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GiurisprudenzaSuccessioniIl Tribunale propone una concorrente ratio decidendiritenendo che l’atto di destinazione smarrirebbe lapropria causa di giustificazione ove imponesse unvincolo a vantaggio dello stesso acquirente. La pienezzadel dominio priverebbe il predetto vincolodella propria ragion d’essere siccome, di norma, ilproprietario è in quanto tale titolare del diritto diservirsi della cosa nel proprio esclusivo interesse.Prima ratio decidendi: sulla fattispeciecostitutivaLa principale ragione del decidere, che attiene allavicenda istitutiva del vincolo, non convince per imotivi che tentiamo di riassumere.In apicibus il dianzi citato argomento letterale noncoglie nel segno; anche là dove si volesse astrattamenteseguirlo, esso non può condurre all’esito approvatodal Collegio. Ciò perché l’art. 2645 ter c.c.non introduce alcun criterio selettivo concernente inegozi d’autonomia privata adatti a generare vincolireali di destinazione (2). Esso, all’inverso, si limitaa far generico riferimento alla categoria degli «attiin forma pubblica», la quale non può realisticamentelegittimare alcuna discriminazione tra negozi intervivos e di ultima volontà, se non ricorrendo ad infecondiarbitrî oppure ad invasioni di campo e di competenze(la cui rigorosa delimitazione permette diseparare il potere deliberante da quello giudicante).Il Tribunale, ispirandosi ai canoni della giurisprudenzacreativa, ha quindi plasmato una norma nonscritta, non voluta né pensata dal legislatore, chesottrae irragionevolmente dalla categoria degli attipubblici i negozi a titolo di morte.Non si è dunque trattato di un’interpretazione formaledella regola scritta, bensì di una lettura - percosì dire - «ortopedica», che ha irrazionalmenteespunto dai confini della norma un segmento cheinvero le apparteneva.Né serve, per aggiustare il tiro, evocare il principiodella responsabilità patrimoniale in maniera da rinfrancarela lettura restrittiva della regola, giusta l’affermazioneche l’istituto ordinato nell’art. 2645 terc.c. derogherebbe all’art. 2740 c.c. Prova ne sia cheutilizzando la tecnica ermeneutica presupposta dallanorma eccezionale si potrebbe similmente accreditarel’opinione contraria - ma egualmente illogica -che circoscriverebbe agli atti mortis causa la competenzaalla costituzione di vincoli finalistici.In questo raffronto di esperienze e conoscenze nondeve sfuggire che il teorema finisce con il ripiegaresu se stesso, come un edifico innalzato sulle sabbiemobili, quando non possa essere dimostrato tramiteogni possibile variante applicativa.Per completare il discorso conviene segnalare che ilvincolo configurato dal de cuius è riconducibile almodus, con il quale s’impone all’erede o al legatariol’onere (ossia il comando) di destinare ad tempusspecifici beni a favore del terzo onorato. A completamentodel discorso vale la pena notare che il testatorepotrebbe designare un esecutore testamentarioper assicurare l’esatta attuazione della destinazioneprogrammata.Seconda ratio decidendi: sul rapportotra vincolo e situazioni d’appartenenzaHa ragione il Tribunale quando ravvisa che l’acquirentedella cosa (ad astrarre dal titolo) non possa essereil beneficiario del vincolo.La premessa richiama alla memoria la distinzione tra«autosegregazione» (il proprietario costituisce ilvincolo sul proprio patrimonio pro terzo) e «autodestinazione»(il proprietario vincola il patrimonio prodomo sua).Da questo punto d’osservazione l’elemento che accomunail trust di diritto interno al vincolo ex art.2645 ter c.c. è rappresentato dall’altruità dell’interessesotteso dalla clausola di destinazione: tantol’art. 2 della Convenzione de L’Aja sul trust, quantola regola introdotta nel codice civile dal d.l. n. 273del 2005 (3), presuppongono che il vincolo di scopo(germinante dalla sua causa espressa o declamata)vada a beneficio di persona (fisica o giuridica) diversadal costituente-dominus.L’«autodestinazione» implica dunque la nullità dell’attotanto per mancanza di una causa adeguata,quanto per contrasto con gl’interessi presidiati dallagaranzia patrimoniale generica (art. 2740 c.c.) (4).Focalizzando la nostra attenzione sull’accennato profilocausale, se - si metta il caso - Tizio destinasse il vil-Note:(2) Il tema è indagato nel mio Vincoli di destinazione, Bologna,2012, 181 ss., cui rinvio per ogni riferimento bibliografico.(3) La quale, a differenza del trust, permette - come testé rilevato- la destinazione nelle proprie mani, ossia senza il passaggio diproprietà purché a beneficio del terzo.(4) Calvo, Vincoli di destinazione, cit., 159 ss.; Meucci, La destinazionedi beni tra atto e rimedi, Milano, 2009, 162, testo e nota42; Morace Pinelli, Atti di destinazione, trust e responsabilità deldebitore, Milano, 2007, 346 s.; Priore, Redazione dell’atto di destinazione:struttura, elementi e clausole, in Negozio di destinazione:percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata.Atti del Convegno, Milano, 2007, 188; R. Quadri, L’art.2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contr.imp., 2006, 1735 s.; Spada, Conclusioni, in La trascrizione dell’attonegoziale di destinazione. L’art. 2645-ter del codice civile,a cura di M. Bianca, Milano, 2007, 204; G.A.M. Trimarchi, Gli interessiriferibili a persone fisiche, in Negozio di destinazione:percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata. Attidel Convegno, cit., 274.Famiglia e diritto 8-9/2013 787

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