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GiurisprudenzaMinoripassaggio della motivazione di una sentenza dellaConsulta, risalente a metà degli anni Novanta, cheha posto in luce la netta diversità della convivenzadi fatto, “fondata sull’“affectio” quotidiana - liberamentee in ogni istante revocabile - di ciascuna delleparti” rispetto al rapporto coniugale, caratterizzatoda “stabilità e certezza e dalla reciprocità e corrispettivitàdi diritti e doveri ... che nascono soltantodal matrimonio” (29).La Corte costituzionale, nel parlare del valore costituzionaledella convivenza, ha ribadito in manieraquasi costante (30) che il fenomeno delle convivenzemore uxorio non pone un problema di parità ditrattamento rispetto alla famiglia legittima, fondatasul vincolo matrimoniale. A parere della Consultale due situazione sono nettamente diverse, mancandoi necessari presupposti - caratteri di stabilità ecertezza propri del vincolo coniugale, essendo laconvivenza more uxorio basata sull’“affectio” quotidiana,liberamente revocabile in ogni istante - perchédi fronte ad un trattamento differenziato possautilmente prospettarsi e quindi dirsi fondato il contrastocon l’art. 3 Cost.La famiglia di fatto (31), ancorché non disciplinataorganicamente dalla legge - nonostante l’esistenzadi norme sparse nei campi più disparati -, non contrastané con norme imperative - non esistendo disposizionidi tale natura che la vietino -, né con l’ordinepubblico, che comprende i principi fondamentaliinformatori dell’ordinamento giuridico, né conil buon costume, inteso come il complesso dei principietici costituenti la morale sociale di un determinatomomento storico (32).Al fine di distinguere tra semplice rapporto occasionalee famiglia di fatto, deve tenersi soprattutto contodel carattere di stabilità che conferisce grado dicertezza al rapporto di fatto sussistente tra le persone,tale da renderlo rilevante sotto il profilo giuridico(33). Dunque, per aversi famiglia di fatto occorre unarelazione interpersonale, con carattere di tendenzialestabilità, di natura affettiva e parafamiliare, che siesplichi in una comunanza di vita e di interessi e nellareciproca assistenza materiale e morale (34).Essa riveste una certa rilevanza giuridica, specialmentein presenza di prole. Infatti, la mancata celebrazionedel matrimonio non incide in alcun modosui diritti che comunque spettano ai figli nati da genitorinon coniugati.In seguito alla riforma del diritto di famiglia del1975, alla filiazione naturale venne riconosciuta paridignità di quella legittima attraverso la sostanzialeparificazione tra le due categorie di figli. Pertanto,indipendentemente dalla natura della filiazione, ilfiglio riceveva piena tutela giuridica nei confrontidel proprio genitore, di guisa che, sin d’allora, il rapportotra genitore e figlio si presentava nella sostanzaomogeneo, a prescindere dalla sussistenza del vincolomatrimoniale tra i genitori. Il processo volto all’equiparazionetra i figli naturali e quelli legittimi ècontinuato, poi, con l’emanazione, da parte del legislatore,della legge n. 54 del 2006 che, nel dettarenorme in materia di affidamento condiviso, ha unificatole regole sostanziali applicabili a seguito delladisgregazione della coppia genitoriale anche in rife-Note:(29) Corte cost., 18 gennaio 1996, n. 8: “(…) Questa Corte, nellasent. n. 237 del 1986 - che costituisce precedente specificoper la decisione della questione in esame -, riconosciuta la rilevanzacostituzionale del “consolidato rapporto” di convivenza,ancorché rapporto di fatto, lo ha tuttavia distinto dal rapporto coniugale,secondo quanto impongono il dettato della Costituzionee gli orientamenti emergenti dai lavori preparatori. Conseguentemente,ha ricondotto il primo all’ambito della protezione, offertadall’art. 2, dei diritti inviolabili dell’uomo nelle formazioni socialie il secondo a quello dell’art. 29 della Costituzione. Tenendodistinta l’una dall’altra forma di vita comune tra uomo e donna, sirende possibile riconoscere a entrambe la loro propria specificadignità; si evita di configurare la convivenza come forma minoredel rapporto coniugale, riprovata o appena tollerata e non si innescaalcuna impropria “rincorsa” verso la disciplina del matrimonioda parte di coloro che abbiano scelto di liberamente convivere.Soprattutto si pongono le premesse per una considerazionegiuridica dei rapporti personali e patrimoniali di coppia nelledue diverse situazioni, considerazione la quale - fermi in ognicaso i doveri e i diritti che ne derivano verso i figli e i terzi - tengapresente e quindi rispetti il maggior spazio da riconoscersi,nella convivenza, alla soggettività individuale dei conviventi; e viceversadia, nel rapporto di coniugio, maggior rilievo alle esigenzeobiettive della famiglia come tale, cioè come stabile istituzionesovra individuale. (…) La pretesa equiparazione della convivenzadi fatto al rapporto di coniugio, nel segno della riconduzionedi tutte e due le situazioni sotto la medesima protezione dell’art.29 della Costituzione, risulta così infondata”.(30) Corte cost. 12 gennaio 1977, n. 6, in Giur. cost., 1977, I,930; Corte cost. 7 aprile 1988, n. 423; Corte cost. 20 dicembre1988, n. 1122; Corte cost. 18 gennaio 1996, n. 8; Corte cost. 25luglio 2000, n. 352; Corte cost. 8 maggio 2009, n. 140. In generale,dalle pronunce della Corte emerge un orientamento che,nel tenere distinte le due ipotesi, non raffigura l’unione di fattocome subordinata o inferiore rispetto al vincolo coniugale, mapiuttosto tende ad evidenziarne gli aspetti distintivi.(31) Parte della dottrina ha evidenziato la valenza ideologica (G.Ferrando, Sul problema della «famiglia di fatto», in Giur. merito,1975, II, 134) insita nell’espressione: “famiglia di fatto non è soloconvivere come coniugi, è prima di tutto famiglia, portatrice divalori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalitàdi ogni componente e di educazione ed istruzione dellaprole, che erano finora considerati esclusivi della famiglia fondatasul matrimonio». In tal senso M. Dogliotti, La Corte Costituzionaleattribuisce (ma solo a metà) rilevanza giuridica alla famigliadi fatto, in Dir. Fam., 1990, I, 767-795.(32) Cass. 8 giugno 1993, n. 6381, in Vita not., 1994, 225.(33) Cass. 10 agosto 2007, n. 17643, in Rep. Foro it., 2007, Separazionedi coniugi, 195; Cass. 4 aprile 1998, n. 3503, in questaRivista, 1998, 4, 333.(34) Cass. 28 marzo 1994, n. 2988; Cass. 27 aprile 1982, n.2628, in Giust. civ., 1983, I,1300.810Famiglia e diritto 8-9/2013

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