GiurisprudenzaIdentità personaleattribuito (art. 6, comma 1, c.c.) (3). Sul piano sistematicotale norma va letta in armonia con la fonteinternazionale che l’<strong>Italia</strong> ha recepito con l. 27maggio 1991 (legge di ratifica ed esecuzione dellaConvenzione di New York sui diritti del fanciullo),la quale prescrive che il minore è titolare, sin dalmomento della nascita, del diritto al nome (art. 7)(4). Da una rapida lettura sistematica (art. 6, comma3, c.c.) e assiologica (artt. 2 e 22 Cost.) delle regolerelative al nome si evince che lo stesso è dirittosoggettivo insopprimibile della persona. Non essendoil neonato nella condizione di scegliersi autonomamenteil prenome, l’attribuzione (5) viene traslatasui suoi genitori, salvo il caso in cui vi suppliscal’Ufficiale dello stato civile (6): la scelta spetta congiuntamenteal padre e alla madre, in ossequio allaregola secondo la quale la potestà è esercitata «dicomune accordo da entrambi i genitori» (art. 316,comma 2, c.c.). Il riconoscimento di questa peculiaritàha indotto la Corte Cedu ad includere il dirittopiù volte menzionato nella sfera del diritto alla vitaprivata dei genitori (art. 8 CEDU) (7), argomentandoche il nome ed il prenome sono «strumentid’identificazione personale e di collegamento allafamiglia» (8).In ipotesi di contrasto fra i genitori sulla scelta delnome, il partner interessato potrebbe ricorrere algiudice (art. 316, comma 3, c.c.) (9), riassumendosila fattispecie fra le questioni di particolare importanzaex art. 316, comma 3, c.c. (10). Si tratta evidentementedi un potere-dovere sottoposto al controllostatuale (11), rendendo il fanciullo destinatariodella tutela apprestata nel suo interesse. Se nededuce che i genitori non sono titolari di un dirittosoggettivo, agendo piuttosto gli stessi in virtù di unpotere-dovere nell’orbita di un ufficio di diritto privato.2.1 I nomi vietatiNel passaggio da quelle che sono le prerogative aquelli che sono, invece, i limiti di attribuzione delprenome, viene in rilievo la recente riforma sulla filiazioneattuata con l. 10 dicembre 2012, n. 219(12). Più esattamente, il provvedimento appena richiamatosostituisce (art. 5, comma 2) l’art. 35 delD.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, laddove prevedein continuità con le regole consolidate in materia,che «Il nome imposto al bambino deve corrispondereal sesso e può essere costituito da un solo nomeo da più nomi, anche separati, non superiori a tre.Nel caso siano imposti due o più nomi separati davirgola, negli estratti e nei certificati rilasciati dall’ufficialedello stato civile e dall’ufficiale di anagra-Note:(3) Sul tema, in particolare, A. De Cupis, I diritti della personalità,in Trattato Cicu Messineo, Milano, 1982, in part. p. 458 e ss.; L.Balestra, sub art. 6, in Costituzione, Carte dei diritti, Quattro Codici,I, Codice della famiglia a cura di M. Sesta, Milano, 2009, 300ss. Più di recente, M. A. Livi, sub Art. 6 - Il diritto al nome, inCommentario del codice civile diretto da E. Gabrielli, Delle persone,I, a cura di A. Barba e S. Pagliantini, Torino, 2012, 553; M.R. Mottola, Il diritto al nome, Milano, 2012, 5 ss.(4) Ai sensi dell’art. 7 della l. 27 maggio 1991 «il fanciullo è registratoimmediatamente al momento della sua nascita e da allora hadiritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura delpossibile, a conoscere i suoi genitori e ad essere allevato da essi».(5) Varie sono le norme che richiamano il tema dell’attribuzionedel nome: art. 6, comma 1, c.c., art. art. 29 del D.P.R. 3 novembre2000, n. 396. Il Santoro Passarelli, Dottrine generali del dirittocivile, Napoli, 1989, p. 28 sottolinea che il nome è sempre dativo;in senso conforme la De Sanctis Ricciardone, Nome civile,in Enc. Giur., Roma, 1990, 3, evidenzia che il nome è “dato”, ovverodeve essere imposto al neonato da parte del dichiarante.(6) Il caso è regolato dall’art. 29, comma 4, D.P.R. 3 novembre2000, n. 396, che facultizza l’Ufficiale di Stato ad assegnare unnome al neonato.(7) Corte Edu 24 ottobre 1996, n. 22500/93, caso Guillot controFrancia; Corte Edu 6 settembre 1997, n. 10163/95, Salonen controFinlandia. Su tali questioni v. anche S. Stefanelli, Il nome dellepersone tra padri, madri, Corti e Stati, cit., 147 ss.(8) Corte Edu 24 ottobre 1996, n. 22500/93, caso Burghartz controSvizzera.(9) C. M. Bianca, La famiglia, Estratto per i corsi universitari dallaquarta edizione del Diritto Civile, 2, Milano, 2005, 331 premetteanzitutto la distinzione fra titolarità della potestà, spettante adentrambi i genitori ed esercizio della medesima che di regola ècongiunta ed aggiunge che nell’ipotesi di contrasto su questionidi particolare importanza «ciascuno dei genitori può ricorreresenza formalità al tribunale per i minorenni con l’onere di indicarela soluzione più conveniente per il figlio».(10) In ordine al potere di scelta del prenome, v. Ziino, Diritto dellapersona e diritto al (pre)nome. Riferimenti Storico-letterali econsiderazioni giuridiche, in Giust. civ., 2004, 7-8, 374. L’Autoreprecisa (373) che il segno identificativo è idoneo a distinguere unsoggetto dagli altri componenti il gruppo familiare aventi lo stessocognome, di tal ché sarà necessaria «una scelta (causa), allaquale fa seguito un conferimento (effetto)»; per la giurisprudenzasi legga Cass. n. 3060/1981, in Dir Fam., 1981, 754.(11) Il potere-dovere genitoriale di attribuzione dell’onomastico èsottoposto al controllo dello Stato. In tal senso si è espresso ilTrib. Catanzaro 14 aprile 2009, in Civilista, 2009, 6, con note criticadi B. Saccà, C’era una volta una bambina di nome (…) Andreae adesiva di G. Buffone, Se la favola di Andrea diventa unincubo, laddove ha posto in evidenza che tale meccanismo scatta«non perché si tratti di ridimensionare il diritto al nome maperché, essendo un diritto altrui, chi lo esercita deve farlo, perl’appunto, in modo funzionale al miglior soddisfacimento dell’interessed’altri». Si pensi, oltre alla fattispecie in esame, all’ipotesidi rettifica del nome Venerdì perché ridicolo o vergognoso, sulquale si rinvia alle decisioni di cui alla nota n. 26.(12) Per un commento al testo del DDL licenziato dalla Cameradei Deputati e alla legge poi approvata, cfr. V. Carbone, Le nuoveproposte sulla filiazione e rapporti di parentela, in Corr. giur.,2011, 9, 1314 ss.; M. Sesta, I disegni di legge in materia di filiazione:dalla diseguaglianza all’unicità dello status, in questa Rivista,10, 2012, 962 ss.; Id., L’unicità dello stato di filiazione e inuovi assetti delle relazioni familiari, in questa Rivista, 2013, 3,231 ss.; G. Ferrando e G. Laurini (a cura di), Genitori e figli: qualiriforme per le nuove famiglie. Atti del Convegno tenutosi a Genovail 4 maggio 2012, Milano, 2013, 1 ss.770Famiglia e diritto 8-9/2013
GiurisprudenzaIdentità personalefe deve essere riportato solo il primo dei nomi»(13). La nuova disposizione supera, in questa maniera,le difficoltà interpretative legate al testo previgente,in cui si dubitava dell’obbligatorietà di riportaretutti i nomi negli estratti e nei certificati,nell’ipotesi di prenome composto da più elementionomastici (14).Va chiarito che la disposizione di cui all’art. 35 delD.P.R. n. 396 del 2000 disciplina una fattispecie nonregolata nell’abrogato ordinamento dello stato civile(R.D. n. 1238/1939) e scandisce il principio dicorrispondenza fra prenome e genere sessuale. Senzapretesa di esaustività, giova richiamare ancora l’articoloche lo precede topograficamente, nel quale,sotto la rubrica «Limiti all’attribuzione del nome»,si vieta «l’attribuzione al neonato dello stesso nomedel padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi,di un cognome come nome, di nomi ridicoli overgognosi» (art. 34, comma 1 del d.P.R. 3 novembre2000, n. 396) (15).La scelta legislativa dei limiti di attribuzione del prenomeal neonato è frutto di un ragionevole balancingcostituzionale (16), giacché la libertà dei genitorinon viene compressa, ma condizionata nell’interessedella prole.Sotto altro aspetto, il fatto che il nome identifichi ilsoggetto titolare nei suoi tratti essenziali e rappresentiun segno verbale, simbolo per eccellenza dell’identitàpersonale (17), è utile per comprendere laratio dei richiamati divieti: l’esigenza di evitareeventuali perturbamenti nell’identità personale delfanciullo nonché lo scherno e le vessazioni da partedei terzi (18) che l’appellativo potrebbe ingenerare.3. La stretta interrelazione fra i divietiLe argomentazioni da ultimo richiamate, poste allabase dei limiti legali all’attribuzione del nome, sonostate valorizzate dalla giurisprudenza più recente chesi è trovata a sindacare la scelta da parte di alcunigenitori di assegnare il nome Andrea alle bambine.Tali richieste sono state in un primo momento accolteda non pochi Ufficiali di stato, confortati ancheda una indirizzo ministeriale che accordava lorotale facoltà (19). Non sono mancati i casi in cui,contrariamente, gli stessi inoltravano rapporto allaProcura della repubblica competente per ogni opportunoadempimento. La casistica testimonia chel’applicazione delle norme più volte citate (rectiusartt. 34 e 35 del D.P.R. n. 396 del 2000) è anche immediataconseguenza dell’attribuzioni di nomi cheora sarebbero quelli oggetto della disciplina previstaper quelli ridicoli o vergognosi (art. 34 del D.P.R.396 del 2000). Va precisato, in tale prospettiva, chel’eventuale violazione della norma che impone aigenitori di attribuire nomi corrispondenti al generesessuale (art. 35, D.P.R. n. 396 del 2000) non è finea se stessa, ma determina la violazione dell’art. 34dello stesso reticolato normativo (20), atteso che,anche in tale ipotesi, «l’identità della persona verrebbeesposta alla derisione altrui» (21). Sono a tuttinote, con specifico riferimento a tali questioni eper la risonanza mediatica assunta, i casi di VarenneNote:(13) Si discute sugli effetti intertemporali della norma. Sul punto,la circolare del Ministero dell’Interno del 27 dicembre 2012, n.33 ha chiarito che la novità legislativa non opera retroattivamente,ma solo a partire dal 1° gennaio 2013. In altri termini, la sostituzionenormativa non può determinare la modifica retroattivadel nome, come attribuito alla persona negli atti di stato civileformati in epoca antecedente alla data di entrata in vigore dellalegge: ciò all’evidente fine di salvaguardare l’identità personaleacquisita dal soggetto interessato. Ai medesimi fini di salvaguardia,anche i certificati e gli estratti rilasciati dopo l’entrata in vigoredella legge, se relativi ad atti formati antecedentemente,dovranno essere ancora emessi secondo i criteri vigenti primadella riforma.(14) In senso favorevole, Angelozzi, Stato civile, in Leggi collegate,II, Codice della famiglia, 2009, 35 che ripercorre anche l’excursusstorico che ha visto coinvolta la storia del prenome compostoda più onomastici.(15) Sui limiti di attribuzione del nome, v. in generale M. A. Livi,sub Art. 6 - Il diritto al nome, in Commentario del codice civile direttoda E. Gabrielli, cit., 555 ss.(16) L. Bardaro, Andrea o non Andrea? Questo è il dilemma, inquesta Rivista, 2011, 2, 166.(17) Lenti, Nome e cognome, in Dig. Disc. giur. (Sez. Civ.), XII,Torino, 1995, rist. 2008, 139); Nuzzo, Nome, (dir. vig.), in Enc.Dir., XXVIII, Milano, 1978, 306, laddove l’Autore discorre del valoresimbolico del nome «come espressione della personalità individualedel portatore».(18) Al riguardo, App. Torino 26 giugno 2008, con nota R. Calvignoni,Ancora sul nome Andrea: una recente sentenza della Cortedi Appello di Torino, in www.anusca.it, ravvisa la ratio dellanorma, di cui all’art. 35 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, nell’esigenzadi tutelare il neonato, «affinché questi non debba subireil pregiudizio che, secondo il comune sentire, gli deriverebbedurante la vita dall’aver un nome che, dissonante rispetto alsesso di appartenenza, lo porrebbe in una situazione di disagioparagonabile a quella in cui si troverebbe nel caso di attribuzionedi un nome ridicolo o vergognoso, del pari vietato dal medesimotesto normativo».(19) L’organo di vertice amministrativo, nel rispondere ad unquesito del 20 maggio 2004, puntualizzava che il nome Andreapotesse essere attribuito anche ai neonati di sesso femminile dicittadinanza italiana. Va evidenziato che tale presa di posizioneinterveniva a distanza di quattro anni dall’entrata in vigore dellanorma di cui all’art. 35 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 ed èrimasta inalterata fino al giugno 2007, allorquando veniva diramatala circolare n. 27 del 1 giugno 2007. Il testo del quesito daltitolo Prenomi che possono trarre in equivoco sul sesso del nato,è rinvenibile in http://www.servizidemografici.interno.it/sitoCNSD/faqRicerca.do?metodo=quesito&servizio=faq&FAQ_ID_QUESITO=1028&codiceFunzione=FQ&codiceSettore=SC.(20) Trib. Catanzaro 14 aprile 2009, cit.; App. Torino 26 giugno2008, cit.; Trib. Varese 23 luglio 2010, cit.(21) Trib. Varese 23 luglio 2010, cit., 164.Famiglia e diritto 8-9/2013 771