne esistevano?”“A proposito dell’indolenzadegli impiegati pontifici,Giuseppe Verdi raccontavaun divertente episodio.Venuto a Roma nel 1853 perassistere alla prima delTrovatore si recava ogni mattinaalla posta, che aveva sedenel palazzo Madama, attualesede del Senato.Vi arrivava puntualmente allenove, orario di apertura,ma lo sportello era chiuso; ilmaestro sbuffa per il ritardo.Alle nove e mezzo un impiegatosonnolento apre losportello. Verdi s’avvicina, diceil suo nome, e cacciandoglil’orologio sotto il naso, gliringhia: «Ma non vedete chesono le nove e mezzo?». Equello, con flemma romana:«E nun ringrazia il cielo chece semo arivati?»Romano Bracalini,L’Italia prima dell’Unità(1815 – 1860),RCS Libri, Milano, 2001,pagine 318,lire 16.900 (euro 8,73)ORDINE 8 200125 (33)

L I B R E R I A D I T A B L O I DLuigi Gestra e Lucia PurisiolUna voce mi chiamò:Primo!L. Benedini e C.MartignoniMarino Moretti a GiuseppeRavegnani. Letteredi Gigi SperoniSpiega Lucia Purisiol: “Miconvinse a scrivere questatestimonianza del suo camminodi conversione, chiedendomi:«Perché credi cheil Signore ci abbia fatto incontrare?».Non ebbi dubbinel rispondere: «Per scrivereun libro».Ed eccolo, dunque, il libro,nato dall’incontro di una cronistad’esperienza con LuigiGestra, che, a quarant’anni,si è lasciato alle spalle unavita brillante e mondana, cometitolare di un negozio diabbigliamento nel centro diMilano, per diventare terziariofrancescano.Non per un’improvvisa folgorazione,ma dopo un camminodai sofferti interrogativimentre veniva fornito di dotiparanormali da una presenzainvisibile che lo “sollecitavaa fare”. A esercitare fenomenirazionalmente inspiegabiliche lo dilaniavano nelcercare di comprendere checosa gli stava succedendo,chi lo andava trasformandoin sensitivo, a volte, addirittura,in una specie di guru.Lo aiuterà in questa ricercainteriore un sacerdote, definito“Padre Illuminato”, che,passo passo, lo avvierà versola vocazione. Sin quando“all’improvviso una voce interioremi disse: «… tu seivenuto al mondo per convertirele anime».E in quell’istante ebbi questavisione: il mio feto (compresisubito che ero io) e l’animache entrava in esso nella formadi una particola bordatad’oro”.Prima di questa rivelazione(siamo ormai verso le ultimepagine del racconto),Gestra, verrà indotto dallasua “voce guida” a compiereuna serie di stupefacenti attiper la meraviglia di amici econoscenti: grandi e piccolebuone azioni: dall’avvertimentodi non affidarsi più aun commercialista disonesto,alla diagnosi per faruscire un padre di famigliadal coma; dai consigli all’amicomusulmano su quandogiocare una schedina vincente,al lungo, commosso,colloquio con un’amica nell’aldilà…e via così.Episodi raccolti dalla Purisiolcon diligenza partecipantevisto che anche lei è statacoinvolta dalla personalitàdel Gestra: “Quando ho cominciatoa frequentare Luigi,gli amici si sono accorti subitoche c’era qualcosa di nuovoin me, in genere chiusa,diffidente, pessimista.Naturalmente mi hannochiesto come andava l’amoree se avevo un nuovo fidanzato.Io rispondevo cheavevo conosciuto una personache mi faceva pregare.Conoscendo i miei trascorsi,allarmati, insistevano nel sapernedi più e io rispondevoregolarmente che quandoandavo da lui mi sentivotranquilla, serena, e che«pregare non fa male».”Il libro è di buona scrittura, equi mi fermo. Perché il contenutova preso per quello chevuole essere: una testimonianzadi Fede. Che doneràulteriori certezze a chi credee potrà offrire spunti di riflessionea chi dubita. Comesempre, d’altronde, quandosi entra nel mistero del trascendente.Così, più che addentrarmi inun’analisi critica, penso chesia più interessante proporreal lettore due profezie diLuigi Gestra. Sta parlando,nei boschi della Verna, “dellagrandezza di San Francesco”con alcuni amici,quando li zittisce «perché mistanno comunicando unmessaggio»”.“Sentii questa voce delSignore che mi diceva:«Iltempo che verrà è molto duro.Dal <strong>2001</strong> al 2003 mancheràil pane, ma chi è vicinoa me non deve temere perchénon gli mancherà.Chi invece sarà lontano dame cadrà nelle tenebre.Vedrai ci saranno molti suicidiperché non credono in mee nella mia salvezza».Poi mi disse per la Chiesa:«Il vostro Papa è un grandePapa… Parlerà alle potenzema non lo crederanno. Lasua grande missione è quelladi spianare la strada alprossimo Papa che verrà eavrà un carattere molto duro.Dirà basta a tutte le filosofie.La verità è il Vangelo.Molti sacerdoti verrannospretati perché usano filosofienon coerenti con ilVangelo. E ci vorranno cinquant’anniper ricostruire laChiesa».I riscontri a un futuro. E neppuremolto lontano.Luigi Gestra,Lucia Purisiol,Una voce mi chiamò:Primo!,una vita,una speranza,una conversione,Piemme, Religione,pagine 208,lire 24.000 (euro12,39)di Gian Luigi FalabrinoSe si mette a confronto unpoeta e narratore con un criticodi giornali e direttore dicollana, un operatore culturalecome si diceva anni fa,scatta facilmente nel lettore,soprattutto se letterato anch’egli,un pregiudizio: il pregiudizioromantico del poetabaciato dall’ispirazione e dallagloria, di fronte al quale l’operatoreculturale sembramolto meno importante.C’è del vero, naturalmente, inquesta specie di classifica,perché la creatività artistica èciò che conta, e ciò che si giudicaè l’opera. Ma sul pianodelle personalità, della cultura,della stessa autorità che sipuò esercitare nei giornali enelle case editrici, il confrontonon va sempre a favore <strong>dei</strong>poeti e <strong>dei</strong> narratori. In parte,è anche il caso del confrontofra Marino Moretti e GiuseppeRavegnani, che emerge dallelettere che il primo ha indirizzatoal secondo, in due periodi,1914-1921 e 1952-1964,pubblicate dalla BibliotecaCivica di Pavia, col titoloMarino Moretti a GiuseppeRavegnani. Lettere.Questo volume è lo sviluppodi una tesi di laurea di LuciaBenedini, arricchita di note edi una biografia di Ravegnani,in collaborazionecon la professoressa CleliaMartignoni, che ha anchescritto l’introduzione. Ci sonosoltanto le lettere di Moretti aRavegnani, ma da ciò chescrive il poeta e dai chiarimentidelle note, molto precise,si intuiscono gli argomentie il tono del critico.Quando i due letterati cominciaronoa scriversi, Morettisfiorava i trent’anni ma eragià celebre, Ravegnani avevadieci anni di meno e stava facendole prime prove conqualche libretto di versi, conuna rivistina letteraria fattacon Italo Balbo (allora repubblicanopoi fascistissimo) chenon passò i due numeri, e poicon un’altra rivista durata dueanni, fino al 1915. Come dicela Martignoni nell’introduzione,la conoscenza fra i due èsuperficiale: Moretti è affermatoe già esperto, Ravegnaniimpacciato e subordinato.Le lettere del periodo1914-1921 rivelano un tipo dirapporto molto frequente fra iletterati: l’esordiente mandapoesie per la pubblicazione,e l’affermato risponde “lei puòfare di meglio”; oppure l’esordientescrive soffietti benevoliper l’arrivato, e questi si degnadi rispondere con brevicartoline, dal tono molto formale,che si fanno più lunghee cordiali soltanto dal 1921.Poi ci sono trent’anni di silenzio:nel 1952 i due letteratis’incontrano nella giuria delpremio “Grazia Deledda”, diventanoamici e la corrispondenzariprende da quell’annoal ‘64: sono ambedue romagnoli,lavorano in modo diversoper la Mondadori, eRavegnani ha mantenutoun’attenzione critica verso leopere di Moretti. A propositodi Mondadori: Moretti era divenutoun autore della casa,e Ravegnani, come scriveLucia Benedini nella schedabiografica, dopo i trascorsi fascisti(fra l’altro, nel ‘43 fu anchedirettore per pochi mesidel Gazzettino e dellaGazzetta di Venezia) e dopola direzione della BibliotecaAriostea di Ferrara, nel ‘44 riparòa Milano. Qui dal 1950al ‘59 fu redattore capo e criticoletterario di Epoca e direttoredella celebre collana dipoesia Lo Specchio. Questiincarichi, uniti alla capacitàcritica, gli diedero una posizionedi “potere” fra gli autori,che non scomparve del tuttoneppure dopo la rottura con iMondadori e il passaggio alGiornale d’Italia.Le molte lettere del secondoperiodo sono rivelazioni econferme di beghe editoriali,ambizioni di autori, delusionie persino pettegolezzi. Nelraccoglierle in questo promettentelavoro, LuciaBenedini ha sostenuto le letteree i loro contenuti con notenumerose e approfondite,che costituiscono il meritomaggiore di questa giovanestudiosa.Si tratta di vere biografie, precisee dettagliate, di tanti autoridel Novecento. Se si mettesseroinsieme le brevi, maricche biografie di Panzini,Rea, Govoni, Cecchi,Giuseppe A. Borgese e tantissimialtri (e anche molti “minori”:GuidoLopez, Mas-simoGrillandi, Cesare Bran-duani,per esempio), si otterrebbenon soltanto una descrizionedell’ambiente letterario delsecolo, ma anche un compendiodi storia della letteraturache, in certe parti, è storiadell’editoria e del giornalismo.Lucia Benedinie Clelia Martignoni,Marino Moretti a GiuseppeRavegnani. Lettere,Biblioteca Civica di Pavia,Edizioni N.T.P. 2000Romano BracaliniL’Italia prima dell’Unità (1815-1860)di Gigi SperoniPer chi ama la storia,Romano Bracalini è un autoreDOC, garanzia di documentazionid’origine controllata.Come nella sua ultimafatica dedicata all’Italia primadell’Unità, agli anni chevanno dal 1815 al 1860: dallacaduta definitiva diNapoleone, sconfitto aWaterloo, alla vigilia dellaproclamazione del regnod’Italia. Con i popoli “spartiti”dal Congresso di Vienna“come greggi, comprati evenduti come al mercato” el’Italia “divisa in cinque grandiStati (Piemonte, Lombardo-Veneto,Toscana, Roma,Napoli), più due piccoli(Parma e Modena) che aggregano,rispettivamenteLucca e Massa-Carrara)”.Ognuno con usi ed economiediverse, le proprie leggi,la sua moneta.Ho usato il termine “fatica”nel senso che questo libro è,chiaramente, il risultato di unaccurato, paziente, lavoro diricarca; tradotto in un testoaccattivante, diviso in treparti per raccontare la vitapubblica, privata, sociale degliitaliani quando erano unitiunicamente dalla lingua, peraltroparlata soltanto daun’élite di intellettuali.In trecento pagine ricche didati, fatti, aneddoti, l’autoremette a confronto le mentalità,i personaggi, le consuetudiniin una penisola dove...“anche le abitudini quotidianenon potevano esserepiù diverse a seconda del rigoreo della mitezza del clima,della qualità <strong>dei</strong> governi,della floridezza dell’economiao della povertà delle terre:ed era naturale che ciòinfluisse sul temperamento,sull’umore e sulle disposizionidell’uomo”.È “L’Italia prima dell’Unità”:un mondo misconosciuto, unvuoto che Bracalini ha riempitoin un Paese che già pocoricorda del suo passato diNazione, figurarsi <strong>dei</strong> 45 anniche precedettero il Risorgimento!E l’ha riempito a mo’ di racconto:godibilissimo, spessoarguto.“A Venezia il turismo avevasalvato la città dalla completarovina, dopo la crisi economicadegli anni ‘20. Solonel 1843 erano arrivati112.644 forestieri, più deglistessi abitanti, e la città eradiventata una grande locanda,l’Austria aveva favoritoquesta nuova «industria delforestiero».”… “Certe locandeerano prive di servizi igienici.In una Heine avevachiesto dove fosse la toilette.«Là fuori» rispose il locandiereindicandogli l’apertacampagna.Le strade erano piene di ladri;e non era piacevole doverdividere per parecchigiorni la medesima stanzapriva di ogni comodo conpersone sospette e sconosciute”…“Per recarsi da Milano aRecanati, Giacomo Leopardidovette procurarsi il passaportonecessario all’ambasciataaustriaca «per andare,stare, tornare», come dicevala formula d’uso.Impiegò tre giorni per andareda Bologna a Milano…Lungo i 60 chilometri circache dividevano Mantova daParma c’erano sette barrieredoganali; e lungo il Po, malgradola libera circolazioneprevista dal trattato del1815, cinque; e più di ottantaerano i posti di blocco in cuile barche potevano essereispezionate. Tra Milano eBologna c’erano sei frontieredoganali, ognuna delle qualiimponeva al traffico due oredi sosta”…“Nel Regno di Napoli su1848 comuni ben 1621 mancavanototalmente di strade”…“Non solo non se necostruivano di nuove, manessuno riparava quelle vecchie.I briganti erano talvoltameno pericolosi <strong>dei</strong> gendarmiche taglieggiavano i viaggiatoricol pretesto di averviolato i regolamenti. Qualiregolamenti, se non ne esistevano?”“A proposito dell’indolenzadegli impiegati pontifici,Giuseppe Verdi raccontavaun divertente episodio.Venuto a Roma nel 1853 perassistere alla prima delTrovatore si recava ogni mattinaalla posta, che aveva sedenel palazzo Madama, attualesede del Senato.Vi arrivava puntualmente allenove, orario di apertura,ma lo sportello era chiuso; ilmaestro sbuffa per il ritardo.Alle nove e mezzo un impiegatosonnolento apre losportello. Verdi s’avvicina, diceil suo nome, e cacciandoglil’orologio sotto il naso, gliringhia: «Ma non vedete chesono le nove e mezzo?». Equello, con flemma romana:«E nun ringrazia il cielo chece semo arivati?»Romano Bracalini,L’Italia prima dell’Unità(1815 – 1860),RCS Libri, Milano, <strong>2001</strong>,pagine 318,lire 16.900 (euro 8,73)ORDINE 8 <strong>2001</strong>25 (33)

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