Ottobre 2001 - Ordine dei Giornalisti

Ottobre 2001 - Ordine dei Giornalisti Ottobre 2001 - Ordine dei Giornalisti

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Fenomenologiadel G8 a GenovaSfogliamo ancora i giornali. “Una voltac’erano le vacanze intelligenti, oggi c’è ilG8. Turismo militante, i pellegrini della politica.La sera andavamo alla Sorbona.Rassegna su chi andava da turista nellaParigi del ‘68. Il porto delle spie, chi offresoldi per avere i nomi dei contestatori”.Dentro la poltiglia mediatica che sono statigli articoli sul G8 è finito triturato per l’ennesimavolta anche il rivoluzionario CheGuevara. Negli ultimi anni il Che è statovampirizzato dai più svariati fenomeninazional popolari. Nelle foto delle perquisizionidi Matteo Jade, leader genovese delpopolo di Seattle, salta fuori anche un manifestodel Che. Il rivoluzionario cubano èstato ucciso da tempo dai media e non daquelli sul G8 dalle vacanze a Cuba e dallemagliette sulla rivoluzione. Un delittoannunciato da Andy Wharol che ne riprodusseil volto come fosse una lattina diCoca Cola.E la divulgazione che fine ha fatto? Il titolo “Illibro nero dell’ambiente” che compare in unodei maggiori magazine apre qualche speranza.Ma sono solo illusioni. Il libro nero abbracciatristemente la via dell’allarmismo, fratellodi primo letto della spettacolarizzazione.Cosa c’è di meglio per allontanare i lettoridall’argomento che dirgli che sarannosommersi dalle inondazioni e dai maremoti.Che Venezia non ci sarà più. Che le steppe sidivorerranno tutto. Che uragani e tifoni, inquinamentoatmosferico, temeprature record,malaria e malattie tropicali ci distruggeranno.È vero che sono gli stessi rapporti mondialisull’ambiente a denunciare una realtà assolutamenteestrema e drammatica.Ma noi aggiungiamo che l’impatto di questenotizie, come di ogni altra notizia, può esserealzato o abbassato anche solo con diminuendoo aumentando i centimetri di unafoto. Anche solo estrapolando concetti limitie facendone dei titoli come se rappresentasserotutto il contenuto dell’articolo.Anche usando foto di vecchi avvenimentiper rappresentare una realtà che non èancora accaduta, ma che i media suggerisconoa chi legge, sinuando la paura chepotrebbe accadere.La comunicazioneè la nuovasuperstizioneCome dice Ignatio Ramonet la comunicazioneè la principale superstizione di questaera. Si offre come ultima panacea per risolverei conflitti dentro la famiglia, la scuola, lostato, l’ambiente. Ma c’è il sospetto chequesta stragrande e variegata abbondanzastia portando nuove forme di alienazione.Anziché liberare gli spiriti i suoi eccessi liimprigionino.Credo che i lettori che possiamo definiresapienti si sentano globalmente rassegnati.Tutto quello che è accaduto nel mondo èstato documentato. Forse non tutto, tutto. Maquello che conta e che più penalizza i lettoriè che questo tutto non viene più contestua-Il ritrovato orgoglio dei giornalisti durante i tragici fatti di GenovaIndagareper informaredi Marina Cosivicesegretario nazionale FnsiAll’improvviso, Genova. E l’imporsi dei fatti edel dovere d’informare spazza via le beghedi categoria o almeno ne dimostra tutta lastrumentalità, facendo vedere, anche a chise l’era scordato, il senso vero di questonostro mestiere. Come un richiamo dellaforesta per ogni giornalista. Chi ha fattocronaca, chi ha raccolto testimonianze, chiha investigato, chi ha selezionato fra l’enormemesse di materiale rovesciata in rete enelle redazioni dalle telecamerine amatoriali,chi infine senza lavorarci direttamente haperò condiviso il principio deontologico dicercare la verità dei fatti senza pregiudizi esenza timori. Praticamente tutti i professionistidell’informazione si sono riconosciutinell’anonimo collega che alla conferenzastampa di domenica mattina, 22 luglio, inquestura, urlava: “Siamo al di là delle parti,noi, e abbiamo il diritto, il di-rit-to!, di otteneredelle risposte”.Anche per chi, giornalista, ha la delega protempore di rappresentare i diritti del lavorodei colleghi, il senso del proprio impegnosindacale è apparso immediatamente chiaro.Tutelare l’agibilità e l’incolumità dei colleghial lavoro in piazza, per cominciare (difronte ai dinieghi degli accrediti, ai discriminiverso le testate e al sospetto verso i freelance),quindi intervenire per ottenerne scarcerazionee referti medici, infine raccoglieretutta la documentazione sulle violazioni allalibertà di stampa e organizzare la denuncia.Il sindacato territoriale e quello nazionale(l’Associazione stampa ligure, assiemeall’Ordine ligure, e la Fnsi) si sono mobilitati,ma ancora prima che partisse l’appello aicolleghi a fornire indicazioni, una gran moledi documentazioni scritte e per immagini ècominciata ad arrivare (www.fnsi.it).Due cose però sono apparse subito chiarissime,due cose con cui bisognerà fare i contise si è seri.Una, il determinante e coraggioso contributodi cronaca fornito dai freelance e dalla moltitudinedi giovani colleghi (in maggioranzaprecari) di radio, televisioni minori, testateweb, pubblicazioni del volontariato sociale.Loro sono la prova provata di come il mestieresia vivo pur nel ricambio generazionale ele sue regole deontologiche fortementecondivise e di come, quindi, a noi sindacatotocchi solo di portare a tutti i costi, sotto iltetto del riconoscimento ordinistico e contrattuale,queste migliaia di giornalisti di fatto.(Parentesi: ciò, nel sindacato, alla maggioranzadi noi era già chiaro, sin dalle prioritànella strategia contrattuale: non lo è stato nèsembra ancora esserlo per chi più o menostrumentalmente ha preferito inseguirevecchi tromboni o nuovi equilibristi trasversaliin nome di polemicuzze precongressuali.Chiusa parentesi).La seconda cosa è il recuperato rapportocon la società. L’orgoglio di mestiere che hacondotto istintivamente i giornalisti a “fare lacosa giusta” - a cercare, rischiare, indagareper informare - è stata un’iniezione di fiduciaed autorevolezza, non intaccata nellasostanza dalle fisiologiche polemiche e critichesia interne sia dei lettori/utenti. Eppoi perla prima volta in maniera massiccia è statasperimentata, per lo meno in Italia, la capienza,la tempestività e la capillarità delle Reti.Con la dimostrazione che le opportunità e lequantità di materiali prodotti dalla diffusionetecnologica di massa (telefoni e computerportatili, apparecchi digitali tele-fotografici,internet, il tutto usato da cittadini e associazionidurante e dopo Genova) non si sostituisconoall’informazione fornita dagli operatoriprofessionisti, ossia da noi, come certunisostengono, ma le si aggiungono, fungendoda enorme archivio della memoria e datessuto comunicativo, insomma da superipertestod’un lavoro giornalistico compiutonel rispetto delle regole qualitative e deontologiche.Regole che alla fin fine hanno presiedutoanche alla stesura del pezzo che stateleggendo, se avete la compiacenza dileggermi, del che vi ringrazio. Nel senso cheintendevo raccontare alcuni risultati sindacali,in questo articolo, ma la gerarchia deglieventi, com’è giusto, è stata decisa dallacronaca e Genova è balzata in apertura.Connessa con un altro evento, la morte diIndro Montanelli, il Grande Cronista, chemolti di noi hanno sentito, oltre che come unlutto doloroso, anche come una simbolicaconcomitanza. È significativo che tutto si siatenuto anche sul piano degli eventi. Mi spiego(e così intanto rendo conto di che usofaccio del mandato che mi avete conferitodelegandomi alla vicesegreteria federale):dopo un paio di settimane di vertenze, peraltrofortunatamente riuscite - come la conclusionedel piano tecnologico in Rcs e lecorrette reimpostazioni dei piani di FamigliaCristiana e di Quadratum, l’accordo col liquidatoredel quotidiano on line E-Day, la ratificazionedei contratti trasformati in Mediasetda tempo determinato a tempo indeterminato-, nonché dopo un certo numero di riunioni,direttivi e giunte, più lo sbroglio-matasse(definizione casalinga in cui metto sia lagestione tecnica dei problemi diciamo nazionali,dal diritto d’autore agli uffici stampa, siala consulenza operativa su questioni statutarie,contrattuali o d’accordi a cdr e singolicolleghi), insomma dopo di ciò, era inprogramma una settimana di fine luglioimperniata su tre eventi.Prima la consegna del Libro bianco sul lavoronero, messo assieme dalla Fnsi, alla categoriae alle presidenze di Camera e Senato,poi la presentazione del libro di OrlandoFucilate Montanelli!, infine l’incontro colnuovo presidente Fieg. L’avvicinarsi del G-8ci aveva già dato del filo da torcere, per ilrifiuto di alcuni pass e la vicenda delle pettorineFnsi clonate, ma una serie di iniziative edi dichiarazioni del segretario nazionale,Paolo Serventi Longhi, e del presidente dellaLigure, Marcello Zinola, nonché della magistraturagenovese (che ha dato d’autorità aun collega il pass negato) facevano ritenerela situazione sotto controllo.12 ORDINE 8 2001

Poi è successo quel che è successo e l’ordinataprocessione degli eventi previsti è saltata.Venerdì son cominciate a piovere telefonatedi denuncia dai colleghi impegnati aseguire le manifestazioni, in un crescendoaffannoso sabato e poi domenica, per cercarei giornalisti non solo italiani feriti, arrestati,“scomparsi”. L’alba della nuova settimana,che sarebbe dovuta essere l’ultima primadella breve interruzione festiva federale, s’èaperta con le polemiche internazionali sulcrescendo di violenze a Genova, con lacamera ardente di Montanelli a Milano, conl’esigenza di allestire con basi a Roma (Fnsi)e Bruxelles (Ifj) una raccolta di testimonianzee documenti visivi sulle lesioni alla libertàdi stampa. È il bello della diretta, anche nellavoro sindacale.Mentre una delegazione di Giunta Fnsirendeva omaggio alla salma di Indro, comesegreteria federale lunedì siamo andati dalpresidente della Camera per denunciare illavoro nero nel giornalismo e consegnare ladocumentazione raccolta nel “libro bianco”,com’era preordinato, ma ovviamente siamointervenuti con Pierferdinando Casini anchesui fatti di Genova. L’indomani si sono tenutenelle città dimostrazioni pacifiche contro leviolenze, ed il segretario ed io abbiamopartecipato al corteo di Roma, peraltroassieme a molti colleghi italiani e stranieriche erano lì sia per lavoro sia per testimoniarel’intangibilità del diritto costituzionaleORDINE 8 2001Invito i colleghi ad inviaremateriale su “libertàdi stampa e Genova”al sito federale già citato(www.fnsi.it), come purealla Federazioneinternazionale (www.ifj.org)e all’Associazione liguredei giornalisti (via Fieschi3/26 -16121 Genova).lizzato. Il contesto della questione globalizzazionenon può essere quello rappresentatodai quotidiani nazionali: la megafoto a duecolonne e mezza pagina del militare delbattaglione San Marco, armato sino ai denticompreso il cellulare e gli occhiali scuriapparso su un quotidiano. Né il volto che spiadal buco di uno dei blocchi di ferro della zonarossa. Né il passamontagna nero del blocconero trionfante sull’auto incenerita. Né l’artificiereche smonta la bici dinamitarda. Né lazona rossa zeppa di divise che pare la cittadelladel milite.Perché il contesto è divenuto la metafora diuna desertificazione ideologica e morale, incui la verità di una rivoluzione si avvia alladefinitiva sconfitta a vantaggio di un poteremostruoso che mette tutto e tutti insieme.Intesse tutto. Assimila tutto. Anche l’opposizione,anche la contestazione.Dapprima la città blindata ha prodotto unterrore virtuale. Poi il terrore virtuale si è materializzatocon pacchi bomba. E poi anche unmorto, ripreso e visto dalle tv e dalle migliaiadi foto. Un morto - e questo è un segno mediaticoagghiacciante - quasi in diretta.Un trionfo dei media, una sconfitta per tutti.Quel corpo adagiato a terra nel sangue einquadrato da un operatore ha incendiatodefinitivamente la guerra delle parti. Comeha visto Le Monde in una magistrale vignetta- il quotidiano francese che ha scelto dinon usare le foto è stato alla fine il più chiaro- faceva vedere come su di lui fioccasserodecine di flash per le prime pagine. Dietro unmuro i potenti banchettavano avidi e gli ossidel loro pasto volavano alti sino a raggiungerei poveri, assiepati dietro il filo spinato. E icontenuti del G8, gli argomenti dell’incontrofinivano in coda ai servizi.C’è un modo di dire popolare che Sofri haricordato in una delle sue opinioni da primapagina, prima che il fatto accadesse, “sirespira la paura che ci scappi il morto aGenova”, aggiungiamo noi nella città “meticciatadalla globalizzazione antiglobale” e daun’operazione di ordine pubblico tra le piùgrandi del secolo.Percorrendo, ora che il G8 è concluso, uncammino a ritroso dentro la stampa, dentrole prime pagine, i titoli, le foto, le immagini, ipassamontagna, i volti, i militari, le paroleutilizzate, le didascalie, appare come in unracconto già scritta la tragica conclusione, ilsangue, le botte senza motivo, le aggressioni,la violenza dei pestaggi, anche il morto.La stampa ha raccontato consapevole omeno una trama già scritta. Bisogna saperleggere i giornali, cambiare la nostra relazionecon l’informazione. Capire che questo è ilpotere della mediatizzazione.Questa è la nuova realtà della globalizzazioneche nasce dai media.Chiudo dicendo che è necessario averesempre presente un fatto positivo: un giornaleè un’astrazione. Ci sono diversi giornali eogni giornale è fatto da mille firme, mille testeche cambiano ogni giorno. Un giornale è unsondaggio al giorno, un tentativo al giorno,un ballon d’essai al giorno e una scommessa.Perché la stampa non sia cialtrona e nongeneri mostri reali o virtuali è necessarioimparare e insegnare ai giovani la sapienzadella lettura.Paola Pastacaldiad esprimere anche collettivamente leproprie opinioni.A qualcuno la nostra iniziativa non è piaciuta,ma anche questo è un diritto rispettabile.Arriviamo così a mercoledì 25 luglio, giornatadensissima perché prima della presentazionedel libro bianco ed in qualche modointrecciando gli argomenti, si trasforma volutamentel’affollatissima assemblea in undibattito su Genova e i diritti dell’informazione.Parlano i colleghi che per tre giorni e pertre notti hanno seguito gli eventi, che hannofilmato chilometri di pellicola, scritto decinedi pezzi, ma anche preso manganellate, chehanno avuto le macchine rotte ed i rullinisequestrati, che molto spesso si sono posticoraggiosamente come “forze d’interposizione”fra manifestanti e polizia e fra manifestantipacifici e frange violente, che hannocollaborato con la magistratura, che voglionoche la verità o almeno quanta più veritàpossibile sia ristabilita. In aula ci sono anchediversi parlamentari e lo stesso ministro dellacomunicazione Gasparri, intervenuto perdiscutere di precariato, ma che non si sottraealla discussione su Genova. Nel pomeriggiola presentazione del libro su Montanelli èun’importante occasione per riflettere, anchequesta volta a sala piena, sia pure d’unpubblico differente, sul senso della nostraprofessione, sul dovere di essere prima ditutto e in maniera prevalente cronisti. Genovaentra di prepotenza anche in questadiscussione, soprattutto per ricordare che igiudizi, scrivendo, lo diceva Indro, debbonovenire dopo che sulla carta sono stati scrittifatti e poi fatti e poi ancora fatti. L’indomani,venerdì, la settimana si chiude con l’incontrofra la segreteria Fnsi ed il vertice Fieg guidatoda Luca Cordero di Montezemolo: si stendeun elenco di argomenti da trattare e se nediscute subito uno, la normativa sulla diffamazione,cercando e trovando una lineacomune. Linea che un’ora dopo il presidenteFieg avanzerà nell’incontro, anch’esso giàprevisto da tempo, al ministero. Il lavorosindacale continua.Dal convegno di StresaA N A L I S I è emersa l’urgenzadi adeguare il dirittoall’economia digitaleUna battagliaa colpidi copyrightdi Laura TuriniLe imprese, ormai da tempo, hanno presocoscienza di quanto Internet sia un potentemezzo di comunicazione sul quale possonosvilupparsi importanti relazioni commercialiinternazionali e che consente, a chi fornisceprodotti o servizi, di disporre di un mercatosconfinato e in continua e rapida espansione.Questo aspetto, di indiscusso interesseeconomico, ha determinato l’insorgere nonsolo di liti per l’acquisto di importanti spazi divisibilità in Rete, legate principalmente all’utilizzodi nomi a dominio significativi, maanche l’acuirsi di rivalse legali per impedirea terzi di utilizzare tecniche e contenuti finoa oggi monopolio di pochi. Una tale prospettivaè particolarmente preoccupante in unasocietà come la nostra, in cui si tende alla“standardizzazione” dei prodotti, che se daun lato consente una maggiore interazionetra culture di tutto il mondo, dall’altro conferiscea chi produce gli standard un potereeccessivo e ingiustificato.Se chi possiede materialmente i cavi telefonicipotesse decidere anche cosa possonodirsi le persone che li utilizzano, sarebbedavvero drammatico, così come c’è daaugurarsi che non si avveri la previsione diLawrence Lessig che vede nell’introduzionedelle trasmissioni su banda larga un pericoloconcreto per la libertà di parola. In questaimportante fase della storia dell’umanità ilgiurista è chiamato a conoscere la tecnicaper comprenderne le conseguenze nonevidenti, ma al tempo stesso è chiamato aponderare le proprie decisioni, con lo sguardodiretto al futuro. Valori fondamentali qualila libertà di parola, la libertà di impresa e laconcorrenza paritaria tra le imprese nonpossono venire meno, neanche online.Questo è quanto è emerso anche recentementeal convegno tenutosi a Stresa il 4 e 5maggio, organizzato dal Centro nazionale diPrevenzione e difesa sociale, nel corso delquale si è discusso del rapporto tra diritto edeconomia, evidenziando come spesso l’utilizzodi certi strumenti giuridici giuochi unruolo fondamentale nell’evoluzione della vitasociale.Diritto d’autoreIl caso Napster ne è un esempio. La leggesul copyright, varata per ricompensare gliartisti dello sforzo creativo, consente aiproduttori di guadagnare rilevanti somme dalpagamento dei diritti da parte dei consumatori,dei quali solo una minima parte va poimaterialmente a finire nelle tasche degliautori. Napster, al di là della violazione omeno del diritto di copyright, ha dimostratocome sia possibile diffondere, e anchevendere, musica in un modo nuovo, eventualmenteanche facendo a meno deiproduttori e dei distributori tradizionali,consentendo agli autori di guadagnare di piùe ai consumatori di ottenere lo stessoprodotto a un prezzo più basso. Una talepossibilità non può non fare paura e perquesto le major, che attualmente detengonol’80% del mercato, sono intenzionate più afare chiudere i siti scambia-files che a crearnedi propri e concorrenziali, proprio perI gruppi Usa temono Internet“Il dirittod’autorescomparirà”evitare che si diffonda la consapevolezza diun mercato che potrebbe gravementenuocere i propri interessi. “Cosa impossibile- ha ribadito David Boies, avvocato delgoverno degli Stati Uniti nel caso Microsoft edifensore di Napster e di altre società delsettore della musica online - per quanto sitenti di fermare sistemi come Napster, ormaisi tratta di un processo irreversibile con ilquale le società della old economy devonoinevitabilmente fare i conti”. A conferma diquesta affermazione basti pensare che inquesti giorni MP3.com ha iniziato a vendereCd “compressi”, che gli utenti possono scaricaredirettamente tramite Internet sul propriocomputer.Vecchio contro nuovoUtilizzare gli strumenti tradizionali, quali lalegge sul copyright, per impedire il diffondersidi nuove forme di comunicazione e dimercato è indubbiamente un errore. Ciò nonsignifica, e ormai è indiscutibile, che su Internettutto sia permesso, ma solo che occorreridimensionare certe posizioni estremistiche.La proprietà intellettuale è destinata a giocareun ruolo fondamentale, ma deve esserereinterpretata. Non a caso a Stresa si èparlato della teoria degli “Essential Facilities”,presentata da Gustavo Ghidini, professoredi diritto industriale alla Luiss di Roma, inbase alla quale è importante che i mezziessenziali per fornire beni o servizi siano adisposizione di tutti, mentre non è ragionevoleche, attraverso il copyright o altri dirittidi proprietà intellettuale, si possa impedire aqualcuno, ingiustificatamente, di utilizzarequalcosa che non potrebbe procurarsi altrimenti.Se così fosse si determinerebberoposizioni di monopolio gravi e insostenibili.La proprietà intellettuale deve essere salvaguardatae remunerata, ma non può essereuno strumento per tagliare la strada alprogresso. È un sentimento collettivo, che siavverte sia tra i consumatori sia tra i giuristi,che non si possa continuare solo a reprimeree che in certi casi lo si stia facendo inmodo eccessivo. La tecnologia consente diostacolare il diffondersi dei dati ben oltrequanto sia concesso. Basti solo considerareche i filtri o i meccanismi che impediscono ildownloading di certi file, crea un monopoliodi fatto, indipendentemente dal fatto che queicontenuti siano coperti o meno da dirittod’autore.Ripensare il copyrightIn questo clima di ripensamento della leggesul diritto d’autore è intervenuta la Danimarcanella persona del ministro della CulturaElsebeth Nielsen, che ha varato una propostadi legge in base alla quale sarà consentitonon solo duplicare i cd, ma anche scaricaremusica e copiarla sul proprio computerper uso personale. Si tratta di una presa diposizione che ha suscitato le ire delle societàmusicali e della quale è difficile prevedere glisviluppi ma che dimostra ancora una volta,se ce ne fosse bisogno, che la società reclamauna svolta che il diritto, e chi lo applica,non può evitare che avvenga.da Il Sole 24 Ore del 18 maggio 2001Fra le aziende multimediali americane è ormai allarme per ildiffondersi dei sistemi peer to peer, che permettono lo scambiodi dati tra computer via Internet. A descrivere i timoridell’industria Usa è stato ieri l’economista del Mit, LesterThurow. Il fenomeno è iniziato con Napster, il sito utilizzatofino a poco fa da milioni di appassionati per scambiarsi i branimusicali gratuitamente. E con la “banda larga”, entro breve,potranno essere scambiati anche i film. In violazione delcopyright. Senza che le imprese abbiano trovato una soluzione.dal Corriere della Sera dell’8 settembre 200113

Fenomenologiadel G8 a GenovaSfogliamo ancora i giornali. “Una voltac’erano le vacanze intelligenti, oggi c’è ilG8. Turismo militante, i pellegrini della politica.La sera andavamo alla Sorbona.Rassegna su chi andava da turista nellaParigi del ‘68. Il porto delle spie, chi offresoldi per avere i nomi <strong>dei</strong> contestatori”.Dentro la poltiglia mediatica che sono statigli articoli sul G8 è finito triturato per l’ennesimavolta anche il rivoluzionario CheGuevara. Negli ultimi anni il Che è statovampirizzato dai più svariati fenomeninazional popolari. Nelle foto delle perquisizionidi Matteo Jade, leader genovese delpopolo di Seattle, salta fuori anche un manifestodel Che. Il rivoluzionario cubano èstato ucciso da tempo dai media e non daquelli sul G8 dalle vacanze a Cuba e dallemagliette sulla rivoluzione. Un delittoannunciato da Andy Wharol che ne riprodusseil volto come fosse una lattina diCoca Cola.E la divulgazione che fine ha fatto? Il titolo “Illibro nero dell’ambiente” che compare in uno<strong>dei</strong> maggiori magazine apre qualche speranza.Ma sono solo illusioni. Il libro nero abbracciatristemente la via dell’allarmismo, fratellodi primo letto della spettacolarizzazione.Cosa c’è di meglio per allontanare i lettoridall’argomento che dirgli che sarannosommersi dalle inondazioni e dai maremoti.Che Venezia non ci sarà più. Che le steppe sidivorerranno tutto. Che uragani e tifoni, inquinamentoatmosferico, temeprature record,malaria e malattie tropicali ci distruggeranno.È vero che sono gli stessi rapporti mondialisull’ambiente a denunciare una realtà assolutamenteestrema e drammatica.Ma noi aggiungiamo che l’impatto di questenotizie, come di ogni altra notizia, può esserealzato o abbassato anche solo con diminuendoo aumentando i centimetri di unafoto. Anche solo estrapolando concetti limitie facendone <strong>dei</strong> titoli come se rappresentasserotutto il contenuto dell’articolo.Anche usando foto di vecchi avvenimentiper rappresentare una realtà che non èancora accaduta, ma che i media suggerisconoa chi legge, sinuando la paura chepotrebbe accadere.La comunicazioneè la nuovasuperstizioneCome dice Ignatio Ramonet la comunicazioneè la principale superstizione di questaera. Si offre come ultima panacea per risolverei conflitti dentro la famiglia, la scuola, lostato, l’ambiente. Ma c’è il sospetto chequesta stragrande e variegata abbondanzastia portando nuove forme di alienazione.Anziché liberare gli spiriti i suoi eccessi liimprigionino.Credo che i lettori che possiamo definiresapienti si sentano globalmente rassegnati.Tutto quello che è accaduto nel mondo èstato documentato. Forse non tutto, tutto. Maquello che conta e che più penalizza i lettoriè che questo tutto non viene più contestua-Il ritrovato orgoglio <strong>dei</strong> giornalisti durante i tragici fatti di GenovaIndagareper informaredi Marina Cosivicesegretario nazionale FnsiAll’improvviso, Genova. E l’imporsi <strong>dei</strong> fatti edel dovere d’informare spazza via le beghedi categoria o almeno ne dimostra tutta lastrumentalità, facendo vedere, anche a chise l’era scordato, il senso vero di questonostro mestiere. Come un richiamo dellaforesta per ogni giornalista. Chi ha fattocronaca, chi ha raccolto testimonianze, chiha investigato, chi ha selezionato fra l’enormemesse di materiale rovesciata in rete enelle redazioni dalle telecamerine amatoriali,chi infine senza lavorarci direttamente haperò condiviso il principio deontologico dicercare la verità <strong>dei</strong> fatti senza pregiudizi esenza timori. Praticamente tutti i professionistidell’informazione si sono riconosciutinell’anonimo collega che alla conferenzastampa di domenica mattina, 22 luglio, inquestura, urlava: “Siamo al di là delle parti,noi, e abbiamo il diritto, il di-rit-to!, di otteneredelle risposte”.Anche per chi, giornalista, ha la delega protempore di rappresentare i diritti del lavoro<strong>dei</strong> colleghi, il senso del proprio impegnosindacale è apparso immediatamente chiaro.Tutelare l’agibilità e l’incolumità <strong>dei</strong> colleghial lavoro in piazza, per cominciare (difronte ai dinieghi degli accrediti, ai discriminiverso le testate e al sospetto verso i freelance),quindi intervenire per ottenerne scarcerazionee referti medici, infine raccoglieretutta la documentazione sulle violazioni allalibertà di stampa e organizzare la denuncia.Il sindacato territoriale e quello nazionale(l’Associazione stampa ligure, assiemeall’<strong>Ordine</strong> ligure, e la Fnsi) si sono mobilitati,ma ancora prima che partisse l’appello aicolleghi a fornire indicazioni, una gran moledi documentazioni scritte e per immagini ècominciata ad arrivare (www.fnsi.it).Due cose però sono apparse subito chiarissime,due cose con cui bisognerà fare i contise si è seri.Una, il determinante e coraggioso contributodi cronaca fornito dai freelance e dalla moltitudinedi giovani colleghi (in maggioranzaprecari) di radio, televisioni minori, testateweb, pubblicazioni del volontariato sociale.Loro sono la prova provata di come il mestieresia vivo pur nel ricambio generazionale ele sue regole deontologiche fortementecondivise e di come, quindi, a noi sindacatotocchi solo di portare a tutti i costi, sotto iltetto del riconoscimento ordinistico e contrattuale,queste migliaia di giornalisti di fatto.(Parentesi: ciò, nel sindacato, alla maggioranzadi noi era già chiaro, sin dalle prioritànella strategia contrattuale: non lo è stato nèsembra ancora esserlo per chi più o menostrumentalmente ha preferito inseguirevecchi tromboni o nuovi equilibristi trasversaliin nome di polemicuzze precongressuali.Chiusa parentesi).La seconda cosa è il recuperato rapportocon la società. L’orgoglio di mestiere che hacondotto istintivamente i giornalisti a “fare lacosa giusta” - a cercare, rischiare, indagareper informare - è stata un’iniezione di fiduciaed autorevolezza, non intaccata nellasostanza dalle fisiologiche polemiche e critichesia interne sia <strong>dei</strong> lettori/utenti. Eppoi perla prima volta in maniera massiccia è statasperimentata, per lo meno in Italia, la capienza,la tempestività e la capillarità delle Reti.Con la dimostrazione che le opportunità e lequantità di materiali prodotti dalla diffusionetecnologica di massa (telefoni e computerportatili, apparecchi digitali tele-fotografici,internet, il tutto usato da cittadini e associazionidurante e dopo Genova) non si sostituisconoall’informazione fornita dagli operatoriprofessionisti, ossia da noi, come certunisostengono, ma le si aggiungono, fungendoda enorme archivio della memoria e datessuto comunicativo, insomma da superipertestod’un lavoro giornalistico compiutonel rispetto delle regole qualitative e deontologiche.Regole che alla fin fine hanno presiedutoanche alla stesura del pezzo che stateleggendo, se avete la compiacenza dileggermi, del che vi ringrazio. Nel senso cheintendevo raccontare alcuni risultati sindacali,in questo articolo, ma la gerarchia deglieventi, com’è giusto, è stata decisa dallacronaca e Genova è balzata in apertura.Connessa con un altro evento, la morte diIndro Montanelli, il Grande Cronista, chemolti di noi hanno sentito, oltre che come unlutto doloroso, anche come una simbolicaconcomitanza. È significativo che tutto si siatenuto anche sul piano degli eventi. Mi spiego(e così intanto rendo conto di che usofaccio del mandato che mi avete conferitodelegandomi alla vicesegreteria federale):dopo un paio di settimane di vertenze, peraltrofortunatamente riuscite - come la conclusionedel piano tecnologico in Rcs e lecorrette reimpostazioni <strong>dei</strong> piani di FamigliaCristiana e di Quadratum, l’accordo col liquidatoredel quotidiano on line E-Day, la ratificazione<strong>dei</strong> contratti trasformati in Mediasetda tempo determinato a tempo indeterminato-, nonché dopo un certo numero di riunioni,direttivi e giunte, più lo sbroglio-matasse(definizione casalinga in cui metto sia lagestione tecnica <strong>dei</strong> problemi diciamo nazionali,dal diritto d’autore agli uffici stampa, siala consulenza operativa su questioni statutarie,contrattuali o d’accordi a cdr e singolicolleghi), insomma dopo di ciò, era inprogramma una settimana di fine luglioimperniata su tre eventi.Prima la consegna del Libro bianco sul lavoronero, messo assieme dalla Fnsi, alla categoriae alle presidenze di Camera e Senato,poi la presentazione del libro di OrlandoFucilate Montanelli!, infine l’incontro colnuovo presidente Fieg. L’avvicinarsi del G-8ci aveva già dato del filo da torcere, per ilrifiuto di alcuni pass e la vicenda delle pettorineFnsi clonate, ma una serie di iniziative edi dichiarazioni del segretario nazionale,Paolo Serventi Longhi, e del presidente dellaLigure, Marcello Zinola, nonché della magistraturagenovese (che ha dato d’autorità aun collega il pass negato) facevano ritenerela situazione sotto controllo.12 ORDINE 8 <strong>2001</strong>

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