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GiurisprudenzaMinoriInfatti, se è pacifico in giurisprudenza che il giudicepossa aderire alle risultanze d’una consulenza tecnicada lui stesso disposta senza doverne motivare leragioni (14), è altrettanto pacifico che egli non possaformare legittimamente il proprio convincimentolimitandosi a recepire le risultanze d’una consulenzad’ufficio nei cui confronti una delle parti abbia mossocritiche puntuali: in tal caso, è tenuto a risponderea queste critiche se non vuole incorrere nel viziod’omessa motivazione (15).A questo punto, conviene esaminare con qualcheattenzione la formazione del convincimento del giudicee, in particolare, del giudice del reclamo per valutarein qual modo abbia motivato il proprio provvedimentoe se il vizio di motivazione rilevato dallasentenza in commento della Cassazione possa esserefatto valere come motivo di ricorso ai sensi di quantodispone il testo, recentemente modificato, dell’art.360, n. 5, cod. proc. civ.La nuova formulazione della norma citata prevedeche il vizio di motivazione, oggi rilevante come motivodi ricorso, sussiste quando il giudice abbia omessod’esaminare “un fatto decisivo” che sia stato “oggettodi discussione” tra le parti. Nel caso di specie, aifini della revoca del collocamento del minore pressosua madre, il fatto decisivo è certamente il contegnodi quest’ultima che viola il diritto del minore “dimantenere un rapporto equilibrato e continuativo”anche quando, come prescrive l’art. 155 cod. civ.,l’unità familiare è entrata in crisi o si è dissolta (16).In quest’ottica, il giudice minorile avrebbe potutoaccertare la condotta della madre muovendo, conun ragionamento presuntivo, dai fatti non controversiriguardanti l’anomalo comportamento del minore:una valutazione da compiere anche avvalendosid’un consulente tecnico per dare sicuro fondamentoal nesso di causalità fra l’atteggiamento ostiledel minore nei confronti del padre e il contegno dellamadre convivente col figlio (17). In tal caso, ilgiudice avrebbe dato alla propria decisione i consueticontenuti vòlti a modificare il comportamento delminore e a risolvere i problemi relazionali nei rapporticol padre, dando nuove disposizioni sul suocollocamento con il corollario di prescrizioni sul dirittodi visita e sull’intervento dei servizi per ricostruirei rapporti del figlio con i propri genitori.In realtà, non è stato possibile seguire questo percorsopoiché il consulente tecnico, designato dal giudiceminorile, ha individuato nel comportamento del minorenon soltanto fatti che la comune esperienza suggerisceessere stati indotti dal comportamento dellamadre, bensì i sintomi di una precisa patologia, la sindromedi alienazione parentale dovuta, nella specie,al contegno della madre qualificato come fatto patogeno.Si tratterebbe d’una patologia che richiede, peressere rimossa, non soltanto i consueti provvedimentisull’affidamento del minore, ma anche complessiinterventi in funzione terapeutica da attuare predisponendoarticolati progetti di sostegno psicologicosia del bambino sia della coppia genitoriale (18).Note:(14) È ricorrente, in giurisprudenza, l’affermazione che il giudicenon ha l’obbligo di motivare le ragioni della propria adesione ai risultatidella disposta consulenza tecnica d’ufficio: in tal caso, infatti,l’obbligo di motivazione sarebbe soddisfatto dalla circostanzache il giudice utilizza per relationem il contenuto della relazionedel consulente tecnico d’ufficio. Vedi, in senso conforme,Cass. 21 settembre 2012, n. 16056, anche se, come è statoosservato, l’adesione alla consulenza tecnica non dovrebbemai essere acritica: vi è anzi la tendenza ad affermare che il giudice“avrebbe comunque il dovere di fornire un’adeguata motivazioneal suo apprezzamento” e questo per dare coerente attuazioneal dovere di motivare sancito dall’art. 111 Cost.: Comoglio,Le prove civili, III ed., Milano, 2010, 890 s.(15) In questo senso, la giurisprudenza citata in motivazione a cuiadde Cass. 21 marzo 2011, n. 6399, in Nuova giur. civ. comm.,2011, 991 ss., con nota di Russo, Sull’obbligo del giudice di motivarele ragioni che lo hanno indotto ad aderire alle conclusionidel consulente tecnico d’ufficio; Cass. 9 giugno 2011, n. 12686,per cui il giudice ha l’obbligo d’indicare nella motivazione dellapropria pronuncia le ragioni che l’hanno indotto a disattendere lecritiche, puntuali e specifiche, mosse dal consulente di parte avversola consulenza tecnica d’ufficio; sull’argomento, Comoglio,Le prove civili, cit., 892 s. È stato anche deciso che l’obbligo giudizialedi motivazione non sussiste quando lo stesso consulentenella propria relazione o in atti aggiuntivi abbia risposto alle critichemosse dalle parti: Cass. 21 settembre 2012, n. 16056.(16) È appena il caso d’avvertire che la norma di cui all’art. 155cod. civ.. trova applicazione anche in caso di divorzio, di nullitàdel matrimonio o nella dissoluzione della famiglia di fatto: così infatti,l’art. 4, 2° comma, della legge 8 febbraio 2006, n. 54, sull’affidamentocondiviso.(17) Sulle presunzioni semplici come tecnica di formazione delconvincimento del giudice, vedi Patti, Presunzioni e prova testimoniale,nel Commentario del codice civile Scialoja-Branca a curadi Galgano, Bologna-Roma, 2001, 77 ss. e ivi 93 il giusto rilievoche nel ragionamento presuntivo, modellato su quanto prescrivel’art. 2727 cod. civ., la spiegazione dello svolgimento deifatti si ottiene secondo le indicazioni provenienti dall’esperienza:si fa qui riferimento alle c.d. massime d’esperienza da utilizzarecome “base di presunzioni semplici quando il fatto da provareappare evidente alla luce dell’esperienza” (ibidem, 92 s.) e sullequali vedi anche Comoglio, Le prove civili, cit., 154 ss.(18) Già si è detto che il fatto principale - o “decisivo” nel lessicoutilizzato dall’art. 360, n. 5 - posto al centro della decisione delgiudice di merito è proprio il comportamento della madre nellaqualificazione, datagli dal consulente tecnico d’ufficio, di fattopatogeno in cui individuare la causa dei gravi problemi relazionalidel minore con il padre. Gli esiti della consulenza tecnica nonhanno, con tutta evidenza, soltanto un valore lato sensu testimoniale:invero proprio nell’àmbito delle consulenze tecnichepsicologiche, l’apporto del consulente non è soltanto quello direlazionare sulla constatazione di fatti da lui compiuta, ma anche- e soprattutto - di dare al giudice indicazioni sul possibile contenutodella sua decisione: si parla in tal caso di consulenza “deducente”e la consulenza psicologica ne è un tipico esempio. Sulpunto, le osservazioni puntuali di Danovi, Note sulla consulenzapsicologica, cit., 812 s., nonché, per i parametri utilizzati più fre-(segue)Famiglia e diritto 8-9/2013 755

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