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GiurisprudenzaAdozioneTale disparità di trattamento appare inopportuna in considerazionedel fatto che la condizione del richiedente è,in tutti i casi, esattamente la stessa: lo status di adottato.Tale trattamento diseguale potrebbe trovare giustificazionesolo nel fatto che, sussistendo in un certo settore interessiconfliggenti, tutti di pari rango, la preminenza di alcuniin certi casi ma non in altri comporti la necessità diprevedere regimi giuridici diversi.Nel caso di specie, gli interessi in conflitto sono, da unaparte, quello dell’adottato alla ricerca delle proprie radici,quale espressione del diritto all’identità personale.Dall’altra parte, sussistono altri due interessi, diversi matendenti a convergere nel fine da perseguire: quello allaprotezione della famiglia adottiva da ogni ingerenzaesterna, come tutela di quella “nuova famiglia legittima”riconducibile all’art. 29 Cost.; e quello della famiglia biologicaall’anonimato, come protezione del diritto alla riservatezza(anch’esso da ricondursi all’art. 2 Cost.) e quale(ulteriore) garanzia della famiglia adottiva. Quest’ultimavede, infatti, nella cancellazione del passato del figlioadottivo una garanzia essenziale per la propria tranquillitàfutura.L’art. 28, comma 7, precludendo la conoscenza delle informazioniper il solo fatto della richiesta del genitorebiologico di non volere essere nominato, manifestata almomento immediatamente successivo alla nascita, ha ritenutoprevalente su tutti gli interessi in conflitto quellodel genitore all’anonimato, assegnando una valenza assolutaed incontrovertibile alla scelta operata allora, senzafarsi carico di verificare se l’intenzione di non volere esserenominata mantenga la sua validità nel tempo (anchedopo 25 o più anni di distanza!), sacrificando sempre ecomunque l’interesse dell’adottato, in ipotesi anche afronte di gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salutepsicofisica.Si badi infine che l’esperienza pratica delle proceduregiudiziarie adottive propone in generale all’operatore,una duplice realtà: da un lato ci sono i minori (più o menopiccoli di età) che sono dichiarati in stato di abbandonoin presenza di una (a volte anche determinata) opposizionedei genitori biologici (che subiscono il procedimento);in tal caso il segreto che assiste l’origine dei genitoribiologici ed il segreto che è previsto per la destinazionedel bambino presso i genitori adottivi deve tutelaresoprattutto i secondi da agiti dei primi che potrebbero farefallire l’adozione. Per tale ipotesi non opera il comma7° dell’art. 28 e l’unico limite all’accesso alle informazionirisiede nella valutazione della sussistenza o meno delpericolo di “grave turbamento all’equilibrio psicofisicodel richiedente”: ma ove i genitori adottivi siano morti odivenuti irreperibili, il comma 7° prevede che il dirittoall’accesso si realizzi senza limiti.Dall’altro lato ci sono i minori figli di genitori che hannorinunciato volontariamente ad essi chiedendo l’anonimato:in tale ipotesi il segreto sulla provenienza biologicadel minore è posto in genere a tutela della riservatezza delgenitore biologico, e per quanto possibile è difficile ipotizzarepericoli alla adozione da parte del genitore che havolontariamente deciso di non riconoscere il figlio.Il comma VII dell’art. 28 opera unicamente per questa secondaipotesi, imponendo l’esclusione dell’accesso alleinformazioni da parte dell’adottato. Tale diverso trattamentoappare irragionevolmente diseguale, in quanto èsemmai il genitore della prima ipotesi ad essere realisticamenteportatore di maggiori insidie per l’equilibrio dell’adottatoe dei genitori adottivi.È del tutto possibile, ed è perfino probabile, che dopo ildecorso del lungo periodo previsto dalla legge (non menodi 18 o 25 anni) la madre ben potrebbe avere elaborato lacondotta passata ed essere disponibile ad accogliere la richiestadi accesso alle informazioni sulle origini da partedell’adottato che risarcisca nell’animo di questi il traumadell’abbandono e nel suo stesso animo il trauma di avereabbandonato.In questa ipotesi, che per essere esclusa deve essere primainvestigata, si apprezza l’irragionevole disparità di trattamentofra l’adottato nato da donna che abbia dichiaratodi non voler essere nominata e l’adottato figlio di genitoriche non abbiano reso alcuna dichiarazione e abbianoanzi subìto l’adozione. Accertato il superamento del rapportoconflittuale fra il diritto dell’adottato alla propriaidentità personale e quello della madre naturale al rispettodella sua volontà di anonimato la diversità di disciplinafra le due ipotesi è ingiustificata.In tal senso, la norma appare anche sotto il vaglio delprincipio di uguaglianza, non consona ai principi costituzionali,quanto meno nella parte in cui non prevede l’accertamentodella persistente intenzione della madre direstare non nominata, dopo il decorso di tanti anni.In particolare, asserito contrasto con l’art. 32 Cost.Il disposto dell’art. 28, comma 7, appare in contrasto anchecon l’art. 32 Cost., norma a tutela del diritto alla saluteed all’integrità psico-fisica.In ordine alla salute del corpo, non può sottacersi checonsentendo alla donna che ha deciso di non assumersiresponsabilità genitoriali la possibilità di partorire in assolutoanonimato, nella prassi diffusa degli ospedali italiani,induce gli operatori sanitari (nella generalità deicasi salvo che siano non espressamente richiesti), adomettere persino l’ordinaria raccolta dei dati anamnesticinon identificativi della madre. Le conseguenze sonotutt’altro che trascurabili in quanto una buona anamnesiconsentirebbe ai genitori adottivi di programmare interventiprofilattici e/o accertamenti diagnostici ed allostesso figlio, già privato della conoscenza della storia sanitariadel ramo paterno del proprio albero genealogico,un accesso meno mutilato al diritto alla salute. Deve ricordarsiin proposito che è noto come la costruzione dell’alberogenealogico, che fornisce un’immediata visionedell’anamnesi familiare, è spesso la chiave per determinareil rischio genetico.Per non dire che la persona abbandonata alla nascita conparto anonimo, ove contragga nel corso della sua vitamalattie geneticamente determinate perde, per definizione,le sempre maggiori opportunità di cura assicurate giàoggi dal trapianto di cellule staminali proprie o donatedai familiari (v. in proposito il D.M. 18/11/2009 “Dispo-Famiglia e diritto 8-9/2013 819

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