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GiurisprudenzaIdentità personalesemente trasmessi. Si tratta di riferimenti in grado dirilevare il valore dell’attribuzione dell’onomasticoAndrea, nel periodo intercorrente 2004-2008, alleneonate cittadine italiane e straniere iscritte all’anagrafe:valori questi dai quali emergeva chiaramentel’attribuzione esponenziale dell’appellativoin parola. Ma vi è più. Seguendo le risultanze anagrafichefornite da alcuni Comuni <strong>Italia</strong>ni ad altadensità di popolazione (46) e seguendo, ancora, leindagini compiute dagli esperti di onomastica (47),si sono tratti molteplici casi di assegnazione dell’onomasticoAndrea alle neonate italiane.Ne deriva che solo la valorizzazione dei dati statisticiconferma il progressivo consolidarsi di una nuovaprassi e la contestuale evoluzione della tradizioneonomastica italiana. La lingua e l’onomastica sonofrutto dell’uso, delle convenzioni e della prassi piùche delle normative e delle politiche linguistiche ingenerale, di tal ché il prenome Andrea deve considerarsiambivalente nel genere.5. Considerazioni conclusiveUna soluzione differente rispetto a quella profilatain sentenza non avrebbe comportato l’adesione aduna visione nazionalistica. Era necessario piuttostovalorizzare i presupposti argomentativi a base delladecisione (rectius, la diffusione del nome Andreanelle onomastiche mondiali, il fenomeno dell’immigrazionecon la conseguente diffusione in <strong>Italia</strong> inmodo ambivalente) e calarli nel ragionamento conclusivo,previa verifica - stavolta concreta - se nelnostro Paese l’appellativo assuma valenza biunivoca.I giudici avrebbero dovuto valorizzare l’uso dell’onomasticonel nostro Paese, aderendo allo scopoavuto di mira dal Legislatore che risiede nell’esigenzadi evitare eventuali perturbamenti nell’identitàpersonale del titolare del nome. Va tenuto in considerazione,al riguardo, l’effetto che l’appellativo puògenerare nel portatore, potendo lo stesso divenirefonte di scherno e di vessazioni da parte dei terzi. Ilnome, giova evidenziarlo, non è in astratto ambiguoo ridicolo di per sé (salvo chiaramente i casi emblematici)ma può essere percepito come tale in un determinatocontesto sociale (48).Era necessario effettuare, evidentemente, un giudizioprognostico ex ante sull’effetto che l’identificativoassegnato avrebbe determinato sul titolare.Il portatore del nome può essere oggetto di schernoin considerazione del contesto nel quale vive e si relaziona,sicché l’indagine va calibrata in tale ambitosocio culturale, magari - ma questo è un dato utileper confermare il ragionamento - con effetti retrospettivialla diffusione dell’appellativo in altri contestiterritoriali. Era necessario, pertanto, volgerel’attenzione ai dati statistici Istat (v. retro), onde valutarel’eventuale diffusione del nome Andrea neiriguardi delle donne. Va precisato che il Giudice èrecettore delle trasformazioni sociali con un ruoloche non è deputato a modificare o a cambiare le tradizioni,bensì quello di recepirle e di riconoscerle unvolta in atto. La decisione giudiziale, unitamente allaproduzione legislativa, realizza in tal guisa «il bilanciamentotra la conservazione di valori legalicontenuti nella legge e la dirompente realtà fattuale»(49) la quale, proprio perché portatrice di valori,risulta assiologicamente valutabile (50). La tradizionedi una collettività è in continua evoluzione e,come ha detto la giurisprudenza, un nome, sorto convalenza maschile, può acquisire «nel tempo, anchevalenza femminile. Ma trattasi di dato che deveemergere e che non può soltanto essere ipotizzato odichiarato» (51). In un’altra decisione, il Tribunaledi Milano (52) evidenziava che ormai, in molti ambititerritoriali, esistono diversi casi nei quali l’identificativoAndrea designa il sesso femminile, con ilcorollario che «anche nella nostra attuale società,sempre più multietnica, sia come conosciuto anchecome qualificante persona femminile».Di certo un punto sul quale si è concordi con la decisioneè che il nome Andrea è ambivalente nel genere.Pur tuttavia, i giudici lo qualificano impropriamentecome “neutro”, determinando la distonia trala ratio decidendi e la qualificazione della fattispecie.L’aggettivo neutro, di chiara derivazione latina (neuter-tra-um),sta a significare “né uno né l’altro”, diNote:(46) Nel Comune di Milano si registrano, dal 1990 ad 2011, 167casi di attribuzioni del nome Andrea, come esclusivo o comecomposto e seguito da elemento onomastico femminile, allefanciulle; nel Comune di Bologna - settore informativi sezioneanagrafe servizi demografici - si computano, dal 1990 al 2011, 37casi di assegnazione del nome Andrea, come esclusivo o compostoe seguito da elemento onomastico femminile, alle neonatefemmine.(47) E. Caffarelli, in http://primadinoi.it/DOCUMENTI_LINK/nomi_abruzzo.pdf, riferisce il rapporto percentuale fra i nomi femminilicon più alta concentrazione in Abruzzo nell’anno 2004 e il totaledei nati in <strong>Italia</strong> nello stesso anno. Da tale dato si evince cheil nome Andrea alle fanciulle si impone con un rapporto percentualedel 5,56%.(48) In senso analogo la G. Nencini, La disciplina del nome e delcognome, Minerbio, 2011, 28, chiarisce che il nome che può «risultareridicolo in un determinato contesto potrebbe non esserloin un altro».(49) P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondoil sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 2006, 188(50) Perlingieri, o.u.c., 188.(51) Trib. Catanzaro 14 aprile 2009, decr., cit.(52) Trib. Milano, sez. IX, 20 febbraio 2003, decr., cit., 293.Famiglia e diritto 8-9/2013 775

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