Ottobre 2001 - Ordine dei Giornalisti

Ottobre 2001 - Ordine dei Giornalisti Ottobre 2001 - Ordine dei Giornalisti

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Il Tribunale civiledi Milanoconferma lasanzione inflittadal Consigliodella Lombardiaal direttoree a un inviatodi “Oggi”D E O N T O L O G I AMilano, 18 settembre. “Con la pubblicazione delle generalità e dell’immaginedi un minore, il comportamento in concreto tenuto dal giornalista estensoredell’articolo e dal giornalista direttore della testata è idoneo a violare lenorme di legge dettate a tutela della personalità altrui (sub specie di lesionedella normativa a tutela dei minori, come approvata dalla Convenzione diNew York e recepita nel nostro ordinamento con legge 176/1991) nonché adessere valutato come non conforme al decoro ed alla dignità professionalicosì da compromettere anche la dignità dell’Ordine (sub specie di violazionedi precisi intendimenti fatti propri dalla categoria con la sottoscrizione delleCarte di Treviso e dei doveri)”.È questo il filo conduttore della sentenza n. 8009/2001 con la quale la quintasezione civile del Tribunale di Milano (Francesco Malaspina, presidente;Maria Iole Fontanella e Caterina Apostolati, giudici; Renzo Magosso e MariaGrazia Marzatico, giornalisti giudici aggregati) ha ritenuto “meritevole diconferma il provvedimento del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalistie ciò anche in relazione alla diversità di sanzioni inflitte ai ricorrenti medesimi(censura al direttore della testata e avvertimento all’estensore dell’articolo)stante la diversità di ruolo degli stessi, adeguatamente valorizzata nel citatoprovvedimento”.I ricorrenti sono Paolo Occhipinti e Massimo Laganà (nelle rispettive qualitàdi direttore del settimanale Oggi e di autore dell’articolo).Il Consiglio nazionale aveva confermato la decisione del Consiglio dell’Ordinedei giornalisti della Lombardia.Il Pm ha chiesto la conferma delle delibere sanzionatorie del Consiglio nazionalee del Consiglio dell’Ordine di Milano.Il procedimento riguarda la pubblicazione di un articolo relativo alla vicendadella minore Serena Cruz, della quale veniva pubblicato su Oggi del 14giugno 1995 il nuovo nome e cognome nonché il luogo di abitazione dellafamiglia adottiva unitamente ad immagini fotografiche riproducenti la minorestessa.Il giornalista che pubblicail nome del minore feriscela dignità della professioneMOTIVI DELLA DECISIONE. Deve, preliminarmente, osservarsicome il dott. Occhipinti ed il dott. Laganà non contestinole circostanze di fatto poste alla base dell’irrogazione dellerispettive sanzioni disciplinari (quanto all’avvenuta pubblicazionedei dati anagrafici della minore nonché delle riproduzionifotografiche della stessa) bensì la qualificazione e l’incidenzadal punto di vista deontologico dei fatti stessi, cosìcome riportati dai Consigli regionale e nazionale nei rispettiviprovvedimenti.In particolare, i ricorrenti sottolineano come l’articolo avesselo scopo di rendere edotta l’opinione pubblica dell’esito diuna vicenda che alcuni anni prima aveva formato oggetto diampio dibattito anche giornalistico, come la stesura dell’articolonon avesse in concreto comportato alcun effetto pregiudizievoleper la minore stessa, come la pubblicazione fosseavvenuta con il consenso dei genitori e come, infine, la redazionedell’articolo dovesse essere ritenuta quale legittimaestrinsecazione del diritto di cronaca.Detti rilievi, peraltro, non appaiono - a parere del Collegio -meritevoli di positiva considerazione, onde deve farsi luogoalla conferma della impugnata decisione, siccome esente dacensure e congruamente motivata.Ed infatti, l’articolo oggetto di contestazione si incentra sulledichiarazioni rese nel corso di un’intervista dai genitori adottividi una bambina che - conosciuta con il nome di fantasiadi Serena Cruz - era diventata protagonista di un fatto dicronaca circa cinque anni prima della pubblicazione dell’articoloper cui è causa, per essere stata allontanata - con provvedimentodel Tribunale per i minorenni di Torino - dallapropria famiglia adottiva e per essere stata affidata ad unadiversa famiglia (che è quella con la quale tuttora vive ed infavore della quale si è perfezionato il procedimento di adozionedefinitiva).Su questa vicenda, quindi, si era aperto agli inizi degli anni‘90 un acceso dibattito che aveva coinvolto tutta l’opinionepubblica, anche in relazione alle scelte effettuate dal legislatorenella regolamentazione delle adozioni nazionali ed internazionali.Proprio in connessione con questa ed altre vicende che nelmedesimo periodo avevano avuto come protagonisti deiminori, l’Ordine dei giornalisti aveva avvertito la necessità diregolamentare in modo più puntuale i limiti e le modalità diintervento dei propri iscritti nella presentazione al pubblico ditali casi, onde erano state assunte delle precise indicazioniin materia sia nell’ambito della cosiddetta Carta di Treviso sianella Carta dei Doveri del Giornalista.In particolare, la carta di Treviso - sin dalla sua prima formulazionedel 5.10.90 ed in modo ancora più evidente nella suanuova formulazione del novembre 1995 - prevede espressamente“il rispetto per la persona del minore, sia comesoggetto agente, sia come vittima di un reato, richiede ilmantenimento dell’anonimato nei suoi confronti, il che implicala rinuncia a pubblicare elementi che anche indirettamentepossano comunque portare alla sua identificazione; latutela della personalità del minore si estende a fatti che nonsiano specificamente reati”.Ed ancora, la Carta dei Doveri del Giornalista prevede che ilgiornalista: “non pubblica il nome o qualsiasi elemento chepossa condurre all’identificazione dei minori coinvolti in casidi cronaca; evita possibili strumentalizzazioni da parte degliadulti portati a rappresentare e a far prevalere esclusivamenteil proprio interesse; valuta, comunque, se la diffusionedella notizia relativa al minore giovi effettivamente all’interessedel minore stesso”.La richiamata Carta dei Doveri, poi, prevede espressamenteche la violazione delle summenzionate disposizioni costituisceviolazione dell’art. 2 L. 69/63 e comporta l’applicazionedelle conseguenti sanzioni disciplinari.Tutte le prescrizioni sopra richiamate, quindi, devono essereritenute idonee a costituire una esemplificazione del contenuto“in bianco” delle norme regolamentari di cui al citato art.2 nonché all’art. 48 della legge 69/1963.Ed infatti, recita l’art. 2 della legge 69/1963: “È diritto insopprimibiledei giornalisti la libertà di informazione e di critica,limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tuteladella personalità altrui”; ed ancora recita l’art. 48 della leggecitata: “Gli iscritti nell’albo, negli elenchi o nel registro, che sirendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignitàprofessionali, o di fatti che compromettano la propria reputazioneo la dignità dell’ordine, sono sottoposti a procedimentodisciplinare”.Orbene, letto l’articolo per cui è contestazione, non può nonritenersi - conformemente a quanto sul punto assunto daiConsigli regionale e nazionale - che il comportamento inconcreto tenuto dal giornalista estensore dell’articolo e dalgiornalista direttore della testata sia idoneo a violare lenorme di legge dettate a tutela della personalità altrui (subspecie di lesione della normativa a tutela dei minori, comeapprovata dalla Convenzione di New York e recepita nelnostro ordinamento con L. 176/91) nonché ad essere valutatocome non conforme al decoro ed alla dignità professionalicosì da compromettere anche la dignità dell’Ordine (subspecie di violazione di precisi intendimenti fatti propri dallacategoria con la sottoscrizione delle richiamate Carte di autoregolamentazione).Ciò in quanto l’articolo in esame si apre con il titolo principaledel seguente testuale tenore: “Ora Serena si chiamaCamilla Nigro ed è felice”, prosegue con l’espressa enunciazionedei dati anagrafici completi dei genitori e delle sorelledella minore (precedentemente nota al pubblico solo con unnome di fantasia), indica il luogo di residenza e si correda difotografie della minore da sola ed unitamente al proprionucleo familiare.Non può, dunque, esservi dubbio sul fatto che il citato articolosia idoneo ad integrare tutti gli estremi oggettivi dellacontestazione effettuata mentre la gravità di tale comportamento,contrario ai dettami deontologici, non risulta neppure,attenuata da una concreta esigenza connessa al diritto dicronaca, posto che - al momento in cui l’articolo è apparso -la vicenda non costituiva più oggetto di interesse attuale econcreto (risalendo le vicende dei provvedimenti giudiziari dimodifica dell’affidamento a ben cinque anni prima e nonessendo intervenuto, nelle more, alcun avvenimento concreto,ulteriore e nuovo, nella vicenda medesima).A maggior gravità dell’addebito contestato, poi, deve ulteriormenterilevarsi come la pubblicazione dell’articolo - anche dianalogo tenore - ben avrebbe potuto avere luogo omettendola pubblicazione delle fotografie e dei dati anagrafici dellaminore, che poteva agevolmente essere individuata con ilnome di fantasia di “Serena Cruz” (nome con cui, tra l’altro,era nota al pubblico).Né, infine, tali oggettive considerazioni possono esserecontraddette dal tenore delle difese di parte ricorrente (inbase alle quali la pubblicazione dell’articolo sarebbe avvenutocon il consenso dei genitori e senza che la minore nesubisse alcun pregiudizio psicologico).Ed infatti, l’allegata circostanza della mancanza di conseguenzepregiudizievoli per la minore all’esito della pubblicazione(su cui i ricorrenti hanno chiesto darsi ingresso a provatestimoniale) appare del tutto ultronea, posto che l’evitare ilpericolo di tali danni psichici per i minori costituiva la ratiodell’adozione della norma comportamentale cui hanno aderitoi giornalisti, ma non costituisce certo elemento costitutivodell’illecito contestato.Parimenti risulta irrilevante l’assenso espresso dai genitorialla pubblicazione, posto che tutte le norme come soprariportate vengono dettate nell’esclusivo interesse del minorestesso e ciò anche contro possibili strumentalizzazioni daparte degli adulti (conf. Carta di Treviso sopra citata)E che nella fattispecie i genitori della minore, nel consentiree rilasciare l’intervista, avessero avuto di mira più il loro interessepersonale che quello della minore si ricava proprio daltenore delle dichiarazioni riportate nell’articolo in oggettoladdove gli stessi testualmente dichiarano: “Abbiamo ascoltatoin silenzio ogni genere di sciocchezze, senza mai reagire,perché nostro dovere primario era quello di proteggere laprivacy della bambina e, dunque, non volevamo alimentareulteriori polemiche. Adesso, pero, è giunta l’ora di liberare inostri sentimenti”.Orbene, proprio dal tenore di tali dichiarazioni si evince comele motivazioni che hanno indotto i genitori della minore a rilasciarel’intervista fossero state esclusivamente di caratterepersonale e non certo finalizzate alla realizzazione unospecifico interesse della minore, né i ricorrenti hanno spintole proprie difese fino ad allegare che la pubblicazione dell’articoloin questione fosse stata realizzata, appunto, nell’interessedella minore stessa (conf. Carta dei Doveri sopra citata).Da tutto quanto sopra consegue, quindi, la valutazione difondatezza dell’addebito disciplinare contestato agli odierniricorrenti, ritenendosi, pertanto, meritevole di conferma ilcensurato provvedimento del Consiglio Nazionale dell’Ordinedei giornalisti e ciò anche in relazione alla diversità disanzioni inflitte ai ricorrenti medesimi (censura al direttoredella testata e avvertimento all’estensore dell’articolo) stantela diversità di ruolo degli stessi, adeguatamente valorizzatanel citato provvedimento.P.Q.M.Il Tribunale, pronunciando in camera di consiglio, cosìprovvede:rigetta il ricorso ex art. 63 L. 69/63 proposto dai ricorrentiavverso il provvedimento assunto dal Consiglio Nazionaledell’Ordine dei giornalisti in data 12.12.2000.Corte d’AppelloLa Rai dovràreintegrareFurio FocolariRoma, 21 luglio 2001. La Rai dovrà reintegrarenel suo posto di lavoro il giornalistaFurio Focolari, licenziato nell’ottobre del ‘96con l’accusa di aver commesso irregolaritàrelative alla fornitura di capi di abbigliamentoai giornalisti dell’ azienda per le Olimpiadi diAtlanta.Lo ha reso noto l’avvocato del giornalistaDomenico D’Amati secondo il quale la sezionelavoro e previdenza della Corte d’Appellodi Roma ha anche condannato l’azienda diviale Mazzini a versare a Focolari gli stipendiarretrati. I giudici di primo grado avevanodichiarato illegittimo il licenziamento, ma nonavevano accolto la richiesta di reintegro nelposto di lavoro.La Corte, presieduta da Silvio Sorace, hainfine disposto che la causa prosegua perl’esame della domanda di risarcimentodanni, alla salute e all’immagine avanzatanei confronti della Rai.Nel ‘96 Focolari fu incaricato dall’azienda ditrattare con una società di abbigliamentol’acquisto delle divise Rai per le Olimpiadi. Ilgiornalista fu accusato di aver consentito alladitta di apporre sulla divisa anche il propriomarchio in modo che fosse ripreso dalle telecameredurante le Olimpiadi. ‘’I giudici - hadetto l’avvocato D’Amati - hanno visionatoore di filmati televisivi e non hanno mai vistoquel marchio constatando che si è trattato diuna montatura indegna e indecorosa neisuoi confronti’’.(ANSA)14 ORDINE 8 2001

I N O S T R I L U T T IPam, un “cuciniere” di talento chelavorava con rigore (ma senza ansia)Pier Augusto Macchi in una fotoconservata nell’archivio dell’Ordine.di Sandro RizziAlla fine del 1993, prima di andare aCremona per fare nascere un nuovo quotidiano,Pier Augusto Macchi mi lasciò un fogliettocon una ventina di righe: “Così - aggiunsesorridendo - non dovrai fare fatica inarchivio se un giorno dovrai ricordarti delPam...”. Lo presi in giro per l’auto-coccodrillo.C’era tutto “il Pam” (la sua sigla era divenutail suo soprannome) in quel gesto da giornalistaprevidente: l’ironia anche su se stesso, ilgusto per la battuta e il paradosso, la capacitàdi sdrammatizzare, di sciogliere le tensioni,di lavorare con rigore ma senza ansia.Ho ritrovato quella biografia domenica 2 settembre,quando la figlia Adriana chiamò dall’ospedaledi Belluno per dirmi che papà eramorto. A 73 anni (e ha voluto rimanere tra lemontagne, nel piccolo cimitero di Vinigo diCadore, poco distante da Cortina, dove s’erainnamorato d’una vecchia osteria dell’800 el’aveva trasformata facendone la sua casadelle vacanze).Scriveva il Pam: “Quarant’anni nei giornali,quasi tutti nei quotidiani, quasi sempre in “cucina”,in quasi tutti i ruoli. Comincia nel 1950a Torino, alla Gazzetta del Popolo. Poi alCorriere della Sera, dieci anni di cui gli ultimicome segretario di redazione: direttoriMissiroli, Russo, Spadolini. Due anni aGenova, redattore capo, per rivoluzionarecon Piero Ottone il vecchio Secolo XIX. Da lìa Roma, redattore capo “in prima” alMessaggero di Sandro Perrone. Una parentesidi 2 anni, sempre a Roma, come direttoredell’Aga, agenzia di servizi per i quotidianilocali. Nel ‘77 Caracciolo lo incarica di far rivivereIl Tirreno di Livorno, innovativo “tabloid”di provincia che diventerà capofila di una solidacatena. Nel ‘78 torna a Milano, responsabiledel progetto quotidiani locali del gruppoRizzoli. Dirige il Corriere d’Informazione puntandosul “giornale di servizio”. Dirige ancheL’Occhio, con un disperato ma vano tentativodi salvare il primo popolare italiano dagli erroridi origine. Poi due anni alla Mondadori, comeredattore capo centrale di Panorama.Infine ancora al Corriere per occuparsi dell’introduzionedelle nuove tecnologie. Nel1993 gli è affidata la direzione del nuovo quotidianodi Cremona Cronaca Padana cheesce il...”. Si chiudono con i puntini gli appuntidi Macchi. Posso andare avanti io, un po’ colpevoledi averlo indotto a tuffarsi in quella chedoveva essere la sua ultima avventura al timoned’un nuovo giornale di provincia, in concorrenzacon lo storico quotidiano cittadino:una sfida che gli era congeniale.Se fossi stato preveggente avrei dovuto suggerirglidi godersi la pensione tra le montagneche amava. Lui aveva accettato con il solitoentusiasmo. S’era messo a disegnare menabò,a studiare la foliazione e la diffusione,aveva scelto una buona squadra, puntandoanche su una pattuglia di ragazzi della Scuoladi giornalismo della Rizzoli, di cui era stato insegnantesevero e nel contempo paterno. Macon un gruppo editoriale improvvisato e raccogliticcio,in un ambiente dai complessi equilibridi potere, la navigazione fu subito tempestosaper un direttore abituato a dare semprele notizie chiunque ne fosse il protagonista.Dopo pochi mesi Macchi si rifiutò di decimarela redazione e fu estromesso senza tanticomplimenti.Presto seguì il fallimento e un gruppetto digiornalisti superstiti riuscì ad ottenere la testataper dare vita a un bisettimanale che, dallafine del 2000, è ridiventato quotidiano.Nonostante una sentenza favorevole, Pamnon ebbe una lira e Cremona per lui rimasesoltanto un cattivo ricordo, reso ancor piùamaro dai suoi malanni che si acuirono.Al di là dell’epilogo, Cronaca Padana fu unesempio di giornale locale vivace e battagliero.Macchi vi trasfuse le esperienze diLivorno, dove aveva introdotto la fotocomposizione,e di Padova (L’Eco di Padova): qualcheredattore gli sarà certo ancora grato pergli insegnamenti. Al Corriere i più vecchi lo ricordanocome l’esempio di segretario di redazione,regista attento e sicuro della macchinalogistica: dai corrispondenti all’archivioai fotografi agli stenografi agli autisti. AlbertoCavallari ne magnificava le capacità organizzative,i tabelloni con le “posizioni” degli inviati(ora quel ruolo ha subìto una profonda evoluzione).Era sempre pronto a sperimentarele novità tecnologiche, intuendo che avrebberofacilitato molti compiti della redazione.Incapace di staccare, alla fine degli anni ‘80quando arrivarono i primi videoterminali delsistema Atex, lui tornò come consulente e ciaiutò a dimenticare la macchina per scrivere“meccanica”, insegnandoci a ripetere sul videole manovre che eravamo abituati a faresulla carta. Bell’uomo, tre figli da due mogli,un po’ bohémien, come sapevano esserloquelli della sua generazione, ma sempre in“stile Corriere”, pensò soprattutto al lavoro, lavera grande passione, più che al resto. Nonmeritava le ultime amarezze, perché ha semprecreduto nei giornali che ha fatto. Forsepiù di certi editori.Con Antonio Terzi finisce il grandeartigianato del giornalismo coltodi Luciano GaribaldiChi ha avuto la fortuna e il privilegio di lavorarecon lui, di averlo come direttore (di ABC,di Gente, della Domenica del Corriere, diClub 3) o come vicedirettore (del Corrieredella Sera), ha potuto concepire il giornalismo- quantomeno negli anni trascorsiaccanto a lui - come una delle professioni piùbelle, più gratificanti, più nobili del mondo.Poi le cose passano. Si smette di sognare.Si torna con i piedi per terra. Si torna a capireche il giornalismo è una professione. Ebasta. Non ci si illude più. Il tempo dellecrociate è finito.Forse è finito con lui, con Antonio Terzi, giornalista,nato a Bergamo, vissuto e morto aMilano l’8 settembre 2001. Otto settembre:data della morte di qualcosa. Antonio Terziaveva 76 anni, una moglie, due figli, un nipotino,un grande amore: la penna. Intendo lapenna stilografica, ma anche quella con ilpennino che s’intinge nell'inchiostro. Conquel tipo di strumento scrisse cinque romanziche chi li ha letti non riuscirà a dimenticaremai. Ricordiamoli: La sedia scomoda, Mortedi un cattolico, La fuga delle api, L’assolutosentimentale, La moglie estatica. Hannovinto premi importanti, uno è arrivato in finaleal Campiello. Sono romanzi, ma anchecronache. Terzi lavorava sulle storie, sullepersone, sulla loro psicologia, gli venivabene studiare l’uomo e i suoi sentimenti, lesue stranezze e i suoi moventi, e poi descriverlicon quella stupefacente semplicità cheè dei grandi scrittori.Marisa Fumagalli ha scritto un bellissimoricordo di lui sul Corriere della Sera. «Il direttoreTerzi», ha scritto, «con una punta di cinismoe di vanto, diceva: “Solo i giornalisti coltisono in grado di confezionare un buon popolare”.Detestava i gadget, convinto che i lettori siconquistassero con le copertine azzeccate ei buoni articoli.Terzi era un autentico maestrodi giornalismo, aveva un gusto tutto artigianaledel mestiere». Difficile, impossibile diremeglio. Dobbiamo tutti ringraziare MarisaFumagalli.Terzi, negli anni Settanta, seppe trasformareun settimanale popolare in uno dei settimanalipiù incisivi e autorevoli anche dal puntodi vista politico, pur non perdendo un sololettore tradizionale, anzi acquisendone dicontinuo, fino a superare il mezzo milione dicopie vendute. I terroristi se ne accorsero.Un giorno il generale Dalla Chiesa lo mandòa chiamare. «Vuole la scorta?». «Non cipenso nemmeno».Come vicedirettore aveva voluto GilbertoForti, un altro cervello prestato al giornalismo:parlava sette lingue; aveva tradotto initaliano i romanzi di Karen Blixen; aveva scritto,in endecasillabi rimati, Il piccolo almanaccodi Radetzky.Che coppia! Che giornalismo! Chi ha avuto ilprivilegio di lavorare con quei due ha conosciutoqualcosa che non si può descrivere:la felicità della professione.Chiusa la Domenica del Corriere, PieroOstellino chiamò Antonio Terzi al Corrierecome suo vice. I «vecchi», e anche quelli cheallora erano ragazzini e adesso sono dimezza età, lo amano ancora. Non ha lasciatonemici. Solo rimpianto.RASSEGNA STAMPAwww.ecostampa.itAnchein formato HTMLper la vostraIntranetL’ECO della STAMPA è tra i più importanti operatorieuropei nell’industria del MEDIA MONITORING.Essere un partner affidabile per chi - in qualsiasistruttura pubblica o privata - operi nell’area dellacomunicazione o del marketing è, ormai da 100anni, la nostra mission.Anche grazie ai servizi di ECOSTAMPA Media Monitor SpA(media monitoring, software, web press release,media analysis, directories…) ogni giorno migliaiadi nostri Clienti accrescono l’efficacia delle loroDirezioni Marketing e Comunicazione, disponendodi maggiori risorse interne da dedicare alle attivitàcon più alto valore aggiunto.Se desiderate saperne di più …o fare una prova,contattateci!Tel 02.748113.1 - Fax 02.748113.444E-mail sales.dept@ecostampa.itL’ informazione ritagliata su misura.Nominativo ...................................................Azienda ......................................................Indirizzo ......................................................Cap/Città ....................................................Telefono/Fax ................................................E-mail ................................................ECOSTAMPA MEDIA MONITOR SpA®OGORDINE 8 200115 (23)

Il Tribunale civiledi Milanoconferma lasanzione inflittadal Consigliodella Lombardiaal direttoree a un inviatodi “Oggi”D E O N T O L O G I AMilano, 18 settembre. “Con la pubblicazione delle generalità e dell’immaginedi un minore, il comportamento in concreto tenuto dal giornalista estensoredell’articolo e dal giornalista direttore della testata è idoneo a violare lenorme di legge dettate a tutela della personalità altrui (sub specie di lesionedella normativa a tutela <strong>dei</strong> minori, come approvata dalla Convenzione diNew York e recepita nel nostro ordinamento con legge 176/1991) nonché adessere valutato come non conforme al decoro ed alla dignità professionalicosì da compromettere anche la dignità dell’<strong>Ordine</strong> (sub specie di violazionedi precisi intendimenti fatti propri dalla categoria con la sottoscrizione delleCarte di Treviso e <strong>dei</strong> doveri)”.È questo il filo conduttore della sentenza n. 8009/<strong>2001</strong> con la quale la quintasezione civile del Tribunale di Milano (Francesco Malaspina, presidente;Maria Iole Fontanella e Caterina Apostolati, giudici; Renzo Magosso e MariaGrazia Marzatico, giornalisti giudici aggregati) ha ritenuto “meritevole diconferma il provvedimento del Consiglio Nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>e ciò anche in relazione alla diversità di sanzioni inflitte ai ricorrenti medesimi(censura al direttore della testata e avvertimento all’estensore dell’articolo)stante la diversità di ruolo degli stessi, adeguatamente valorizzata nel citatoprovvedimento”.I ricorrenti sono Paolo Occhipinti e Massimo Laganà (nelle rispettive qualitàdi direttore del settimanale Oggi e di autore dell’articolo).Il Consiglio nazionale aveva confermato la decisione del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.Il Pm ha chiesto la conferma delle delibere sanzionatorie del Consiglio nazionalee del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> di Milano.Il procedimento riguarda la pubblicazione di un articolo relativo alla vicendadella minore Serena Cruz, della quale veniva pubblicato su Oggi del 14giugno 1995 il nuovo nome e cognome nonché il luogo di abitazione dellafamiglia adottiva unitamente ad immagini fotografiche riproducenti la minorestessa.Il giornalista che pubblicail nome del minore feriscela dignità della professioneMOTIVI DELLA DECISIONE. Deve, preliminarmente, osservarsicome il dott. Occhipinti ed il dott. Laganà non contestinole circostanze di fatto poste alla base dell’irrogazione dellerispettive sanzioni disciplinari (quanto all’avvenuta pubblicazione<strong>dei</strong> dati anagrafici della minore nonché delle riproduzionifotografiche della stessa) bensì la qualificazione e l’incidenzadal punto di vista deontologico <strong>dei</strong> fatti stessi, cosìcome riportati dai Consigli regionale e nazionale nei rispettiviprovvedimenti.In particolare, i ricorrenti sottolineano come l’articolo avesselo scopo di rendere edotta l’opinione pubblica dell’esito diuna vicenda che alcuni anni prima aveva formato oggetto diampio dibattito anche giornalistico, come la stesura dell’articolonon avesse in concreto comportato alcun effetto pregiudizievoleper la minore stessa, come la pubblicazione fosseavvenuta con il consenso <strong>dei</strong> genitori e come, infine, la redazionedell’articolo dovesse essere ritenuta quale legittimaestrinsecazione del diritto di cronaca.Detti rilievi, peraltro, non appaiono - a parere del Collegio -meritevoli di positiva considerazione, onde deve farsi luogoalla conferma della impugnata decisione, siccome esente dacensure e congruamente motivata.Ed infatti, l’articolo oggetto di contestazione si incentra sulledichiarazioni rese nel corso di un’intervista dai genitori adottividi una bambina che - conosciuta con il nome di fantasiadi Serena Cruz - era diventata protagonista di un fatto dicronaca circa cinque anni prima della pubblicazione dell’articoloper cui è causa, per essere stata allontanata - con provvedimentodel Tribunale per i minorenni di Torino - dallapropria famiglia adottiva e per essere stata affidata ad unadiversa famiglia (che è quella con la quale tuttora vive ed infavore della quale si è perfezionato il procedimento di adozionedefinitiva).Su questa vicenda, quindi, si era aperto agli inizi degli anni‘90 un acceso dibattito che aveva coinvolto tutta l’opinionepubblica, anche in relazione alle scelte effettuate dal legislatorenella regolamentazione delle adozioni nazionali ed internazionali.Proprio in connessione con questa ed altre vicende che nelmedesimo periodo avevano avuto come protagonisti <strong>dei</strong>minori, l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti aveva avvertito la necessità diregolamentare in modo più puntuale i limiti e le modalità diintervento <strong>dei</strong> propri iscritti nella presentazione al pubblico ditali casi, onde erano state assunte delle precise indicazioniin materia sia nell’ambito della cosiddetta Carta di Treviso sianella Carta <strong>dei</strong> Doveri del Giornalista.In particolare, la carta di Treviso - sin dalla sua prima formulazionedel 5.10.90 ed in modo ancora più evidente nella suanuova formulazione del novembre 1995 - prevede espressamente“il rispetto per la persona del minore, sia comesoggetto agente, sia come vittima di un reato, richiede ilmantenimento dell’anonimato nei suoi confronti, il che implicala rinuncia a pubblicare elementi che anche indirettamentepossano comunque portare alla sua identificazione; latutela della personalità del minore si estende a fatti che nonsiano specificamente reati”.Ed ancora, la Carta <strong>dei</strong> Doveri del Giornalista prevede che ilgiornalista: “non pubblica il nome o qualsiasi elemento chepossa condurre all’identificazione <strong>dei</strong> minori coinvolti in casidi cronaca; evita possibili strumentalizzazioni da parte degliadulti portati a rappresentare e a far prevalere esclusivamenteil proprio interesse; valuta, comunque, se la diffusionedella notizia relativa al minore giovi effettivamente all’interessedel minore stesso”.La richiamata Carta <strong>dei</strong> Doveri, poi, prevede espressamenteche la violazione delle summenzionate disposizioni costituisceviolazione dell’art. 2 L. 69/63 e comporta l’applicazionedelle conseguenti sanzioni disciplinari.Tutte le prescrizioni sopra richiamate, quindi, devono essereritenute idonee a costituire una esemplificazione del contenuto“in bianco” delle norme regolamentari di cui al citato art.2 nonché all’art. 48 della legge 69/1963.Ed infatti, recita l’art. 2 della legge 69/1963: “È diritto insopprimibile<strong>dei</strong> giornalisti la libertà di informazione e di critica,limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tuteladella personalità altrui”; ed ancora recita l’art. 48 della leggecitata: “Gli iscritti nell’albo, negli elenchi o nel registro, che sirendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignitàprofessionali, o di fatti che compromettano la propria reputazioneo la dignità dell’ordine, sono sottoposti a procedimentodisciplinare”.Orbene, letto l’articolo per cui è contestazione, non può nonritenersi - conformemente a quanto sul punto assunto daiConsigli regionale e nazionale - che il comportamento inconcreto tenuto dal giornalista estensore dell’articolo e dalgiornalista direttore della testata sia idoneo a violare lenorme di legge dettate a tutela della personalità altrui (subspecie di lesione della normativa a tutela <strong>dei</strong> minori, comeapprovata dalla Convenzione di New York e recepita nelnostro ordinamento con L. 176/91) nonché ad essere valutatocome non conforme al decoro ed alla dignità professionalicosì da compromettere anche la dignità dell’<strong>Ordine</strong> (subspecie di violazione di precisi intendimenti fatti propri dallacategoria con la sottoscrizione delle richiamate Carte di autoregolamentazione).Ciò in quanto l’articolo in esame si apre con il titolo principaledel seguente testuale tenore: “Ora Serena si chiamaCamilla Nigro ed è felice”, prosegue con l’espressa enunciazione<strong>dei</strong> dati anagrafici completi <strong>dei</strong> genitori e delle sorelledella minore (precedentemente nota al pubblico solo con unnome di fantasia), indica il luogo di residenza e si correda difotografie della minore da sola ed unitamente al proprionucleo familiare.Non può, dunque, esservi dubbio sul fatto che il citato articolosia idoneo ad integrare tutti gli estremi oggettivi dellacontestazione effettuata mentre la gravità di tale comportamento,contrario ai dettami deontologici, non risulta neppure,attenuata da una concreta esigenza connessa al diritto dicronaca, posto che - al momento in cui l’articolo è apparso -la vicenda non costituiva più oggetto di interesse attuale econcreto (risalendo le vicende <strong>dei</strong> provvedimenti giudiziari dimodifica dell’affidamento a ben cinque anni prima e nonessendo intervenuto, nelle more, alcun avvenimento concreto,ulteriore e nuovo, nella vicenda medesima).A maggior gravità dell’addebito contestato, poi, deve ulteriormenterilevarsi come la pubblicazione dell’articolo - anche dianalogo tenore - ben avrebbe potuto avere luogo omettendola pubblicazione delle fotografie e <strong>dei</strong> dati anagrafici dellaminore, che poteva agevolmente essere individuata con ilnome di fantasia di “Serena Cruz” (nome con cui, tra l’altro,era nota al pubblico).Né, infine, tali oggettive considerazioni possono esserecontraddette dal tenore delle difese di parte ricorrente (inbase alle quali la pubblicazione dell’articolo sarebbe avvenutocon il consenso <strong>dei</strong> genitori e senza che la minore nesubisse alcun pregiudizio psicologico).Ed infatti, l’allegata circostanza della mancanza di conseguenzepregiudizievoli per la minore all’esito della pubblicazione(su cui i ricorrenti hanno chiesto darsi ingresso a provatestimoniale) appare del tutto ultronea, posto che l’evitare ilpericolo di tali danni psichici per i minori costituiva la ratiodell’adozione della norma comportamentale cui hanno aderitoi giornalisti, ma non costituisce certo elemento costitutivodell’illecito contestato.Parimenti risulta irrilevante l’assenso espresso dai genitorialla pubblicazione, posto che tutte le norme come soprariportate vengono dettate nell’esclusivo interesse del minorestesso e ciò anche contro possibili strumentalizzazioni daparte degli adulti (conf. Carta di Treviso sopra citata)E che nella fattispecie i genitori della minore, nel consentiree rilasciare l’intervista, avessero avuto di mira più il loro interessepersonale che quello della minore si ricava proprio daltenore delle dichiarazioni riportate nell’articolo in oggettoladdove gli stessi testualmente dichiarano: “Abbiamo ascoltatoin silenzio ogni genere di sciocchezze, senza mai reagire,perché nostro dovere primario era quello di proteggere laprivacy della bambina e, dunque, non volevamo alimentareulteriori polemiche. Adesso, pero, è giunta l’ora di liberare inostri sentimenti”.Orbene, proprio dal tenore di tali dichiarazioni si evince comele motivazioni che hanno indotto i genitori della minore a rilasciarel’intervista fossero state esclusivamente di caratterepersonale e non certo finalizzate alla realizzazione unospecifico interesse della minore, né i ricorrenti hanno spintole proprie difese fino ad allegare che la pubblicazione dell’articoloin questione fosse stata realizzata, appunto, nell’interessedella minore stessa (conf. Carta <strong>dei</strong> Doveri sopra citata).Da tutto quanto sopra consegue, quindi, la valutazione difondatezza dell’addebito disciplinare contestato agli odierniricorrenti, ritenendosi, pertanto, meritevole di conferma ilcensurato provvedimento del Consiglio Nazionale dell’<strong>Ordine</strong><strong>dei</strong> giornalisti e ciò anche in relazione alla diversità disanzioni inflitte ai ricorrenti medesimi (censura al direttoredella testata e avvertimento all’estensore dell’articolo) stantela diversità di ruolo degli stessi, adeguatamente valorizzatanel citato provvedimento.P.Q.M.Il Tribunale, pronunciando in camera di consiglio, cosìprovvede:rigetta il ricorso ex art. 63 L. 69/63 proposto dai ricorrentiavverso il provvedimento assunto dal Consiglio Nazionaledell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti in data 12.12.2000.Corte d’AppelloLa Rai dovràreintegrareFurio FocolariRoma, 21 luglio <strong>2001</strong>. La Rai dovrà reintegrarenel suo posto di lavoro il giornalistaFurio Focolari, licenziato nell’ottobre del ‘96con l’accusa di aver commesso irregolaritàrelative alla fornitura di capi di abbigliamentoai giornalisti dell’ azienda per le Olimpiadi diAtlanta.Lo ha reso noto l’avvocato del giornalistaDomenico D’Amati secondo il quale la sezionelavoro e previdenza della Corte d’Appellodi Roma ha anche condannato l’azienda diviale Mazzini a versare a Focolari gli stipendiarretrati. I giudici di primo grado avevanodichiarato illegittimo il licenziamento, ma nonavevano accolto la richiesta di reintegro nelposto di lavoro.La Corte, presieduta da Silvio Sorace, hainfine disposto che la causa prosegua perl’esame della domanda di risarcimentodanni, alla salute e all’immagine avanzatanei confronti della Rai.Nel ‘96 Focolari fu incaricato dall’azienda ditrattare con una società di abbigliamentol’acquisto delle divise Rai per le Olimpiadi. Ilgiornalista fu accusato di aver consentito alladitta di apporre sulla divisa anche il propriomarchio in modo che fosse ripreso dalle telecameredurante le Olimpiadi. ‘’I giudici - hadetto l’avvocato D’Amati - hanno visionatoore di filmati televisivi e non hanno mai vistoquel marchio constatando che si è trattato diuna montatura indegna e indecorosa neisuoi confronti’’.(ANSA)14 ORDINE 8 <strong>2001</strong>

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