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GiurisprudenzaIdentità personalefe deve essere riportato solo il primo dei nomi»(13). La nuova disposizione supera, in questa maniera,le difficoltà interpretative legate al testo previgente,in cui si dubitava dell’obbligatorietà di riportaretutti i nomi negli estratti e nei certificati,nell’ipotesi di prenome composto da più elementionomastici (14).Va chiarito che la disposizione di cui all’art. 35 delD.P.R. n. 396 del 2000 disciplina una fattispecie nonregolata nell’abrogato ordinamento dello stato civile(R.D. n. 1238/1939) e scandisce il principio dicorrispondenza fra prenome e genere sessuale. Senzapretesa di esaustività, giova richiamare ancora l’articoloche lo precede topograficamente, nel quale,sotto la rubrica «Limiti all’attribuzione del nome»,si vieta «l’attribuzione al neonato dello stesso nomedel padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi,di un cognome come nome, di nomi ridicoli overgognosi» (art. 34, comma 1 del d.P.R. 3 novembre2000, n. 396) (15).La scelta legislativa dei limiti di attribuzione del prenomeal neonato è frutto di un ragionevole balancingcostituzionale (16), giacché la libertà dei genitorinon viene compressa, ma condizionata nell’interessedella prole.Sotto altro aspetto, il fatto che il nome identifichi ilsoggetto titolare nei suoi tratti essenziali e rappresentiun segno verbale, simbolo per eccellenza dell’identitàpersonale (17), è utile per comprendere laratio dei richiamati divieti: l’esigenza di evitareeventuali perturbamenti nell’identità personale delfanciullo nonché lo scherno e le vessazioni da partedei terzi (18) che l’appellativo potrebbe ingenerare.3. La stretta interrelazione fra i divietiLe argomentazioni da ultimo richiamate, poste allabase dei limiti legali all’attribuzione del nome, sonostate valorizzate dalla giurisprudenza più recente chesi è trovata a sindacare la scelta da parte di alcunigenitori di assegnare il nome Andrea alle bambine.Tali richieste sono state in un primo momento accolteda non pochi Ufficiali di stato, confortati ancheda una indirizzo ministeriale che accordava lorotale facoltà (19). Non sono mancati i casi in cui,contrariamente, gli stessi inoltravano rapporto allaProcura della repubblica competente per ogni opportunoadempimento. La casistica testimonia chel’applicazione delle norme più volte citate (rectiusartt. 34 e 35 del D.P.R. n. 396 del 2000) è anche immediataconseguenza dell’attribuzioni di nomi cheora sarebbero quelli oggetto della disciplina previstaper quelli ridicoli o vergognosi (art. 34 del D.P.R.396 del 2000). Va precisato, in tale prospettiva, chel’eventuale violazione della norma che impone aigenitori di attribuire nomi corrispondenti al generesessuale (art. 35, D.P.R. n. 396 del 2000) non è finea se stessa, ma determina la violazione dell’art. 34dello stesso reticolato normativo (20), atteso che,anche in tale ipotesi, «l’identità della persona verrebbeesposta alla derisione altrui» (21). Sono a tuttinote, con specifico riferimento a tali questioni eper la risonanza mediatica assunta, i casi di VarenneNote:(13) Si discute sugli effetti intertemporali della norma. Sul punto,la circolare del Ministero dell’Interno del 27 dicembre 2012, n.33 ha chiarito che la novità legislativa non opera retroattivamente,ma solo a partire dal 1° gennaio 2013. In altri termini, la sostituzionenormativa non può determinare la modifica retroattivadel nome, come attribuito alla persona negli atti di stato civileformati in epoca antecedente alla data di entrata in vigore dellalegge: ciò all’evidente fine di salvaguardare l’identità personaleacquisita dal soggetto interessato. Ai medesimi fini di salvaguardia,anche i certificati e gli estratti rilasciati dopo l’entrata in vigoredella legge, se relativi ad atti formati antecedentemente,dovranno essere ancora emessi secondo i criteri vigenti primadella riforma.(14) In senso favorevole, Angelozzi, Stato civile, in Leggi collegate,II, Codice della famiglia, 2009, 35 che ripercorre anche l’excursusstorico che ha visto coinvolta la storia del prenome compostoda più onomastici.(15) Sui limiti di attribuzione del nome, v. in generale M. A. Livi,sub Art. 6 - Il diritto al nome, in Commentario del codice civile direttoda E. Gabrielli, cit., 555 ss.(16) L. Bardaro, Andrea o non Andrea? Questo è il dilemma, inquesta Rivista, 2011, 2, 166.(17) Lenti, Nome e cognome, in Dig. Disc. giur. (Sez. Civ.), XII,Torino, 1995, rist. 2008, 139); Nuzzo, Nome, (dir. vig.), in Enc.Dir., XXVIII, Milano, 1978, 306, laddove l’Autore discorre del valoresimbolico del nome «come espressione della personalità individualedel portatore».(18) Al riguardo, App. Torino 26 giugno 2008, con nota R. Calvignoni,Ancora sul nome Andrea: una recente sentenza della Cortedi Appello di Torino, in www.anusca.it, ravvisa la ratio dellanorma, di cui all’art. 35 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, nell’esigenzadi tutelare il neonato, «affinché questi non debba subireil pregiudizio che, secondo il comune sentire, gli deriverebbedurante la vita dall’aver un nome che, dissonante rispetto alsesso di appartenenza, lo porrebbe in una situazione di disagioparagonabile a quella in cui si troverebbe nel caso di attribuzionedi un nome ridicolo o vergognoso, del pari vietato dal medesimotesto normativo».(19) L’organo di vertice amministrativo, nel rispondere ad unquesito del 20 maggio 2004, puntualizzava che il nome Andreapotesse essere attribuito anche ai neonati di sesso femminile dicittadinanza italiana. Va evidenziato che tale presa di posizioneinterveniva a distanza di quattro anni dall’entrata in vigore dellanorma di cui all’art. 35 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 ed èrimasta inalterata fino al giugno 2007, allorquando veniva diramatala circolare n. 27 del 1 giugno 2007. Il testo del quesito daltitolo Prenomi che possono trarre in equivoco sul sesso del nato,è rinvenibile in http://www.servizidemografici.interno.it/sitoCNSD/faqRicerca.do?metodo=quesito&servizio=faq&FAQ_ID_QUESITO=1028&codiceFunzione=FQ&codiceSettore=SC.(20) Trib. Catanzaro 14 aprile 2009, cit.; App. Torino 26 giugno2008, cit.; Trib. Varese 23 luglio 2010, cit.(21) Trib. Varese 23 luglio 2010, cit., 164.Famiglia e diritto 8-9/2013 771

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