GiurisprudenzaSuccessionilino «Semproniano» di sua proprietà al soddisfacimentodei propri interessi artistici, compirebbe null’altroche un atto di godimento il quale gli spetta inqualità di dominus (5). La prospettata mancanza dicausa è viceversa scansata quando il vincolo sia statoaddossato al compratore nell’interesse dell’alienante(6). In ogni caso - notiamo per inciso - qualunque pericolodi frode a nocumento dei creditori può essereefficacemente contrastato tramite l’azione pauliana.Come si osservava, nella situazione affidata alloscrutinio del Tribunale, l’ereditanda ha istituito ilvincolo di mantenimento a favore dei proprietaribeneficiari.Siamo dunque di fronte ad un’ipotesi di«autodestinazione», seppur qualificata (rispetto alleesemplificazioni che precedono) dal tratto che lafonte del vincolo non è il negozio unilaterale tra vivisottoscritto dal dominus, bensì il testamento ilquale attribuisce (a titolo di legato o ex re certa) lacomproprietà dell’immobile a vantaggio dei legittimarie, nel contempo, impone su di essa una destinazione(di per sé meritevole di tutela) nell’interessedei medesimi istituiti.A noi non sembra francamente che la via instradanteverso la nullità del vincolo, percorsa dal Tribunale,sia immune da critiche. Cerchiamo da qui in poid’illustrare le ragioni alimentanti le cennate perplessità.Tizia ha nominato un «comitato» per la gestionedell’immobile. Tale «soggetto» (cui applicheremo,in quanto compatibile, lo statuto disciplinante l’esecutoretestamentario) ha il cómpito d’amministrareil patrimonio oggetto di destinazione per tutta la duratadel vincolo, in maniera da assicurarne il rispetto.Eppure, esso non subentra nella titolarità dell’asse(o di una sua porzione) avendo unicamente ricevutol’incarico preordinato alla gestione del benetemporaneamente vincolato.Se la testatrice avesse segregato la proprietà dell’edificionella sfera giuridica del fiduciario (o trustee),sarebbero svanite le remore, che venano - come si èvisto - il dictum sotto il profilo causale, giustificantila sanzione di nullità (7) del vincolo. Ci saremmocosì imbattuti in un trust testamentario governatodal codice civile italiano (8), per effetto del qualel’interposto (mandatario o trustee) avrebbe acquistatola proprietà nell’interesse dei beneficiari finali.Il trasferimento di proprietà al fiduciario non si sarebbepotuto qualificare a causa di morte, perché ildecesso della testatrice avrebbe unicamente incisosull’elemento temporale dell’acquisto anziché sullasua ragione giustificatrice. Si tratta, in definitiva, diun trasferimento postmorte e non già mortis causa.Giova tenere a mente che in vicende successorie delgenere eredi o legatari sono i beneficiari giammai ilproprietario nell’interesse altrui (trustee) (9).Fatto sta che, sia consentito ripetere, la testatricenon ha segregato il patrimonio nelle mani del fiduciario(ossia del c.d. «comitato»). Sarebbe nondimenosbagliato sottovalutare la circostanza che ilvincolo ora analizzato è stato sigillato in un negoziodi ultima volontà: se è vero - dando maggior respiroalla nostra prospettiva - che l’errata o falsa rappresentazionedel significato oggettivo della dichiarazionenon impedisce l’interpretazione correttiva deltesto allo scopo di far prevalere il genuino intentodel disponente (art. 625 c.c.) (10), a noi pare ugualmentevero che non si possa trascendere nel casoche ci sta occupando dall’istituto della conversione(art. 1424 c.c.) (11), essendo ragionevole arguireche se la testatrice fosse stata consapevole della nullitàinficiante il vincolo stante la già denunziata assenzadi causa, avrebbe segregato provvisoriamentela proprietà del palazzo nelle mani del fiduciario anzichélimitarsi a conferirgli l’incarico gestorio emancipatodal ius in re.Dal secondo libro del codice civile parrebbe emergerel’inclinazione del sistema al recupero della fattispecienulla che, se orientata ad irrobustire la veradeterminazione del disponente in guisa da secondareNote:(5) Conf. Gentili, Le destinazioni patrimoniali atipiche. Esegesidell’art. 2645 ter c.c., in Rass. dir. civ., 2007, spec. 27; v. ancheM. Bianca, D’Errico, De Donato e Priore, L’atto notarile di destinazione,Milano, 2006, 35.(6) Doria, Il patrimonio “finalizzato”, in Riv. dir. civ., 2007, I, 501s.; G. Gabrielli, Vincoli di destinazione importanti separazione patrimonialee pubblicità nei registri immobiliari, ivi, 334; Gazzoni,Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., 2006, II, 175.(7) Impropriamente definitiva nella sentenza con il nomen d’inefficacia.(8) Cfr., diffusamente, il mio Vincoli di destinazione, cit., 187 ss.(9) Sul tema sia di nuovo consentito rinviare al mio Vincoli di destinazione,cit., spec. 214 ss.(10) Giampiccolo, Il contenuto atipico del testamento. Contributoad una teoria dell’atto di ultima volontà, Milano, 1954, 184.(11) In quest’ordine d’idee mette conto avvertire che l’art. 1324c.c., anziché impedire l’estensione delle regole enumerate nelquarto libro ai negozi mortis causa, intende semplicemente stabilireche esse sono direttamente applicabili agli atti unilateralitra vivi privi di una disciplina ad hoc. Stando così le cose, il riferimentoesplicito agli atti tra vivi si giustifica in quanto il testamentoè dotato di uno statuto normativo autonomo; ma l’additataautonomia non implica autosufficienza, ben potendosi ricorrerea talune regole dedicate al contratto in quanto armonizzabilicon la natura del negozio di ultima volontà. In senso conf. si vedaSangermano, Presupposizione e causa nel negozio testamentario,Milano, 2011, 38 s. Serve soggiungere che l’eventualedivieto all’immaginata estensione, ad astrarre dalla sua irragionevolezza,avrebbe inferto una ferita letale alla dottrina delnegozio giuridico.788Famiglia e diritto 8-9/2013
GiurisprudenzaSuccessioniil più possibile sul terreno applicativo il suo progettosuccessorio, dovrebbe giustificare l’effetto sananteinnervato dal meccanismo di repêchage ancorato allaricostruzione della volizione ipotetica (la quale - sibadi - acquista effetti erga omnes quando il suo autoreha abbandonato il regno dei viventi). La conversionedel negozio (inter vivos o mortis causa) si ponepertanto in perfetta sintonia sia con la volontà (ipotetica)della parte, sia con il suo scopo empirico (12).Chi accetta questo ragionamento non ha difficoltà aconcludere che la disposizione testamentaria consacranteil vincolo di «autodestinazione» amministratodal terzo gestore si converta in una clausola istitutivadel trust di diritto interno, per effetto dellaquale l’interposto diventa dominus provvisorio nell’interessealtrui.Il divieto di alienazioneSi continui a tener presente che la testatrice ha altresìimposto il divieto di alienazione dell’immobilesottoposto al vincolo di destinazione (13).Nell’ipotesi in cui si dovesse recuperare - come quisuggerito - la validità del vincolo stesso attraversol’istituto della conversione, riaffiora il dilemma inmerito alla sorte dell’evocata proibizione.Il testo originario dell’art. 692, ult. comma, c.c., dettavauna regola ferrea (14), a tenore della quale era nulla«ogni disposizione con la quale il testatore proibisceall’erede di disporre per atto tra vivi o per atto di ultimavolontà dei beni ereditari». Ne conseguiva una disparitàdi trattamento fra divieti di alienazione di matricecontrattuale e divieti racchiusi nel testamento;essa era criticata, e pour cause, da accreditata letteraturache ne denunciava la sua irrazionalità (15).Con la riforma del diritto di famiglia la regola è statacancellata per motivi incerti (16). Ne consegueche, sfumati i presupposti per far ricorso al principiodi specialità, anche in materia successoria vale oggila regola di diritto comune ex art. 1379 c.c. (17). Perquesto motivo - osserviamo conclusivamente - il divietotestamentario di alienazione, sempre che siameritevole di tutela, ha efficacia soltanto obbligatoriaed è valido se è contenuto entro ragionevoli limitidi tempo.Note:(12) Cfr. De Nova, voce Conversione, I) Conversione del negozionullo, in Enc. giur. Treccani, IX, Roma, 1988, 1.(13) Importa bene considerare che la proprietà destinata ai sensidell’art. 2645 ter c.c. è di per sé disponibile, sebbene il vincolotrascritto sia dotato di efficacia reale: si veda, anche per ulterioririferimenti, il mio Vincoli di destinazione, cit., 154. Circa la clausolad’indivisibilità vale quanto stabilito nell’art. 1111, comma 2,c.c.: cfr., incidentalmente, Cass., 4 marzo 2011, n. 5261, inGiust. civ., 2012, I, 504.(14) Cfr. Boniello, La clausola di inalienabilità nel diritto francesee in quello italiano, in Ann. dir. comp., 1966, 42.(15) Allara, Vicende del rapporto giuridico, fattispecie, fatti giuridici,Torino, 1999 (rist.), 44.(16) Rocca, Il divieto testamentario di alienazione, in Riv. trim.dir. proc. civ., 1982, 416(17) Cfr. C.M. Bianca, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni,3 a ed., Milano, 2001, 712; Calvo, Vincoli di destinazione, cit.,38 ss.; A.D. Candian, La funzione sanzionatoria nel testamento,Milano, 1988, 162 s.; Di Mauro, Condizioni illecite e testamento,Napoli, 1995, 139 s.; Petrelli, Divieto testamentario di alienazionecon vincolo di destinazione: parere pro veritate, in Riv. notar.,2004, 1298 s.; Realmonte e Magrì, voce Indisponibilità, in Enc.dir. (agg.)., III, Milano, 1999, 698; M.C. Tatarano, Il testamento,in Tratt. dir. civ. del Consiglio Nazionale del Notariato, diretto daP. Perlingieri, Napoli, 2003, 313; Terzi, Sostituzione semplice esostituzione fedecommissaria, in Successioni e donazioni, a curadi Rescigno, I, Padova, 1994, 1172.Famiglia e diritto 8-9/2013 789