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GiurisprudenzaSintesiOsservatorio di giurisprudenzapenalea cura di Paolo PittaroREATO DI MINACCELA MINACCIA NELL’AMBITO DELLA SEPARAZIONECONIUGALECassazione penale, sez. III, 14 marzo 2013 - 18 giugno2013, n. 26582 - Pres. Oldi - Rel. LapalorciaPer la sussistenza del reato di minaccia, l’idoneità dellacondotta va valutata secondo un giudizio “ex ante”, tenendoconto di tutte le circostanze del caso concreto.L’impossibilità di realizzare la condotta minacciata nonesclude il reato quando la minaccia è comunque idoneaa ingenerare un timore nel soggetto passivo.Il casoCon la sentenza impugnata il Giudice di Pace assolveva gliimputati per non aver commesso il reato di cui all’art. 612, ritenendoche le minacce di morte pronunciate fossero inidoneea turbare concretamente la libertà psichica della vittima,inserendosi, le stesse, nel clima di tensione tra le parti conseguentealla separazione dei coniugi e all’affidamento delbambino.Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello, deducevaerronea applicazione della legge penale con riferimento all’art.612 c.p., dal momento che la norma incriminatrice richiedesolo la potenziale idoneità dell’azione ad incidere sullalibertà morale del destinatario, mentre illogicamente il giudiceaveva ritenuto che il clima di tensione neutralizzasse lavalenza intimidatoria della condotta.La soluzione della Corte di CassazioneLa S.C. ha ritenuto fondata la doglianza.Secondo la Corte di Cassazione l’assoluzione dai reati è stataerroneamente fondata sul rilievo che il clima di tensionetra le parti avrebbe reso le espressioni inidonee a turbare inconcreto la libertà morale della persona offesa.Secondo i Giudici, la sentenza impugnata ha trascurato diconsiderare che, trattandosi di reato di pericolo, esso non postulal’effettiva intimidazione del soggetto passivo, essendosufficiente la mera attitudine della condotta ad intimorire equindi incidere nella sfera di libertà psichica della vittima.Da ultimo, il contesto di accesa tensione tra le parti è idoneoad elevare la carica minacciosa della condotta in quanto collegataal tentativo di impedire alla donna la frequentazionedel figlio minore.I collegamenti giurisprudenzialiSulla specifica fattispecie sussistono alcuni precedenti in termini.La Suprema Corte, sul tema, aveva affermato in senso conformeche la minaccia è un reato di pericolo, per la cui integrazioneè sufficiente che il male prospettato possa incuteretimore nel soggetto passivo, menomandone la sfera della libertàmorale. La valutazione dell’idoneità della minaccia arealizzare tale finalità va fatta avendo di mira un criterio cherispecchi le reazioni dell’uomo comune (Cass. pen., sez. V,29 maggio 1992, M., in Cass. pen. 1993, 2839).Ulteriormente in senso conforme, secondo i Giudici di Cassazione,se l’indeterminatezza del male minacciato puòescludere il reato, l’indeterminatezza della condizione, lungidall’escluderlo, rafforza l’idoneità intimidatoria della minaccia,perché questa, agli occhi del soggetto passivo, si presenta,in termini di realizzabilità, assai simile alla minaccia incondizionata(Cass. pen., sez. III, 26 novembre 1980, Pieraccini,in Cass. pen., 1982, 741).PROSTITUZIONE MINORILEÈ CONFIGURABILE IL CONCORSO TRA LE CONDOTTE DIFAVOREGGIAMENTO E SFRUTTAMENTO DELLA PROSTI-TUZIONECassazione penale, sez. III, 22 maggio - 19 giugno 2013,n. 26618 - Pres. Squassoni - Rel. AmoresanoIl reato di favoreggiamento della prostituzione si perfezionacon ogni forma di interposizione agevolativa e conqualunque attività che, anche in assenza di un contattodiretto dell’agente con il cliente, sia idonea a procurarepiù facili condizioni per l’esercizio del meretricio e chevenga posta in essere con la consapevolezza di facilitarel’attività di prostituzione, senza che abbia rilevanza ilmovente o il fine della condotta; e non è necessaria ai finidella configurabilità del reato l’abitualità della condotta.Ricorre poi lo sfruttamento della prostituzione, quandol’agente tragga qualche utilità, non necessariamenteeconomica, dall’attività sessuale del soggetto passivo.Il caso e la soluzione della Corte di CassazioneA seguito di una vasta indagine nei confronti di un gruppo dicittadini rumeni, accusati di gestire un ampio giro di prostituzione,due donne venivano condannate sia in primo che insecondo grado poiché, in concorso, avevano favorito e sfruttatola prostituzione di una minore di anni diciotto. Comeemergeva dalla sentenza, la condanna per i reati ex artt. 110e 600 bis c.p. era fondata prevalentemente su puntuali intercettazionitelefoniche, dalle quali emergeva che le imputateavevano fornito sostegno logistico alla persona offesa, accompagnandolasul luogo della prostituzione e ricevendo dalei parte dei guadagni derivanti dall’attività illecita.Il difensore ricorreva per Cassazione lamentando, con il primomotivo, la violazione di legge in relazione all’art. 600 bis834Famiglia e diritto 8-9/2013

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