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GiurisprudenzaSintesiCass. pen., 2008, 9, 3308; Cass. pen., sez. VI, 2 aprile 2001,Negro, n. 16238, in De Jure).ATTI PERSECUTORILA REITERAZIONE DELLE CONDOTTE PERSECUTORIECassazione penale, sez. V, 4 aprile 2013 - 25 giugno 2013,n. 27798 - Pres. Ferrua - Rel. SettembrePer ritenere integrato il reato di cui all’art. 612 bis c.p.non occorre una lunga sequela di azioni delittuose, essendosufficiente che esse siano di numero e consistenzatali da ingenerare nella vittima il fondato timore di subireun’offesa alla propria integrità fisica o morale.Il caso e la soluzione della Corte di CassazioneIl Tribunale del Riesame, in parziale riforma della decisionedel Giudice delle indagini preliminari, prescriveva ad un uomo,indagato per il delitto di atti persecutori di cui all’art. 612bis c.p. nei confronti della moglie e delle due cognate, di nonavvicinarsi ai luoghi di dimora e di lavoro delle tre donne, aisensi dell’art. 282 ter c.p.p.Avverso tale ordinanza l’indagato proponeva ricorso per Cassazionenegando di aver mai pedinato o minacciato la mogliee rilevando che, in ogni caso, per l’integrazione del reato dicui all’art. 612 bis c.p. è richiesta la reiterazione delle condottedi violenza o minaccia.La Suprema Corte rigetta il ricorso specificando che se da unlato è vero che l’art. 612 bis c.p. richiede la reiterazione dellecondotte di violenza o minaccia, dall’altro è altrettanto veroche non occorre una lunga sequela di azioni delittuose per ritenereintegrato il reato, essendo sufficiente che esse sianodi numero e consistenza tali da ingenerare nella vittima il fondatotimore di subire offesa alla propria integrità fisica o moralee da provocare nella stessa un perdurante e grave statod’ansia, ovvero un fondato timore per l’incolumità propria odi un prossimo congiunto. E, nel caso di specie, i giudici di legittimitàhanno ritenuto che il Tribunale del Riesame ne abbiadato adeguatamente conto, laddove fa riferimento alla modificadelle condizioni di vita della persona offesa come conseguenzadella condotta del ricorrente.I collegamenti giurisprudenzialiIl principio di diritto affermato dalla decisione in esame è conformeall’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondocui anche due soli episodi di minaccia o molestia possonovalere ad integrare il reato di atti persecutori previsto dall’art.612 bis c.p., se questi abbiano indotto un perdurante statodi ansia o di paura nella vittima, che si sia vista costretta amodificare le proprie abitudini di vita (Cass. pen., sez. V, 2 marzo2010, n. 25527, in Riv. civ. e prev., 2011, 1, 195; Cass. pen.,sez. V, 21 gennaio 2010, n. 6417, in Cass. pen., 2011, 1, 158).DISTINZIONE FRA ATTI PERSECUTORIE VIOLENZA PRIVATACassazione penale, sez. III, 20 marzo - 13 giugno 2013, n.25889 - Pres. Teresi - Rel. FialeIl delitto di violenza privata è ipotesi speciale rispettoalla fattispecie di atti persecutori di cui all’art. 612 bisc.p. Per la consumazione di quest’ultima è infatti necessariauna condotta di induzione di ansie, preoccupazionie paure ma non la finalità di costringere altri afare, tollerare o omettere qualcosa. Tali elementi sonoinvece ulteriormente richiesti dal delitto di cui all’art.610 c.p.Il caso e la soluzione della Corte di CassazioneLa Corte di Appello ribadiva l’affermazione della responsabilitàpenale in capo all’imputato in ordine al reato di cui all’art.610 c.p., per avere inseguito e bloccato la vittima mentretransitava a bordo della sua autovettura.Avverso tale sentenza veniva proposto ricorso per cassazionecon il quale si eccepiva, in particolare, l’inconfigurabilitàdel reato di violenza privata. Ciò veniva giustificato sia per lacarenza di dolo, sia a fronte di una condotta riconducibilepiuttosto alla fattispecie di cui all’art. 612 bis c.p. (nel caso dispecie dichiarata estinta già dal primo giudice in seguito all’intervenutarimessione della querela).La Suprema Corte rigetta il ricorso.Il Collegio ha affermato come la fattispecie criminosa di attipersecutori tutela il singolo cittadino da comportamenti chene condizionino pesantemente la vita e la tranquillità personaleprocurando ansie, preoccupazioni e paure. Essa è finalizzataa proteggere la personalità individuale dalle influenzeperturbatrici.Ipotesi speciale rispetto a tale reato è il delitto di violenza privata.Per la configurazione di quest’ultimo non è infatti sufficienteche sia stato indotto nella vittima uno stato di ansia edi timore per la propria incolumità. Costituisce, invece, elementospecializzante lo scopo di costringere altri - contro laloro volontà - a fare, tollerare od omettere qualcosa. In talecontesto, la libera determinazione è impedita da una condottaimmediatamente produttiva di una situazione idonea ad incideresulla libertà psichica (di determinazione e azione) delsoggetto passivo.La Suprema Corte specifica inoltre come nel delitto di cui all’art.610 c.p. il dolo sia generico e consista nella coscienza evolontà di costringere il destinatario della violenza a tenere,contro la sua volontà, la condotta pretesa dall’agente.Alla luce di quanto sopra la Cassazione rigetta il ricorso ritenendosussistenti gli elementi fattuali e psicologici della violenzaprivata a fronte di un accertato comportamento rivoltoad interferire nella condotta di guida della vittima costrettacon manovre intimidatorie a fermarsi (ed a rifugiarsi nel portonedell’abitazione di una sua amica) piuttosto che proseguiresecondo le originarie intenzioni.I collegamenti giurisprudenzialiIn modo conforme, si è ritenuto che integri il reato di violenzaprivata e non quello di atti persecutori la condotta violentae minacciosa reiteratamente posta in essere da un capo officinanei confronti di un meccanico. Nel caso di specie, l’azioneaveva prodotto l’effetto di costringere il lavoratore, nelcontesto di un’azienda organicamente strutturata, a tollerareuna situazione di denigrazione e deprezzamento delle suequalità lavorative (Cass. pen., sez. VI, 25 novembre 2010, n.44803, in Cass. pen., 2011, 3444).In senso contrario, la Cassazione aveva affermato come la disciplinadettata dall’art. 610 c.p. non fosse speciale rispettoagli atti persecutori. Infatti, la violenza privata sarebbe finalizzataa costringere la persona offesa a fare, non fare, tollerareo omettere qualcosa non limitandosi a generare solo il turbamentoemotivo occasionale dell’offeso per il riferimento adun male futuro. Per converso, lo stalking influirebbe sull’emotivitàdella vittima: i due reati, quindi, potevano concor-836Famiglia e diritto 8-9/2013

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