11.07.2015 Views

Il protocollo di Kyoto - Regione Molise

Il protocollo di Kyoto - Regione Molise

Il protocollo di Kyoto - Regione Molise

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>Il</strong> <strong>protocollo</strong> <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> Pagina 1 <strong>di</strong> 10Le decisioni <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong>Vincenzo Ferrara(ENEA, Dipartimento Ambiente)1. IntroduzioneLa “Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici”, (la cui siglainternazionale è: UN-FCCC) approvata nella Conferenza Mon<strong>di</strong>ale sull’Ambiente e loSviluppo <strong>di</strong> Rio de Janeiro (giugno 1992) e ratificata dall’Italia il 15 gennaio 1994contiene una serie <strong>di</strong> obblighi che per finalità generali, possono così raggrupparsi:a) obblighi sul breve termine volti alla limitazione delle possibilità <strong>di</strong> cambiamenticlimatici globali, o comunque alla mitigazione <strong>di</strong> tali cambiamenti, indotti dalle attivitàumane, me<strong>di</strong>ante azioni o contromisure che agiscono soprattutto sulle cause principalidei cambiamenti climatici, quali ad esempio le emissioni in atmosfera <strong>di</strong> gas e<strong>di</strong>nquinanti capaci <strong>di</strong> aumentare l’effetto serra naturale del nostro pianeta;b) obblighi sul me<strong>di</strong>o termine volti alla mitigazione degli effetti dei cambiamenticlimatici globali con azioni e contromisure che agiscono soprattutto sulla prevenzionedei possibili danni e sulla minimizzazione delle preve<strong>di</strong>bili conseguenze negativeindotte dai cambiamenti climatici sull’ambiente naturale, l’ambiente antropizzato e losviluppo socio-economico, quali ad esempio i danni all’agricoltura ed alle risorse idriche(prodotti da processi <strong>di</strong> ari<strong>di</strong>ficazione e desertificazione nella fascia temperatasubtropicale), la salinizzazione delle falde freatiche e la <strong>di</strong>struzione degli ambienticostieri indotti dall’innalzamento del livello del mare, ecc.;c) obblighi sul lungo termine volti all’adattamento dell’umanità ai cambiamenti climaticie, quin<strong>di</strong>, ad un nuovo ambiente naturale globale <strong>di</strong>verso da quello attuale e la cuievoluzione è causata appunto dai cambiamenti climatici globali, me<strong>di</strong>ante azioni ocontromisure che agiscono soprattutto sulla programmazione dell’uso del territorio edelle risorse naturali e sulla pianificazione dello sviluppo socio-economico mon<strong>di</strong>ale.Se consideriamo gli impegni contenuti nella Convenzione sopra citata in termini <strong>di</strong>obiettivi settoriali da raggiungere, la tipologia degli obblighi può essere così sintetizzata:1) obblighi <strong>di</strong> natura politica e socio-economica nazionale nei settori più rilevanti delleattività umane, quali la produzione e l’uso dell’energia, i processi ed i prodottiindustriali, l’agricoltura e la produzione agro-alimentare, la gestione dei rifiuti, ecc.2) obblighi <strong>di</strong> natura politica e socio-economica internazionale per la cooperazioneinternazionale, in particolare tra Paesi industrializzati e Paesi in via <strong>di</strong> sviluppo o coneconomia in transizione, per il trasferimento <strong>di</strong> nuove tecnologie, e soprattutto <strong>di</strong> knowhow,capaci <strong>di</strong> promuovere crescita economica e benessere sociale con impatti ambientalibassi e comunque non pregiu<strong>di</strong>zievoli sugli equilibri del sistema climatico globale;http://wwwamb.casaccia.enea.it/conferenza/interventi/interv_<strong>Kyoto</strong>.htm 26/11/2003


<strong>Il</strong> <strong>protocollo</strong> <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> Pagina 2 <strong>di</strong> 103) obblighi <strong>di</strong> natura tecnico-scientifica per la partecipazione ai gran<strong>di</strong> programmi <strong>di</strong>ricerca scientifica internazionale su ambiente globale e cambiamenti climatici e ai gran<strong>di</strong>sistemi internazionali per le osservazioni globali della terra e del clima, e per lo sviluppodell'innovazione tecnologica nei vari settori, industriale, energetico e produttivo;4) obblighi <strong>di</strong> natura culturale e sociale per l'informazione del pubblico e la <strong>di</strong>ffusionedelle informazioni sui problemi e le implicazioni dei cambiamenti climatici sui complessiequilibri tra sistema ambientale e sistema climatico globale, nonché la formazioneculturale e professionale delle nuove generazione su tali tematiche.Nella Convenzione UN-FCCC impegni ed obblighi non sono dettagliati in termini <strong>di</strong>azioni concrete da effettuare, modalità operative <strong>di</strong> attuazione, tempi da rispettare oaltro, ma vengono enunciati in termini generali e sud<strong>di</strong>videndoli per gruppi <strong>di</strong> Paesi acui sono in<strong>di</strong>rizzati. I gruppi <strong>di</strong> Paesi previsti sono tre:i) tutti i Paesi aderenti alle Nazioni Unite, le Organizzazioni intergovernative e gli altrifirmatari della Convenzione, che sono tenuti a rispettare gli obblighi generali <strong>di</strong> cui alparagrafo 1 dell’art. 4 della Convenzione, oltre quelli <strong>di</strong> cui all’art. 5 (ricerca edosservazioni sistematiche) e all’art. 6 (educazione, formazione e informazione delpubblico);ii) i Paesi sviluppati e quelli ad economia in transizione (sono 36 Paesi elencatinell’Annesso I della Convenzione), che sono tenuti a rispettare anche gli obblighi <strong>di</strong> cuial paragrafo 2 dell’art. 4 della Convenzione;iii) i Paesi sviluppati (sono 25 Paesi elencati nell’Annesso II della Convenzione), che sonotenuti a rispettare, oltre quelli precedenti, anche gli obblighi <strong>di</strong> cui al paragrafo 3 dell’art.4 della Convenzione.2. Che cos’è il <strong>protocollo</strong> <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong>Nella Convenzione UN-FCCC viene istituito un organo definito “La Conferenza delleParti”, al quale viene demandato il compito fondamentale <strong>di</strong> dare attuazione dei principie degli impegni generali contenuti nella convenzione stessa. Questo organo, che èl’organo supremo e decisionale, ha anche il compito <strong>di</strong> controllare l’effettivosvolgimento delle azioni per il raggiungimento degli obiettivi della UN-FCCC.Per svolgere questi compiti la “Conferenza delle Parti” si avvale <strong>di</strong> un “Segretariato” ilcui ruolo è prevalentemente organizzativo e <strong>di</strong> assistenza, <strong>di</strong> “Organi sussi<strong>di</strong>ari” tra cuiuno <strong>di</strong> consulenza scientifica e tecnica, uno <strong>di</strong> attuazione operativa ed eventualmentealtri che la stessa “Conferenza delle Parti” decidesse <strong>di</strong> istituire.<strong>Il</strong> Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong>, approvato dalla “Conferenza delle Parti” nella sua terza sessioneplenaria tenuta a <strong>Kyoto</strong> dal 1 al 10 <strong>di</strong>cembre 1997, è dunque un atto esecutivo contenentele prime decisioni sulla attuazione operativa <strong>di</strong> alcuni degli impegni della Convenzionehttp://wwwamb.casaccia.enea.it/conferenza/interventi/interv_<strong>Kyoto</strong>.htm 26/11/2003


<strong>Il</strong> <strong>protocollo</strong> <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> Pagina 3 <strong>di</strong> 10UN-FCCC e precisamente degli impegni più urgenti e prioritari (quelli <strong>di</strong> cui alla letteraa) del paragrafo precedente) e relativamente ad alcuni settori delle economie nazionali(quelli <strong>di</strong> cui al punto 1) del paragrafo precedente).Per quanto riguarda gli obblighi le cui finalità sono riportate nei punti b) e c)precedentemente citati e per gli obblighi la cui tipologia è riportata nei punti 2), 3), e 4)sopra detti, nulla <strong>di</strong> specifico viene detto nel Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong>, se non riba<strong>di</strong>re quantogià previsto in termini generali nella Convenzione UN-FCCC. Inoltre, le misureapprovate nel Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> riguardano esclusivamente i Paesi <strong>di</strong> cui al punto ii)del paragrafo precedente, vale a <strong>di</strong>re i Paesi sviluppati e quelli ad economia intransizione dell’est europeo.In altre parole il Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> in<strong>di</strong>vidua e definisce operativamente solo una partemolto limitata degli impegni da attuare. Anche se molto lavoro resta ancora da fare aifini attuativi, tuttavia le azioni e le misure decise a <strong>Kyoto</strong> dalla “Conferenza delle Parti”rappresentano un punto <strong>di</strong> partenza fondamentale non solo nella <strong>di</strong>rezione delleproblematiche dei cambiamenti climatici, ma anche nel quadro più generale dellosviluppo sostenibile.Infatti, nonostante l’alto rischio <strong>di</strong> fallimento che da più parti si paventava alla vigilia <strong>di</strong>questo importante appuntamento per le apparenti intransigenze <strong>di</strong> molti Paesi in via <strong>di</strong>sviluppo e <strong>di</strong> alcuni Paesi sviluppati quali gli Stati Uniti, e nonostante i continui colpi <strong>di</strong>scena che si sono avuti durante la fase <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione delle misure da attuare, è statoavviato un processo <strong>di</strong> collaborazione mon<strong>di</strong>ale su base consensuale, un processo che al<strong>di</strong> là delle inevitabili me<strong>di</strong>azioni e delle inevitabili critiche su chi ci ha perso e chi ci haguadagnato o tra chi ne è uscito sconfitto e chi vincitore, ha posto comunque, ed inqualche modo ha anche sancito, la centralità dei problemi del clima globale nellosviluppo socio-economico mon<strong>di</strong>ale e la centralità dello sviluppo sostenibile per il futurodel nostro pianeta e per la sopravvivenza stessa dell’umanità.<strong>Kyoto</strong>, quin<strong>di</strong>, non rappresenta affatto un punto <strong>di</strong> arrivo o una grande conquista<strong>di</strong>plomatica mon<strong>di</strong>ale (le misure decise sono scarse, parziali e limitate solo ad alcuniaspetti), ma è solo un timido punto <strong>di</strong> partenza per i problemi del clima e dello svilupposostenibile, ma soprattutto per la cooperazione mon<strong>di</strong>ale anche in altri settori delletematiche globali quali la bio<strong>di</strong>versità, la desertificazione e l’Agenda 21.3. Gli obblighi fondamentali del <strong>protocollo</strong> <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong><strong>Il</strong> Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> impegna i Paesi industrializzati e quelli ad economia intransizione (i Paesi dell’est europeo) a ridurre complessivamente del 5% le principaliemissioni antropogeniche <strong>di</strong> gas capaci <strong>di</strong> alterare l’effetto serra naturale del nostropianeta entro il 2010, e precisamente nel periodo compreso fra il 2008 ed il 2012. Questigas, detti gas <strong>di</strong> serra, sono:- l’anidride carbonica;http://wwwamb.casaccia.enea.it/conferenza/interventi/interv_<strong>Kyoto</strong>.htm 26/11/2003


<strong>Il</strong> <strong>protocollo</strong> <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> Pagina 4 <strong>di</strong> 10- il metano;- il protossido <strong>di</strong> azoto;- i fluorocarburi idrati;- i perfluorocarburi;- l’esafluoruro <strong>di</strong> zolfoL’anno <strong>di</strong> riferimento per la riduzione delle emissioni dei primi tre gas è il 1990, mentreper i rimanenti tre (che sono anche gas lesivi dell’ozono stratosferico e che per altriaspetti rientrano in un altro <strong>protocollo</strong>: il Protocollo <strong>di</strong> Montreal) è il 1995.La riduzione complessiva del 5%, però, non è uguale per tutti. Infatti per il Paesi dellaUnione Europea, nel loro insieme, la riduzione deve essere <strong>di</strong> 8%, per gli Stati Uniti lariduzione deve essere del 7% e per il Giappone del 6%. Nessuna riduzione, ma solostabilizzazione è prevista per La Federazione Russa, la Nuova Zelanda e l’Ucraina.Possono, invece, aumentare le loro emissioni fino al 1% la Norvegia, fino al 8%l’Australia e fino al 10% l’Islanda.Poiché l’attuale andamento delle emissioni dei gas <strong>di</strong> serra sopra citati provenienti daiPaesi industrializzati e da quelli ad economia in transizione avrebbe portato ad unatendenziale crescita complessiva delle emissioni <strong>di</strong> circa il 20%, la misura decisa a <strong>Kyoto</strong><strong>di</strong> una riduzione complessiva del 5% rappresenta un grande risultato, perché significache tutti questi Paesi dovranno in realtà procedere ad un drastico taglio delle loroemissioni tendenziali <strong>di</strong> circa il 25%, vale a <strong>di</strong>re una riduzione effettiva che è <strong>di</strong> moltosuperiore a quanto possa superficialmente apparire ad una prima lettura del Protocollo.Se analizziamo più in dettaglio gli attuali andamenti, che mostrano una tendenza allacrescita delle emissioni nei Paesi sviluppati ed una tendenza alla <strong>di</strong>minuzione nei Paesiad economia in transizione, gli obiettivi imposti dal Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> risultanoparticolarmente gravosi per i Paesi industrializzati ma soprattutto per alcuni <strong>di</strong> essi qualigli Stati Uniti, il Canada, il Giappone e la Nuova Zelanda. Per l’Europa, nel suo insieme,lo sforzo per il raggiungimento <strong>di</strong> questi obiettivi, quantunque importante, apparecomparativamente meno gravoso. Particolarmente favorevole, invece, sembra, in termini<strong>di</strong> obblighi, il risultato ottenuto dall’Australia rispetto agli altri Paesi industrializzatiNessun tipo <strong>di</strong> limitazione alle emissioni <strong>di</strong> gas ad effetto serra viene previsto per i Paesiin via <strong>di</strong> sviluppo, perché un tale vincolo, come era stato già <strong>di</strong>scusso a Rio de Janeiro nel1992, rallenterebbe, o comunque con<strong>di</strong>zionerebbe, il loro cammino verso lo svilupposocio-economico . Infatti, qualsiasi limitazione alle emissioni <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> serra che siripercuote poi nella produzione e nei consumi energetici, in agricoltura, nell’industria enegli altri settori produttivi, comporta oneri finanziari e costi aggiuntivi, non soloeconomici, che i Paesi in via <strong>di</strong> sviluppo non sono <strong>di</strong>sposti a pagare perché influirebberonegativamente sul loro processo <strong>di</strong> evoluzione, a meno che tali costi non venganointeramente accollati dai Paesi sviluppati.Vale la pena osservare, tuttavia, che la crescita delle emissioni <strong>di</strong> anidride carbonica ehttp://wwwamb.casaccia.enea.it/conferenza/interventi/interv_<strong>Kyoto</strong>.htm 26/11/2003


<strong>Il</strong> <strong>protocollo</strong> <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> Pagina 5 <strong>di</strong> 10degli altri gas <strong>di</strong> serra sta attualmente avvenendo con ritmo che è circa triplo (+25% nelperiodo 1990-95) <strong>di</strong> quello che sta avvenendo nei Paesi sviluppati (+8% nel periodo 1990-95). Ciò vuol <strong>di</strong>re che attorno al 2010 non solo questo impegno dei Paesi industrializzativerrà vanificato, ma anche che, a tale data, le emissioni mon<strong>di</strong>ali <strong>di</strong> tali gas <strong>di</strong> serrasaranno cresciute complessivamente <strong>di</strong> circa il 30% in più rispetto ai livelli del 1990.Dunque, il Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong>, pur essendo un ottimo punto <strong>di</strong> partenza, potrebberisultare del tutto inutile, se non si trovano nelle prossime sessioni negoziali della“Conferenza delle Parti” soluzioni adeguate e onorevoli che garantiscano ai Paesi in via<strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> procedere spe<strong>di</strong>tamente e senza impe<strong>di</strong>menti nel loro cammino verso losviluppo, ma che garantiscano altresì che gli obiettivi interme<strong>di</strong> e finali dellaConvenzione UN-FCCC vengano effettivamente raggiunti a livello mon<strong>di</strong>ale.Per la riduzione delle emissioni, il Protocollo in<strong>di</strong>vidua come prioritari alcuni settori:- l’energia, intesa sia come combustione <strong>di</strong> combustibili fossili nella produzione edutilizzazione dell’energia (impianti energetici, industria, trasporti, ecc.), sia comeemissioni non controllate <strong>di</strong> fonti energetiche <strong>di</strong> origine fossile (carbone, metano,petrolio e suoi derivati, ecc.);- i processi industriali, intesi come quelli esistenti nella industria chimica, nell’industriametallurgica, nei produzione <strong>di</strong> prodotti minerali, <strong>di</strong> idrocarburi alogenati, esafluoruro<strong>di</strong> zolfo, nella produzione ed uso <strong>di</strong> solventi, ecc.;- agricoltura, intesa come zootecnia e fermentazione enterica, uso dei terreni agricoli,coltivazione <strong>di</strong> riso, combustione <strong>di</strong> residui agricoli, ecc.;- rifiuti, intesi come <strong>di</strong>scariche sul territorio, gestione <strong>di</strong> rifiuti liqui<strong>di</strong>, impianti <strong>di</strong>trattamento ed incenerimento, ecc.Ai fini della riduzione delle emissioni <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> serra non va tenuto conto solo dei rilasciin atmosfera dei gas <strong>di</strong> serra provenienti dalle attività umane, ma anche degliassorbimenti che vengono effettuati dall’atmosfera attraverso idonei assorbitori cheeliminano tali gas e li immagazzinati opportunamente in modo da non aumentarel’effetto serra naturale. Uno dei principali assorbitori <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> serra, ed in particolaredell’anidride carbonica, è costituito da piante, alberi e, in generale, dall’accumulo <strong>di</strong>biomassa attraverso la crescita della copertura vegetale. Pertanto, opere <strong>di</strong> forestazioneiniziate dopo l’anno <strong>di</strong> riferimento: il 1990, vanno tenute in debito conto ai fini delbilancio fra quanto rilasciato in atmosfera e quanto assorbito da boschi e foreste.Le azioni <strong>di</strong> forestazione possono essere <strong>di</strong> due tipi: riforestazione, cioè incrementare lacrescita delle foreste su aree che erano già forestali e che incen<strong>di</strong> boschivi o l’azioneumana hanno <strong>di</strong>strutto o depauperato, oppure afforestazione, cioè impiantare nuoviboschi e nuove foreste su territori potenzialmente idonei o da rendere idonei, ma che inpassato non erano sede <strong>di</strong> boschi e foreste.La riduzione delle emissioni <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> serra in atmosfera deve in definitiva essere intesacome riduzione delle “emissioni nette”, vale a <strong>di</strong>re in termini <strong>di</strong> bilancio tra quantocomplessivamente aggiunto all’atmosfera (rilasciato verso l’atmosfera) e quantocomplessivamente sottratto dall’atmosfera (assorbito dall’atmosfera ed immagazzinato).http://wwwamb.casaccia.enea.it/conferenza/interventi/interv_<strong>Kyoto</strong>.htm 26/11/2003


<strong>Il</strong> <strong>protocollo</strong> <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> Pagina 6 <strong>di</strong> 104. Gli altri obblighi del Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong>Ai fini della attuazione degli specifici impegni sopraddetti sulla limitazione delleemissioni nette <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> serra, il Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> prescrive che i Paesi sviluppati equelli ad economia in transizione, anche nell’ottica dello sviluppo sostenibile, devonomettere a punto, elaborare ed attuare politiche ed azioni operative dei seguenti tipi:- a carattere generale per incrementare l’efficienza energetica nei più rilevanti settoridell’economia nazionale e per incrementare le capacità <strong>di</strong> assorbimento dei gas <strong>di</strong> serrarilasciati in atmosfera, come per esempio azioni <strong>di</strong> forestazione (riforestazione eafforestazione);- a carattere politico economico per eliminare quei fattori <strong>di</strong> <strong>di</strong>storsione dei mercati(quali: incentivi fiscali, tassazione, sussi<strong>di</strong>, ecc.) che favoriscono, invece, le emissioni <strong>di</strong>gas <strong>di</strong> serra e per incoraggiare riforme politico economiche finalizzate, viceversa, allariduzione delle emissioni <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> serra;- a carattere settoriale nel campo dell’agricoltura e delle fonti rinnovabili <strong>di</strong> energia perpromuovere sia forme <strong>di</strong> gestione sostenibile <strong>di</strong> produzione agricola sia la ricerca, losviluppo e l’uso <strong>di</strong> nuove fonti <strong>di</strong> energie rinnovabili;- a carattere particolare con specifica attenzione alle emissioni <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> serra nel settoretrasporti, alle emissioni <strong>di</strong> metano provenienti dalle <strong>di</strong>scariche <strong>di</strong> rifiuti e dalle per<strong>di</strong>tedei metanodotti e alle emissioni <strong>di</strong> quei gas <strong>di</strong> serra lesivi anche dell’ozono stratosfericodalle riserve <strong>di</strong> combustibili per il trasporto marittimo e per l’aviazione.Inoltre Paesi sviluppati e Paesi ad economia in transizione vengono sollecitati acooperare fra <strong>di</strong> loro in modo coerente e coor<strong>di</strong>nato per rendere efficaci ed effettivi glisforzi compiuti nell’esecuzione delle misure e delle azioni previste dal Protocollo. Inparticolare, la cooperazione dovrà riguardare prioritariamente lo scambio dellerispettive esperienze realizzate e lo scambio delle informazioni e delle conoscenzeacquisite nell’attuazione delle rispettive politiche e misure operative.Come precedentemente accennato, rimangono indefiniti, dal punto <strong>di</strong> vista attuativo edesecutivo tutti gli altri impegni contenuti negli artt. 4, 5 e 6 della Convenzione UN-FCCC. Tuttavia, essi vengono, nelle loro linee generali, richiamati e riconfermati, anchese obiettivi specifici da raggiungere, misure da attuare, modalità e tempi <strong>di</strong> esecuzione ele altre azioni necessarie per rendere operativi tali obblighi, sono rimandati alle prossimesessioni della Conferenza delle Parti.5. La formalizzazione <strong>di</strong> nuovi strumenti <strong>di</strong> attuazionePer favorire non solo l’attuazione degli obblighi, ma anche la cooperazionehttp://wwwamb.casaccia.enea.it/conferenza/interventi/interv_<strong>Kyoto</strong>.htm 26/11/2003


<strong>Il</strong> <strong>protocollo</strong> <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> Pagina 7 <strong>di</strong> 10internazionale, il Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> introduce formalmente alcune novità rispetto allaConvenzione UN-FCCC: oltre alla “joint implementation” vale a <strong>di</strong>re l’attuazionecongiunta <strong>di</strong> obblighi in<strong>di</strong>viduali (<strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>scuteva già da molto tempo), vengonostabiliti due nuovi strumenti attuativi: la “emission tra<strong>di</strong>ng”, vale a <strong>di</strong>re lacommercializzazione dei <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> emissione e il “clean development mechanism”. Ma,esaminiamo più in dettaglio <strong>di</strong> che cosa si tratta.La “joint implementation”, ovvero l’attuazione congiunta degli obblighi definiti dalProtocollo è prevista come strumento <strong>di</strong> cooperazione all’interno del gruppo <strong>di</strong> Paesi acui è destinato il Protocollo stesso, cioè fra i Paesi industrializzati e quelli ad economia intransizione. Tuttavia, devono essere rispettate alcune con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> base.Innanzitutto, i Paesi che in gruppo decidono <strong>di</strong> attuare congiuntamente i loro impegnipossono al loro interno accordarsi su una <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong>versa degli obblighi rispettoalla <strong>di</strong>stribuzione prevista dal Protocollo, purché venga rispettato l’obbligo complessivorisultante dall’unione <strong>di</strong> tutti gli obblighi in<strong>di</strong>viduali spettanti ai singoli Paesi coinvolti.Inoltre, l’accordo per l’attuazione congiunta degli obblighi deve essere ufficializzatonotificandolo al Segretariato della Convenzione UN-FCCC il quale informerà tutte leParti firmatarie della stessa Convenzione dell’accordo intervenuto e dei terminidell’accordo. I Paesi che decidono <strong>di</strong> agire congiuntamente, rimangono, comunque,responsabili del rispetto dei propri obblighi in<strong>di</strong>viduali stabiliti dal Protocollo nel caso incui fallisse l’azione congiunta.L’Unione Europea, per esempio, si avvale già <strong>di</strong> questo strumento attuativo e lo hanotificato nella stessa sede <strong>di</strong> approvazione del Protocollo. Infatti, l’Unione Europeadovrà complessivamente rispettare l’obbligo <strong>di</strong> riduzione del 8% delle emissioni <strong>di</strong> gas<strong>di</strong> serra, ma all’interno dell’Unione Europea ci saranno Paesi che ridurranno più del 8%e Paesi che ridurranno meno, in relazione a criteri che verranno consensualmente definitia livello comunitario.Per quanto riguarda la “emission tra<strong>di</strong>ng”, il Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> stabilisce che èpossibile, nella esecuzione dei propri obblighi, trasferire i propri <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> emissione oacquistare i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> emissione <strong>di</strong> un altro Paese. In altre parole, se un Paese riesce aridurre le proprie emissioni più della quota assegnata può vendere la rimanente partedelle sue emissioni consentite ad un altro Paese che non sia in grado o potrebbe nonessere in grado, <strong>di</strong> raggiungere l’obiettivo che gli spetta. Viceversa un Paese che, perridurre una certa quota delle proprie emissioni, spenderebbe <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto glicosterebbe acquistare la stessa quota da un altro Paese che è <strong>di</strong>sposto a trasferirla, puòacquistare tale <strong>di</strong>ritto supplementare.Tuttavia, la commercializzazione dei <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> emissione non è libera, ma sottoposta alleseguenti con<strong>di</strong>zioni:,- tra Paese che cede e Paese che acquista un <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> emissione deve esistere unacooperazione su un progetto finalizzato alla riduzione delle emissioni <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> serra, darealizzarsi congiuntamente in qualsiasi settore dell’economia,http://wwwamb.casaccia.enea.it/conferenza/interventi/interv_<strong>Kyoto</strong>.htm 26/11/2003


<strong>Il</strong> <strong>protocollo</strong> <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> Pagina 8 <strong>di</strong> 10- l’azione <strong>di</strong> cessione da parte <strong>di</strong> un Paese e <strong>di</strong> acquisto da parte <strong>di</strong> un altro Paese dei<strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> emissione non può essere sostitutiva dell’adempimento degli obblighi spettantia ciascuno <strong>di</strong> essi, ma supplementare all’attuazione delle rispettive azioni esecutive;- il progetto congiunto deve essere ufficializzato e approvato dai Paesi coinvolti:La possibilità <strong>di</strong> avvalersi <strong>di</strong> “emission tra<strong>di</strong>ng”, che aveva generato qualche timore <strong>di</strong>un possibile <strong>di</strong>simpegno dei Paesi più ricchi e più fortemente emettitori <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> serra, èin realtà una possibilità prevista dalla stessa Convenzione UN-FCCC dove si prescriveche le politiche e le misure da attuare ai fini del raggiungimento degli obiettivi dellaConvenzione devono essere ottimizzati dal punto <strong>di</strong> vista costi/benefici. L’introduzione<strong>di</strong> strumenti economici quali la “carbon tax”, la tassa sulle emissioni <strong>di</strong> anidridecarbonica, e la “emission tra<strong>di</strong>ng”, la commercializzazione dei permessi <strong>di</strong> emissione,concorrono alla ottimizzare del rapporto costi/benefici, come risulta dalle valutazionicompiute da IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change: un organo consultivodelle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici)Tuttavia, il meccanismo <strong>di</strong> attuazione degli obblighi attraverso “emission tra<strong>di</strong>ng” non èancora operativo. Nelle prossime sessioni della “Conferenza delle Parti” dovrannoessere elaborate le linee guida e la regolamentazione necessaria, nonché le modalità <strong>di</strong>controllo e <strong>di</strong> verifica. Pertanto, per ora, si tratta solo <strong>di</strong> una introduzione formale <strong>di</strong>questo nuovo strumento attuativo e dei principi su cui esso si dovrà basare.Infine, il “clean development mechanism” è un ulteriore strumento attuativo, che a<strong>di</strong>fferenza dei precedenti, è fondamentalmente orientato a favorire la collaborazioneinternazionale e la cooperazione tra Paesi industrializzati e Paesi in via <strong>di</strong> sviluppo suprogrammi e progetti congiunti in modo che, attraverso la attuazione degli impegnicontenuti nella Convenzione UN-FCCC, venga dato impulso anche ai processi <strong>di</strong>sviluppo socio-economico ed industriale nel quadro <strong>di</strong> riferimento più generale dellosviluppo sostenibile.Tale meccanismo, che dovrà promuovere anche il trasferimento <strong>di</strong> tecnologie e <strong>di</strong> “knowhow” tra Paesi ricchi e Paesi poveri (e quin<strong>di</strong> adempiere ad altri impegni contenuti nellaConvenzione UN-FCCC), ha la necessità, per raggiungere la massima efficacia, <strong>di</strong> dotarsi<strong>di</strong> un opportuno fondo finanziario. Questo fondo deve essere ancora istituito, a menoche non si decida <strong>di</strong> apportano le opportune mo<strong>di</strong>fiche al GEF (Global EnvironmentFacility), il Fondo della World Bank destinato alla cooperazione tra Paesi sviluppati ePaesi in via <strong>di</strong> Sviluppo sulle tematiche dell’ambiente globale ed in particolare deicambiamenti climatici, dell’ozono stratosferica, della bio<strong>di</strong>versità e degli oceani.Anche il “clean development mechanism” non è operativo e la “Conferenza delle Parti”nelle prossime sessioni negoziali dovrà definire linee, guida, regolamenti, modalità <strong>di</strong>accesso e <strong>di</strong> utilizzazione, ecc.6. Considerazioni conclusive<strong>Il</strong> Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> entrerà in vigore dopo 90 giorni dalla data della ratifica <strong>di</strong> almenohttp://wwwamb.casaccia.enea.it/conferenza/interventi/interv_<strong>Kyoto</strong>.htm 26/11/2003


<strong>Il</strong> <strong>protocollo</strong> <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> Pagina 9 <strong>di</strong> 1055 dei Paesi firmatari della Convenzione UN-FCCC purché tra tali Paesi siano compresi iPaesi industrializzati e ad economia in transizione, destinatari del Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong>, innumero tale da rappresentare almeno il 55% delle emissioni complessive <strong>di</strong> anidridecarbonica (riferite al 1990) <strong>di</strong> cui essi sono responsabili.I documenti <strong>di</strong> ratifica, devono essere depositati a New York presso il Quartier Generaledelle Nazioni Unite nel periodo compreso fra il 16 marzo 1998 ed il 15 marzo 1999. Ciòsignifica che il Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> non può andare in vigore prima della metà <strong>di</strong> giugno1998 e probabilmente <strong>di</strong>venterà pienamente esecutivo solo dopo i primi mesi delprossimo anno.<strong>Il</strong> rischio che non si raggiungano i “quorum” richiesti è molto basso: i Paesi in via <strong>di</strong>sviluppo non hanno <strong>di</strong>fficoltà a ratificarlo, così come alcuni Paesi industrializzati, comead esempio i Paesi dell’Unione Europea che a <strong>Kyoto</strong> hanno richiesto misure più rigorose<strong>di</strong> quelle che poi sono state approvate. Così, mentre il “quorum” <strong>di</strong> 55 Paesi tra quellifirmatari della Convenzione UN-FCCC sarà facilmente raggiungibile, il “quorum” <strong>di</strong> unnumero <strong>di</strong> Paesi industrializzati e ad economia in transizione pari al 55% delle loroemissioni complessive <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> serra, sarà più <strong>di</strong>fficile.Sul totale delle emissioni <strong>di</strong> anidride carbonica provenienti dai Paesi industrializzati e daquelli ad economia in transizione, nel 1990 l’Unione Europea era responsabile del 22%circa <strong>di</strong> queste emissioni, i Paesi dell’est europeo erano responsabili <strong>di</strong> circa il 30%,mentre i gli altri Paesi industrializzati (esclusi quelli dell’Unione Europea) del 48% circa,e ben oltre la metà <strong>di</strong> questo 48% era la sola quota parte degli Stati Uniti. Quin<strong>di</strong> se imaggiori Paesi industrializzati non ratificano il Protocollo entro la metà <strong>di</strong> marzo delprossimo anno, <strong>di</strong>fficilmente esso potrà entrare in vigore. Ma questo rischio, anche seesiste, non appare per ora molto elevato, anche nel caso peggiore in cui gli Stati Uniti, ilmaggiore emettitore mon<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> serra, decidesse <strong>di</strong> non ratificare.Con l’entrata in vigore del Protocollo <strong>di</strong>ventano legalmente vincolanti le <strong>di</strong>sposizioni inesse contenute. Tuttavia, al momento attuale le reali capacità vincolanti e <strong>di</strong>obbligatorietà appaiono piuttosto deboli, non solo perché non sono ancora stati messi apunto gli opportuni strumenti <strong>di</strong> verifica e <strong>di</strong> controllo delle azioni attuative e né tantomeno idonee sanzioni, ma anche perché alcune <strong>di</strong>sposizioni non sono molto chiare edalcune del tutto generiche, come quella che concerne il calcolo o la valutazione degliassoorbitori <strong>di</strong> gas <strong>di</strong> serra ai fini del computo delle emissioni nette.Non va, in questo contesto, <strong>di</strong>menticato che le attuali <strong>di</strong>sposizioni attuative e gli obblighidel Protocollo <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> potrebbero cambiare o mo<strong>di</strong>ficarsi nel tempo sia in relazione allenuove conoscenze scientifiche e tecnologiche che verranno via via acquisite, sia inrelazione ai problemi politici ed economici nelle relazioni internazionali, sia in relazioneall’influenza sugli attuali equilibri internazionali che Paesi in via <strong>di</strong> sviluppo emergentipotrebbero avere nel futuro assetto mon<strong>di</strong>ale.In ogni caso, un importante processo <strong>di</strong> cooperazione internazionale ai fini dellosviluppo sostenibile è stato innescato ed è un processo importante perché fa da trainoanche per altre Convenzioni delle Nazioni Unite come qualla sulla bio<strong>di</strong>versità e quellasulla desertificazione, per non parlare <strong>di</strong> Agenda 21, che giacciono ancoraoperativamente inattuatehttp://wwwamb.casaccia.enea.it/conferenza/interventi/interv_<strong>Kyoto</strong>.htm 26/11/2003


<strong>Il</strong> <strong>protocollo</strong> <strong>di</strong> <strong>Kyoto</strong> Pagina 10 <strong>di</strong> 10<strong>Il</strong> processo <strong>di</strong> cooperazione deve ora <strong>di</strong>ventare sempre più effettivo, oltre che efficace,fra tutti i Paesi mon<strong>di</strong>ali affinché le attività umane non solo non creino pericoloseinterferenze sull’equilibrio climatico ed ambientale globale, ma anche non provochinocambiamenti climatici ed ambientali troppo rapi<strong>di</strong> o, comunque, in tempi non sufficientida permettere sia agli ecosistemi <strong>di</strong> adattarsi naturalmente a tali cambiamenti, siaall’umanità <strong>di</strong> procedere verso uno sviluppo socioeconomico sostenibile dalle capacitàricettive dell’ambiente.-http://wwwamb.casaccia.enea.it/conferenza/interventi/interv_<strong>Kyoto</strong>.htm 26/11/2003

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!