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Testimoni del tempo - EndoscopiaDigestiva.it

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cap<strong>it</strong>olo7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”.Parlano i testimoni <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>.Direttamente o attraversoi documenti o nel ricordodi amici e colleghi. Unlungo viaggio di un giornalista,Luciano Ragno, in tutta Italia,isole comprese compiuto cinqueanni fa. Un lungo soggiornoin ospedali e cliniche univers<strong>it</strong>arie, fortunatamente non da malato, alla ricerca di informazioni.Un lungo peregrinare fra biblioteche mediche e non, per trovare documenti.E poi tanti, proprio tanti, colloqui con i protagonisti, cioè quei medici chehanno fatto la storia <strong>del</strong>l’Endoscopia <strong>it</strong>aliana e che ora godono una mer<strong>it</strong>ata pensionee anche con quei medici che la storia stanno ancora scrivendo sulla frontiera di unaSan<strong>it</strong>à, quella <strong>del</strong> nostro Paese, che sembra non doversi mai scrollare di dosso iproblemi. In tutto questo peregrinare fra ospedali, cliniche, univers<strong>it</strong>à e biblioteche enei numerosi colloqui con i medici sono scatur<strong>it</strong>e le informazioni che, un<strong>it</strong>e ai documenti,sono serv<strong>it</strong>e a scrivere la storia <strong>del</strong>l’Endoscopia Digestiva Italiana, dalle originiai giorni nostri e cioè tutto quello che il cortese lettore ha trovato nei cap<strong>it</strong>oli precedentidi questo libro. Ma oltre a cifre e resoconti i “testimoni <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>” – quelli di ieri equelli di oggi – hanno raccontato episodi, impressioni, aneddoti. In sintesi, ci hannofatto rivivere l’atmosfera in cui si è svolta e si svolge la loro v<strong>it</strong>a da endoscopistadigestivo, magari endoscopista puro oppure chirurgo o gastroenterologo che praticaquesta disciplina. Sono nate conversazioni interessanti, tutte cariche di uman<strong>it</strong>à. Perogni intervistato un’occasione per un tuffo nel passato, un r<strong>it</strong>orno alle origini sull’ondadei ricordi. Da questi incontri sono scatur<strong>it</strong>i profili che speriamo possano rendere piùricca di atmosfera la storia. Profili dei protagonisti <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>. Con questi “testimoni <strong>del</strong><strong>tempo</strong>” abbiamo cercato di ricostruire anche la storia <strong>del</strong>le varie Scuole, tutte gloriosein molte c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliane. Quindi, profili di uomini, di medici e geografia di Scuole. Anchequesta è storia.Le scuole <strong>it</strong>aliane attraverso i ricordi dei protagonistiLEOPOLDO CELLI.COSÌ LO RICORDA WALTER MONTORSIUn personaggio che avrei voluto incontrare è Leopoldo Celli. Uno dei primi “<strong>Testimoni</strong>”<strong>del</strong>la nasc<strong>it</strong>a e <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in Italia. Ho letto lesue relazioni e i suoi interventi “pol<strong>it</strong>ici” alle riunioni <strong>del</strong>la Società di cui è stato il fondatore.Lo avrei voluto conoscere. E intervistare. Sono certo che sarebbe scatur<strong>it</strong>o unprofilo interessante. Non ho avuto la fortuna di conoscere Celli. Ma in questa galleriadei “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>” Celli non poteva mancare. C’è chi lo ha conosciuto bene, ilprofessore Walter Montorsi, che dieci anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1983, cosìlo ricorda.“Ricordo poco dopo il mio arrivo a Milano, nel luglio <strong>del</strong> 1947 e dopo che nel ’49 cominciaia lavorare al Padiglione Monteggia con il prof. Guido Oselladore, un giovanemedico che si aggirava per il Padiglione Granelli, sede <strong>del</strong>la Clinica Medica, con untubo rigido sotto il braccio e all’estrem<strong>it</strong>à una lampadina che lampeggiava, alla ricercadi qualcuno tra i degenti per il quale il capo sala ponesse indicazione a un esame gastroscopico<strong>del</strong>lo stomaco o <strong>del</strong> duodeno. Si chiamava Leopoldo Celli e per questo lo chiamavano“lo speleologo”. Non gli fu facile, per molti anni, poter acquisire la collaborazionedegli Assistenti <strong>del</strong>la Clinica Medica <strong>del</strong>l’Univers<strong>it</strong>à, tutti suoi amici, ma tuttiegualmente spaventati dalla proposta di introdurre in esofago un gastroscopio che assomigliavamolto al classico tubo rigido usato dagli otoiatri per esplorare quest’organo.Era, allora, considerato già un vero atto di coraggio autorizzare l’uso di questo strumentoallo specialista che in genere era uno degli Aiuti anziani <strong>del</strong>la clinica ORL; figuriamocise non era atto di coraggio per un giovane medico, avvezzo soltanto a siringhe e 91


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”92Leopoldo Celli in unafotografia che lo r<strong>it</strong>raecon T<strong>it</strong>o Dagradaa stetoscopi. Lo seguiva come un caporale un giovane più giovane di lui: il dottor EnricoMirelli, che aveva il comp<strong>it</strong>o di individuare il meno ostile tra i medici <strong>del</strong>la Clinica all’offertadi una gastroscopia per uno dei suoi ammalati, e di permettere quindi a Cellidi introdurre una trattativa atta a realizzare qualche esame.Personalmente lo ricordo ancora nell’ormai lontano ’65, due anni dopo l’introduzioneanche in Europa dei primi endoscopi flessibili, quando venne da me, consigliere <strong>del</strong>l’alloraOspedale Maggiore, Ente che amministrava ben quattro ospedali <strong>del</strong>la nostrac<strong>it</strong>tà tra i quali il più grande di tutti, l’Ospedale Cà Granda di Niguarda, a illustrarmi legiustificazioni che suggerivano la creazione <strong>del</strong> primo Centro di endoscopia, forse primoaddir<strong>it</strong>tura per tutta la Lombardia, nella divisione medica allora diretta da un suovecchio collega di clinica e suo estimatore, il prof. Bussi. Si presentò con una valigettache mi aprì sotto gli occhi per mostrare un gastroscopio: “è di mia proprietà – disse – enon ci sarà quindi alcun onere economico per l’Ospedale, perché lo metto a disposizionegratu<strong>it</strong>amente dei malati <strong>del</strong>la Cà Granda”.“Il Centro – parla ancora Montorsi – fu caldeggiato da me in Consiglio e fu approvatoa <strong>tempo</strong> di record tra la meraviglia generale. Credo che molti ulcerosi <strong>del</strong>la Cà Grandaabbiano potuto avere facil<strong>it</strong>ato il sollec<strong>it</strong>o ricorso alla chirurgia – la cura di allora – proprioalla preziosa opera di consulenza gastroscopica che il prof. Celli assicurò aquell’Ospedale fino al giorno <strong>del</strong>la sua scomparsa. La sua padronanza <strong>del</strong>la linguainglese, la sua signoril<strong>it</strong>à nel comportamento e nel modo di fare e anche la sua buonadisponibil<strong>it</strong>à economica che gli derivava dalla famiglia, una <strong>del</strong>le più solide <strong>del</strong>Piacentino, gli facil<strong>it</strong>ò la sua entrata in campo nazionale e internazionale, dove la suaspecifica preparazione culturale e il suo stile nel dire, pieno <strong>del</strong> suo fine umorismoinglese, gli assicurarono vasti consensi e moltasimpatia. Fu protagonista con varie relazioni acongressi nazionali e internazionali, pubblicòoltre cento lavori tra i quali cinque volumi.Particolarmente noti e apprezzati sono rimastialcuni suoi film documentari ai quali il prof.Celli affidò nelle splendide documentazioni ein un ineccepibile commento orale la divulgazione<strong>del</strong>la maggior parte <strong>del</strong>le sue intuizioniin tema di fisiopatologia <strong>del</strong> tubo digerente. Sulpiano diplomatico a lui va riconosciuta unapreziosa opera di appianamento di alcune divergenzetra cultori <strong>del</strong>l’endoscopia lombarda;sul piano scientifico a lui dobbiamo una lucidarelazione su: ‘La pompa <strong>del</strong> vom<strong>it</strong>o’ e unamemorabile moderazione <strong>del</strong> Simposio su: ‘Lamotil<strong>it</strong>à intestinale’, durante la quale ebbemodo di difendere, a dire il vero con grandevigore e con assoluta franchezza, una visione scientifica <strong>del</strong> problema <strong>del</strong>la motil<strong>it</strong>àintestinale saldamente ancorata alla realtà dei fenomeni fisiopatologici nel lorocomplesso e non invece ancorati, come sostenevano alcuni stranieri, a metodiche piùsofisticate, ma parziali e forse quindi non <strong>del</strong> tutto attendibili per trarre deduzioni dicarattere generale”.“Dal punto di vista scientifico ricordiamo – continua Montorsi – quella che per me erala sua caratteristica fondamentale: la capac<strong>it</strong>à di osservare con occhio attento ancheciò che era dato per scontato od ovvio dagli altri, cercare una spiegazione, di formulareipotesi di lavoro, non di verificarle. Diceva spesso che, nonostante avesse fattol’endoscopista per 40 anni, ogni giorno imparava qualche cosa ed era sempre prontoa rimettere in discussione le sue conoscenze davanti a nuove ipotesi e proposte, conumiltà. Forse proprio per questa sua dote riusciva a identificare campi di interessenuovi molto in anticipo: per esempio già nel 1974 aveva fondato un ‘Gruppo mondialedi studio <strong>del</strong>le precancerosi <strong>del</strong> tubo digerente’, campo che in segu<strong>it</strong>o avrebbecost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o una <strong>del</strong>le punte di interesse principali in campo gastroenterologico internazionale.


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in ItaliaDel suo carattere vorrei ricordare la seren<strong>it</strong>à, la pacatezza e la disponibil<strong>it</strong>à che lo caratterizzavano,e che gli erano proprie anche sul lavoro; difficile non vederlo con unsorriso pronto a sdrammatizzare le s<strong>it</strong>uazioni con una battuta scherzosa, con un umorismosottile ed arguto che creava sub<strong>it</strong>o un’atmosfera particolarmente rilassata e serenanel suo ambiente di lavoro. Ancora vorrei ricordare la sua generos<strong>it</strong>à: quante voltel’ho visto curare gratu<strong>it</strong>amente dei pazienti che gli sembravano in difficoltà economiche.La stessa generos<strong>it</strong>à che dimostrava verso i suoi collaboratori giovani: r<strong>it</strong>eneva cheun comp<strong>it</strong>o degli anziani fosse quello di aiutare i giovani ad andare avanti in modo disinteressato,e così si è sempre comportato”.Questo il ricordo di Montorsi. Sarebbe stato interessante intervistare Celli “lo speleologo”,a cominciare dalla storia <strong>del</strong>la valigetta.I RICORDIDI ENRICO MIRELLIPrima parliamo di cavalli, la prima grande passione di Enrico Mirelli. Poi di endoscopiadigestiva, l’altra grande passione di uno studioso che l’endoscopia digestiva hapraticamente fondato, dando un impulso non solo medico ma anche tecnico perché èriusc<strong>it</strong>o a far dialogare medicina e tecnica in modo perfetto. E anche un grande organizzatoreperché se la Società Italiana di Endoscopia Digestivaè potuta crescere e conquistare un posto di rilievoa confronto con le altre consorelle e in campo internazionale,si deve a Enrico Mirelli. Ma oltre a organizzareMirelli è anche un maestro nelle pratiche endoscopicheper molti medici, e fra questi nomi illustri: Cheli, BianchiPorro, Paolo Bianchi, Crespi, Montori, T<strong>it</strong>tobello, Zambelli.Tutti sono passati al Monteggia per prendere i primiinsegnamenti in endoscopia. E poi tanti e tanti altrigiovani che hanno partecipato ai suoi corsi di Endoscopia.In pratica Mirelli ha realizzato il primo esempio di“Scuola di Endoscopia digestiva” in Italia.Va indietro nei ricordi Mirelli quando mi descrive la nasc<strong>it</strong>a <strong>del</strong>l’endoscopia <strong>it</strong>alianamoderna. Rammenta una conversazione telefonica fra Mario Coppo, clinico a Modena,e Villa, clinico a Milano. Due grandi medici in acerrima competizione, lo sapevano tutti.Come pure c’è grande competizione fra Villa, Patologia Medica e Cesa Bianchi, ClinicaMedica. Un episodio a dimostrazione dei contrasti che dominano la scena univers<strong>it</strong>ariain questo periodo. Villa e Cesa Bianchi presentano in Commissione, ad annialterni, i propri allievi, cinque ogni volta. E questi allievi sono sicuri di superare la prova.Un anno tocca agli allievi di Cesa Bianchi ma Villa inv<strong>it</strong>a i suoi cinque collaboratoria presentarsi ugualmente in Commissione. “Non vi preoccupate – dice loro – fate comevi dico”. Tre giorni dopo Cesa Bianchi ha un ictus. Villa parlando con il suo collega siera accorto, da un impercettibile tic a un occhio, che Cesa Bianchi in breve <strong>tempo</strong> si sarebbeammalato. Leggende, queste, mai scr<strong>it</strong>te prima d’ora.In questo clima nasce l’endoscopia digestiva a Milano dove, comunque, si fanno progressi,specie dopo l’arrivo <strong>del</strong>l’apparecchio a fibre ottiche che dà un impulso a tuttal’attiv<strong>it</strong>à.Mirelli ricorda i primi passi <strong>del</strong>la Società soprattutto quando nel 1967, si afferma sullascena Rodolfo Cheli e quando la Società Italiana di Gastroenterolaparoscopia – questadenominazione l’aveva imposta Coppo che non voleva certo che venisse ignorata lasua laparoscopia – cambia nome in Società Italiana di Endoscopia Digestiva (1969), unadefinizione più semplice anche perché la gastroscopia sta assumendo importanza rispettoalla laparoscopia. È Trivellini, un’autor<strong>it</strong>à in campo chirurgico, il personaggioche dà il maggiore impulso iniziale alla Società, alla cui guida rimarrà per molti anni.Mirelli in una fotografiapubblicata nell’articolo“L’occhio nello stomaco”dal mensile “Il Successo”,settembre 1964Il professor Armando Trivellini93


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”94Da sinistra: Fiorini,Trivellini e MirelliEnrico Mirelli prepara lacinepresa per filmare acolori lo stomaco di unpaziente. Acanto a lui, lacrocerossina gli presentauna serie di radiografie cheillustrano il caso dastudiare. Da “Il Successo”,mensile <strong>del</strong> 1964Mirelli conosce bene Trivellini perché passa alle sue dipendenze dopo aver lasciatoVilla (da Villa, Mirelli era arrivato nel ’52 per preparare la tesi di laurea e in quel periodoconobbe Leopoldo Celli). Trivellini ha il grande pregio di accettare i consigli e le osservazionidei collaboratori come quando gli si spiega che bisogna cambiare il materialeper i punti di sutura o quando si portano dimostrazioni che solo l’endoscopia può direse un’ulcera gastrica è benigna o maligna. È un datoquest’ultimo estremamente importante in un’epoca in cuinon esistono i grandi farmaci per la terapia <strong>del</strong>l’ulcera: davantia una s<strong>it</strong>uazione di ulcera gastrica benigna non c’è bisognodi operare, cosa che invece è necessario nel caso diuna malign<strong>it</strong>à.Si fanno grandi progressi in campo gastroenterologicoquando si può vedere un collegamento patogenetico tral’ulcera duodenale e quella gastrica, quando si individual’ulcera da reflusso o quando si procede al congelamento<strong>del</strong>lo stomaco nella malattia ulcerosa.“Endoscopicamente – ricorda Mirelli – noi andiamo a verificareogni azione medica come, in particolare, quella <strong>del</strong>congelamento. E quindi l’endoscopia si rivela preziosa”.Mirelli si sofferma, nella mattinata di primavera che midedica, a raccontare la lunga e complessa gestazione <strong>del</strong>congresso mondiale di Roma – ne abbiamo parlato nel primo cap<strong>it</strong>olo di questo libro –e degli sviluppi <strong>del</strong>l’endoscopia che raggiunge traguardi impensabili e anche <strong>del</strong>lacresc<strong>it</strong>a <strong>del</strong>la Società di cui non ha mai assunto la presidenza ma sempre ne ha tirate lefila come membro <strong>del</strong> Consiglio direttivo o segretario (carica che ha tenuto ininterrottamenteper 10 anni!). D’altra parte, il suo Maestro Trivellini è stato presidente dal 1965al 1975.Lo studioso milanese torna indietro con la memoria per ricordare i grandi contrasti fraendoscopia e radiologia, contrasti che esplodono in accese polemiche, e anche lediatribe con i gastroenterologi e con i chirurghi.Anche Mirelli ha un episodio curioso da raccontare e che rappresenta forse uno deglielementi che consentono all’endoscopia digestiva di acquistare maggiore credibil<strong>it</strong>à.Un giorno arriva al Policlinico di Milano un giovane con un importante episodio diemorragia imponente e grave anemizzazione. Come primo atto si procede allaterapia di tamponamento, segu<strong>it</strong>adalle trasfusioni e da una serie diesami, compreso quello radiologicoche impone una diagnosi di tumore.Viene chiamato Mirelli che ha ilcomp<strong>it</strong>o di esaminare tutte les<strong>it</strong>uazioni con sospetto cancro. Lostudioso si pronuncia in contrastocon la diagnosi <strong>del</strong> radiologo,affermando che non si tratta d<strong>it</strong>umore. Il chirurgo Guido Oselladore– siamo in un’epoca precedenteall’arrivo di Trivellini – chiede seMirelli è convinto di quanto hadetto. Si decide di operare e il chirurgo sente sotto le proprie mani una specie disasso. Oselladore manda il “pacchetto ghiandolare” all’esame istologico dal professorRadaelli che lo affida al suo Aiuto, Piantoni, il quale rimane molto perplesso. Chefare? Qualcuno dice di aver saputo dal paziente che in passato, giocando in un campodi calcio nei pressi di Piacenza, aveva sub<strong>it</strong>o la rottura <strong>del</strong>la milza e per questo erastato operato. E se fosse una garza dimenticata durante l’intervento? Mirelli ripete lagastroscopia e conferma che non si tratta di tumore. Oselladore proseguenell’intervento e scopre che, effettivamente, si tratta di una garza che staattraversando tutta la parete <strong>del</strong> fondo gastrico e sta entrando nello stomaco. Ilchirurgo telefona al collega che aveva operato il calciatore dilettante a Piacenza per


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in Italiainformarlo <strong>del</strong> caso ma non c’era più perché era andato in pensione. Passa <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>e un giorno si presenta a Mirelli il paziente operato dicendogli che intende ringraziarloper la sua diagnosi e raccontandogli che il chirurgo piacentino, appreso l’infortunioin sala operatoria, aveva voluto a ogni costo regalargli un’automobile.Come abbiamo detto Mirelli ha ideato anche soluzioni tecniche in collaborazionecon uno dei più noti esperti nel campo <strong>del</strong>la medicina, Federico Biglieri che ha tuttoil dir<strong>it</strong>to di rec<strong>it</strong>are, come tecnico, un ruolo nella storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva.Biglieri lavorava presso la d<strong>it</strong>ta Movinkel, concessionaria <strong>del</strong>la Wolf in Italia. Dallacollaborazione fra il medico e il tecnico nasce la “pinza di Mirelli-Biglieri” checonsente, utilizzando un apparecchio a fibre ottiche, di compiere una biopsia mirata.Ecco in cosa consiste la “pinza di Mirelli-Biglieri” così come viene descr<strong>it</strong>ta in una relazioneche lo stesso Mirelli presenta, con Fichera, – altro protagonista <strong>del</strong>l’endoscopiadigestiva milanese – al simposio nella sede <strong>del</strong>la “Fondazione Carlo Erba”.“Si sono incontrate – è scr<strong>it</strong>to nella relazione – grandi difficoltà nella realizzazione di apparecchi capaci dieffettuare <strong>del</strong>le biopsie sotto controllo visivo. Con il passare <strong>del</strong> <strong>tempo</strong> si è ora giunti alla realizzazione diapparecchi molto flessibili e maneggevoli atti quindi, oltre che a esaminare tutto o quasi tutto <strong>del</strong>le paretigastriche ed esofagee, a permettere anche l’effettuazione di prelievi veramente ‘mirati’, sotto perfettavisione, con stomaco a pareti distese, con sonde non molto traumatizzanti e permettenti al <strong>tempo</strong> stesso ilprelievo di campioni bioptici sufficienti per un esame istologico corretto e completo. Quanto detto è stato resofattibile per l’utilizzazione, in campo medico, <strong>del</strong>le fibre ottiche di vetro quali conduttrici <strong>del</strong>l’immagine e<strong>del</strong>la luce. Ma ciò che ha reso ineguagliabile l’utilizzazione di queste ultime è la possibil<strong>it</strong>à di esploraresistematicamente, pur utilizzando accorgimenti e posizioni speciali <strong>del</strong> paziente, le regioni antrale e pilorica,il fondo, il fornice e la regione sottocardiale, r<strong>it</strong>enute prima zone ‘mute’.Per quanto riguarda il problema <strong>del</strong> prelievo in esofago, esso è stato facilmente risolto con l’esofagoscopiodi Lo Presti, il quale – prosegue la relazione – porta incorporato un cannello in cui scorre la sonda biopticaa forcipe. Quest’ultima, fuoriuscendo dalla estrem<strong>it</strong>à distale <strong>del</strong>lo stomaco, è mantenuta sempre sotto controllovisivo, in quanto la visione antero-obliqua <strong>del</strong>lo stesso permette l’osservazione con<strong>tempo</strong>ranea <strong>del</strong> lumee <strong>del</strong>le pareti <strong>del</strong>l’organo.Il problema si è presentato più complicato per lo stomaco, in quanto, trattandosi di un organo cavo di nonpiccole dimensioni, necessariamente l’osservazione <strong>del</strong>le sue pareti deve avvenire per mezzo di un obiettivoposto lateralmente all’apparecchio endoscopico. Questo comporta un nuovo problema, quello cioè di mantenereuna pinza bioptica sotto controllo visivo e con<strong>tempo</strong>raneamente di allontanarla dall’apparecchio, perraggiungere vari punti <strong>del</strong>le pareti gastriche, a distanze diverse dalla estrem<strong>it</strong>à <strong>del</strong> gastroscopio. Tutto ciòmantenendo lo stomaco enfiato, condizione obbligatoria per una buona visione e per poter controllare la sede<strong>del</strong> prelievo e gli eventuali risultati <strong>del</strong>lo stesso. La costruzione di un apparecchio operatore impone notevoliproblemi tecnici oltre che economici e pertanto Mirelli e Biglieri si sono orientati verso la costruzione diuna sonda bioptica adattabile al gastroscopio standard, con possibil<strong>it</strong>à di uso al momento opportuno; questoapparecchio non modifica quelle caratteristiche di flessibil<strong>it</strong>à e maneggevolezza proprie <strong>del</strong> fibrogastroscopiodi Hirschow<strong>it</strong>z”.“Con la sonda di Mirelli e Biglieri, – continua la relazione presentata alla ‘Fondazione Carlo Erba’ –pensiamo di essere riusc<strong>it</strong>i nell’intento prefissoci: di poter effettuare cioè prelievi in quasi tutte le regionigastriche, sotto un perfetto controllo visivo, con stomaco dilatato. L’apparecchio endoscopico, dopo che è statoarmato <strong>del</strong>la sonda bioptica, viene introdotto facilmente in cav<strong>it</strong>à, con minimo fastidio per il paziente; essopuò effettuare più prelievi in una stessa seduta e, soprattutto, permette di controllare perfettamente e di documentaredurante l’esame tutte quelle manovre che portano al prelievo <strong>del</strong> frammento di mucosa che interessa.Abbiamo usato una pinza a forcipe, con ganasce sufficientemente grandi, tali da permettere la presadi un adeguato pezzo bioptico. L’apparecchio da biopsia, è applicabile al fibrogastroscopio di Hirschow<strong>it</strong>z.Esso è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da un parte prossimale e da una distale, un<strong>it</strong>e da un condotto metallico, ricoperto digomma, che contiene tre canali che fungono: il primo da guida per la pinza bioptica flessibile e gli altri dueda guida per i tiranti di manovra <strong>del</strong> sistema elevatore posto nella parte distale”.“Ricorda – chiedo – professor Mirelli su chi ha provato per la prima volta la pinza dalei ideata?” “Se non mi sbaglio, era un p<strong>it</strong>tore, credo che si chiamasse Novelli”.E con questo aneddoto finiamo di parlare di endoscopia digestiva e di medicina ingenere. Adesso c’è tutto il <strong>tempo</strong> per discutere di cavalli.95


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”96Giuseppe Fichera nel 1972quando era assistentedi Mirelli (foto apparsa su“Guarire” <strong>del</strong> mese di apriledi quell’anno)A COLLOQUIOCON GIUSEPPE FICHERAIl successo scendendo le scale invece che salirle, come sol<strong>it</strong>amente accade. È accadutoa Giuseppe Fichera. “Vede – mi dice quando lo incontro al Padiglione Monteggiaal Policlinico di Milano, è presente anche la dottoressa Granelli, nipote <strong>del</strong> grandeLeopoldo Celli – qui ci troviamo al piano meno uno <strong>del</strong>l’edificio. Quando ho cominciatola mia attiv<strong>it</strong>à di medico ero al 4° piano. Poi sono sceso di piani, migliorandosempre più. Ma chi dice che per far carriera bisogna salire?”.Giuseppe Fichera, professore di Chirurgia Endoscopica, all’Univers<strong>it</strong>à di Milano, padresiciliano, madre monzese, nasc<strong>it</strong>a a Gorizia, studi a Milano.Da sub<strong>it</strong>o nel mondo <strong>del</strong>l’endoscopia, affascinato da questa metodica anche se un po’turbato quando, dovendo preparare la tesi, assiste nel padiglione Zonda a un esameesegu<strong>it</strong>o “con un tubo infilato nella gola, al buio più totale”.Enrico Mirelli lavora in questo momento in un angusto locale al 4°piano <strong>del</strong>l’edificio; è il solo a eseguire, da vero pioniere, le endoscopie.E Fichera giovane medico, è sub<strong>it</strong>o accanto a Mirelli,affermato specialista. L’avvio di un sodalizio ricco di grandirisultati che hanno avuto eco anche oltre i confini. Risultati eccezionalianche per il prezioso aiuto di un tecnico che ha segnatola storia <strong>del</strong>l’endoscopia, Biglieri. Mirelli e Fichera sono gli unici apraticare l’endoscopia con es<strong>it</strong>i così interessanti che al “Monteggia”viene ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o il primo Centro Italiano di <strong>EndoscopiaDigestiva</strong>.Mirelli, da Assistente ordinario <strong>del</strong> clinico chirurgo Trivellini, diventaAiuto univers<strong>it</strong>ario; Fichera prima Assistente volontario, poiAssistente ordinario e successivamente Aiuto univers<strong>it</strong>ario.Entrambi Professori Associati nel 1982. Nov<strong>it</strong>à anche al vertice <strong>del</strong>lastruttura: primo Trivellini, poi Gallone, infine Montorsi, cui fa segu<strong>it</strong>o Peracchia.Tanti progressi scientifici presentati ai congressi come quello, <strong>del</strong> 1968 a Praga dove, inprima mondiale, viene presentata la tecnica Mirelli-Fichera sui punti di sutura nei resecatigastrici. Una eccezionale nov<strong>it</strong>à che apre una nuova strada nella comprensione deidolorosi disturbi nei pazienti operati. Non solo progressi scientifici ma anche nel campo<strong>del</strong>l’aggiornamento e <strong>del</strong>la preparazione <strong>del</strong> medico, come i primi Corsi nazionali con“Minerva Medica”: oltre 1500 iscr<strong>it</strong>ti. E fra gli allievi, giovani medici che si affermeranno,come Crespi, Cheli, Montori.Fra i progressi tecnici come il perfezionamento e addir<strong>it</strong>tura l’ideazione (è il caso <strong>del</strong>lasonda Mirelli-Biglieri, cui collabora anche Fichera) di numerosi strumenti sempre con ilprezioso aiuto di Biglieri.Progressi anche nello studio dei farmaci, come il caso dei FANS che creavano emorragie.Stretti i contatti con i reumatologi, guidati da Ballabio. E ancora i progressi nellostudio <strong>del</strong>le gastr<strong>it</strong>i alcaline <strong>del</strong> reflusso duodenogastrico. Con Giuseppe Fichera inquesto incontro in una mattina d’estate, non cerco solo cifre e nomi, quelli che ottengo.Cerco impressioni. È un vero testimone <strong>del</strong> <strong>tempo</strong> questo medico affascinato dalla medicina,pieno di curios<strong>it</strong>à come sa esserlo uno scienziato che non si accontenta mai disapere. E con tanta uman<strong>it</strong>à. Lo si scopre quando parla dei pazienti. Non dice sub<strong>it</strong>oche gli interventi, via via sempre più precisi, erano riusc<strong>it</strong>i bene. Dice che i malati, conil progredire <strong>del</strong>le tecniche, soffrivano sempre di meno e sempre più erano aiutati aguarire.E dei pazienti – “ne sono passati anche di illustri” ma non fa un nome, anzi, uno solo,non so perché, quello di Luraghi, un <strong>tempo</strong> al vertice <strong>del</strong>l’Alfa Romeo – ricorda, con unsorriso, una signora. “Una bella donna che aveva bisogno di un esame endoscopico abbastanzacomplesso e <strong>del</strong>icato. Alla fine, la signora mi guarda e mi dice: “Grazie, mer<strong>it</strong>erebbeuna rosa”.La grande carica di uman<strong>it</strong>à si scopre anche quando parla dei collaboratori specie gliinfermieri sempre attenti. E ne ricorda due dei tempi eroici, Maria e Marisa.Ricordi, quelli di Giuseppe Fichera, che vanno soprattutto a quell’angusto locale, due


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in Italiametri per due, che era, allora, “il mondo <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva”. “Tempi eroici – dice– avevamo un vecchio clinoscopio. I tempi degli antichi strumenti rigidi, così rigidiche, prima di un esame, li mettevamo sotto un getto di acqua calda. Pensi che perlettino, sul quale far distendere il paziente, utilizzavamo un’apparecchiatura poi dismessa,<strong>del</strong> reparto di radiologia. Esami che duravano anche due ore. Non siamosempre stati nell’angusto stanzino al 4°, siamo scesi al secondo nel ’70, all’arrivo di Trivelliniavevamo un piccolo locale in più: andavamo anche dove era urgente la nostrapresenza, come nella divisione d’urgenza diretta da V<strong>it</strong>torio Staudacher. Ricordo che ciportavamo dietro gli strumenti. Continuiamo a scendere di piano all’arrivo di Gallone.Ora ci sembra di essere in paradiso perché ci sono una sala d’attesa per i pazienti e unostudio medico anche se piccolo. Diventa direttore Montorsi e scendiamo addir<strong>it</strong>tura nelseminterrato, dove siamo ora. Più giù non possiamo andare”.È vero, più giù non si può. Ma Giuseppe Fichera forse non sa che ha dato origine a unanuova regola: più si scende, più si sale. E in questo saliscendi l’Endoscopia Digestiva<strong>it</strong>aliana di gradini ne ha sal<strong>it</strong>i molti. I pazienti ringraziano.L’INCONTROCON LEANDRO GENNARILeandro Gennari, lo confesso, è amico mio. Da quando, lui non lo ricorda, andandoall’Ist<strong>it</strong>uto Tumori di Milano agli inizi degli anni ’60 – io giovane giornalista e luigiovane medico – mi feci spiegare cosa fosse questa tecnica <strong>del</strong> “guardare dentro” senzaricorrere al bisturi e senza lastre. E Gennari, in quell’occasione, mi disse: “è una tecnicache rivoluzionerà la medicina. Ne prenda nota e se lo ricordi fra qualche decennio”.I decenni sono passati. E mi trovo davanti a Leandro Gennari, responsabile <strong>del</strong> Dipartimentodi Chirurgia Generale <strong>del</strong>l’Ist<strong>it</strong>uto Human<strong>it</strong>as a Rozzano, a un passo da Milano.Una struttura moderna nata per l’impegno di imprend<strong>it</strong>ori illuminati.Dico: “Caro Gennari, avevi avuto ragione. L’endoscopiadigestiva ha portato grandi nov<strong>it</strong>à. Ma cosa è stata per tel’endoscopia digestiva?”.E Gennari: “È stata la metodica che ha permesso e permetteallo specialista che la pratica, di vedere in faccia il nemico.Sì, il nemico, il male. E senza aprire l’organismo. Unavisione diretta”.Ancora: “Come ha influ<strong>it</strong>o sulla tua professione?”.“Ha influ<strong>it</strong>o molto. L’aver potuto vedere direttamente ilnemico in faccia, cioè il male, soprattutto il tumore, mipermette ora, alla lettura di un referto radiologico o di altrogenere, di immaginare quel male che il documento certifica.Ho il male ben chiaro davanti agli occhi”.Leandro Gennari, con il suo eterno sorriso e con quegliocchi che ti studiano con acume anche se non sei unpaziente, ti intrattiene e ti affascina quando lo inv<strong>it</strong>i adaprire il vaso di Pandora dei ricordi. E di ricordi ne sascegliere tanti. Alcuni sono rifer<strong>it</strong>i a episodi scientifici o<strong>del</strong>la Società di Endoscopia Digestiva e sono riportati neicap<strong>it</strong>oli dedicati alla Storia. Ma in questa intervista hoscelto i ricordi più significativi, quelli più umani, di v<strong>it</strong>a vissuta.Come quando, era il 1962, un Cattedratico di Radiologia all’Univers<strong>it</strong>à di Milano, ArduinoRatti, sbatté la porta adirato e lasciò una riunione all’Ist<strong>it</strong>uto Tumori. Vale la penaraccontare l’episodio.Leandro Gennari è giovane assistente di chirurgia di Bucalossi all’Ist<strong>it</strong>uto Tumori, dipartimentodi chirurgia generale.“Un giorno Bucalossi – dice Gennari – mi incarica di dare un parere sul gastroscopiodi Hirschow<strong>it</strong>z. Si decide di avviare un doppio cieco con i radiologi, uno studio suLeandro Gennari97


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”cento casi. La radiologia in questi momenti è sovrana: nessuno mette in dubbio gliaccertamenti. I radiologi eseguono gli esami <strong>del</strong>l’apparato digerente con le metodichetradizionali, io effettuo la gastroscopia. In una riunione congiunta vengono messi aconfronto i miei risultati e quelli dei radiologi guidati da Giuseppe Carnevali <strong>del</strong> Niguarda.Faccio notare, dopo l’esposizione di Carnevali, che nel trenta per cento deicasi avevo fatto la diagnosi di tumore mentre i radiologi avevano solo avanzato ipotesi.Arduino Ratti si alza di scatto e dice ad alta voce: “Giustifico quello che ha dettoGennari solo per la sua esuberanza giovanile. La cosa non mer<strong>it</strong>a commenti”. E se neva. Non posso replicare. Rimango sconcertato. Mi sfogo con Umberto Veronesi, figuraemergente all’Ist<strong>it</strong>uto Tumori, che mi tranquillizza e mi inv<strong>it</strong>a a continuare”.E fa bene Gennari a continuare perché nel 1964 pubblicherà un lavoro con GiuseppeCarnevali e Carlo Uslenghi, altro radiologo.Ancora dal vaso di Pandora dei ricordi. Come il ricordo <strong>del</strong>la collaborazione di LeandroGennari con il tecnico Biglieri. “C’è il problema di documentare il nostro lavoro. Ilradiologo – dice Gennari – può produrre le lastre ma noi non possiamo dimostrare lacredibil<strong>it</strong>à di ciò che diciamo. Mi metto in contatto con Briglieri, dirigente di un’aziendaproduttrice di apparecchiature – siamo negli anni 1962/1963 – un uomo disponibile,affabile, intelligente. Lo definirei un ‘artigiano <strong>del</strong>l’endoscopia’. E mettiamo su unostrumento sormontato da una lampadina a un super voltaggio che consente per una frazionedi secondo di scattare una foto. Alcune foto vengono bene, altre no. La collaborazionecon Biglieri continua con la realizzazione di uno strumento per la biopsia utilizzandoun tradizionale gastroscopio. Una geniale modificazione. E così abbiamo le primefoto e le prime biopsie”.Ancora sull’onda dei ricordi. La riproduzione <strong>del</strong>l’esperimento di Provenzale. “Un primotentativo ingegnoso ma poco o nulla praticabile sia per la sofferenza <strong>del</strong> pazientesia per la compless<strong>it</strong>à <strong>del</strong>le manovre”. Poi il ricordo <strong>del</strong> viaggio, “faceva tanto freddo ec’era la nebbia”. A Verona con Bucalossi, Celli, Mirelli e Trivellini per fondare la Società.Ma c’è un ricordo che inorgoglisce Gennari. È quello <strong>del</strong>l’inv<strong>it</strong>o di Bucalossi a creare,pur essendo Assistente, la Sezione di endoscopia nell’amb<strong>it</strong>o <strong>del</strong>l’Ist<strong>it</strong>uto. E in questastruttura hanno impulso gastroscopie, colonscopie e laparoscopie, queste ultimeproprio al debutto.E il ricordo <strong>del</strong> passaggio dalla endoscopia alla chirurgia, grande amore, anche questodi Gennari. Gennari chirurgo fa un’eccezionale carriera. Con il pensiero spesso rivoltoai tempi eroici <strong>del</strong>l’endoscopia. E a quella porta sbattuta con violenza da un Cattedraticoche lascia sgomento un giovane medico. Quando Gennari racconta questo episodiosorride. Chissà, forse vorrebbe riviverlo. Anche perché è accaduto quando i capellinon erano bianchi.98Mario Coppo a fianco diEnoch Fiorini nel 1968I RICORDIDI MARIO COPPOMario Coppo è uno dei fondatori <strong>del</strong>la Società Italiana di Endoscopia Digestiva: inver<strong>it</strong>à quando con Fiorini, Banche e Celli, per nominare alcuni nomi, diede v<strong>it</strong>aall’associazione, questa si chiamava Società Italiana di Gastroenterolaparoscopia divenendoneil Presidente. I primi contatti con questa disciplina, racconta Coppo in uncolloquio nella sua bella ab<strong>it</strong>azione nel cuore di Modena, presente Gianpiero Rigo,“vanno indietro nel <strong>tempo</strong>, addir<strong>it</strong>tura al 1934, quando vado alla Clinica medica HotelDieu a Parigi per vedere il ben noto gastroenterologo Carnot eseguire gli esami che alloraerano all’avanguardia. Seguo l’attiv<strong>it</strong>à, in particolare, di un endoscopista mentrecompie la rettoscopia e di un altro che effettua la gastroscopia con un gastroscopio rigido.Torno nella cap<strong>it</strong>ale francese anche nel 1937 per un breve soggiorno, nel primomi ero trattenuto più a lungo. Mi vengono in mente un paio di episodi. Uno riguardaun paziente che sta seduto su di un seggiolino mentre viene sottoposto alla ga-


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in Italiastroscopia; improvvisamente è colto da una sincope; immediato trasporto in una vicinasala dove viene rianimato a forza di schiaffi. Di episodi come questi ho avuto modo divederne più di uno in segu<strong>it</strong>o. Dimostrano la compless<strong>it</strong>à <strong>del</strong>l’esame per il paziente maanche la ferma determinazione dei medici a superare un momento di crisi. C’è poi unaltro episodio abbastanza curioso osservato sempre a Parigi. Sto seguendo unarettoscopia con il paziente in posizione genupettorale. Quando l’intervento finisce ilmedico operatore dice: ‘Voilà, … 36 cm di penetrazione’. E il paziente, girando la testa,per nulla turbato: ‘C’est tout?, tutto qui?’”.Nel lungo colloquio Coppo di episodi ne racconta diversi come quello di cui è statoprotagonista Enoch Fiorini, primario chirurgo a Verona e anche lui fondatore <strong>del</strong>la Societàoltre che <strong>del</strong>la Scuola veronese. Fiorini sta compiendo nella c<strong>it</strong>tà scaligera unarettoscopia con il paziente in posizione genupettorale. L’operatore descrive la penetrazione<strong>del</strong>lo strumento, centimetro dietro centimetro. Il paziente si sottrae avanzandolentamente sul lettino fino a quando perde l’equilibrio e cade a terra. Dalla frontesgorga sangue a causa di una fer<strong>it</strong>a lacero-contusa. Fiorini chiama un collaboratore einsieme rialzano e medicano il paziente che, incerottato, esce dalla stanza incontrandola giovane moglie che era in attesa tutta pensierosa. La donna vedendo il mar<strong>it</strong>o conla testa fasciata esclama: ‘Vergine santa! Fin dove ti sono arrivati!’. E Fiorini prontoreplica: “è il progresso, signora, adesso possiamo curare anche il cervello con questanuova metodica”.Al di là degli aneddoti Coppo si sofferma a parlare <strong>del</strong>la valenza scientifica <strong>del</strong>l’endoscopiadigestiva, lui che l’ha segu<strong>it</strong>a passo dietro passo fin dai primi colloqui conTrivellini, Fiorini, Celli e Banche a Milano o in altra c<strong>it</strong>tà sede di congressi medici.Coppo è un’alta autor<strong>it</strong>à medica nel campo <strong>del</strong>le malattie <strong>del</strong> fegato ma sempre si èinteressato <strong>del</strong>la endoscopia digestiva seguendo con un entusiasmo e competenza isuoi più vicini collaboratori come Giovanni Loiodice e poco più tardi Gianpiero Rigoal punto che la Scuola modenese può definirsi fra quelle all’avanguardia in Italia.“L’endoscopia digestiva ha compiuto tanta strada – dice Coppo nel salutarmi al termine<strong>del</strong> colloquio – è passata dagli strumenti rigidi a quelli flessibili, poi è entrata nel vastocampo <strong>del</strong>la chirurgia. Grandi avanzamenti si sono avuti con l’ecografia endoscopicache ne ha ampliato indicazioni e successo. In tutti questi anni in molti mi hanno chiestoun giudizio sul ruolo <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva. Con la mia lunga esperienza posso direche l’endoscopia digestiva è una disciplina autonoma che è, e deve essere indipendente,deve gestire in proprio la didattica, può fare ricerca originale. L’associazione fra Ricercae Didattica è comp<strong>it</strong>o primario <strong>del</strong>l’Univers<strong>it</strong>à”.Una stretta di mano e un saluto a questa grande figura di medico che ha ridato il sorrisoa una molt<strong>it</strong>udine di malati e che ha insegnato l’arte <strong>del</strong> curare a varie generazioni digiovani. Un esempio di uman<strong>it</strong>à. Un Maestro <strong>del</strong>la medicina che purtroppo ci halasciati il 25 gennaio 1999.PARLA AGOSTINO FRATTONCHE RICORDA FIORINIUna giornata sul lago di Garda a parlare di endoscopia digestiva. O meglio <strong>del</strong>laScuola di endoscopia digestiva a Verona. Naturalmente il racconto di AgostinoFratton non può che iniziare da Enoch Fiorini, chirurgo allievo di grandi Maestr<strong>it</strong>edeschi che avevano perfezionato la resezione gastrica. Fratton ricorda che il suoMaestro c<strong>it</strong>ava spesso Sielaf di Hei<strong>del</strong>berg che eseguiva endoscopie gastriche con lostrumento rigido. Quando Fiorini vedeva questi esami rimaneva colp<strong>it</strong>o, oltre che dallatecnica anche dal fatto che i pazienti si facevano togliere gli incisivi per facil<strong>it</strong>arel’introduzione <strong>del</strong>lo strumento.Nel 1963 Fratton entra a far parte <strong>del</strong>l’équipe di Fiorini: un lavoro intenso, quotidiano.La seduta operatoria comincia alle 8 per concludersi verso mezzogiorno con un paio digastroscopie con il gastroscopio di Schindler: di questi strumenti Fiorini ne ha due acquistatipersonalmente in Germania.Agostino Frattonin una fotografia <strong>del</strong> 1968alla presentazione <strong>del</strong> filmsulla fibrogastroscopia99


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”Enoch Fiorini in unr<strong>it</strong>ratto pubblicato sullarivista “Annali Ravasini”<strong>del</strong> 15 ottobre 1972“Fiorini – racconta Fratton – è convinto <strong>del</strong>la util<strong>it</strong>à <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in fase diagnosticadal momento che la radiologia purtroppo non risolve tutti i problemi che si presentanoal medico. Quindi favorisce lo sviluppo <strong>del</strong>la metodica quando ha a disposizione,una prima dimostrazione era stata fatta da Leopoldo Celli, il primo fibroscopio. Fiorinirimane molto soddisfatto <strong>del</strong>lo strumento e convince gli amministratori <strong>del</strong>l’Ospedale, èil 1965, ad acquistarlo. Proprio in quell’anno si svolgea Bologna il primo congresso <strong>it</strong>aliano <strong>del</strong>la Società cheFiorini aveva contribu<strong>it</strong>o a far nascere assieme a Trivellini,Coppo, Banche e Celli. Anzi era stato lui apredisporre tutti gli adempimenti burocratici prima diinv<strong>it</strong>are gli amici a un pranzo per festeggiare la nasc<strong>it</strong>a<strong>del</strong>la Società”.Fratton si entusiasma <strong>del</strong>l’endoscopia, si laurea aPadova, si specializza in anestesia con Gasparetto.Viene assunto come chirurgo anestesista a Veronanella Divisione di Fiorini dove di endoscopia sioccupa Franco Polettini. Con il passare <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>, gliesami di endoscopia digestiva compiuti dall’équipeFiorini, Fratton e Polettini si intensificano. Sull’ondadei successi, su inv<strong>it</strong>o di Fiorini, Fratton va a Pariginel reparto <strong>del</strong> professor Debray dove trova, oltreche un servizio ospedaliero perfetto, un’eccezionaledisponibil<strong>it</strong>à verso il giovane <strong>it</strong>aliano. “Rimango colp<strong>it</strong>o dal fatto che in questa strutturafrancese si utilizzano ancora quegli strumenti semirigidi che noi a Verona avevamoaccantonato. Rimango anche colp<strong>it</strong>o da tutta l’attiv<strong>it</strong>à coordinata da Housset che insegu<strong>it</strong>o mi onorerà <strong>del</strong>la sua amicizia partecipando a congressi organizzati a Verona.Un giorno proprio Housset apre un armadio e mi mostra il fibroscopio dicendomi che,al momento, sarebbe rimasto lì e che l’avrebbe usato solo dopo un ulteriore perfezionamento<strong>del</strong>l’industria. Rimasi colp<strong>it</strong>o anche da un altro fatto: nel salutarmi al termine<strong>del</strong> soggiorno Debray e Housset mi mostrarono una serie di diapos<strong>it</strong>ive gastricheeccezionali per quel momento storico: mi resi conto che era possibile unadocumentazione chiara e attendibile. Tornai a Verona con un grande bagaglio scientifico.Nel 1968 arriva in Ospedale il primo gastroscopio Olympus dotato di pinze dabiopsia, con un terminale flessibile in due direzioni. Con questo strumento si hafinalmente la possibil<strong>it</strong>à di ispezionare tutto lo stomaco. Assieme a Fiorini e Polettinipresentiamo un lavoro sulle zone cieche <strong>del</strong> corpo e fondo gastrico alle ‘GiornateInternazionali di Medicina’ di Verona, presenti Housset e Stoich<strong>it</strong>a, quest’ultimo moltoamico di Fiorini”.100S’intensifica l’attiv<strong>it</strong>à <strong>del</strong>la Scuola veronese che nel 1968 presenta a Genova un lavorosui polipi gastrici. “Un momento importante rappresenta questa nostra ricerca – ricordaFratton – perché riusciamo a portare avanti approfondimenti sui polipi gastrici chevengono poi visionati per l’esame istologico dal professor Sirtori, anatomopatologo<strong>del</strong>l’lst<strong>it</strong>uto Tumori di Milano. L’attiv<strong>it</strong>à si intensifica perché riusciamo ad avere unsecondo strumento a fibre ottiche con un finanziamento <strong>del</strong>la Banca Popolare diVerona. Nel 1969 Fiorini lascia l’attiv<strong>it</strong>à per raggiunti lim<strong>it</strong>i di età e rimane consulente.Il servizio di endoscopia resta aggregato alla chirurgia”.Fratton ricorda con simpatia il “Premio Bucranio”, è il simbolo <strong>del</strong>l’Univers<strong>it</strong>à di Padova,ricevuto per un film realizzato con il contributo <strong>del</strong>la “Carlo Erba”, sotto l’eccezionaleregia di Scolari. Un film con <strong>del</strong>le stupende immagini, altrettanto stupendamentemontate, realizzate con uno strumento a fibre ottiche.Intanto l’Ospedale di Verona crede sempre più nell’endoscopia e Fratton diventa responsabile<strong>del</strong> Servizio di endoscopia, come aiuto di Confortini chiamato al vertice<strong>del</strong>la Chirurgia II di Fiorini unificata, dopo l’usc<strong>it</strong>a dal Servizio <strong>del</strong> chirurgo veronese,alla III. L’attiv<strong>it</strong>à <strong>del</strong>la Scuola veronese va avanti con Fratton e Polettini mentre si aprel’investigazione di tutta l’area <strong>del</strong> duodeno e con<strong>tempo</strong>raneamente s’intensificano glistudi sull’endoscopia d’urgenza.


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in ItaliaSono le vie biliari che da questo momento – il giapponese Oi al vertice di Roma haportato la prima clamorosa dimostrazione di intervento endoscopico – che interessanola Scuola veronese. Si va avanti con le indagini nel mondo <strong>del</strong> duodeno e poi in quello<strong>del</strong>le vie biliari. Intanto la biopsia diventa di uso corrente e si rende necessaria la nasc<strong>it</strong>adi anatomopatologi specializzati nell’interpretazione <strong>del</strong>la mucosa gastrica e duodenale,cosa questa che a Verona diventa una realtà.Nel 1972 Fratton compie il primo cateterismo <strong>del</strong>la papilla di Vater: lo aveva vistoeseguire da Oi a Roma ma aveva imparato a effettuare la tecnica vedendo al lavoro ilgruppo di Fernand Vicari a Nancy dove si era fermato al r<strong>it</strong>orno da un congressoeuropeo a Parigi. Fratton usa per questo intervento un duodenoscopio per vie biliari avisione laterale: è un pioniere in questo campo assieme a Domenico Oselladore aPadova e a Alberto Montori all’Univers<strong>it</strong>à di Roma. L’attiv<strong>it</strong>à cresce e Fratton diventaAiuto <strong>del</strong>la Divisione di gastroenterologia appena aperta all’Ospedale e affidata a PierFrancesco Baratta, allievo di Coppo. Il Servizio di endoscopia viene aggregato a questadivisione e riceve un grande impulso anche per l’arrivo di Giuseppe Franzin, allievo diCoppo, che rappresenta uno dei primi esempi di anatomopatologo specializzatonell’interpretazione <strong>del</strong>la mucosa gastrica e duodenale al punto che Baratta viene autorizzatoa che venissero letti i reperti direttamente nel reparto: in pratica nasce lafigura, è la prima volta in Italia, <strong>del</strong> gastroenterologo istopatologo che verifica quasi incon<strong>tempo</strong>ranea quello che si riesce a vedere con l’endoscopia. Un impulso si ha conl’ist<strong>it</strong>uzione <strong>del</strong>l’Univers<strong>it</strong>à e con l’arrivo <strong>del</strong> professor Scuro che apre la Clinica Medicaorientata verso la gastroenterologia e con un proprio Servizio di endoscopia eun’anatomia patologica diretta da Fiore Donati che si mostra entusiasta di accoglierenell’amb<strong>it</strong>o <strong>del</strong>la propria attiv<strong>it</strong>à il lavoro compiuto nel campo istopatologico dalgruppo coordinato da Fratton che viene nominato nel 1986.In conclusione <strong>del</strong> nostro lungo colloquio sulle rive <strong>del</strong> Garda, il discorso torna aFiorini. Non a Fiorini medico ma al musicista. Fratton ricorda la grande passione <strong>del</strong> suoMaestro per la musica al punto che a un certo percorso <strong>del</strong>la sua v<strong>it</strong>a si era trovato adecidere fra la cura degli uomini e la dedizione agli spart<strong>it</strong>i musicali. Certamente la musicaha perduto un grande artista ma l’endoscopia digestiva <strong>it</strong>aliana, e in senso più ampiola Medicina, hanno acquistato un grande Maestro.A COLLOQUIOCON MARIO BANCHEÈil violino, una vecchia passione, che ora tiene compagnia a Mario Banche, lostudioso torinese che può essere giustamente considerato uno dei fondatori <strong>del</strong>lamoderna endoscopia digestiva <strong>it</strong>aliana. E sta suonando il violino quando lo incontro inun tiepido pomeriggio nella sua ab<strong>it</strong>azione torinese. Un lungo colloquio punteggiato dacaffè, a caccia di ricordi. Ricordi che affondano nel<strong>tempo</strong>, fin da quando veniva usato nel vetusto“Ospedale San Giovanni” di Torino un gastroscopiorigido costru<strong>it</strong>o in Germania. “Un disastro – diceBanche – per tanti motivi: grande difficoltà nell’introduzione,visuale pessima, eruttazione non dominatadai pazienti. Risultato: eliminazione <strong>del</strong>lostrumento dalla scena dopo pochi casi”. Primario èAllodi, Banche solo un allievo nel reparto. Ricordaancora che la colpa <strong>del</strong> non buono funzionamento<strong>del</strong>lo strumento era dovuta sì all’apparecchiaturama anche alla non perfetta anestesia <strong>del</strong> paziente.Nell’Ospedale si va avanti continuando a praticarel’endoscopia lim<strong>it</strong>ata a quella rettale con il rettosigmoendoscopio.Passano gli anni. Banche va aMario Banche in unaimmagine <strong>del</strong>l’iniziodegli anni ’70101


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”I disegni chepubblichiamo sono statiripresi fotograficamentedal libro di R. Boller -GastroenterologischeEndoskopie, EdizioniUrban & Schwarzenberg,Vienna 1958. Questoprezioso volume è statomesso a disposizione daAgostino FrattonParigi per seguire gli esami di un famoso studioso, il professor Moutier, che praticagastroendoscopie con un gastroscopio semirigido. “Parto per la cap<strong>it</strong>ale francesedeciso – racconta il medico torinese – a imparare questa nuova metodica. Quandotorno a Torino, entusiasta, riferisco tutto al mio primario il quale, a sua volta, chiedeun colloquio con il Consiglio d’Amministrazione <strong>del</strong>l’ospedale per acquistare lo strumento.Ma la direzione <strong>del</strong> nosocomio dice no, r<strong>it</strong>enendo la metodica conl’endoscopio flessibile non ancora adatta a garantirerisultati pos<strong>it</strong>ivi. Allora, la settimana dopo – ricordoche era il 1950 – torno a Parigi e acquisto con i mieisoldi l’apparecchio che tanto mi aveva entusiasmato.Quando mi ripresento al reparto – continuaa raccontarmi Banche – trovo una nov<strong>it</strong>à: l’Ospedaleha acquistato un ‘Benedict’ che non permettedi compiere fotografie ma di prelevare biopticamentecon una pinza, mentre il gastroscopio dame acquistato consente un’ottima visione endoscopiama non fa fare alcun prelievo. Ricordo chevicino a me, quando effettuavo le gastroscopie ogastr<strong>it</strong>e ipertroficaaltri esami, c’erano <strong>del</strong>le figure completamenteestranee al mondo medico ma che rec<strong>it</strong>avano unruolo importante: si trattava di disegnatori, assaiprovetti. In pratica quando guardava all’interno<strong>del</strong>l’organismo di un paziente e studiavo unapatologia, inv<strong>it</strong>avo il disegnatore a guardare luistesso la parte sotto osservazione e questi su unfoglio, con mat<strong>it</strong>e colorate, riproduceva la scenavista”.La fibroscopia esplode sulla scena <strong>del</strong>la medicina.Banche se ne rende conto recandosi a New York nel1958: un’emozione per lui l’incontro con il fibroscopio.Il medico torinese ricorda questo viaggiogastr<strong>it</strong>e erosiva/emorragicanegli Stati Un<strong>it</strong>i con un pizzico di commozione.“Dovevo presentare una relazione a un congresso,con me c’era Menghini, il medico divenuto famosoper il suo ago; il collega romano doveva parlare nellostesso congresso di agobiopsia epatica. Ricordo chementre preparavamo il materiale per le conferenze,la pellicola <strong>del</strong> film che Menghini avrebbe dovutoproiettare si attorcigliò e dovemmo lavorare diverseore per risolvere la s<strong>it</strong>uazione”.Banche riferisce poi, in questo colloquio nella bellacasa di Torino, i progressi che sono stati compiutigastr<strong>it</strong>e emorragica <strong>del</strong> fondo nel campo <strong>del</strong>la laparoscopia, una metodica estremamenteimportante che aiuta molto il medico.Molti particolari Banche li aveva avuti da un argentino, Roier, che era statoappos<strong>it</strong>amente inv<strong>it</strong>ato a mostrare la metodica a Torino.102Lo studioso torinese si sofferma sui colloqui, frequenti con Coppo, Celli, Fiorini eTrivellini. E indugia anche sulle nuove tecniche apprese nei vari congressiinternazionali come quelli di Tokyo, Londra e Lione. E fra la tecniche la colangiografiaendoscopica. E poi il ricordo <strong>del</strong>la cost<strong>it</strong>uzione <strong>del</strong>la Società Italiana di Gastroenterolaparoscopiaassieme a Trivellini, Fiorini, Coppo, Gennari, Bucalossi e Celli inuna fredda giornata di dicembre a Verona, mentre la c<strong>it</strong>tà si prepara a festeggiarel’arrivo <strong>del</strong> nuovo anno. Da quel giorno la Società voluta anche da Banche con ungruppo di amici, di strada ne ha fatta molta. E il mer<strong>it</strong>o va dato anche a questo medicoche pone come sottofondo ai suoi tanti ricordi le note di un violino ripreso in manodopo aver lasciato l’attiv<strong>it</strong>à medica.


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in ItaliaUna caricatura diDomenico Oselladoreesegu<strong>it</strong>a nel 1978IL RACCONTODI DOMENICO OSELLADOREAcolloquio con un medico parlando ovviamente di medicina ma, meno ovviamente,di aerei. Succede nelle interviste. Ecco come è andata.“Tutto comincia con un viaggio di mio padre, clinico chirurgo a Milano, all’Univers<strong>it</strong>à,padiglione Monteggia, a un congresso a Roma dove vede un filmato di Leopoldo Cellidedicato all’endoscopia con l’endoscopio flessibile. È il 1961. Mi racconta tutto il filmche rivela un’interessante tecnica medica. Ho ancora tre anni davanti per laurearmi inmedicina. Frequento l’Univers<strong>it</strong>à a Modena con il chirurgo professor Pezzuoli cheproveniva da Cagliari. La Clinica medica è diretta da Coppo, con lui c’è Loiodice, piùtardi arriverà Rigo. Vedendo in azione gli endoscopisti nel reparto di Coppo mi rendoconto <strong>del</strong>le difficoltà che incontrano con la strumentazionea loro disposizione. Vedevano pocoall’interno <strong>del</strong>l’organismo e quel poco non sempreera comprensibile”.Parla Domenico Oselladore, pioniere <strong>del</strong>la Scuolaendoscopica di Padova il quale prosegue nelracconto riferendo di un’idea che gli viene vedendoin azione Loiodice e i suoi collaboratori. Perché, sichiede Oselladore studente, non collochiamo sullapunta <strong>del</strong>l’endoscopio un congegno in grado di farcompiere dei movimenti? E ancora: perché noncostruiamo un gastroscopio a visione frontale anzichélaterale e lo allunghiamo in modo di andare avedere il duodeno? Oselladore si pone in continuazione queste domande, studia beneil problema, pensa di dedicare a questi ques<strong>it</strong>i la sua tesi di laurea e un giorno decidedi sentire il parere di Biglieri, un tecnico specializzato nella strumentazione dedicataall’endoscopia. Oselladore e Biglieri acquistano per 600.000 lire sette fibre ottichedall’ACMI: due da quattro mm, due da cinque mm e tre da sei mm di spessore.Purtroppo nell’acquisto viene commesso un errore perché le fibre non sono <strong>del</strong>lospessore giusto sia per la visione che per la illuminazione. Il risultato: non si riescono afare foto perché la quant<strong>it</strong>à di luce è scarsa. E così lo strumento non può essererealizzato come era negli intendimenti. Oselladore comunque compie 36 endoscopieassieme a Vessanelli, un assistente di Pezzuoli: la prima viene esegu<strong>it</strong>a su un pazientecolp<strong>it</strong>o da sarcoma gastrico.Un giorno, improvvisamente, l’apparecchio modificato da Oselladore con l’aiuto,prezioso, di Biglieri si rompe. Nasce un dissapore fra il medico e il tecnico e lostrumento finisce in un angolo. Salta così la tesi di laurea di Oselladore che avrebbedovuto avere come tema l’esperienza di endoscopie con lo strumento modificato.L’argomento <strong>del</strong>la tesi diventa: “Come e quando operare la col<strong>it</strong>e ulcerosa”.Nel 1967 Domenico Oselladore segue il Maestro Pezzuoli a Padova e continua a compiereesami endoscopici oltre a svolgere la sua attiv<strong>it</strong>à principale che era ed è quella dichirurgo. È opportuno dire sub<strong>it</strong>o che per Oselladore, come per altri studiosi, l’endoscopiadigestiva è una branca <strong>del</strong>la chirurgia. A Padova c’è bisogno di uno strumentopiù perfezionato di quello a disposizione, troppo corto, è di soli 60 cm, ne occorrerebbeuno di almeno 110. I lavori vengonosvolti oltre che da Oselladore, da LorenzoNorberto e da uno studente di medicina,Klaus Muller. Norberto dirige ilservizio di endoscopia <strong>del</strong>la Divisione <strong>del</strong>professor D’Amico. Un gastroscopio avisione frontale con quattro movimenti,7-8 mm di calibro arriva nel 1969. Loaveva mostrato un tecnico <strong>del</strong>la Lorenzattovenuto appos<strong>it</strong>amente da Torino.Assieme a questo gastroscopio vie-Fibroesofago-gastroduodenoscopio“sperimentale”di Oselladore-Biglieri a lucefredda, visione frontale,Ø 12 mm, lunghezza operativa150 cm, 4 movimenti, fibreottiche ACMI - 1962103


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”Oselladore a bordo<strong>del</strong> suo aereo duranteun volo sulle Dolom<strong>it</strong>ine acquistato un colonscopio, segu<strong>it</strong>o due anni dopo da un gastroscopio con un canaledi 2,5 mm a 4 movimenti. Il cosiddetto “parco macchine” si arricchisce con unduodenoscopio a visione laterale, il GF B2, con la punta metallica, a quattro movimenti:è prezioso per compiere il cateterismo <strong>del</strong>le vie biliari, quella tecnica mostrata per laprima volta al mondo al congresso di Roma <strong>del</strong> 1970.“È il 26 marzo 1971 – racconta Domenico Oselladore – quando eseguo il primo cateterismoretrogrado <strong>del</strong>le vie biliari. È il mio primo intervento <strong>del</strong> genere e, a quanto neso, il primo anche in Italia. La paziente una signora siciliana di nome Lucia: avevo tuttopredisposto con una macchina da ripresa e quindi aspettavo solo che entrasse in azioneil radiologo. Mi volto ma il radiologo non c’è. L’intervento riesce perfettamente, assiemea me c’è Cosimo Di Maggio. Il successo diquesto cateterismo è grande al punto checontinuo a farne e quando raggiungo quotasedici vengo inv<strong>it</strong>ato a Parigi a una riunione diesperti che avevano esegu<strong>it</strong>o questa metodica.Ci r<strong>it</strong>roviamo in diciotto, provenientida tutto il mondo: io con sedici casi ma c’eraLiguory, francese, con 50, e Cremer, belga,con 30.“L’endoscopia – prosegue Oselladore – faprogressi e questo convince Pezzuoli che peròè più soddisfatto <strong>del</strong>la tecnica per togliere ipolipi che di quella dedicata alle vie biliaridato che poteva provocare infezioni. Leperpless<strong>it</strong>à di Pezzuoli sono valide e pertanto assieme a Norberto intensifico gli studisenza però trascurare ovviamente la chirurgia che, ripeto, dall’endoscopia può avere ungrande aiuto come la diagnostica degli <strong>it</strong>teri, <strong>del</strong>la patologia pancreatica e<strong>del</strong>l’estrazione dei corpi estranei. In pratica in quest’ultimo campo abbiamo portato latecnica degli otorini a livello gastrico. Come pure importante l’endoscopia nel campodei polipi”.A Roma Montori organizza un congresso ed inv<strong>it</strong>a esperti stranieri specializzati sullapapillotomia endoscopica. Oselladore rimane colp<strong>it</strong>o da questa tecnica e si attrezza.Alla fine degli anni ’70 nasce un nuovo tipo di apparecchio per le vie biliari: è <strong>del</strong>l’Olympus,distribu<strong>it</strong>o in Italia da M.G. Lorenzatto; si tratta <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo JF 1T con canaleda 2,5 mm che sost<strong>it</strong>uisce i mo<strong>del</strong>li JF B-B2-B3 con i quali era proprio difficile lavorare.“Ancora rimpiango questo duodenoscopio per la papilla di Vater. Uno strumentoeccezionale. L’ho valutato e provato la prima volta con Felice Cosentino che, appenadopo la laurea, nel 1974, si è aggregato alla mia sezione di Endoscopia e da allora èiniziato il suo fantastico cammino in questa disciplina. Cosentino lo ricordo sempreimmerso tra le mie diapos<strong>it</strong>ive, intento a ordinarle e interpretarle, e pieno di voglia difare. Più di una volta ho cercato di ‘frenarlo’ nelle sue manie innovative e interventistiche,ma poi puntualmente cedevo ai suoi ragionamenti. Ricordo lo ‘spruzzo’ deisuoi coloranti (anche sui nostri camici) e la passione per la patologia emorragica. Anchedopo il suo trasferimento a Milano (1979) con il Prof. Pezzuoli è rimasto legato alleorigini padovane e siamo in continuo contatto”.L’attiv<strong>it</strong>à si intensifica. Inizia l’era <strong>del</strong>la colecistectomia laparoscopica e Oselladore nerimane affascinato e si butta in questa nuova avventura. Enrico Croce, a Milano, è ilpioniere <strong>del</strong>la metodica in Italia, ma Oselladore, compie, su un signore di media età diMonselice, il primo intervento “sequenziale”, ossia la rimozione endoscopica dei calcoli<strong>del</strong> coledoco e successivamente la colecistectomia laparoscopica: l’intervento vieneeffettuato assieme a Marin (un aiuto <strong>del</strong> Prof. Dagnini).104È lunga e piena di dati la conversazione con Domenico Oselladore in una tiepidagiornata a Padova. La c<strong>it</strong>tà è sorvolata da un aereo. Il medico si affaccia alla finestra esegue la traiettoria <strong>del</strong>l’apparecchio. Mi ricordo che qualcuno mi ha raccontato cheOselladore è un provetto pilota ed è stato anche proprietario di un piccolo aereo. Cimettiamo a parlare di aviazione e alla fine mi domando se sia più grande la sua passioneper i bisturi o per le eliche.


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in ItaliaQUELL’ULTIMO INCONTROCON RODOLFO CHELIIl viaggio fa tappa a Genova. Mi attende Rodolfo Cheli, Divisione di Gastroenterologiaed Endoscopia Digestiva <strong>del</strong> San Martino, una <strong>del</strong>le punte di diamante incampo mondiale.Un incontro breve, troppo breve. Il Professore è malato, molto malato. Una bricioladi conversazione, un saluto a un grande professionista, un abbraccio a un amico.Un’amicizia al di là <strong>del</strong> rapporto tra medico e giornalista scientifico. E allora il profiloe la storia <strong>del</strong>la Scuola genovese si devono affidare a ricordi di conversazioni avutenelle pause dei congressi o nei lunghi viaggi per raggiungere le local<strong>it</strong>àprescelte per i più importanti appuntamenti ai quali Rodolfo Cheli non hamai mancato. Anzi di questi eventi è stato quasi sempre il protagonista.Rodolfo Cheli, un giorno, mi ricordò il suo inizio da medico nella nataleRoma. L’incontro con Giorgio Nava che lo aveva avviato a compiere i primipassi nella gastroenterologia e nell’endoscopia digestiva, specie dopo lascoperta in un angolo <strong>del</strong> Policlinico Umberto I di un vecchio endoscopioflessibile. I viaggi in Francia da Lambling e Moutier, a Erlanger da Henning,a New York da Nieburgs. E poi la serie di nomine a livello nazionale einternazionale – le ho ricordate nei vari cap<strong>it</strong>oli <strong>del</strong> libro – tappa dopo tappafino al vertice <strong>del</strong>la Società mondiale, l’OMED e la prematura scomparsa cheha imped<strong>it</strong>o il completamento <strong>del</strong> mandato. Ricordo che Rodolfo Cheli,quando gli chiedevo dei giudizi sull’endoscopia digestiva, mi inv<strong>it</strong>ava adandare a rileggere le sue conferenze e i suoi interventi sul periodico <strong>del</strong>la Società. Unaricca produzione la sua, in parallelo con quella scientifica: memorabile il libro Lebiopsie gastriche con sonde, per l’ed<strong>it</strong>ore Masson. Di interviste a Cheli ne ho fatte molte.In due occasioni gli ho posto ques<strong>it</strong>i “difficili”. E lui mi ha risposto con testi scr<strong>it</strong>tipresentati nei congressi a dimostrazione che voleva che nell’intervista apparisserodati ufficiali.Che rapporto c’è fra la gastroenterologia e l’endoscopia digestiva?”L’introduzione e la diffusione – dice Cheli che questo concetto riprende alla Conferenzadi Bologna sulle malattie digestive – di nuove metodiche creano nuove dimensionidi studio in medicina e aprono spazi nei quali si colloca una nuova serie di esperienzein progresso. L’attuale misura dimensionale <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva è data dalle realizzazion<strong>it</strong>ecnologiche <strong>del</strong>la fibroscopia, che consentono una esecuzione degli esamipiù facile nei confronti <strong>del</strong>le tecniche fondate sugli strumenti rigidi <strong>del</strong> passato, riservatia pochi specialisti. La condizione odierna viene pertanto a creare una sorta di antinomiafra la raggiunta facil<strong>it</strong>à tecnica-esecutiva e le difficoltà interpretative dei dati lesionaliche permangono.A ciò consegue una problematica organizzativa e soprattutto formativa che investeargomenti di specializzazione, necess<strong>it</strong>à propedeutica alla realizzazione diagnostica.Si ravvisa in altri termini la necess<strong>it</strong>à di una preparazione gastroenterologicaed endoscopica per ottenere una piena configurazione <strong>del</strong>lo specialista inendoscopia digestiva: dobbiamo infatti r<strong>it</strong>enere che seppur l’endoscopia digestivasi richiama da una parte a un dottrinale, a monte di ordine gastroenterologico, essasi indirizza decisamente a un bersaglio di ordine strettamente tecnico-pragmaticoil quale non può concretarsi attraverso preparazioni teoriche, ma solo attraverso unaddestramento pluriennale e quantificato in centri superspecializzati. Ciò al fine diacquisire un’esperienza interpretativa di dati spesso soggettivi ed estremamentefini, che porti a valutazioni diagnostiche esatte, onde ev<strong>it</strong>are che persone noneserc<strong>it</strong>ate siano indotte a incidenti e/o a errori diagnostici di significato taloradrammatico. Di qui l’imperdonabile errore di impiego di strumenti presso centrinon qualificati; di qui, la non giustificazione di entusiasmi nell’acquisto distrumenti per dare un effimero lustro a enti senza una corrispondentecompetenza”.“Un’importante considerazione – aggiunge Cheli – a latere concerne il costo elevatodegli strumenti e il facile deterioramento degli stessi: considerazione di rilievo per chiRodolfo Cheli in unafotografia pubblicata da“OMED Newsletter” nelfascicolo <strong>del</strong> mese disettembre 1994105


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”ha un’esperienza consultiva endoscopica, e che rappresenta oggi un problema assaigrave nelle attuali condizioni di stretta finanziaria <strong>del</strong>le strutture san<strong>it</strong>arie.L’endoscopia non si lim<strong>it</strong>a a problematiche diagnostiche. Se ne consideriamo i suoimolteplici aspetti (contributi bioptici, istologici, c<strong>it</strong>ologici), e ne analizziamo le possibil<strong>it</strong>àdi riporto alle espressioni disfunzionali digestive, viene a prospettarsi un aspettoparticolare <strong>del</strong>l’endoscopia, quale cardine <strong>del</strong>la fisiopatologia. Nella più moderna esperienzal’endoscopia si pone infine come mezzo terapeutico diretto (polipectomia, estrazionedi calcoli, sclerosi di vasi, papillotomia ecc.) condizione che ancor più ci richiamaall’importanza di una raggiunta specifica esperienza.Da quanto detto, emerge la necess<strong>it</strong>à di un nuovo assetto organizzativo-didattico ai finidi codificare i Centri endoscopici e <strong>del</strong>la formazione di endoscopisti impostati in gastroenterologia,ben considerando i pericoli di una despecializzazione che porterebbea errori tecnici, diagnostici e terapeutici. Ne consegue l’esigenza assoluta di riservare ildir<strong>it</strong>to di endoscopia solo a precise strutture ospedaliere-univers<strong>it</strong>arie opportunamentequalificate, nelle quali sarà possibile ist<strong>it</strong>uire Scuole ove, oltre l’iniziale <strong>it</strong>er gastroenterologico,esistano concrete possibil<strong>it</strong>à di apprendimento endoscopico, rifuggendo daetichettazioni formali.Tale esigenza evidentemente non investe soltanto le Scuole formative, ma prospetticamenteinteressa l’ist<strong>it</strong>uzione <strong>del</strong>l’endoscopia nel suo complesso, al fine di non vanificarela materia non solo attraverso errori san<strong>it</strong>ari, ma anche attraverso assurde dispersioniorganizzativo-finanziarie, condizioni ambedue che condurrebbero inev<strong>it</strong>abilmente auna rottura degli equilibri <strong>del</strong>le strutture socio-san<strong>it</strong>arie”.E a un altro ques<strong>it</strong>o, A chi spetta l’endoscopia digestiva?, come risposta mi dà il testoillustrato, nelle vesti di past presidente <strong>del</strong>l’ESGE, a una tavola rotonda <strong>del</strong>l’OMED aLisbona. È il 1994.“È aperto – risponde Cheli – il ques<strong>it</strong>o: a chi spetta l’endoscopia digestiva? La rispostapiù corretta è che l’endoscopia digestiva spetta a chi la sa fare. In questa risposta, chepuò sembrare semplicistica, includiamo il problema <strong>del</strong>l’insegnamento <strong>del</strong>l’endoscopia,al fine di costruire il vero endoscopista, scoraggiando l’esecuzione <strong>del</strong>l’endoscopiasenza un addestramento adeguato, con la final<strong>it</strong>à di diminuire il rischio per il pazienteed ev<strong>it</strong>are una perd<strong>it</strong>a di credibil<strong>it</strong>à di tali tecniche se impiegate da mani inesperte”.Cheli, dopo aver fatto il punto sulla realtà in Europa, prosegue: “Per sviluppareun’attiv<strong>it</strong>à endoscopica sono indispensabili degli standards fondamentali che potremoconsiderare in almeno cento endoscopie superiori, 50 colonscopie e 50 ERCP. È possibilesuddividere l’apprendimento in diversi gradi di difficoltà.Uno schema possibile è il seguente:◆ livello base: endoscopia diagnostica superiore, proctoscopia e sigmoidoscopia flessibile,con prelievi bioptici e c<strong>it</strong>ologici;◆ livello intermedio: pancolonscopia, tecniche terapeutiche semplici quali la dilatazioneesofagea, la polipectomia;◆ livello avanzato: ERCP, papillotomie, protesi, trattamento <strong>del</strong>le emorragie, laser ecc.Questi punti possono rappresentare una prima indicazione per valutare il grado dicapac<strong>it</strong>à professionale”.106LA TESTIMONIANZADI GIAN LUIGI DA BROILaureato a Modena nel 1951 entra sub<strong>it</strong>o a far parte con il Prof. Coppo nell’ist<strong>it</strong>uendaSocietà Italiana di Gastroenterolaparoscopia e con<strong>tempo</strong>raneamente frequenta la IClinica Medica <strong>del</strong>l’Ospedale Civile di Udine diretta, allora, dal Prof. Giuseppe Gherardini.Da tener presente che fino al 1954 non vi era ancora sostanziale divisione tra levarie branche <strong>del</strong>la Medicina Interna (ematologia, neurologia, cardiologia, gastroenterologiaecc.) e che tra il 1953/54 la diffusione europea <strong>del</strong>la Reveu du Practicien (Parigi),considerata una <strong>del</strong>le riviste mediche più importanti d’Europa assieme alla Deutsch MedizinisheWochenschrift (nella quale compaiono articoli che riguardano l’esecuzione di


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in Italiaindagini gastroscopiche a opera <strong>del</strong> Prof. Ch. Debray che lavorava presso l’OspedaleBichat di Parigi) contribuirono notevolmente a sensibilizzare la classe medica versol’endoscopia.Venivano usati strumenti rigidi, simili a quelli già utilizzati dagli otoiatri per lo studio<strong>del</strong>l’esofago. Compare il volume Les Gastr<strong>it</strong>es <strong>del</strong> Prof. Moutier (Parigi) che susc<strong>it</strong>aenorme interesse sull’argomento.Nel 1955, previ accordi intercorsi tra l’OspedaleCivile di Udine e il Prof. Charles Debray <strong>del</strong>l’OspedaleBichat in Parigi, vinto il concorso per l’effettivatoall’Ospedale Civile di Udine, continua i suoistudi trasferendosi per circa due anni, a periodialterni, a Parigi. Debray era considerato allora,assieme al Prof. Hans Stolbre<strong>it</strong>er di Hai<strong>del</strong>berg, ilnumero uno <strong>del</strong>l’endoscopia nascente in Europa e ilpunto di riferimento, per chi si voleva dedicare aquesta branca.Da Broi ha acquistato personalmente il primogastroscopio rigido a Monaco di Baviera (d<strong>it</strong>ta Richard und Gerard Wolff) per la sommadi L. 20.000 circa. Successivamente seguirono altri acquisti da parte <strong>del</strong>l’AmministrazioneOspedaliera.Iniziata l’attiv<strong>it</strong>à endoscopica <strong>del</strong>le alte viedigestive, Da Broi pubblica nel 1957 i primi160 casi sottoposti a gastroscopia. In taleoccasione numerosi commenti cr<strong>it</strong>icivennero esternati perché con l’endoscopionon si esplorava bene specialmente ilfondo gastrico rispetto alla radiologia (sivedeva abbastanza bene l’antro-corpogastrico, senza ovviamente poter superareil piloro). Un solo Primario medico, il Prof.A. Varisco si era complimentato con lui per i risultati ottenuti sostenendo, di fronteai soci <strong>del</strong>la Società Medica <strong>del</strong> Friuli, la valid<strong>it</strong>à di quanto stava facendo. Da Broiricorda che per spronarlo gli disse, con tono autor<strong>it</strong>ario: “continua che sei sullastrada giusta”.Nel 1957 inizia l’attiv<strong>it</strong>à endoscopica il Dott. E. Visentini presso il reparto <strong>del</strong> Prof. E.Belsasso a Trieste. Nel 1958 compare e viene acquistato uno strumento rigido con dueottiche intercambiabili: anterograda e retrograda per una visione più completa. L’attiv<strong>it</strong>àendoscopica viene svolta in una stanzetta <strong>del</strong> reparto di Medicina, dotata di un lettinoe un armadio per gli strumenti, con l’ausilio di un’infermiera. Gli strumenti venivanolavati con soluzioni di acido fenico all’1% oppure con solfo-fenato di zinco all’1%.Venivano esegu<strong>it</strong>e 5-6 sedute per settimana, con 1-2 pazienti alla volta. Anestesiasomministrata 25 gocce di Gratusminal (Strofantina + Luminale). Mediamente un pazientela settimana rifiutava di sottoporsi all’indagine. Il problema maggiore era l’invasiv<strong>it</strong>à(il paziente giaceva supino con il collo iperesteso che sporgeva dal lettino) in assenzadi una sedazione adeguata, tuttavia non sonostate descr<strong>it</strong>te complicazioni in questo arco di<strong>tempo</strong>.Lo stesso anno inizia l’attiv<strong>it</strong>à laparoscopica utilizzandocome gas prima la CO2 (intolleranza e lieveper<strong>it</strong>onismo) e quindi il protossido d’azoto.Nel 1959 compaiono i primi gastroscopi semiflessibilia prismi ottici (d<strong>it</strong>ta Optique de Lavallois-Perrè, Parigi). Buona visione e notevole resistenza.Cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da una maglia d’acciaio, mun<strong>it</strong>o di di-In queste fotografie diDa Broi sonodocumentate dueraccolte di corpi estraneiestratti dalle viesuperiori e inferioriAlcuni strumentiutilizzati da Da Broi:nella parte superioresi possono osservarestrumenti rigidie alcuni semirigidi.In quella inferiore,attrezzaturefotografiche di allora,semplici ma benfunzionanti107


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”screta flessibil<strong>it</strong>à che permette il decub<strong>it</strong>o laterale sx, e quindi una migliore tollerabil<strong>it</strong>àall’esame. Tale s<strong>it</strong>uazione rimane praticamente stazionaria fino al 1967.Nel 1969 Da Broi effettua un corso di perfezionamento in laparoscopia, sempre pressol’Ospedale Bichat di Parigi. Nel 1970 viene ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o a Udine (primo in regione) il serviziodi gastro-laparoscopia ed è nominato aiuto responsabile.Dal 1972 al 1975 segue dei corsi di perfezionamento presso l’Hosp<strong>it</strong>al Lariboisière,L’Hosp<strong>it</strong>al Saint Antoine, la Fondation Curie, l’Hosp<strong>it</strong>al Paul Brousse a Parigi e la primaClinica Chirurgica a Vienna.Nella fotografia sono visibiligli strumenti usati da Da Broinel 1957 per gli esamigastroscopiciNel 1974 viene ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o il servizio di Gastroenterologia<strong>del</strong>l’Ospedale Civile di Udine (aggregato al secondo repartodi Medicina) e successivamente nel 1976 viene ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o ilServizio Autonomo di Gastroenterologia <strong>del</strong>l’OspedaleCivile di Udine e Da Broi è nominato Primario diGastroenterologia nello stesso anno. Essendo migliorate ledotazioni strumentali, nel 1980 inizia l’attiv<strong>it</strong>à ERCP e poinel 1986 l’attiv<strong>it</strong>à di Laserterapia, unico centro in Regionecon particolare riguardo alla cura dei tumori esofagei.Tale fatto incrementa notevolmente le prestazioni e ilprestigio <strong>del</strong> reparto portando a oltre 30.000 gli interventi annui diagnostico-operativie di fisiologia digestiva con una équipe di 5 medici e 15 paramedici.Nel 1987 il servizio ha una sezione autonoma di degenti e inizia l’attiv<strong>it</strong>à di Ecografiaed Ecoendoscopia diagnostica e operativa.Con l’acquisizione nel 1992 di un moderno L<strong>it</strong>otr<strong>it</strong>ore a ultrasuoni, viene completata ladotazione, a nostro modo di vedere, necessaria in un moderno reparto di gastroenterologiaed Endoscopia Diagnostico-Operativa che consente di rispondere a tutte le necess<strong>it</strong>àoperative sulle vie bilio-pancreatiche e metodiche associate.Purtroppo siamo arrivati al 1996 dove inesorabilmente l’entusiasmo, la volontà di fare,l’aiuto dei colleghi, ma soprattutto la passione per questa magnifica branca medicalasciano il posto all’inesorabile corsa <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>, ma sicura nei successi operativi di chiseguirà.108I RICORDIDI GIORGIO NAVACon Giorgio Nava praticamente l’endoscopia digestiva comincia a concretizzarsi aRoma. “Tutto inizia – dice il medico romano ricevendomi nel suo studio chedomina piazza Cavour, proprio davanti al Palazzo di Giustizia, quello che i romanichiamano Il Palazzaccio – quando trovo nell’lst<strong>it</strong>uto di Clinica Medica <strong>del</strong>l’Univers<strong>it</strong>à,direttore Pende, in una scatola di legno un gastroscopio rigido, di fabbricazionefrancese, credo risalente ai primi anni <strong>del</strong> secolo con una guaina abbastanza deteriorata.È il 1942 e sono Assistente: molti di noi lavoriamo in sost<strong>it</strong>uzione di colleghi richiamatialle armi. Voglio provare l’apparecchio, tutto metallico, in un paziente ma non riesco avedere molto. Per di più ho problemi a recuperarlo. Allora mando a chiamare il collegaTagliacozzo che lavorava nella Clinica Chirurgica, diretta da Valdoni, per aiutarmi arisolvere il problema e cioè recuperare la guaina <strong>del</strong>lo strumento rimasta un pezzonell’esofago e un altro pezzo nello stomaco. Questa gastroscopia rimane isolata macontinuo a eseguire esofagoscopie con mio cugino Paolo Biocca effettuando anchequalche broncoscopia. Naturalmente le rettoscopie sono routinarie”. Giorgio Nava, checi tiene a sottolineare di essere un gastroenterologo e di considerare l’endoscopia unabranca che fa parte di questa disciplina medica, racconta poi di quando all’lst<strong>it</strong>uto vieneacquistato uno strumento <strong>del</strong>l’ACMI, un semirigido, con il quale esegue una lunga seriedi gastroscopie. Nel 1949 Nava dà v<strong>it</strong>a al primo ambulatorio di gastroenterologia al


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in ItaliaPoliclinico Umberto I di Roma avendo attorno a sé giovani che di strada ne farannomolta, come Rodolfo Cheli (diventerà una <strong>del</strong>le maggiori autor<strong>it</strong>à in campo gastroenterologicoe in quello endoscopico), De Bac (si affermerà nel campo <strong>del</strong>lemalattie infettive), Verde (si dedicherà alla fisiopatologia respiratoria), Campa(diventerà angiologo) e Scarlini (diventerà primario ospedaliero). Stretto è il dialogo fraNava e Cheli che insieme perfezionano una sonda per la biopsia gastrica. “Avevosaputo – mi racconta Nava – che un australiano compiva biopsie con una particolaresonda. Allora feci costruire da un tecnico di Roma una sonda appos<strong>it</strong>a. Era moltocomplicato utilizzarla ma Cheli, così prestante fisicamente, mi dava una mano”.Successivamente Nava lascia l’Univers<strong>it</strong>à e si trasferisce all’Ospedale San Giacomo diRoma. Un giorno viene a sapere che in Giappone è stato messo a punto uno strumentoestremamente sofisticato chiamato gastrocamera.Si convince <strong>del</strong>la bontà <strong>del</strong>l’apparecchiatura e, tram<strong>it</strong>e alcuni amici che sono in contattocon l’ambasciatore d'Italia a Tokyo, acquista dall’Olympus per 600.000 lire duegastrocamere GT-V con le quali, in collaborazione con un giovane, Ferrari, esegue oltrecento esami dei quali dà resoconto in una relazione.Ormai Nava si è fatto un’esperienza con l’uso <strong>del</strong>la gastrocamera anche perché unaserie di soggiorni in centri specializzati tedeschi arricchiscono la sua cultura medica.Questo bagaglio di conoscenze diventa di comune acquisizione al punto che Navaviene nominato presidente <strong>del</strong>la Società Europea diGastrocamera.“Quelle che mi arrivarono dal Giappone – racconta Nava –erano gastrocamere con dentro un filmino: si riprendevanofoto a colori, una trentina nelle varie posizioni <strong>del</strong>lostrumento. Era molto complesso e costoso sviluppare questofilmino e con l’aiuto di un tecnico romano misi a puntoun nuovo metodo, più semplice e meno caro”. Sempre daun’idea di Nava, in collaborazione con lo stesso tecnico,nasce una metodica per la produzione di filmini necessarialla gastrocamera.Giorgio Nava lascia il San Giacomo e, dopo una brevepermanenza al San Giovanni si trasferisce al Sant’Eugeniodove rimane fino al 1983 quando cessa l’attiv<strong>it</strong>à pubblicaper lim<strong>it</strong>i di età.Durante il lavoro al Sant’Eugenio arriva notizia <strong>del</strong> perfezionamento <strong>del</strong>le gastrocamere:uno dei miglioramenti riguarda l’inserimento di una via ottica. Giorgio Nava acquistalo strumento immediatamente (in segu<strong>it</strong>o lo affiderà alla d<strong>it</strong>ta Lorenzatto per esporlaal museo <strong>del</strong>l’Azienda) che consente di osservare meglio avendo un mirino. L’arrivosul palcoscenico <strong>del</strong>la Ricerca dei gastroscopi a fibre ottiche e dei colonscopi decreta inpratica la fine <strong>del</strong>le gastrocamere. Per Nava non è certo un problema perché continuanella sua opera di gastroenterologo che utilizza, perché ne completa ottimamente l’opera,l’endoscopia digestiva.Giorgio NavaA COLLOQUIOCON MAURO MACCHINILa Scuola Fiorentina svolge un ruolo importante nell’evoluzione <strong>del</strong>l’endoscopia <strong>it</strong>aliana,perché si distingue con consistenti miglioramenti <strong>del</strong>le tecniche emergentisulla scena mondiale. Vediamo la cresc<strong>it</strong>a di questa Scuola parlandone con Mauro Macchinie con Pierangelo Ciani. Due incontri separati, ma che mettono in evidenza puntidi contatto. Cominciamo con Macchini. Lo studioso fiorentino ha il primo incontro conl’endoscopia digestiva negli anni ’50 quando, assistente volontario a Perugia presso l’Ist<strong>it</strong>utodi Patologia Chirurgica diretto dal Prof. L. Tonelli, trova in un armadio una scatolapolverosa. Dentro c’è un “Benedict”, un gastroscopio semirigido (residuato bellico)con illuminazione distale a incandescenza; la porzione rigida di 60 cm, oltre all’ocula-109


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”110L’estratto <strong>del</strong>la pubblicazionedi Macchini e Calabresesull’irrorazione sanguigna<strong>del</strong>la mucosa gastrica negliultraottantenniIl diploma di selezionerilasciato al film diMacchini nel 1966re, presenta gli attacchi per la corrente e per l’insufflazione con doppia palla, l’ingressoper una pinza bioptica e un dispos<strong>it</strong>ivo per orientare su di un solo piano e per circa 15gradi la porzione flessibile; quest’ultima è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da una serie di prismi giustappostiche trasmettono l’immagine verso l’oculare. “Una grossa sciabola con la quale effettuo,con estrema prudenza, e in anestesia generale, alcune prove su pazienti ulcerosi”.In quegli anni a Perugia la patologia gastro-duodenale era assai frequente e viva era lanecess<strong>it</strong>à di conoscerne l’esatta localizzazione e le caratteristiche istologiche. Fino aquel momento Macchini aveva fatto esperienza endoscopica, ma solo con strumenti rigidie in campo urologico, proctologico e broncologico; ora le prospettive si amplianoe inizia una giornaliera esperienza gastroenterologica.Dopo il trasferimento a Pisa, Luigi Tonelli – nel 1964 – viene chiamato a Firenze,portando con sé Macchini, che ottiene dal suo Maestro il primo Hirschow<strong>it</strong>z (il mod.F.O. 4900), acquistato presso la d<strong>it</strong>ta Danieli a Milano: è un endoscopio flessibile, macon illuminazione distale a incandescenza. “Finalmente entriamo facilmente nello stomaco– racconta Macchini – con una semplice anestesia di superficie orofaringea; la visioneè n<strong>it</strong>ida, perché lo strumento possiede una leva di messa a fuoco; tuttavia l’indaginedeve essere condotta per brevi periodi di 20-25 secondi, quanti ne bastano arendere ustionante l’estrem<strong>it</strong>à metallica <strong>del</strong>lo strumento, che dobbiamo raffreddare,abbassando i valori <strong>del</strong> reostato e iniettando acqua attraverso il canale d’insufflazione.Sempre nel 1964 viene acquistato il secondo Hirschow<strong>it</strong>z (il mod. F.O. 5000), che è a‘luce fredda’: si possono eseguire indagini lunghe, senza interruzioni e con una luminos<strong>it</strong>àche consente ottime riprese fotografiche e cinematografiche”.Negli anni ’60 la patologia ulcerosa e neoplastica è al primo posto a Firenze e provincia,così che Macchini può raggiungere una vasta esperienza. Nello stesso periodo ha mododi usare un fibroscopio con gastrocamera Olympus mo<strong>del</strong>lo GTF-A (di proprietà <strong>del</strong>prof. Antonimi, direttore <strong>del</strong>la Geriatria <strong>del</strong> Policlinico di Careggi). In collaborazionecon L. Calabrese, si studiano le modificazioni <strong>del</strong>l’irrorazione sanguigna <strong>del</strong>la mucosagastrica negli ultraottantenni: ne nasce una pubblicazione con fotografie a colori,ancora oggi apprezzabili.“Si sparge la voce di questa febbrile attiv<strong>it</strong>à, anche fuori dei confini scientifici e un giorno<strong>del</strong> 1965 giunge in Ist<strong>it</strong>uto il conduttore Eros Macchi, che desidera allestire un documentarioper la ancora giovane televisione. La troupe mette a soqquadro il nostro Reparto,creando non pochi problemi. Alla fine il documentario è pronto e va in onda nellaRubrica Orizzonti <strong>del</strong>la Scienza e <strong>del</strong>la Tecnica: mostra gli strumenti e alcuni esamiendoscopici in pazienti ulcerosi, ma in ‘bianco e nero’. Per rendere possibili le riprese,ho costru<strong>it</strong>o artigianalmente il raccordo per collegare la telecamera al gastroscopio”.L’attiv<strong>it</strong>à endoscopica di Macchini si intensifica e porta alla realizzazione di importanticontributi scientifici in rapida successione: il primo sul Giornale It. di Chirurgia (21: 417-458, 1965); il secondo su La Chirurgia Generale (5: 31-63, 1965). Entrambe, con ampiadocumentazione iconografica, contribuiscono a gettare le basi <strong>del</strong>l’endoscopia chirurgicain Italia. È sempre <strong>del</strong>lo stesso periodo un cortometraggio su Kodachrome 8mm realizzato in pazienti con poliposi gastrica, che venne presentato al 67° Congresso<strong>del</strong>la S.I.C. il 4 ottobre 1965, quale completamento alla relazione Valdoni-Tonelli “LaChirurgia dei polipi <strong>del</strong> canale digerente”. È <strong>del</strong>l’anno successivo un vero e proprio film(Kodachrome 16 mm, 25 min., sonoro magnetico) che viene accolto e premiato dallaFondazione Carlo Erba nella I Rassegna <strong>del</strong> film medico-scientifico.Nel 1967 vede la luce il Testo-Atlante La Fibrogastroscopia ed<strong>it</strong>o da Piccin, che poi nevolle una edizione in lingua inglese (1971).“La più forte attrazione per la camera operatoria – continua Macchini – mi ha portatoa trascurare l’endoscopia, che è rimasta, tuttavia, la seconda passione, avendo dovutodirigere i Servizi di Endoscopia dei due Ist<strong>it</strong>uti fiorentini di patologia e di Clinica Chirurgica.In questa attiv<strong>it</strong>à ho avuto a disposizione una lunga serie di strumenti Olympus: dalcolonscopio TCF-2L2 al TCF-1S ed al CF-10.I; dal duodenoscopio JF-B3 al JF-1T10; dalgastroscopio GIF-Q al GIF-P ed al GIF-1T20, tutti supportati dalla fonte CLV con lampadaallo xeno, che consentiva registrazioni perfette in ogni s<strong>it</strong>uazione, e utili complementinei corsi di lezione agli studenti <strong>del</strong> V e <strong>del</strong> VI anno e a quelli di due Scuole diSpecializzazione <strong>del</strong>l’Ateneo fiorentino.


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in ItaliaDagli anni ’70 – conclude Macchini – ho costantemente esegu<strong>it</strong>o qualsiasi esame diagnosticood operativo usando una sedazione profonda. Inietto personalmente, essendospecialista anestesiologo, una miscela di concezione originale di tre farmaci, che ho defin<strong>it</strong>oSedoanalgesia.Ottengo esami semplici, tranquilli, senza bisogno di contenzione, senza scialorrea, senzaconati né singulti né prem<strong>it</strong>i, ma soprattutto con totale amnesia retrograda”.L’INCONTRO CONELIO BELSASSOTrieste offre il suo volto più bello in una mattina d’estate quando incontro Elio Belsasso.È uno dei pionieri <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva <strong>it</strong>aliana, è stato al vertice <strong>del</strong>laSocietà e ha rappresentato la Scuola triveneta. Belsasso, il suo è un cognome <strong>it</strong>alianizzatoda quello originario austriaco, deve molto al suo primario – è la fine degli anni ’60– all’Ospedale di Trieste. Il professore Macchioro infatti dà una impostazione gastroenterologicaalla divisione medica che dirige, anche perché è un esperto in campoepatologico. All’Ospedale arrivano due gastrocamere che consentono di gestire le variepatologie. Queste apparecchiature non sono una nov<strong>it</strong>à perchéle aveva introdotte in Italia qualche anno prima Giorgio Nava,gastroenterologo ed endoscopista romano.All’inizio degli anni ’70 fa la sua comparsa all’ospedale di Triesteil primo gastroscopio di realizzazione americana, è <strong>del</strong>l’ACMI:uno strumento che consente di compiere un salto di qual<strong>it</strong>àperché è a fibre ottiche. Con questo fibroendoscopio si vaavanti fino al 1985 quando, a disposizione <strong>del</strong>la Divisione digastroenterologia, arriva la strumentazione per la videoendoscopiaelettronica. Tre le macchine: una <strong>del</strong>la Olympus, una<strong>del</strong>la Fuji e una <strong>del</strong>la Machida. La metodica <strong>del</strong>le videoendoscopiarappresenta un’eccezionale nov<strong>it</strong>à per il medicooperatore, ricorda Belsasso, ma anche per il paziente che “puòvedere l’interno <strong>del</strong> proprio organismo come se lo osservasse suuno schermo televisivo. Due i vantaggi importanti: il primo èche la strumentazione consente di avere una documentazionevideo così come il radiologo può allegare alla cartella clinica la radiografia; il secondovantaggio è che è possibile, in maniera più razionale che in passato, procedereall’insegnamento agli studenti e nelle Scuole di specializzazione”.Elio Belsasso ricorda i suoi esperimenti fra i quali, una nov<strong>it</strong>à per l’ltalia, quello per lacolorazione <strong>del</strong>le mucose in endoscopia digestiva. Con questa tecnica, ideata daigiapponesi, si colora la mucosa con coloranti diversi consentendo l’individuazioneprecoce <strong>del</strong> tumore <strong>del</strong>lo stomaco. Belsasso presenta la sua ampia casistica con questametodica al congresso <strong>del</strong>la SIED <strong>del</strong> 1975, organizzato da Rodolfo Cheli. Lo studiosotriestino ricorda ancora oggi l’incredul<strong>it</strong>à dei colleghi i quali, ben presto, si dovrannoricredere perché la tecnica è così originale e importante al punto tale che Belsasso saràinv<strong>it</strong>ato a presentare una relazione a vari consensi scientifici fino a quello europeo diRoma nel 1988.In questo vertice i consensi sono notevoli a dimostrazione che i colleghi hanno sbagliatoa essere, un <strong>tempo</strong>, scettici. Ma già un anno prima, al congresso <strong>del</strong>la Società aTrieste, le perpless<strong>it</strong>à sulle colorazioni <strong>del</strong>la mucose <strong>del</strong> tumore gastrico erano state superatecon una relazione <strong>del</strong>lo stesso Belsasso.Si diceva <strong>del</strong> congresso <strong>del</strong>l’87 a Trieste. Belsasso ricorda molto bene questo eventoperché ha rappresentato la svolta nella v<strong>it</strong>a <strong>del</strong>la Società Italiana di Endoscopia Digestiva.“Sono al secondo anno di presidenza <strong>del</strong>la Società – dice Belsasso – quando in moltici rendiamo conto che stanno cambiando gli obiettivi di chi opera in questo settore<strong>del</strong>la medicina. Ci sono medici che vogliono rec<strong>it</strong>are un ruolo originale e cioè chiedonola ist<strong>it</strong>uzione di una nuova figura, la special<strong>it</strong>à di chirurgo endoscopista o di medico en-Elio Belsasso111


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”doscopista. Sono evidenti i segnali di una possibile spaccatura all’interno <strong>del</strong>la Societàche, per molti degli iscr<strong>it</strong>ti, appare in mano al sol<strong>it</strong>o gruppo di persone. Il vento di frondacomincia a soffiare a Napoli e a Roma dove prendono forma due sindacati di endoscopisti.Cerco di riportare l’un<strong>it</strong>à all’interno <strong>del</strong>la Società e riesco, con non poca fatica,a tenere tutto sotto l’orb<strong>it</strong>a <strong>del</strong>la Società stessa prima con un’assemblea a Verona e poicon il congresso di Trieste. In pratica i dissidenti accettano che sia la Società a emanareun sindacato. È la prima volta che una Società scientifica dà v<strong>it</strong>a a un braccio sindacale.Ricordo la serata conclusiva <strong>del</strong> congresso di Trieste. Si è già proceduto alle votazionie si aspetta solo l’apertura <strong>del</strong>le urne. La convinzione comune è che la Società avrebbeavuto un consiglio direttivo completamente rivoluzionato con l’eliminazione dei dirigentistorici e con ampio spazio alle nuove leve. Mentre lo accompagno al suo tavoloper la cena di gala, Rodolfo Cheli mi dice: ‘Caro Belsasso, questa è la cena <strong>del</strong>le beffe’.Replico: ‘Caro Cheli, questa è l’ultima cena, bisogna rendersene conto’. Quando siaprono le urne, si scopre che la ‘rivoluzione’ c’è stata veramente: il palerm<strong>it</strong>ano Bazanè nominato presidente, il catanese Russo presidente eletto, mentre io e Rossini diventiamovice presidenti con De Luca, Fratton, Norberto, Pacini, T<strong>it</strong>tobello e Viceconteconsiglieri e Spinelli segretario. Vorrei notare che Russo diventerà presidente effettivonel 1990, Spinelli lo sarà nel 1992 e T<strong>it</strong>tobello nel 1994”.Belsasso, in questo lungo incontro triestino – adesso dirige il Servizio di gastroenterologiaalla clinica Salus che ha ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dopo aver lasciato, per raggiunti lim<strong>it</strong>i di età,l’incarico di primario <strong>del</strong>la Divisione medica <strong>del</strong>l’Ospedale – si sofferma a lungo a parlare<strong>del</strong>la grande opera di divulgazione di insegnamento che la Scuola triestina ha eserc<strong>it</strong>atoin Italia e in particolare nel Triveneto. Non sono stati pochi i medici che hannofrequentato l’Ospedale di Trieste, provenienti da Padova e da Verona dove più tardisarebbero nate due Scuole di grande valenza scientifica.Un insegnamento proficuo, non c’è dubbio.112F.P. Rossini in occasionedi una premiazione <strong>del</strong> 1994.Si riconoscono Gasbarrini,Crespi e MiroglioL’INTERVISTA AFRANCESCO PAOLO ROSSINIStrettamente legata alla figura di Mario Banche è quella di Francesco Paolo Rossini.“Intendiamoci sub<strong>it</strong>o – mi dice Rossini che incontro a Torino – sono un gastroenterologoche compie esami di endoscopia digestiva. R<strong>it</strong>engo che l’endoscopia sia parteintegrante <strong>del</strong>la gastroenterologia. In ver<strong>it</strong>à nasco cardiologo negli anni ’60 con ilprofessor Alessandro Beretta Anguissola a Torino, più tardi andrà a Roma. Con il passare<strong>del</strong> <strong>tempo</strong> mi rendo conto che la cardiologia <strong>it</strong>aliana si e fermata e cioè non sta alpasso di quelle clamorose nov<strong>it</strong>à che andavo via via leggendosulle riviste internazionali. In pratica entro in crisi.E allora vado in giro per l’Europa a cercare le nov<strong>it</strong>à medichee anche per r<strong>it</strong>rovare un’ident<strong>it</strong>à professionale. È il1965. In questo lungo viaggio faccio tappa all’Univers<strong>it</strong>àdi Parigi e assisto a un congresso di gastroenterologi edendoscopisti, in tutto una settantina di persone fra cuialcuni giapponesi che fanno vedere le prime colonscopie.Mi entusiasmo per l’endoscopia che, ripeto, non è unametodica a sé stante ma inscindibile dalla gastroenterologia”.Rossini continua nel suo racconto frammezzato dainv<strong>it</strong>i dei suoi collaboratori a eseguire esami su pazienti che non avrebbero certograd<strong>it</strong>o un rinvio <strong>del</strong>l’esame solo perché un giornalista sta togliendo <strong>tempo</strong> alProfessore. Lo studioso torinese riprende il racconto: “Mi presento a Mario Banche egli chiedo di poter lavorare con lui. Con Banche c’è anche Giorgio Verme, appenagiunto da Siena, si dedica alle patologie <strong>del</strong> fegato che diventeranno la suaspecializzazione. Grazie all’amicizia con Verme, riesco a entrare nel gruppo diBanche prima come volontario e poi nel 1970 come assistente. Mi specializzo in


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in Italiagastroenterologia e mi interesso di endoscopia digestiva, facendo quel poco cheall’epoca era consent<strong>it</strong>o”.A questo punto Rossini riferisce di un episodio estremamente importante e significativoper la storia <strong>del</strong>l’endoscopia <strong>it</strong>aliana. Nel 1970 arriva a Rossini una telefonata da partedi Leandro Gennari <strong>del</strong>l’Ist<strong>it</strong>uto Tumori di Milano che lo inv<strong>it</strong>a ad assistere a unadimostrazione nel Servizio autonomo di endoscopia che da pochi anni è in funzionenella prestigiosa ist<strong>it</strong>uzione oncologica. In pratica si tratta di vedere in funzione, comeRossini si renderà conto due giorni dopo andando a Milano, alcuni strumenti <strong>del</strong>laOlympus per la colonscopia. “Rimango estremamente meravigliato nel vedere questiapparecchi che mostrano un mondo nuovo a me ab<strong>it</strong>uato a effettuare esami con strumentisemirigidi, ne ricordo uno che era una specie di spada con un puntale a becco diflauto. Torno da Banche e gli racconto l’esperienza che Gennari mi aveva offerto e lo inv<strong>it</strong>oa far acquistare dall’Ospedale il colonscopio che ci avrebbe permesso di effettuarebene la diagnosi di cancro e <strong>del</strong>la presenza di polipi. Banche mi risponde che i soldi nonci sono e che avremmo provveduto in segu<strong>it</strong>o. Intanto ci stavamo trasferendo dall’Eremoalle Molinette. Altra convinzione dei progressi che la strumentazione sta facendomi viene dal congresso mondiale di endoscopia digestiva a Roma dove con Banche eBonardi presento una relazione dal t<strong>it</strong>olo: ‘Considerations on rectosigmoid polyposisespecially wh<strong>it</strong>h respect to <strong>it</strong>s casuistic distribution in a service of rectosigmoidoscopy’.Ascolto le relazioni dei più noti studiosi al mondo e vedo i risultati <strong>del</strong>le loro ricerchecon la strumentazione più sofisticata. Quando torno a Torino riprendo il discorso conBanche ma i soldi continuano a mancare. Allora mi ricordo di un’amicizia con l’ingegnerDanieli, importatore <strong>del</strong>la ACMI e ottengo dallo stesso di provare per alcuni giorni uncolonscopio. Rimango soddisfatto e decido di acquistarlo personalmente pagandolo4.500.000 lire. Con questo strumento inizio le colonscopie e do v<strong>it</strong>a al primo lavoroscientifico che viene pubblicato a firma di Banche e Rossini sull’American JournalGastroenterology. Al congresso di Venezia, isola di San Giorgio, presidente LeopoldoCelli, presentiamo il primo film sulle polipectomie endoscopiche <strong>del</strong> grosso intestinocon lo strumento ACMI. È il 1973. In questo periodo mi dedico solo al colon. Bancheeffettua gastroscopie come pure Verme che però si dedica molto al fegato, ci sono nelgruppo Bonardi, Roatta (quest’ultimo molto impegnato con le laparoscopie), Palmas”.Il 1973 rappresenta un anno importante per Rossini che vede la pubblicazione <strong>del</strong> suoAtlante, ricco di eccezionali immagini ed estremamente esauriente. Non è semplice lagestazione di questa pubblicazione al punto che Rossini si fa regalare la carta dal senatoreBurgo, proprietario <strong>del</strong>le omonime cartiere. L’Atlante, in inglese, ottiene un grandesuccesso.Rossini riferisce che è stato creato il Club europeo di enteroscopia di cui è il presidente:questo organismo è stato ufficializzato presso la Prefettura di Nancy. Di progressi se nestanno compiendo molti come è stato illustrato in un vertice europeo nel luglio ’97 aTorino. E in questa c<strong>it</strong>tà si concentrano gli studi per l’esame <strong>del</strong> piccolo intestino.A COLLOQUIOCON ALBERTO MONTORIUn testimone <strong>del</strong> <strong>tempo</strong> <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva romana – ma vedremopresto che assume un ruolo anche in campo mondiale – è Alberto Montori,ora Ordinario di chirurgia generale all’Univers<strong>it</strong>à di Roma La Sapienza.“L’endoscopia digestiva <strong>it</strong>aliana – racconta Montori in un lungo e cordialecolloquio, molte <strong>del</strong>le sue informazioni arricchiscono la storia nei suoi varicap<strong>it</strong>oli – praticamente ha inizio con il congresso di Roma <strong>del</strong> 1970. Partecipaiattivamente all’organizzazione. La scelta che venne fatta sul mio Maestro Marcozzirisiede nel fatto che all’Univers<strong>it</strong>à di Roma, nella Cattedra diretta appuntoda Marcozzi, già si cominciavano a effettuare esami di endoscopia digestivaanche se in prevalenza venivano compiuti accertamenti di carattereurologico o bronchiale. Ma erano esami sporadici, effettuati nei r<strong>it</strong>agli di tem-Un giovane Alberto Montori113


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”Alberto Montorial Nazionale SIED<strong>del</strong> 1983po perché prevalentemente facevo il chirurgo e il chirurgo, tengo a sottolinearlo, hocontinuato a fare al punto che un giorno ebbi quasi paura che andasse in porto unaproposta di affidarmi la Cattedra di endoscopia digestiva. Volevo fare e faccio ilchirurgo pur praticando in modo considerevole l’endoscopia digestiva che <strong>del</strong>la chirurgiaè un’espressione. Nonostante numerose difficoltà, dovute anche alla non comprensioneda parte di molti medici <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva, continuai a dividere il mio<strong>tempo</strong> fra la chirurgia e l’endoscopia e con grande soddisfazionenel 1973 Paride Stefanini, pur appartenendo aun’altra Scuola, volle che collaborassi con lui visti irisultati degli esami endoscopici. Se l’endoscopia aRoma, all’Univers<strong>it</strong>à La Sapienza ha avuto grande svilupposi deve a Giovanni Marcozzi che si era ben resoconto <strong>del</strong>l’importanza di questa metodica. E proprio laScuola di Marcozzi ha compiuto tecniche che hannoaperto la strada in tutto il mondo, come l’endoscopia peroperatoriao l’endoscopia diagnostica e operativa sullevie biliari”.In pratica Alberto Montori e i suoi collaboratori sonostati iperdinamici dominando la scena nazionale, mettendo a punto nuove tecniche eponendosi all’attenzione <strong>del</strong> mondo scientifico. Abbiamo già parlato <strong>del</strong>l’esameintraoperatorio. E poi la prima sfinterotomia, realizzata da Giovanni Viceconte che,come detto, faceva parte <strong>del</strong>la Scuola; la sclerosi <strong>del</strong>le varici esofagee. E poi, sempreall’avanguardia in Italia, le prime protesi nell’esofago in soggetti affetti da cancroinoperabile. E ancora: le prime linfoscintigrafie per via endoscopica, ossia lo studio<strong>del</strong>la diffusione linfatica <strong>del</strong> cancro <strong>del</strong> retto.È lungo l’elenco <strong>del</strong>le nov<strong>it</strong>à e <strong>del</strong>le manifestazioni <strong>del</strong>l’impegno <strong>del</strong>la Scuola romanache si è sviluppata sotto la guida di Alberto Montori. E altrettanto importante è il ruoloche Montori ha svolto per inserire l’endoscopia <strong>it</strong>aliana in campo internazionale sia conla proposizione in sede congressuale di lavori di studiosi <strong>del</strong> nostro Paese, sia con ilsostegno all’elezione di personal<strong>it</strong>à come Cheli e Crespi ai vertici degli organismi, siacon l’acquisizione <strong>del</strong>l’organizzazione di congressi. Lo stesso Montori ha occupato eoccupa ruoli di prestigio come è raccontato in dettaglio nei vari cap<strong>it</strong>oli <strong>del</strong>la storia.114Massimo Crespi nel 1970,organizzatore <strong>del</strong> secondoCongresso MondialeMASSIMO CRESPIRACCONTAPunta di diamante <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva romana è Massimo Crespi, primario alRegina Elena. Ma Crespi è anche un’autor<strong>it</strong>à in campo internazionale perché èstato designato più volte ad assumere incarichi a livello <strong>del</strong>la Società europea emondiale come ho raccontato nella storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva <strong>it</strong>aliana. Nellastessa storia ho anche descr<strong>it</strong>to, con dovizia di particolari,il ruolo avuto da Massimo Crespi nell’organizzazione<strong>del</strong> Secondo Congresso Mondiale <strong>del</strong>la Societàdi Endoscopia Digestiva nel 1970 a Roma.Quando Crespi organizza il vertice, con MarcozziPresidente, da alcuni anni si sta interessando di questametodica perché aveva compreso quanto fosseimportante il “guardare dentro” nella prevenzione <strong>del</strong>lemalattie <strong>del</strong>l’apparato digerente. Il primo strumentocon il quale Crespi lavora, è il 1968, è un gastroscopioACMI, l’aveva acquistato per la sezione di gastroenterologia<strong>del</strong>l’Ist<strong>it</strong>uto Regina Elena.Intensa è l’attiv<strong>it</strong>à di Massimo Crespi sia d’intesa conAlberto Montori nella realizzazione di importanti innovazioni– prima fra tutte una nov<strong>it</strong>à mondiale, l’esa-


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in Italiame endoscopico durante un intervento chirurgico – sia all’interno <strong>del</strong> Regina Elena nelcampo <strong>del</strong>la c<strong>it</strong>ologia per via endoscopica. “Era il 1970 – ricorda Crespi – quandoeffettuammo un importante studio consistente nel prelevare cellule da tutta l’areainteressata da una lesione. Un lavoro d’équipe, assieme a Sabatino e Di Matteo. Inpratica attraverso il canale <strong>del</strong>la biopsia, oltre a mandare giù la pinza per effettuare iprelievi, facevamo passare un catetere con in cima una spazzolina costru<strong>it</strong>a in modo daprelevare cellule. All’epoca di questi esperimenti ero Aiuto coordinatore <strong>del</strong> Centro diprevenzione tumori nell’amb<strong>it</strong>o <strong>del</strong> quale una <strong>del</strong>le sezioni era la gastroenterologia.Adesso dirigo un servizio di prevenzione oncologica nell’amb<strong>it</strong>o <strong>del</strong> quale c’è unasezione di gastroenterologia mentre la sezione di endoscopia digestiva è diretta dalcollega Casale”.Di Casale abbiamo parlato durante la storia <strong>del</strong>la realizzazione di una nuova tecnicache è stata ripresa da importanti pubblicazioni scientifiche. Quindi anche questo studio<strong>del</strong> Regina Elena fa parte <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva romana.L’INCONTROCON ANTONIO RUSSOBreve attesa nel suo studio all’ Univers<strong>it</strong>à di Catania. E una conversazione frammezzatada una serie di “… Professore, il paziente è pronto”. Il colloquio con Antonio Russo,Ordinario di diagnostica e chirurgia endoscopica all’Univers<strong>it</strong>à di Catania e Presidente, nel1990 e nel 1991, <strong>del</strong>la Società Italiana di Endoscopia Digestiva, è lungo e ricco diinformazioni. Si parla degli inizi, <strong>del</strong>la Cattedra univers<strong>it</strong>aria voluta, fermamente volutacon grande lungimiranza, dal professore Basile. E poi <strong>del</strong> libro, il primo, di chirurgiaendoscopica. Un’attesa per ”un altro paziente è pronto”, il <strong>tempo</strong> per soffermarmi sulvolume e trovarlo interessante anche per un giornalista che di Medicina nulla sa.“Ho imparato l’endoscopia in Francia, a Lione, dove mi ero recato per studiare il trattamentochirurgico <strong>del</strong>l’ipertensione portale. Frequentando saltuariamente il reparto digastroenterologia, materia dalla quale ero lontano da un punto di vista culturale, vidi iprimi esami endoscopici e fui talmente affascinato dalla immediatezza <strong>del</strong> riscontrovisivo che trascurai il reparto chirurgico e segui B. Moulinier, uno dei padri <strong>del</strong>l’endoscopiaflessibile in Europa. Al termine <strong>del</strong>lo stage, prima di partire chiesi al prof. Levrat,Ordinario di gastroenterologia presso l’Univers<strong>it</strong>à C. Bernard, se r<strong>it</strong>enesse che l’endoscopiadigestiva potesse avere un futuro; la sua risposta fu entusiasticamente affermativa,così io tornai dalla Francia ex chirurgo e neo endoscopista.Antonio Russo con NibSoehendraRientrato in Italia – continua Russo – iniziai la mia nuova attiv<strong>it</strong>à e partecipai attivamentealla prima campagna <strong>del</strong>l’endoscopia che è stata quella <strong>del</strong>la Radiologia. Bisognavadimostrare come la nuova metodica di studio fosse vincente nel risolvere le problematichediagnostiche poste dalla patologia <strong>del</strong>l’apparato digerente. Inizialmente neeravamo convinti solo noi, successivamente se ne resero conto i fru<strong>it</strong>ori <strong>del</strong>le tecnicheendoscopiche, e oggi anche i radiologi illuminati ammettono che il riscontro endoscopicodebba essere considerato metodica di prima istanza. La v<strong>it</strong>toria <strong>del</strong>la campagna<strong>del</strong>la Radiologia fu sanc<strong>it</strong>a nel 1976 da un ed<strong>it</strong>oriale, a firma R. Lambert e B. Moulinier,apparso su Presse, int<strong>it</strong>olato ‘L’endoscopia di prima intenzione nell’esplorazione esofago-gastro-duodenale’.Tenete conto che gli americani hanno iniziato a parlare di ‘Primalinea endoscopica’ solo da 3-4 anni, e che gli inglesi hanno coniato il termine ‘Openaccess endoscopy’ da non più di due anni. Con<strong>tempo</strong>raneamente alla endoscopia altadiagnostica iniziai a eseguire l’esplorazione endoscopica <strong>del</strong> colon, e quindi quella <strong>del</strong>levie biliari. Resomi conto che il termine endoscopia non era più sinonimo di esofagogastroduodenoscopia,ma si doveva riferire a un insieme di metodiche da realizzare routinariamentee da affinare nel <strong>tempo</strong>, abbandonai <strong>del</strong> tutto la chirurgia e dedicai tuttoil mio impegno clinico e culturale solo a quella che r<strong>it</strong>enevo potesse diventare una nuovabranca <strong>del</strong>la medicina. Nel 1979, il mio Maestro, il prof. Basile, uomo lungimiranteche ha avuto grande fiducia nello sviluppo <strong>del</strong>le tecnologie, fece inserire nell’ordina-115


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”mento univers<strong>it</strong>ario <strong>it</strong>aliano, e di questo gliene sarò grato, una nuova materia di insegnamentodenominata ‘Diagnostica e Chirurgia Endoscopica’. E questi sono i primidieci anni.“ ”Un vissuto clinico,uno didatticoe uno societarioI secondi 10 anni, che vanno dall’80 al ’91, sono stati 10 anni anch’essi intensi, nell’amb<strong>it</strong>odei quali io individuerei un vissuto clinico, uno didattico e uno societario.Cosa è stato il vissuto clinico? È stato la realizzazione <strong>del</strong>le nuove tecniche, soprattuttoterapeutiche, via via proposte: la polipectomia, il trattamento <strong>del</strong>la calcolosi <strong>del</strong>la viabiliare, la dilatazione <strong>del</strong>l’acalasia, l’arresto <strong>del</strong>le emorragie, la sclerosi <strong>del</strong>le variciesofagee, la palliazione <strong>del</strong>le neoplasie <strong>del</strong> tubo digerente e <strong>del</strong>le vie biliari. L’acquisizioneall’endoscopia di una nuova indicazione è stata da tutti noi vissuta in manieraintensa; era qualcosa che veniva tolta alle terapie tradizionali e con<strong>tempo</strong>raneamenterealizzata sotto gli sguardi increduli e poco rassicuranti <strong>del</strong>la medicina ufficiale. E nell’amb<strong>it</strong>o<strong>del</strong> nostro vissuto clinico vi sono indimenticabili momenti drammatici: lamorte improvvisa di un paziente per arresto cardiaco, l’insorgenza di una complicanzagrave da trattare chirurgicamente.Quanto alla didattica, che ha occupato pur essa un ruolo molto importante nell’arco diquesti secondi 10 anni, io l’ho vissuta non in senso tecnologico-futuribile, ma in manieramolto pragmatica; ho cercato cioè di focalizzare l’attenzione sull’uso appropriato<strong>del</strong>le tecniche endoscopiche nel contesto <strong>del</strong>le realtà cliniche quotidiane. Proprio perquesto pragmatismo gli ultimi due corsi da me organizzati sono stati entrambi sulfollow-up endoscopico (se bisogna farlo, quando bisogna farlo, e perché bisogna farlo)e sul ruolo diagnostico terapeutico <strong>del</strong>l’endoscopia in s<strong>it</strong>uazioni cliniche di difficilesoluzione.Vediamo – conclude Russo – infine il terzo vissuto: quello societario. R<strong>it</strong>engo giustosorvolare sulle confl<strong>it</strong>tual<strong>it</strong>à non culturali che hanno portato momenti di profonda incomprensionetra i medici interessati ai problemi <strong>del</strong>la gastroenterologia, mentre mipiace porre l’accento sull’attiv<strong>it</strong>à svolta come Coordinatore ed<strong>it</strong>oriale <strong>del</strong> Giornale Italianodi Endoscopia Digestiva.È stata questa un’esperienza nuova e interessante che, vissuta con grande impegno, miha offerto momenti di grande emozione e di gratificazione culturale.”116PASQUALE SPINELLIE IL CENTRO DELL’ISTITUTO TUMORIIst<strong>it</strong>uto Tumori di Milano rappresenta uno dei centri all’avanguardia per l’endoscopiadigestiva. È stato il primo o comunque fra i primi, a dotarsi di una divisioneL’autonoma e questo dimostra da solo la lungimiranza <strong>del</strong>l’Ist<strong>it</strong>uto. Ripercorro le tappe diquesta realtà <strong>it</strong>aliana con Pasquale Spinelli. Nasce chirurgo a Roma con Valdoni, poiprimario in alcune c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliane, infine arriva all’Ist<strong>it</strong>uto dei Tumori di Milano. Medico digrande valenza, ottimo organizzatore al vertice <strong>del</strong>la SIED, prima come consigliere poisegretario, infine dal ’92 al ’93 Presidente con un grande impegno rivolto alla valorizzazione<strong>del</strong>l’endoscopia digestiva e <strong>del</strong>la figura <strong>del</strong>l’endoscopista in confronti moltodifficili con le ist<strong>it</strong>uzioni a cominciare dal Ministero <strong>del</strong>la San<strong>it</strong>à. Se l’endoscopia digestivaha compiuto progressi in campo scientifico – basti c<strong>it</strong>are gli eccezionali risultati con illaser – e se ha compiuto passi avanti in campo sociale lo si deve anche a Pasquale Spinelli.Quando Spinelli arriva a Milano ha già un’esperienza di endoscopia, quella che hannoun po’ tutti i chirurghi nel campo degli strumenti rigidi come le broncoscopie, esegu<strong>it</strong>econ Piero Mazzoni e le cistoscopie con Blasucci. Anche le gastroscopie vengono esegu<strong>it</strong>ein Clinica Chirurgica dal 1968 quando all’Univers<strong>it</strong>à di Roma è arrivato il primoendoscopio flessibile. Spinelli è un assistente chirurgo, dorme in Clinica e quando c’èda fare esami endoscopici, al mattino presto, chiamano lui.Quando giunge a Milano nel 1972 all’Ist<strong>it</strong>uto Tumori esiste già un interesse all’attiv<strong>it</strong>à


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in Italiaendoscopica. Al momento <strong>del</strong>l’ingresso Spinelli organizza in Ist<strong>it</strong>uto il servizio di endoscopia,che diventa il primo centralizzato al mondo. In segu<strong>it</strong>o di uguali ne nascerannouno a Mosca, uno in Francia, uno a Los Angeles e uno a Tokyo. In pratica, laprima idea di dipartimento poiché nel reparto – anche se è allogato solo in due stanze– convergono competenze di endoscopia digestiva, urologica e respiratoria; in piùinizia l’attiv<strong>it</strong>à di laparoscopia.“… Era da poco tornato – ricorda Spinelli – dagli Stati Un<strong>it</strong>i, Gianni Bonadonna, ilquale un giorno mi dice: ‘all’Ist<strong>it</strong>uto Nazionale <strong>del</strong> Cancro di Bethesda praticano labiopsia epatica per la stadiazione dei linfomi, perché non farla anche noi?’, aggiungeSpinelli: ‘magari in laparoscopia, così da esplorare l’addome’. All’epoca sistadiavano i linfomi con le biopsie epatiche e con la splenectomia per individuarefocolai di tessuto linfomatoso extralinfonodale. Si operavano quindi pazienti spessodefedati, gravandoli di importanti complicanze e di lunghedegenze. La laparoscopia avrebbe invece ev<strong>it</strong>ato l’intervento.“Rapidamente misi a punto la tecnica – continua Spinelli – edeseguii, primo al mondo, la stadiazione sottodiaframmaticadei linfomi con la sola laparoscopia. I risultati furonopubblicati sui principali giornali oncologici internazionali(Br<strong>it</strong>ish Medical Journal, 1975, Cancer Treatment Reports, 1976ecc.) e il lavoro ebbe un successo enorme; furono richiestecentinaia di ‘reprints’ e io ricevetti vis<strong>it</strong>atori da ogni parte <strong>del</strong>mondo Stati Un<strong>it</strong>i, Svezia, Giappone, Argentina e da tuttal’Europa, per imparare la tecnica di stadiazione laparoscopicadei linfomi. Fu allora che ebbi chiara la sensazione che avreipotuto lasciare la chirurgia per dedicarmi completamenteall’endoscopia, anche perché l’attiv<strong>it</strong>à endoscopica cominciavaa diventare così intensa da non lasciarmi respiro. Ricordo che,essendo mancato qualche giorno da Milano, le richieste eranocosì numerose che arrivai a eseguire 17 laparoscopie in una stessa giornata. Ilpaziente che prima veniva sottoposto alla laparotomia in anestesia generale ora, conla laparoscopia, subiva solo un esame in sedazione, azzerando complicanze e tempidi degenza.Intanto si afferma sempre di più l’endoscopia con gli strumenti flessibili e nel 1973, nonappena negli Stati Un<strong>it</strong>i vengono realizzate le prime polipectomie, Shinya, allora ilmaggiore esperto, viene inv<strong>it</strong>ato all’Ist<strong>it</strong>uto dei Tumori di Milano durante il corso annualee presenta la sua esperienza, che dà inizio anche a quella <strong>del</strong>l’Ist<strong>it</strong>uto. Nellostesso anno si dà inizio alla diagnostica <strong>del</strong>le vie biliari con la colangiopancreatografiaretrograda e, qualche mese dopo, nel 1974, si esegue la prima papillotomia. Sono leprime papillotomie che si praticano in Italia. Il Professor Valdoni – dice Spinelli –quando gli avevo parlato <strong>del</strong>la possibil<strong>it</strong>à di praticare quest’intervento, nonostante lasua lungimiranza, mi aveva sconsigliato dal farlo, ma la medicina avanzava, non potevamofermarci!”In quegli anni il gruppo dei medici si amplia e Spinelli ha come aiuto Paolo Pizzetti. Intensaè l’attiv<strong>it</strong>à di formazione con oltre cento medici che si succedono a turno nel servizioper seguire gli esami e imparare le basi <strong>del</strong>l’endoscopia. Si allarga anche la sede ebisogna trovare spazio alla biblioteca che si arricchisce di lavori scientifici e dei prim<strong>it</strong>esti di endoscopia. L’attiv<strong>it</strong>à si amplia anche nel campo <strong>del</strong>l’endoscopia respiratoria esi eseguono i primi trattamenti disostruttivi <strong>del</strong>la trachea e dei grossi bronchi. In endoscopiaoperativa digestiva si iniziano i trattamenti palliativi dei cancri stenosanti <strong>del</strong>l’esofago,che aprono il cap<strong>it</strong>olo <strong>del</strong> trattamento <strong>del</strong>le stenosi <strong>del</strong> tubo digestivo e <strong>del</strong>levie biliari. Tutto quanto in endoscopia può essere utile in campo oncologico viene sviluppatoin questa struttura, dapprima in modo pionieristico poi sempre più in modoscientifico e professionale.E si arriva all’epoca dei laser che accrescono le possibil<strong>it</strong>à per l’endoscopia. Cominciaun’avventura estremamente originale attraverso un dialogo stretto e ricco di risultati frail gruppo di Pasquale Spinelli e quello <strong>del</strong>l’Elettronica Quantistica <strong>del</strong> Pol<strong>it</strong>ecnico di Milano,che ha sede proprio dall’altra parte <strong>del</strong>la strada dove sorge l’Ist<strong>it</strong>uto Tumori. Nasceil primo progetto finalizzato <strong>del</strong> CNR “laser di potenza”. Una meravigliosa collabo-Pasquale Spinelli relatoreal Congresso SIED <strong>del</strong> 1989117


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”razione, che mette insieme competenze mediche e scienza di base con la fisica. Ilprogetto parte nel ’79 con frequenti vis<strong>it</strong>e negli Stati Un<strong>it</strong>i dove viene acquistato ilprimo laser. Nascono quattro poli CLAM (Centro Laser Applicazioni Mediche) a Milano,Bari, Napoli e Firenze.Importanti progressi vengono compiuti dal gruppo di Spinelli sempre nell’amb<strong>it</strong>o deiprogetti finalizzati <strong>del</strong> Consiglio Nazionale <strong>del</strong>le Ricerche nel campo <strong>del</strong>la terapia fotodinamicariuscendo, primi in Europa a compiere un trattamento su un tumore <strong>del</strong>la trachea.Progressi anche nel settore <strong>del</strong>la spettroscopia attraverso studi di fluorescenza,sulla scia degli esperimenti compiuti negli Stati Un<strong>it</strong>i.Intensa l’attiv<strong>it</strong>à di Spinelli nella Società, che ha serv<strong>it</strong>o da socio fino a segretario e apresidente, avviando battaglie pol<strong>it</strong>iche per dare dign<strong>it</strong>à alla figura <strong>del</strong>l’endoscopistache deve svolgere un’attiv<strong>it</strong>à a <strong>tempo</strong> pieno e occuparsi approfond<strong>it</strong>amente <strong>del</strong>lamateria. Tra le sue prospettive è anche la creazione di Un<strong>it</strong>à di endoscopiapluridisciplinare, di tipo dipartimentale, in cui possano convergere competenzedifferenti di tipo endoscopico, per utilizzare a pieno e al meglio risorse sia tecnicheche umane ed economiche; e poi la lotta per la creazione dei Centri di altaspecializzazione in grado di applicare e far progredire una metodica, quellaendoscopica, che, utilizzata appropriatamente, promuove interventi poco traumatici,a scarso tasso di complicanze e con risparmio sui costi di trattamento. E ancora:un’azione mirata per l’idone<strong>it</strong>à nazionale al primariato per gli endoscopisti, che vieneottenuta ma poi perduta negli anni successivi. Una <strong>del</strong>le tante contraddizioni chepunteggiano la storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva <strong>it</strong>aliana.118Alberto T<strong>it</strong>tobellorelatore al “Live 94”I RICORDI DIALBERTOQTITTOBELLOuando si nomina l’endoscopia digestiva, Alberto T<strong>it</strong>tobello ama ricordare il suoprimo approccio a questa disciplina.Nel 1967 il gruppo di gastroenterologi-epatologi <strong>del</strong> Policlinico di Milano si ricost<strong>it</strong>uì,sotto la guida <strong>del</strong> Prof. Dioguardi, che era stato in Cattedra a Cagliari per alcuni anni.T<strong>it</strong>tobello viene convocato nello studio <strong>del</strong> direttore, che dice: “Ho saputo che alPadiglione Monteggia due ‘matti’, in un bugigattolo, introducono degli strani tubisemirigidi nello stomaco dei pazienti, con grave rischio per il loro esofago. Và avedere, perché secondo me questa pratica avrà un enormefuturo”. Fu così che T<strong>it</strong>tobello introdusse il suo primogastroscopio Hirschow<strong>it</strong>z con mano tremante, sotto laguida di Mirelli e Fichera. Fu un colpo di fulmine, innamoramentoa prima vista.Dioguardi procurò sub<strong>it</strong>o da alcuni sponsor i gastroscopiACMI e Machida e iniziò una proficua pratica clinica e diricerca soprattutto nel campo <strong>del</strong>le emorragie-gastriche e<strong>del</strong> follow-up <strong>del</strong>le gastr<strong>it</strong>i astrofiche.“La casistica <strong>del</strong>le varici esofagee era ampia (eravamoepatologi), ma che paura introdurre quei ‘bastoni’ in pazienticon varici!”.Con Mirelli e Fichera, T<strong>it</strong>tobello fece il suo esordio congressualenell’endoscopia, come relatore sulle emorragie digestive<strong>del</strong> tratto digestivo superiore al Congresso di Taormina.La casistica sul follow-up <strong>del</strong>le gastr<strong>it</strong>i atrofiche fu pubblicata dopo 20 anni e si affiancòa quelle <strong>it</strong>aliane (Chieti) ed europee (Siurala).L’innamoramento a questa disciplina ebbe un ulteriore impulso nel 1972, quando T<strong>it</strong>tobelloseguì un breve tirocinio da Vicari a Nancy e iniziò, per primo in Lombardia e trai primi in Italia, con Fratton, Oselladore e Montori, il cateterismo <strong>del</strong>la papilla di Vater.Il Prof. V<strong>it</strong>torio Staudacher, allora direttore <strong>del</strong>la chirurgia d’Urgenza – che T<strong>it</strong>tobelloama definire “il più grande clinico medico tra i più grandi chirurghi” rimase estasiato


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in Italiada questa pratica diagnostica innovativa e fu fonte inesauribile di casistica di patologie<strong>del</strong>le vie biliari e pancreatiche.Negli anni ’80 T<strong>it</strong>tobello, insieme con i suoi due più validi collaboratori, prima Pier AlbertoTestoni e poi Enzo Masci, pubblicò la casistica <strong>it</strong>aliana più importante in questocampo, specie in quello <strong>del</strong>le malattie pancreatiche.Si può dire che T<strong>it</strong>tobello sia stato tra coloro che hanno contribu<strong>it</strong>o a dare all’endoscopiadigestiva il maggior impulso sia nel campo <strong>del</strong>la ricerca, sia in quello organizzativo<strong>del</strong>la Società.LA TESTIMONIANZA DIGIULIANO BEDOGNILa prima gastroscopia alla quale ebbi occasione di assistere risale al 1967, quando,ancora studente, seguivo le eserc<strong>it</strong>azioni tenute dal Dr. G. Rigo, al quale sonoancora legato da rapporti di collaborazione e di sincera amicizia, nella Clinica Medicaallora diretta dal prof. M. Coppo all’Univers<strong>it</strong>à di Modena.Sub<strong>it</strong>o dopo la laurea, consegu<strong>it</strong>a nel 1969, venni assunto in qual<strong>it</strong>à di assistentepresso la Chirurgia Generale <strong>del</strong>l’Ospedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia. Era, giàallora, fortemente sent<strong>it</strong>a, da parte <strong>del</strong> Primario Prof. U. Parisoli, la necess<strong>it</strong>à di sviluppareun’attiv<strong>it</strong>à endoscopica all’altezza di una moderna chirurgia Gastroenterologica.Pertanto nei primi anni ’70 iniziai il mio percorso diformazione presso la Divisione di Gastroenterologia<strong>del</strong> Bellaria di Bologna diretta dal Prof. P.R. Dal Montee nel 1974 nel mio ospedale venne formalmente ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>oun Servizio di Endoscopia Digestiva aggregatoalla II Divisione Chirurgica.Da allora l’endoscopia digestiva consolidò in modosistematico il proprio ruolo diagnostico, ma soprattuttoiniziò a sviluppare le sue potenzial<strong>it</strong>à operative che miindussero a completare le mia formazione continuandola frequenza presso il prof. Dal Monte dal quale vidi laprima ERCP diagnostica nel 1976; da qui arricchii lamia esperienza grazie al Prof. Liguory, Demling e Classen, che a buon dir<strong>it</strong>to a tutt’oggivengono considerati i padri <strong>del</strong>l’Endoscopia Digestiva e sono stati maestri pertanti endoscopisti <strong>it</strong>aliani.Nel dicembre <strong>del</strong> ’77, fu inviato al nostro reparto il primo paziente che poteva esseresottoposto alla prima sfinterotomia endoscopica. Si trattava di un anziano signore(81 anni) che presentava un classico quadro di colang<strong>it</strong>e settica grave e inizialestato di shock da ostruzione l<strong>it</strong>iasica <strong>del</strong> coledoco e che i chirurghi preferivano nonoperare; dopo 2 giorni dalla sfinterotomia ed estrazione di calcoli il paziente era ingrado di r<strong>it</strong>ornare a casa in buona forma. Questo episodio rinforzò notevolmente laconvinzione che le metodiche operative potevano integrarsi o essere efficacementealternative alla chirurgia tradizionale.Gradualmente prese corpo la consapevolezza <strong>del</strong>la necess<strong>it</strong>à di un’autonomia gestionale/organizzativaoltre che culturale e professionale per cui pur rimanendo finoall’85 formalmente un servizio aggregato alla chirurgia, l’endoscopia di Reggio Emiliainiziò un cammino autonomo che si concretizzava in migliaia di esami, molti deiquali operativi, con particolare dedizione all’endoscopia biliopancreatica e allapubblicazione di vari lavori scientifici fra cui il primo testo-atlante di endoscopiaoperativa scr<strong>it</strong>to in collaborazione con la scuola <strong>del</strong> prof. D. Oselladore, tradottoprima in inglese e successivamente in francese con la presentazione di Claude Liguory.Gli anni successivi sono serv<strong>it</strong>i a costruire la “scuola” i cui principi ispiratori sonoquelli <strong>del</strong>la concezione attuale <strong>del</strong>la leadership vincente: negazione <strong>del</strong> “divide et im-Giuliano Bedogni e la suaéquipe nel 1994: M. GraziaMortilla, Enrico Ricci, R<strong>it</strong>aConigliaro e Dario Pacchione119


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”pera” e <strong>del</strong> “non insegnare sarai il solo eccellente” di leonardiana memoria. Ognimembro <strong>del</strong> team è un soggetto portatore di progettual<strong>it</strong>à e capace di lavorare incollaborazione con gli altri, può essere a sua volta leader e deve essere messo ingrado di esprimere tutte le sue potenzial<strong>it</strong>à.Questa filosofia ha consent<strong>it</strong>o il raggiungimento di risultati importanti che hannopermesso alla scuola di farsi conoscere a livello nazionale e di guadagnarsi la stimae l’apprezzamento <strong>del</strong>l’endoscopia <strong>it</strong>aliana, tanto da diventare in pochi anni unpunto di riferimento per tanti professionisti che volevano accostarsi a questa disciplina.Sono nate così importanti iniziative come: il primo Congresso Italiano sui mezziaudiovisivi in endoscopia digestiva (Lerici 1986), la partecipazione alla rassegna internazionale<strong>del</strong> film scientifico: il Medikinale di Parma nell’edizione <strong>del</strong> 1986 dove ciè stato assegnato il primo premio.Ho segu<strong>it</strong>o la realizzazione <strong>del</strong> primo software di refertazione endoscopica Esculapio,utilizzato tuttora, in versione window, da molti centri di endoscopia <strong>it</strong>aliani.Nel frat<strong>tempo</strong> crescevano la competenza e l’impegno di tutti i membri <strong>del</strong> gruppo:il Dottor Ricci, che mi ha affiancato alla guida <strong>del</strong> Servizio e ha contribu<strong>it</strong>o alla formazionedi tanti colleghi anche coordinando e stimolando la produzione scientifica,fino all’impegno degli ultimi anni che ha portato l’endoscopia di Reggio Emilia adottenere la Certificazione ISO 9002 nel maggio <strong>del</strong> 1997.Il Dottor Giorgio Bertoni, che si è particolarmente impegnato nella produzione scientificaarrivando alla pubblicazione di 2 libri (“Le varici esofagee” e “La storia<strong>del</strong>l’endoscopia”) nonché di molti lavori originali comparsi su riviste internazionalidi prestigio; la Dottoressa Maria Grazia Mortilla che ha preso in mano la gestioneorganizzativa <strong>del</strong>l’interfaccia con l’utenza e con i forn<strong>it</strong>ori; la Dottoressa R<strong>it</strong>a Conigliaroche ha portato all’interno <strong>del</strong> gruppo l’applicazione di nuove metodiche (comead es. la l<strong>it</strong>otrissia extracorporea e l’ecoendoscopia) oltre che continuare a lavorareper mantenere sempre vivo, insieme al Dottor Enrico Ricci, l’impegno organizzativoe scientifico nella Società Italiana di Endoscopia.Infine, solo in ordine di <strong>tempo</strong>, l’ultimo membro <strong>del</strong> team: il Dottor Sassatelli cheha messo a disposizione <strong>del</strong> gruppo la sua importante competenza nel campo <strong>del</strong>laEvidence Based Medicine aiutando tutti noi ad applicare questa filosofia e questometodo di lavoro che contribuisce sensibilmente a migliorare la qual<strong>it</strong>à <strong>del</strong>le nostrescelte terapeutiche nell’interesse <strong>del</strong> paziente e <strong>del</strong>la cultura medica.Questo per raccontare una sintesi e solo a grandi linee la mia storia tanto lunga(quasi 30 anni) quanto entusiasmante. Ho c<strong>it</strong>ato infine solo alcuni dei tratti salientie <strong>del</strong>le qual<strong>it</strong>à dei miei collaboratori ai quali devo, oltre ai risultati professionali escientifici raggiunti, anche la grande opportun<strong>it</strong>à di ricoprire le cariche direttive nellaSIED.120A COLLOQUIOCON LORENZO BONARDISi può fare un’intervista sull’endoscopia digestiva cominciando dalla Juventus. Perchéanche il calcio e, in particolare un campione <strong>del</strong>la Juventus, l’attaccante RobertoBettega, ha un ruolo, piccolo ma pur sempre significativo, nella storia <strong>del</strong>la <strong>EndoscopiaDigestiva</strong> Italiana. Ecco un aneddoto che ha per protagonisti Roberto Bettega, MarioBanche, affermato primario di endoscopia digestiva, e Lorenzo Bonardi, giovane medico,allora, <strong>del</strong>lo staff di Banche. E un mezzo dollaro USA.Racconta Bonardi, in un interessante colloquio di una calda mattina d’estate a Torino:“Una domenica di febbraio <strong>del</strong> 1974, la Juventus, poche ore prima di scendere in campoper una part<strong>it</strong>a di campionato, perde Bettega. Era successo che nel pullman che portavala squadra allo stadio Comunale, Bettega inavvert<strong>it</strong>amente parlando con Furino, altrocampione bianconero, aveva ingoiato un mezzo dollaro USA che, sol<strong>it</strong>amente, teneva


Storia <strong>del</strong>l’endoscopia digestiva in Italiacome portafortuna. Un inconveniente per niente banale se impedisce al giocatore discendere in campo. Ci provano in molti con i rimedi più impensabili a rimuovere il corpoestraneo, addir<strong>it</strong>tura un megapiatto di polenta. Niente da fare”.E così Bettega, il lunedì mattina, viene accompagnato in ospedale per sottoporsi a unaccertamento. Mario Banche ci prova più volte con una pinza endoscopica ma il mezzodollaro sfugge alla presa. Banche, stremato si rivolge a Lorenzo Bonardi: “Provaci tu”.Bonardi tenta ma invano. Poi ha un’idea. Va in laboratorio e con un martello, un paiodi colpi giusti, modifica la pinza. Con lo strumento artigianalmente adattato, il mezzodollaro è recuperato. E Bettega può andare allo stadio per l’allenamento.Un episodio, uno dei tanti che Bonardi mi racconta <strong>del</strong>la sua v<strong>it</strong>a di medico in ospedale(ora è Primario <strong>del</strong>la Divisione di Gastroenterologia all’Ospedale Gradenigo di Torino)e (ndr: all’epoca <strong>del</strong>l’intervista) al vertice <strong>del</strong>la Società Italiana di Endoscopia Digestiva.E proprio in quest’ultima veste ha vissuto forse uno dei periodi più difficili <strong>del</strong>la Societàquando si rischiò una frattura sulla vicenda degli endoscopisti chirurghi e di estrazionemedica. E qui Bonardi è costretto a togliersi il camice e indossare la veste <strong>del</strong>diplomatico.“Un momento difficile – mi dice – una serie infin<strong>it</strong>a di incontri, viaggi in continuazionea Roma. Alla fine la soddisfazione di aver portato a soluzione il problema. Ma lo sa chefare il diplomatico è più difficile che tirar fuori mezzo dollaro?” Chiedo come c’è riusc<strong>it</strong>o.E Bonardi mi risponde: “Perché credevo in quello che facevo”.E Bonardi in quello che fa ci ha sempre creduto come quando, con un entusiasmo tuttogiovanile, era ancora al quarto anno di Medicina a Torino, nel 1964,cominciò a credere nella nascente endoscopia. A dargli l’entusiasmo erastato Mario Banche che accettò di averlo nel suo ospedale. Masoprattutto Luigi Roatta, Assistente <strong>del</strong> Primario, convinto sosten<strong>it</strong>ore<strong>del</strong>la metodica. Un lavoro impegnativo: alcune rettoscopie rigide egastroscopie con lo strumento semirigido e tante laparoscopiediagnostiche. Ma le soddisfazioni non mancano perché la Divisione diMedicina diretta da Banche diventa l’1 gennaio <strong>del</strong> 1969 Divisione diGastroenterologia – sempre con Banche al vertice.Un giorno arriva in ospedale, affidato dalla Lorenzatto a Banche, il primoduodenoscopio a luce fredda, a visione laterale. Cresce l’entusiasmo, s<strong>it</strong>entano strade nuove. E la prova è in un lavoro di Mario Banche,Francesco Paolo Rossini (nel frat<strong>tempo</strong> era entrato a far parte <strong>del</strong> gruppo questostudioso che rec<strong>it</strong>erà un ruolo importante) e Lorenzo Bonardi: uno studio chedocumenta in assoluto le prime osservazioni <strong>del</strong>la papilla di Vater. Con il nuovostrumento.Bonardi snoda il rosario dei ricordi come quello <strong>del</strong>le lezioni degli allievi di Vicari diNancy nell’autunno <strong>del</strong> ’73 per apprendere la tecnica <strong>del</strong>l’incannulazione <strong>del</strong>la papilladi Vater: ha inizio così lo studio, primo in Italia insieme al gruppo di Fiorini a Verona,<strong>del</strong>le vie biliari e pancreatiche.Lui non se ne accorge ma quasi si commuove quando va indietro nel <strong>tempo</strong> e sfoglial’album <strong>del</strong>le immagini di un’intensa v<strong>it</strong>a dedicata all’endoscopia. È un racconto garbato,mai una punta di acredine mai un giudizio fuori dalle righe. E scorrono le figure diBanche che va in pensione e di Verme che lo sost<strong>it</strong>uisce.Ricordi di una lunga attiv<strong>it</strong>à scientifica e assistenziale alle Molinette, fino al passaggioin una nuova struttura, quella <strong>del</strong>l’Ospedale di Gradenigo con puntate rapide aicongressi <strong>del</strong>la Società: splendida l’idea di affidare al filosofo Vattimo l’apertura <strong>del</strong>Congresso di Torino <strong>del</strong> 1995. E l’illustre studioso sorprende tutti con un’affascinanterelazione dal t<strong>it</strong>olo “Noi siamo quello che mangiamo”. Ma Bonardi il suo ricordo piùbello lo tiene per ultimo, proprio quando sto per congedarmi. Si alza e dallo scaffaleprende la sua “creatura”, il libro redatto nel 1991 con Rodolfo Rocca, ERCP, una tecnicadiagnostica e terapeutica (Utet), presentato da Antonio Russo al Congresso di Catania.Bonardi parla mentre comincio a sfogliare il bellissimo volume che ha, come autori deisingoli cap<strong>it</strong>oli, firme di illustri esperti; mi colpisce sub<strong>it</strong>o una frase posta all’inizio, èdal giuramento di Ippocrate: “Non asporterò mai calcoli, ma lascerò questo comp<strong>it</strong>o acoloro che se ne occupano”. Mi chiedo: ma Bonardi, scegliendo questa frase, si riferivasolo ai calcoli o, con la saggezza propria dei piemontesi (lui è di Mathi, alle porte diLorenzo Bonardi nel 1998presidente <strong>del</strong>la SIED121


cap<strong>it</strong>olo 7Parlano i “<strong>Testimoni</strong> <strong>del</strong> <strong>tempo</strong>”Torino) ha voluto lanciare un messaggio a chi vuole fare senza saper fare? O dice diaver fatto senza sapere nemmeno come si fa?Un libro dedicato alla papilla di Vater che in questo storia <strong>del</strong>l’Endoscopia Digestiva miha a lungo accompagnato. Chiedo a Bonardi: ma cosa è questa papilla? E lui, conun’immagine che sa di poesia: “Vede, è una minuta struttura dal nome <strong>del</strong>icato e femmineoche ha stregato generazioni di endoscopisti. È possessiva, esaustiva e volubile.Ma nessuno di questi difetti ha valore di fronte al piacere che si prova ad affrontarla, aviolarne i segreti, a vincerla”.Una papilla o una incantevole e intrigante Signora?122

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