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GiurisprudenzaMatrimoniodentemente dalla volontà dei coniugi, tali da comportarel’intollerabilità della prosecuzione della convivenzao da recare grave pregiudizio all’educazionedei figli. Solo su espressa richiesta di uno o di entrambii coniugi, è possibile ottenere che la responsabilitàdella separazione sia addebitata all’uno o all’altroconiuge, ovvero ad entrambi. Il Giudice, pronunciandola separazione, dichiara a quale dei coniugisia addebitabile la separazione, in considerazionedel suo comportamento contrario ai doveri derivantidal matrimonio.Sono richiesti dunque, per tale domanda, presuppostie circostanze particolari; si tratta, in primo luogo,della violazione di doveri derivanti dal matrimonio,ma il Legislatore aggiunge l’espressione “ove ne ricorranole circostanze”. Si tratta di una condizionenon chiara e di non facile interpretazione, che potrebbeessere letta, come necessità di violazioni continuatee non isolate o sporadiche, imponendosi conmodalità tali da ridurre la convivenza coniugale aqualcosa di vuoto, arido, insignificante (4).Tuttavia, la costituzione di una nuova famiglia, dopoun periodo di separazione di fatto, non sembrapotersi configurare come violazione dell’obbligo difedeltà, così come la violazione di tale dovere verificatasidopo la presentazione del ricorso: tutt’al piùepisodi significativi che potrebbero considerarsi comeconferma di una situazione già sorta precedentemente.Va infatti precisato che, altro rilevantissimopresupposto per la dichiarazione di addebito, è costituitodal nesso di causalità tra violazione dell’obbligomatrimoniale e l’intollerabilità della convivenza.In assenza di tale nesso, non potrebbe essere dichiaratoin alcun modo l’addebito (5).La pronuncia in esame richiama, con notevole approfondimento,seppure in un contesto necessariamentesintetico, l’evoluzione giurisprudenziale edottrinale che si è finora evidenziata. Si precisa infattiche, come già si è osservato, anteriormente al1975, l’obbligo di fedeltà era strettamente collegatoalla “congiunzione carnale” e costituiva offesa in reipsa, in quanto palese lesione dell’onorabilità delsoggetto. Si sottolinea la notevole distanza rispettoalla concezione attuale dell’obbligo di fedeltà, voltoa garantire e consolidare la comunione di vita tra iconiugi, mentre la relativa violazione di tale dovereè visto come rottura del rapporto di fiducia tra essi.La sentenza in esame, procede analizzando l’addebitoche sembra in vario modo contrastare con le lineedi riforma del 1975 e, soprattutto, con il principiodel consenso che regola ogni rapporto della vita coniugale(6).Fornisce la sentenza un’interpretazione accurata edel tutto condivisibile della disciplina dell’addebito,ritenendo che le violazioni degli obblighi matrimoniali“necessariamente gravi e ripetute o comunqueinquadrate in un valutazione complessiva ditutta la vicenda coniugale”, non rilevano in se stesse,ma devono dar causa all’intollerabilità dellaconvivenza (7) .Occorre considerare che la giurisprudenza, segnatamentequella della Suprema Corte, da alcuni anni,ha privilegiato un orientamento, ampiamente consolidato,che lascia notevolmente perplessi. Si afferma,infatti, che l’obbligo di fedeltà sarebbe in qualchemodo … differente rispetto agli altri obblighimatrimoniali; la violazione di tale obbligo vieneconsiderata “particolarmente grave” (più grave delleviolenze di un coniuge nei confronti dell’altro??!!) edunque giustificherebbe, di per sé, l’addebito nellaseparazione (8). Si tratta, all’evidenza, di uno stravolgimentodella disciplina di cui all’art. 151 c.c.,che non pone alcuna distinzione tra le violazioni degliobblighi matrimoniali.Per la violazione dell’obbligo di fedeltà è dunque necessario,alla pari di ogni altra violazione, la sussistenzadi un preciso rapporto di causalità con l’intollerabilitàdella convivenza: solo in tal caso, si puòpronunciare l’addebito.ConclusioniCome già si è osservato, nel caso esaminato dalla sentenzain commento, era pacifico che il marito avesseintrattenuto una relazione con altra donna, ma questaera intervenuta dopo che il marito aveva lasciatola casa coniugale e, comunque, tra i coniugi era venutameno la comunione materiale e spirituale.Sostiene con chiarezza la Suprema Corte, richiamandoanche qualche precedente conforme, seppur isolato(9), rispetto all’orientamento maggioritario sopraNote:(4) Cfr. ancora, M. Dogliotti, cit., 42. In giurisprudenza, cfr. Cass.12 marzo 2004, n. 5090, in Dir. Giust., 2004, 16, 44.(5) Si pensi ad esempio ad una violazione dell’obbligo di fedeltà,anche grave e ripetuta, ma conclusa da tempo; dopo alcuni annie un eventuale “perdono” dell’altro coniuge, il ricorso per separazionenon potrebbe richiamarsi a quella pregressa violazione,in quanto l’intollerabilità della convivenza nasce evidentementeda elementi successivi.(6) Sul punto, cfr. Zatti, op. cit., 84.(7) Al riguardo, in giurisprudenza, cfr. Cass. 5 febbraio 2008, n.2740 e Cass. 30 gennaio 1992, n. 961.(8) Tra le altre, cfr. Cass. 12 giugno 2006, n. 13592, in Il civilista,2008, 11, 6; Cass. 7 dicembre 2007, n. 25618; Cass. 14 ottobre2010, n. 21245, in Il civilista, 2010, 12, 17.(9) In particolare, cfr. Cass. 28 maggio 2008, n. 14042; Cass. 19luglio 2010, n. 16873.780Famiglia e diritto 8-9/2013

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