“L’intervista filmata”Presentazione a Roma“Un ricordo di Indro Montanelli” è il titolodella serata organizzata a Roma dal ministeroper i Beni e le Attività culturali epresieduta dal ministro Giuliano Urbani,alla presenza del Presidente della Repubblica,per rendere omaggio al grandegiornalista (Biblioteca Nazionale Centrale,via Castro Pretorio 105, mercoledì 3ottobre, ore 18,30).In programma la presentazione di Ferrucciode Bortoli del video “L’intervista filmata”e l’intervento di Arrigo Levi “Ritrattodi Montanelli”. “L’Intervista filmata” è unaproduzione Rai Sat in collaborazione conil Comune di Milano.Indro Montanellifotografato nel 1999con un gruppo digiornalisti dellaredazione delCorriere della Seraall’interno della SalaAlbertini.La foto è statascattata in occasione<strong>dei</strong> festeggiamentiper i novant’annidel giornalista.Indro Montanelliera tornato in viaSolferino nel 1995,un ritornofortemente volutoe ottenuto dall’alloradirettore delCorriere, Paolo MieliSempre con la mitica Olivetti Lettera 22 (foto Olympia).“borghesi benpensanti”: “Questa è la storiadella battaglia di Budapest e il lettore ciperdoni se la riferiamo con tanto ritardo...”.Legge Merlin del ‘58, chiudevano le “case”“delle quali ho un ottimo ricordo”, “atmosferedi volti, di arredamenti, di discorsi e sensazioni”,e incombeva il Sessantotto, “con unaborghesia radical-chic che, comodamenteadagiata su eleganti divani, vezzeggiaval’eversione”. Lo stesso Corriere avrebberespirato quell’atmosfera, irrimediabilmentetramontati i tempi di Aldo Borelli che, primadi ogni decisione importante, soleva consultareil suo king maker o direttore-ombra chedir si voglia. Gli interventi da padrona diGiulia Maria Crespi, il licenziamento diSpadolini preannunciato alla redazione e ilsentirsi isolato con altri colleghi, lo indusseroal doloroso distacco. Le interviste al Mondoe a Panorama fornirono il pretesto al licenziamento.Non era più il suo Corriere, ilCorriere fondato da Eugenio Torelli-Viollierdivenuto carismatico con Luigi Albertini,direttore e comproprietario disarcionato perl’essersi pronunciato contro il regime dopo ildelitto Matteotti.La nascita del Giornale, giugno ‘74, con “l’argenteriadel Corriere, come avrebbe felicementetratteggiato più tardi un eccellentedirettore di via Solferino, Franco Di Bella,fece clamore e non solo clamore. Il soloacquistare all’edicola la nuova testatarappresentava un atto di coraggio e unrischio, perché chi vi lavorava era da tanticonsiderato un pericoloso reazionario (il solosfogliare la raccolta <strong>dei</strong> giornali, di numerosigiornali almeno, è sufficiente per fissare ilclima che si respirava). Poco o nulla contavail fatto che Montanelli, Bettiza e Piovene,nella sua facoltà di presidente della società<strong>dei</strong> redattori, fossero andati a pescare (fra lealtre) intelligenze purissime calibro Aron,Fejto, Furet, Ionesco, Revel, e, a casa nostra,Matteucci, Renato Mieli, De Felice, Romeo eSettembrini.Montanelli rammenterà il silenzio e il gelo dicerti incontri, colleghi che al suo passare sivoltavano, amicizie rinnegate, sino alla“gambizzazione” del 1977, ai giardini meta diquotidiane, ben note passeggiate. “Bisognache resti in piedi, che non gli dia la soddisfazionedi morire per terra”, e in quel suoaggrapparsi alla cancellata c’è la salvezza“perché l’ultimo colpo, mentre mi giravo estavo per cadere, mi è arrivato proprio all’altezzadell’inguine”. Nei titoli della Stampa edel Corriere diretto da Piero Ottone, il nomedi Montanelli non compare. Compare invece,nel registro delle firme in suo ricordo, il nomedi Franco Bonisoli: “Grazie Indro, Grazie dicuore, di tutto. Con affetto”. Bonisoli è il brche lo gambizzò e che nell’87 Montanelliaveva perdonato: “Il mio conto con loro èchiuso. Li rispetto perché oggi rifiutano il loropassato».Il ‘74 è un anno importante: a Cortina sposain seconde nozze la giornalista ColetteRosselli, la deliziosa Donna Letizia chescomparirà nel ‘96. La sua battaglia è ormaivinta, il Controcorrente (di poche righe etalvolta di poche parole) suggeritogli da Bettizaè la rubrica-cult più gettonata d’Italia,come lo era stata sull’ Unità quella di Fortebraccio-Melloniex Popolo, lo slogan “votareDc turandosi il naso” passerà ai posteri:buona parte <strong>dei</strong> media concordano ormaicon le tesi montanelliane e forse per questole tirature del Giornale in un qualche modone risentiranno.Il Giornale è ufficialmente <strong>dei</strong> giornalisti, ma igiornalisti, si sa, non navigano nell’oro, conle debite, rarissime eccezioni del caso: benedettodunque Silvio Berlusconi che rilanciala nave corsara garantendo la tranquillitàeconomica e scucendo preziosi milioncinialla redazione, assai più ai fondatori. “Nonposso dimenticare - si può leggere in unaintervista - che fu lui a salvare me e il Giornale.Due anni dopo l’inizio della mia avventuranon sapevo nemmeno come pagare glistipendi, avevo bisogno di soldi. Milano miaveva chiuso tutte le porte in faccia”. Nel1991 prendono consistenza le voci di unMontanelli senatore a vita ma Indro una voltadi più gioca d’anticipo, ringrazia il presidentedella Repubblica Cossiga e rinuncia, “perchéallergico alla politica, e non per fare lamammoletta”. Nessuno, nemmeno gli avversaripiù ostinati, oseranno malignarci sopra(ma ne aveva ancora?).Detestava feste e celebrazioni, medaglie eonori, ed era allergico, per la verità, anche aipremi, pur collezionandone un’infinità: nericorderà con piacere soprattutto due, quellodi “Eroe della Libertà di Stampa” conferitogliprima da World Press e poi da Press International,e quello delle “Asturie” che, per laprima volta, veniva assegnato a uno scrittorenon di estrazione e lingua ispanica. Un terzo,gradito, sarà consegnato in Spagna in suavece al giovane direttore del Corriere Ferrucciode Bortoli quando ormai il declino fisicolo obbligava a risparmiare quel poco di energiache ancora gli restava.Cronaca e politica si aggiornano. L’entrata diBerlusconi, “perché da quando è scomparsoCraxi - parole a lui rivolte dall’imprenditore diSegrate - io non ho più nessuno che midifenda”, lo porrà in rotta di collisione conl’editore sino all’inevitabile divorzio, dopo l’infelicetentativo di catturare la simpatia <strong>dei</strong>giornalisti senza l’avallo del direttore: uncontrasto sempre più acuto, dalle inizialiintenzioni di riserbo, in vista delle elezionidegli anni ‘90 e del <strong>2001</strong>, che lo spingerà avotare centrosinistra, indurrà Scalfari acercare di traghettarlo a Repubblica e lorenderà oggetto di convinti applausi alla festadell’ Unità. L’ultimo capoverso di un fondopubblicato dal Corriere il 15 febbraio diquest’anno, è a dir poco al vetriolo: “Eppoiperché dobbiamo avere la modestia di riconoscereche noi, come venditori, non leghiamonemmeno le scarpe a un piazzista chese un giorno si mettesse a produrre vasi danotte, farebbe scappare la voglia di urinare atutta l’Italia..”. Un contrasto neppure mitigatodal fatto che direttore del Giornale, e dunquesull’altra sponda, sia proprio quel MarioCervi suo fedelissimo partner nella costruzionedi tanti libri capaci di raccontare lastoria con parole comprensibili, “e non comefanno troppi storici”. L’ultimo giorno dimaggio, a larga vittoria elettorale del centrodestraconsumata, comunque noterà: “Miaspettavo una esplosione di trionfalismo, conannessi e connessi annunci di “immancabilidestini”. E invece ci sono stati, sì, <strong>dei</strong> compiacimentid’altronde legittimi perché la vittoria,piaccia o non piaccia, c’è stata, ma espressicon una sobrietà di linguaggio che, dato iltipo e il suo abituale stile, mi ha gradevolmentesorpreso...”. Da Berlusconi, mai,nessuna parola vagamente ostile e ilrimpianto per l’amico di un tempo.La nascita della Voce - omaggio a Prezzolini,costante punto di riferimento - creeràsperanze, ma sarà una voce fievole, dopol’iniziale fiammata e la ristampa del primonumero, e priva di mezzi, che si spengeràdopo una breve stagione lasciando in difficoltàpiù di un collega al suo seguito. “Il miodisinganno? Quando fondai La Voce eroconvinto di portarmi dietro i tre quarti <strong>dei</strong> mieilettori. Invece mi seguì un terzo di loro. Di150mila che erano i veri acquirenti del Giornaleme ne tirai 50mila. Allora capii che ladestra italiana è fatta di una piccola frangiadi liberali veri che vanno da Giolitti a Gobetti.Il grosso è fondato dai Salandra e dai Sonninoche non sono liberali ma forcaioli. Non perniente furono accanto a Mussolini”.Non è stagione di illusioni: “Il muro di Berlinonon è stato una tragedia soltanto per i comunistima anche per noi. Prima avevamo unnemico. Sapevamo chi era. Ora chi è il nostroavversario? Non conoscendolo non riusciamoa identificare neanche l’amico”. E ancora,ribattendo sul tasto oggetto di tante riflessioni:“L’italiano è un animale flessibile.S’adatta a tutto. Diciamolo fra noi. Qual è laspinta freudiana (non confessata) che spingea tutti i costi a volere entrare in Europa?È la speranza che l’Europa venga a governarci.Che avremo <strong>dei</strong> vigili urbani tedeschi iquali, a calci in culo, ci facciano fare quelloche da soli non sappiamo eseguire. Chel’Europa ci affranchi dal retaggio di secoli diservitù». Italiani ieri e oggi nel suo mirino:“Ma tutti ci dimentichiamo che i buffoni, inquesto Paese, sono una larga maggioranza”.E chissà se, in cuor suo, sotto sotto, Indrocondivideva al centouno per cento similecatastrofico, più che pessimistico identikit.Inevitabile il “ritorno a casa” in via Solferinodopo che Paolo Mieli gli aveva generosamenteofferto (e non già di facciata) lo scrannodirettoriale, e la ripresa del dialogo con lasua gente e con chi, pur avversandolo, avolte fieramente, non può fare a meno dileggere quelle righe, nel privatissimo spaziode La Stanza, già suo feudo per anni e anninell’amata Domenica del Corriere, assistitoda Iside Frigerio che l’ha seguito dal Giornale,e dalla sua mai in disuso Lettera 22, allergicitutti e due alle lusinghe di pc, Internet ediavolerie del genere. Per il Corriere il rientrodella sua più illustre firma rappresenta il fioreall’occhiello.C’è il Montanelli privato e il Montanelli, che,pur aborrendo la politica, è perentoriamenteinvitato a dire la sua sui maggiori temi d’attualitàe sui grandi personaggi. Se il dialogocon il lettore, nel Giornale talvolta assumevai connotati di un “mattinale”, cose di bottegache dovevano essere recepite all’esterno, enon infrequentemente dallo stesso redattore(esempio tipico: le ragioni per cui un giornalistafamoso come Enzo Bettiza, suo secondodi bordo, se ne era polemicamente andatoda via Negri - un gelo che sbollirà fatalmente18 (26) ORDINE 8 <strong>2001</strong>
2 luglio <strong>2001</strong>, l’ultima “Stanza”ORDINE 8 <strong>2001</strong>dopo due lustri ricomponendo una fraternaamicizia -, o perché era stata assunta unacerta posizione a prima vista contraddittoria),sul Corriere - trecento lettere al giorno - lievitaa navigazione a mare aperto. “Dal nostroinviato speciale nel Novecento”, titola felicementela Stampa: Indro è davvero l’autenticotestimone del secolo che viene sollecitato adesprimersi sui temi epocali, e dovrà per forzadi cose violentare la sfera personale di riserboper concedersi a chi lo ha adottato.La fede: “Io non ce l’ho. Riconosco che lo stoicismoè il rifugio <strong>dei</strong> disperati, ma nonammetto interferenze di estranei, anche imeglio intenzionati, in questa mia disperazione”.La famiglia: “La mia fortuna è di nonavere figli, sono convinto che non sarei statoun buon padre, anzitutto a causa del miomestiere”.Le vicende sentimentali: “Non me ne sonomancate ma sono sempre state condizionateda questa mia vocazione alla vita randagia”,oppure: “Rimpiango l’interesse che portavoverso l’altro sesso. Lo guardo con compiacimentoma non mi sento felice di dovervirinunciare...”). Il diritto, in casi precisi e delimitati- accettando il contraddittorio della Chiesama rifiutando ogni compromesso - all’eutanasia(“ciò che non feci con Donna Letizia”),che non è la paura della morte ma di un certomodo di morire (“È possibile che a un certomomento ti debbano accompagnare alcesso?”). Il poter cambiare opinione a ragionveduta, e la depressione, un nemico subdolosempre in agguato.Ogni giorno uno spunto: l’epitaffio del “mioamico Fortebraccio”, Curzio Malaparte insofferentedi non potergli sopravvivere, l’ostinatadifesa della memoria di Ignazio Silonechecché dibattano gli storici, le esperienzecinematografiche, I sogni muoiono all’alba ela vera storia del generale Della Rovere aliasGiovanni Bertone, traditore ed eroe (paternitàdel film amaramente disconosciuta pertalune omissioni), o le ragioni per cui, neiprimi 37 anni di Corriere, non firmò un fondoche fosse uno.Alla curiosità pubblica deve persino aprire ilportafoglio d’antan firmato Cartier, Paris.Contenuto: la tessera dell’<strong>Ordine</strong> regionale<strong>dei</strong> giornalisti datata 1 giugno ‘41, un bigliettoda visita di Henry Kamm del New YokTimes, un biglietto scritto in ideogrammi cinesi,un biglietto da visita del Giornale, tessereAlitalia e Ferrovie dello Stato.Il suo lettore, che nessuno si meraviglierà diveder assurgere a ruolo di protagonista sulsettimanale allegato ogni giovedì, Sette,costantemente lo incalza: c’è il fan incavolatissimo,che ha fatto l’esperimento, inviandogliinutilmente sette lettere in un sol giorno,nessuna delle quali onorata dalla pubblicazione,c’è chi lo consiglia a strutturare altrimentiLa Stanza (“Grazie, ma continuocosì”), e c’è chi lo contesta (risposta cordialenella prima parte, postilla fulminante: “Leisarà anche un bravissimo ingegnere.Come interlocutore è solo un gran villano”),o, in alternativa, “che tristezza scrivere perlettori come lei”; e c’è chi cerca una parolaconsolatoria di fronte ai classici vizi italici,automobilisti incivili, treni anticipo del Purgatorio,burocrazia nefasta, ecc. ecc.Affiora, non poteva essere altrimenti, lapresenza del misterioso “arredatore” dellaStanza, il collega che, quotidianamente,legge in anteprima la risposta premiata e lastilizza con arguzia, in un piccolissimo, garbatoquadrato di spazio. Chi è mai?, “...ma dopodue anni che lavoriamo insieme - darà contonel ‘97 al curioso di turno - non solo nellostesso giornale ma nella stessa pagina, e luicome illustratore di ciò che io scrivo ancoranon so, e ormai dispero di saperlo un giorno,com’è fatto fisicamente, Guarino: se è alto obasso, se è bruno o biondo, se è giovane ovecchio. Sono due anni che gli mando, perinterposta persona, <strong>dei</strong> messaggi d’invitoSopra,Montanellimentrelasciala sede delCorriere.(dal Corrieredella Seradel 23luglio).A fianco,l’ultima“stanza” sulgiornalismo,2 luglio<strong>2001</strong>.almeno a mostrarsi e darmi così il destro diringraziarlo per la preziosa collaborazioneche mi fornisce. Nulla...”.Non mancano le civetterie delle “doveroserettifiche”, l’ammissione di “una scena di gelosia”nei confronti di Anthony Burgess che siera allontanato dal Giornale per vil danarodopo avergli giurato eterna fedeltà, e la categorica,ammiccante precisazione: “No, caroamico, proprio no. Lei può dubitare di mecome giornalista, come storico, come scrittore,come contribuente. Ma come balbuzientesono genuino, a 18 carati, anche se di carattereintermittente”. Non renderà mai pubblicala piccola vicenda di quel giovane giornalistadel Giornale che, avendo imprudentementeprestato una bella sommetta a un anzianocollega, non vedendosela restituire cominciòa blaterare nei corridoi. “Quanto recrimini? -gli intimò nel suo ufficio il burbero Indro staccandoun assegno di un paio di milioni -, vuoldire che mi farai lo sconto almeno dellemigliaia di lire eccedenti.E adesso fuori di qui e non provarti a fareancora casino...”. La galleria <strong>dei</strong> personaggi,in parte retaggio <strong>dei</strong> celebri Incontri sollecitatidecenni prima da Gaetanino Afeltra, è imponente:all’appello mancheranno in definitivasolo Stalin e Mao, e se talvolta è costretto aprecisare che non può soddisfare la curiositàperché quello statista, quel politicante, quelgrand’uomo o quella larva di individuo non hafatto in tempo a conoscerlo o è defunto anzitempo,però, però è pur in grado di riferireche...Qualche lettore di primissima fascia restaperplesso, se non allarmato, dalla lunghezzadelle ferie estive <strong>2001</strong> che Montanelli ha l’arbitriodi prendersi, così privando il popolodegli Indro-dipendenti della lettura preferita,quella destinata a sovvertire l’ordine cronologicodelle pagine: “Arrivederci al primosettembre, cari lettori...”. È il 4 luglio, per l’ultimavolta in calce a un pezzo d’attualitàcompare la sua firma sul Corrierone, anchese, nella rubrica delle lettere al giornale, deBortoli continuerà ad alimentare - non cisovvengono precedenti - la staffetta dellasolidarietà di chi desidera testimoniargli affetto.Nel Corriere del 23 luglio compare il riquadro,bianco, della Stanza.L’omaggio della grande stampa internazionaleè unanime: “La sua penna fieramente indipendenteera coraggiosa e diretta”, FinancialTimes; “Caparbiamente indipendente, polemico,intrepido e incorruttibile”, The Indipendent;“Scagliava le sue frecce ironiche contromolte icone del presente e del passato”, TheGuardian; “Estate horribilis. Era membro diquella ridotte stirpe di giganti ormai estinta”,El Mundo. Sul Corriere undici colonne dipartecipazioni solo il primo giorno, in appenatre giorni approdano sul sito di via Solferino11mila e-mail.“Ho avuto per anni Indro davanti ai miei occhi.Osservandolo mi accorgevo che scrivere, perlui, equivaleva a una funzione terapeutica.Scrivere significa esistere, fuggire le angosceche lo incalzavano, ritrovare nella vegliaoperosa la vitalità e la salute che l’inerteinsonnia notturna gli sottraeva.Il successo, il plauso non lo interessavano inquanto tali: erano, più che altro, terapie di vita,di radicamento nella realtà, da cui i mostriatoni e melanconici della ciclotimia minacciavanocontinuamente di estraniarlo...”. Rispondendoa un lettore della sua rubrica, Montanelliannoterà: “Non immaginavo che, sedutoall’altro capo della stanza direttoriale del Giornale,Bettiza [il brano riportato è tratto da Lacavalcata del secolo, Mondadori] mi tenessesotto un controllo così assiduo e spietato...Come abbia fatto lui a scoprire che la miaansia di lavoro e il furioso impegno che cimettevo erano soltanto una fuga dalle mienotti insonni e dai fantasmi che le turbavano(e le turbano), non lo so. Ma fatto sta che allasua diagnosi non ho nulla da eccepire”.19 (27)