GiurisprudenzaIdentità personaleD.P.R. 3 novembre 2000, n. 396). Non può trascurarsiche se si avallasse la tesi del rinvio tout court ainomi stranieri per consentirne l’ingresso in <strong>Italia</strong>, siassisterebbe ad un automatismo che metterebbe arepentaglio la certezza dei rapporti giuridici, poichési consentirebbe per questa via ai genitori di attribuireincondizionatamente un nome straniero, per ilnostro Paese, ad un neonato. D’altra parte, il meccanismopotrebbe tradursi in un espediente in grado dibypassare il divieto dei nomi che non identificano lasessualità del titolare in modo chiaro. Il principiodella corrispondenza del nome al genere rappresenta,piuttosto, una regola che non deve essere aggirata«facendo affidamento sulla diversa valenza, maschileo femminile, che un determinato nome ha inalcuni paesi stranieri, quando lo stesso nome in <strong>Italia</strong>ha una chiara connotazione maschile o femminile»(42). Si ricadrebbe peraltro in un circolo viziosoper il corollario che «ad un minore italiano non puòessere attribuito un nome straniero che, in <strong>Italia</strong>,non ne identifichi la sessualità in modo corretto»,sulla base del rilievo che la valenza del nome «va valutatacon riferimento alla tradizione italiana e nelsuo rispetto» (43). Approdo quest’ultimo che meritacondivisione perché frutto di una corretta valutazionedel dato normativo. Se da un lato è vero che ilLegislatore (art. 34, D.P.R. 2 novembre 2000, n.396) ha conferito ai genitori, abrogando l’atavicodivieto rispondente a scelte ideologiche nazionaliste,la possibilità di attribuire nomi stranieri, dall’altrol’Ordinamento non accorda libero arbitrio ai dichiaranti,dovendo l’attribuzione essere sempre conformeal dato normativo che da un lato vieta l’assegnazionedi onomastici ridicoli o vergognosi, di nomicorrispondenti a quello del padre, del fratello, etc(art. 34, comma 1, D.P.R. 3 novembre 2000) e dall’altroobbliga al rispetto del sesso del neonato (art.35, comma 1, 3 novembre 2000, n. 396). Rilievi,questi ultimi, sui quali i giudici della Cassazione inveroconcordano, ancorché poi aggancino la fattispecienell’alveo dei nomi stranieri, senza curarsi (senon astrattamente) se l’uso del nome Andrea in <strong>Italia</strong>è esclusivamente maschile - nel qual caso risulterebberoviolate le norme da ultimo richiamate - opiuttosto ambivalente nel genere.4. La diffusione del nome Andreasulla base dei rilievi statisticiLe considerazioni che precedono dimostrano quantosia importante stabilire i confini tra l’art. 34, comma2, del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e gli artt. 34,comma 1 e 35 dello stesso reticolato normativo e comesia ancora imprescindibile il ricorso ad uno strumentosul quale far leva per giustificare la ricorrenzadelle norme richiamate all’interno del nostro sistemaonomastico. Al riguardo, è lecito inferire che talestrumento è costituito dall’esame dei dati istat, gliunici in grado di certificare la diffusione di un nomenel nostro Paese e, nel caso specifico, nei riguardidelle donne. Solo la valorizzazione di questi principirisulta decisiva per dissipare ogni ragionevole timoreche il portare il nome Andrea possa rappresentareper una bambina un problema o «possa inquinarecon una componente “ridicola” la cifra della suaidentità» (44). Per essere più precisi, il diritto al nomeva contemperato e bilanciato tenendo contodelle finalità di ordine pubblico al cui perseguimentoil nome proprio è deputato: quella di identificarela persona nei rapporti con lo Stato (piano verticale)e nei rapporti sociali (piano orizzontale). Deponein questo senso l’art. 35 del D.P.R. n. 396/2000 nell’imporreai genitori di attribuire al figlio un nomecorrispondente al sesso. In un precedente scritto, siriportarono alcuni dati che l’Istat (45) aveva corte-Note:(42) Ministero Interno circolare 1 giugno 2007, n. 27, in De Jurebanca dati.(43) Trib. Varese 23 luglio 2010, cit.(44) Lo rimarca G. Martini, in Recensione a L. Bardaro, Andrea onon Andrea? Questo è il dilemma, in Riol, 2011, XVII, 1, 201.(45) Nel ringraziare la dott.ssa Prati per la cortesia mostrata nelfornire il preziosissimo dato, si riportano qui di seguito i numeridelle neonate Andrea iscritte in anagrafe per nascita, distinguendola diffusione in relazione dell’anno e della cittadinanza italianao straniera della bambina. Nel 2004, il nome Andrea come esclusivoè stato attribuito a 163 fanciulle cittadine italiane e a 16 straniereper un totale di 179 attribuzioni, mentre l’identificativo Andreacome nome composto e seguito da altro elemento onomastico,è stato attribuito a 269 fanciulle di cittadinanza italiana e a54 straniere per un totale di 323, casi che se cumulati al numerodei chiamati con il solo nome Andrea, ammontano nell’anno2004 a 502; nel 2005 il nome Andrea come esclusivo è stato assegnatoa 154 fanciulle cittadine italiane e a 10 straniere per untotale di 164 casi, mentre il nome Andrea seguito da altro elementoonomastico femminile è stato attribuito a 264 fanciullecittadine italiane e a 55 straniere, per un totale di 319 casi, checumulati alle ipotesi dei chiamati con il solo nome Andrea, ammontanoa 483; nel 2006 il nome Andrea, come esclusivo, è statoattribuito a 172 fanciulle cittadine italiane e 11 straniere per untotale di 183 casi, mentre il nome Andrea, composto e seguitoda altro onomastico, risulta assegnato a ben 229 fanciulle cittadineitaliane e a 46 straniere per un totale di 275 casi, che se cumulatialle ipotesi dei chia-mati con il nome prenome Andrea,ammontano a 458; nel 2007 l’identificativo Andrea risulta conferitoa 113 fanciulle italiane e a 12 straniere per un totale di 125casi, mentre il nome Andrea, composto e seguito da altro elementoonomastico, risulta attribuito a 249 fanciulle cittadine italianee a 91 straniere per un totale di 340 casi i quali, se cumulatialle ipotesi dei chiamati con il solo prenome Andrea, ammontanoa 465; nel 2008 il nome in parola è stato attribuito, comeesclusivo, a 97 neonate cittadine italiane e a 14 straniere per untotale di 111 casi, mentre come composto e seguito da altro elementoonomastico, risulta assegnato a 200 fanciulle cittadineitaliane e a 137 straniere per un totale di 337 casi che, se cumulatialle ipotesi del dato precedente, ammontano a 448.774Famiglia e diritto 8-9/2013
GiurisprudenzaIdentità personalesemente trasmessi. Si tratta di riferimenti in grado dirilevare il valore dell’attribuzione dell’onomasticoAndrea, nel periodo intercorrente 2004-2008, alleneonate cittadine italiane e straniere iscritte all’anagrafe:valori questi dai quali emergeva chiaramentel’attribuzione esponenziale dell’appellativoin parola. Ma vi è più. Seguendo le risultanze anagrafichefornite da alcuni Comuni <strong>Italia</strong>ni ad altadensità di popolazione (46) e seguendo, ancora, leindagini compiute dagli esperti di onomastica (47),si sono tratti molteplici casi di assegnazione dell’onomasticoAndrea alle neonate italiane.Ne deriva che solo la valorizzazione dei dati statisticiconferma il progressivo consolidarsi di una nuovaprassi e la contestuale evoluzione della tradizioneonomastica italiana. La lingua e l’onomastica sonofrutto dell’uso, delle convenzioni e della prassi piùche delle normative e delle politiche linguistiche ingenerale, di tal ché il prenome Andrea deve considerarsiambivalente nel genere.5. Considerazioni conclusiveUna soluzione differente rispetto a quella profilatain sentenza non avrebbe comportato l’adesione aduna visione nazionalistica. Era necessario piuttostovalorizzare i presupposti argomentativi a base delladecisione (rectius, la diffusione del nome Andreanelle onomastiche mondiali, il fenomeno dell’immigrazionecon la conseguente diffusione in <strong>Italia</strong> inmodo ambivalente) e calarli nel ragionamento conclusivo,previa verifica - stavolta concreta - se nelnostro Paese l’appellativo assuma valenza biunivoca.I giudici avrebbero dovuto valorizzare l’uso dell’onomasticonel nostro Paese, aderendo allo scopoavuto di mira dal Legislatore che risiede nell’esigenzadi evitare eventuali perturbamenti nell’identitàpersonale del titolare del nome. Va tenuto in considerazione,al riguardo, l’effetto che l’appellativo puògenerare nel portatore, potendo lo stesso divenirefonte di scherno e di vessazioni da parte dei terzi. Ilnome, giova evidenziarlo, non è in astratto ambiguoo ridicolo di per sé (salvo chiaramente i casi emblematici)ma può essere percepito come tale in un determinatocontesto sociale (48).Era necessario effettuare, evidentemente, un giudizioprognostico ex ante sull’effetto che l’identificativoassegnato avrebbe determinato sul titolare.Il portatore del nome può essere oggetto di schernoin considerazione del contesto nel quale vive e si relaziona,sicché l’indagine va calibrata in tale ambitosocio culturale, magari - ma questo è un dato utileper confermare il ragionamento - con effetti retrospettivialla diffusione dell’appellativo in altri contestiterritoriali. Era necessario, pertanto, volgerel’attenzione ai dati statistici Istat (v. retro), onde valutarel’eventuale diffusione del nome Andrea neiriguardi delle donne. Va precisato che il Giudice èrecettore delle trasformazioni sociali con un ruoloche non è deputato a modificare o a cambiare le tradizioni,bensì quello di recepirle e di riconoscerle unvolta in atto. La decisione giudiziale, unitamente allaproduzione legislativa, realizza in tal guisa «il bilanciamentotra la conservazione di valori legalicontenuti nella legge e la dirompente realtà fattuale»(49) la quale, proprio perché portatrice di valori,risulta assiologicamente valutabile (50). La tradizionedi una collettività è in continua evoluzione e,come ha detto la giurisprudenza, un nome, sorto convalenza maschile, può acquisire «nel tempo, anchevalenza femminile. Ma trattasi di dato che deveemergere e che non può soltanto essere ipotizzato odichiarato» (51). In un’altra decisione, il Tribunaledi Milano (52) evidenziava che ormai, in molti ambititerritoriali, esistono diversi casi nei quali l’identificativoAndrea designa il sesso femminile, con ilcorollario che «anche nella nostra attuale società,sempre più multietnica, sia come conosciuto anchecome qualificante persona femminile».Di certo un punto sul quale si è concordi con la decisioneè che il nome Andrea è ambivalente nel genere.Pur tuttavia, i giudici lo qualificano impropriamentecome “neutro”, determinando la distonia trala ratio decidendi e la qualificazione della fattispecie.L’aggettivo neutro, di chiara derivazione latina (neuter-tra-um),sta a significare “né uno né l’altro”, diNote:(46) Nel Comune di Milano si registrano, dal 1990 ad 2011, 167casi di attribuzioni del nome Andrea, come esclusivo o comecomposto e seguito da elemento onomastico femminile, allefanciulle; nel Comune di Bologna - settore informativi sezioneanagrafe servizi demografici - si computano, dal 1990 al 2011, 37casi di assegnazione del nome Andrea, come esclusivo o compostoe seguito da elemento onomastico femminile, alle neonatefemmine.(47) E. Caffarelli, in http://primadinoi.it/DOCUMENTI_LINK/nomi_abruzzo.pdf, riferisce il rapporto percentuale fra i nomi femminilicon più alta concentrazione in Abruzzo nell’anno 2004 e il totaledei nati in <strong>Italia</strong> nello stesso anno. Da tale dato si evince cheil nome Andrea alle fanciulle si impone con un rapporto percentualedel 5,56%.(48) In senso analogo la G. Nencini, La disciplina del nome e delcognome, Minerbio, 2011, 28, chiarisce che il nome che può «risultareridicolo in un determinato contesto potrebbe non esserloin un altro».(49) P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondoil sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 2006, 188(50) Perlingieri, o.u.c., 188.(51) Trib. Catanzaro 14 aprile 2009, decr., cit.(52) Trib. Milano, sez. IX, 20 febbraio 2003, decr., cit., 293.Famiglia e diritto 8-9/2013 775