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GiurisprudenzaAdozioneed i criteri che dovrà seguire l’organo investito della richiestaper decidere se autorizzare o meno. Ma ancora piùa monte non è chiaro quali dati vadano raccolti e conquali cautele e da chi debbano essere conservati. Se infattii dati fossero solo quelli iscritti nel certificato di assistenzaal parto, sarebbero disponibili unicamente le generalitàdella partoriente e, dunque, niente altro che datiintensamente identificativi, esclusi per definizione dall’accesso.Questa incertezza ha giustificato prassi moltodiverse. In alcune regioni, anche sulla scorta delle richiestedei giudici, fin dalla prima comunicazione della nascitadi bambini non riconosciuti, vengono trasmessi alcunidati non identificativi; in altre, anche sulla scorta di indicazionidei giudici specularmente contrarie a quelle primacitate, l’amministrazione sanitaria si è votata all’anonimatoassoluto. Capita così di osservare gravi diseguaglianzedi trattamento, dovute anche a motivi occasionali(quali l’instaurarsi di una giurisprudenza anziché diun’altra), tra un territorio ed un altro, magari contiguo.Non può meravigliare se la CEDU tragga la conclusioneche è riassunta nelle parole finali del paragrafo 71 dellasentenza “l’<strong>Italia</strong> non ha cercato di stabilire un equilibrioe una proporzionalitàtra gli interessi delle parti contrapposte ed ha dunque eccedutonel margine di valutazione riconosciutole”.La reversibilità del segreto introdotta dalla legislazionefrancese (che ha superato il vaglio della Corte di Strasburgonel caso Odièvre), che presuppone l’intervento diun organo specializzato che con le opportune cautele verificail consenso della madre ad uscire dall’anonimato,configura un arresto ben diverso dal semplice accesso alleinformazioni non identificative (quando queste fosserodisponibili). Certamente, raccolto il consenso della madre,la possibilità di un superamento del segreto costituirebbeun passo importante verso l’armonizzazione tra ilregime riconosciuto dall’ordinamento giuridico al dirittoalla conoscenza delle origini e l’opinione assolutamenteprevalente della comunità scientifica degli psicologi chericonosce quanto sia fondamentale nella costruzione dellapersonalità la piena conoscenza delle origini. Sia consentitoosservare che l’argomento secondo cui la nostranormativa, contestata dalla CEDU, mira da un lato - adassicurare che il parto avvenga in condizioni ottimali, siaper la madre che per il figlio, e - dall’altro - a distoglierela donna da decisioni irreparabili, per quest’ultimo benpiù gravi e che in tal senso è ragionevole che la normanon preveda per la tutela dell’anonimato della madrenessun tipo di limitazione, prova troppo. Specialmente seconfrontato con l’esperienza pratica. Questa consente diosservare che la maggior parte delle donne che, avendodeciso di abbandonare il proprio figlio, si avvicinano allestrutture ospedaliere, è completamente all’oscuro dellanormativa che regola la vicenda e viene piuttosto informatadagli operatori dei Servizi Sociali ospedalieriimmediatamente prima o, più frequentemente, per motivioggettivi, solo dopo il parto. Inoltre non risulta che siamai stata segnalata una differenza significativa tra le statistichedegli infanticidi nei Paesi che riconoscono più omeno ampiamente, ovvero negano il parto in anonimato.Dovrà viceversa riconoscersi che il parto in anonimato ètra le prime cause che favoriscono i non pochi casi di alterazionedi stato, tanto da avere indotto il legislatore apredisporre gli strumenti preventivi previsti dall’art. 74legge 4/5/1983, n. 184.Rilevanza della questione di legittimità costituzionaledell’art. 28, comma 7, nella presente proceduraLa questione appare rilevante in quanto la lettera dell’art.28, comma 7, della legge n. 184/1983 non escludesoltanto l’accesso alle informazioni ma nel contempo implicitamenteesclude anche il solo interpello del genitorebiologico che dichiarò di non voler essere nominato: infattiratio evidente della norma appare la tutela della riservatezzadel genitore biologico che sarebbe lesa (ingiustificatamentesecondo l’attuale assetto legislativo) anchedal solo interpello per verificare la persistenza dellavolontà di non essere nominato.Nella fattispecie, come osservato in premessa, la madrebiologica della ricorrente ha dichiarato di non voler esserenominata, di talché appare precluso a questo Tribunaleanche il semplice interpello della donna, con il che siconferma la rilevanza della questione.La ricorrente resterebbe pertanto frustrata nella ricerca diquella pienezza della sua identità che le ha creato il gravedisagio esistenziale ben descritto nel verbale del25/10/2012, ma anche le difficoltà, evidenti, numerose eprogressive (con il decorso del tempo), di non poter indirizzarele terapie di cui necessita (sospetti di neoplasiemammarie, di menopausa precoce, ecc.) con una ordinariaanamnesi familiare.Si è già detto che non si ravvisa la possibilità di interpretazionidella normativa interna che possano evitare l’interventodel giudice delle leggi. In ordine alle generalitàdella madre che ha chiesto di non essere nominata, l’art.28 comma 7, della legge 4/5/1983, n. 184 prevede il mantenimentodell’anonimato assoluto, senza limiti temporali.La possibilità di accesso agli elementi non identificativi,a prescindere dalla genericità della procedura previstadall’art. 93, 3° comma, d.lgs. 30/6/2003, n. 196, per quantoautorizzabile allo stato attuale della normativa, è vanificatadalla mancata regolamentazione delle modalità diraccolta e conservazione dei dati medesimi.Per inciso, si osserva che in entrambi i casi, sia emettendoun provvedimento che respingesse la domanda di accessoovvero autorizzasse almeno la conoscenza di datinon identificativi di fatto non esistenti perché mai raccoltie/o conservati, la soluzione non soddisferebbe la decisionedella CEDU.P.Q.M.Visto l’art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87;Dichiara rilevante e non manifestamente infondata laquestione di legittimità costituzionale dell’art. 28, comma7 della legge 4/5/1983, n. 184, nella parte in cui escludela possibilità di autorizzare la persona adottata all’accessoalle informazioni sulle origini senza avere previamenteverificato la persistenza della volontà di non volereessere nominata da parte della madre biologica, perFamiglia e diritto 8-9/2013 821

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