la relazione fra costi economici e costi politici del multilinguismo nell ...

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Potenziale comunicativoLingue nel repertorio(1998)Francese e inglese 94%Solo inglese 83%Solo francese 73%Nessuna delle due lingue 25%Potenziale comunicativo medio 84%Tabella 4.8 – il potenziale comunicativo degli eurodeputati che hanno inglese e francese nel proprio repertoriolinguistico nel 1998 e potenziale medio.Gli autori concludono che le delegazioni che hanno il maggiore potenziale comunicativo sono le grandi delegazioni difree rider che traggono vantaggio da una madre lingua largamente conosciuta degli altri, oppure le piccole delegazioni checompensano lo scarso potenziale comunicativo della propria lingua madre con un aumento delle competenze linguistiche(Mamadouh e Hofman, 2001: 62).In ogni caso, scegliere inglese e francese come le sole lingue ufficiali e di lavoro al Parlamento europeo escluderebbeuna consistente parte degli eurodeputati dall'attività politica attiva. Infatti, sebbene la percentuale di europarlamentari che nonhanno nessuna nozione di queste due lingue sia calata sensibilmente dal 1992 al 2000, la percentuale di chi non ha unaconoscenza fluente né dell'inglese né del francese comunque rappresentava nel 1998 il 14% degli eurodeputati. Questapercentuale scende all' 8% se consideriamo gli europarlamentari che non hanno la capacità di sostenere una conversazione inuna di queste due lingue, ma queste conoscenze non sono sufficienti per fare attività politica attiva.Lo studio si conclude facendo notare che il "peso" delle delegazioni nazionali non va misurato solo in termini di seggioccupati, ma anche in termini di potenzialità comunicative. Detto in altri termini, l'influenza di una delegazione non si determinasolo in rapporto alla sua dimensione fisica, ma anche alla rete di contatti che essa riesce ad instaurare con le altre delegazioni.Il fattore lingua diventa determinante nella formazione dei questa rete e quindi diventa un fattore importante in termini dicapacità di influire nelle decisioni, in particolare nelle commissioni parlamentari e nelle riunioni gruppi politici (Mamadouth eHofman, 2001: 75). Quanto siano politicamente favorite le delegazioni che possono contare su una lingua madre largamenteconosciuta dalle altre delegazioni, è sicuramente un argomento interessante da studiare in profondità… ma in un'altraoccasione.68
~ Conclusioni ~In questo lavoro sì è studiato il multilinguismo nell'Unione europea prima in chiave generale e successivamente neldettaglio nelle istituzioni, negli organi e nelle agenzie che costituiscono l'architettura politica dell'Unione stessa.Nel Capitolo terzo in particolare si è cercato di inquadrare la questione dei costi e dei benefici del multilinguismoattraverso la concorrenza di cinque ragioni base: le ragioni giuridiche, le ragioni politiche, le ragioni culturali, le ragioni dellacomunicazione e le ragioni di bilancio.Si è visto che una definizione di costo e di beneficio del multilinguismo presenta delle difficoltà relative soprattutto alproblema della quantificazione di variabili prevalentemente qualitative, immateriali e simboliche. Un'analisi costi – beneficiespressa in termini monetari presenta degli indubbi limiti, perché i costi e i benefici in questione non si limitano a dei merivantaggi o svantaggi materiali o finanziari, ma comportano dei costi e dei benefici sul piano sociale e personaleAbbiamo visto poi che una scelta fra alternative di regime linguistico deve prima essere preceduta da un momento incui si definiscono i criteri per scegliere. Perché ad esempio le spese per i servizi linguistici che ammontano ad una certa cifraquantificabile, si colorano in modo diverso a seconda dei commentatori che ne parlano? Perché sono diversi criteri di sceltaquando si mettono in relazione le spese per i servizi linguistici con l'eguale trattamento delle lingue.La prima conclusione cui è pervenuti è appunto questa: le valutazioni sui vari aspetti del multilinguismo dipendono inmaniera decisiva da come si pone l'osservatore verso di essi, e sui criteri di giudizio si discute, si argomenta e si dibatte, sispera pubblicamente e democraticamente. Non esistono modelli in assoluto migliori di altri, come non esistono modelli adatti atutte le esigenze.Nel capitolo quarto abbiamo applicato il quadro concettuale elaborato nel capitolo terzo al caso particolare delParlamento europeo nella prospettiva dell'allargamento. Il prossimo allargamento rappresenta per il Parlamento un'importantesfida sotto tutti i punti di vista, e riuscire a fare conciliare le ragioni di bilancio con le ragioni politiche dell'uguaglianza non è uncompito semplice.Abbiamo visto i diversi modelli di regime linguistico per il post-allargamento elaborati dai gruppi di lavoro delParlamento nel quadro del Rapporto Podestà. Infine, abbiamo messo tutti i modelli in relazione alle variabili politiche edeconomiche, e abbiamo individuato quali di essi sono politicamente e finanziariamente sostenibili. Per semplificare il modello, lealtre variabili (culturali, giuridiche e linguistiche) sono state ricondotte alle prime due.La nostra analisi si è sviluppata quindi su due piani. In primo luogo si sono confrontati i modelli proposti dal punto divista dei costi economici che una loro attuazione implica. Questi dati sono stati poi rapportati al tetto massimo di spesa annualeprevisto per il Parlamento, stabilito nel quadro dell'accordo interistituzionale di Berlino 1999 (Prospettive finanziarie 2000-2006).Abbiamo preso come parametro di sostenibilità finanziaria la percentuale annuale del bilancio del PE assorbita dalmultilinguismo nell'ultimo periodo.Il secondo piano di studio è stato quello delle variabili politiche. Abbiamo stabilito anzitutto in che modo si possadefinire l'uguaglianza delle parti al Parlamento europeo in rapporto alle lingue. Abbiamo notato che in realtà le diversedefinizioni di uguaglianza altro non sono che modi diversi di darle valore. Detto in altri termini, possiamo dire che se A dà menovalore all'eguaglianza rispetto a B, la definirà in modo meno stringente di B. Possiamo quindi predisporre una scala ordinale didefinizioni dalla più stringente alla meno stringente e farla corrispondere al diverso peso che gli osservatori dannodell'uguaglianza. Ora, posto che comunque un principio di uguaglianza sarà definito, abbiamo definito costo politico la rinunciaa questo principio.Abbiamo allora distinto tre definizioni di eguaglianza, dalla più restrittiva alla meno stringente:a) L'uguaglianza è presente quando vi è un trattamento assolutamente eguale fra le lingue.b) L'uguaglianza si verifica quando agli eurodeputati è assicurato il diritto di esprimersi e ricevere nella propria linguamadre.c) L'uguaglianza si verifica quando agli eurodeputati è garantito di esprimersi nella propria lingua madre.Per ognuna di queste concezioni di eguaglianza abbiamo messo a confronto i modelli di regime linguistico proposti daigruppi di lavoro del PE. Il trattamento della variabile costo politico è stato di tipo dicotomico, ovvero: ogni modello può rispettareo no la condizione di eguaglianza così come è stata definita caso per caso.La conclusione cui siamo pervenuti è stata che se si concepisce l'uguaglianza nel modo più restrittivo possibile, nonvi è un modello che sia contemporaneamente sostenibile dal punto di vista politico e finanziario. L'unico modo per trovare unmodello politicamente accettabile e finanziariamente sostenibile è indebolire la concezione di eguaglianza e definirla almenonel modo b). In questo contesto il modello "multilinguismo controllato" proposto dai gruppi di lavoro del PE, è l'unico modelloche riesce ad essere finanziariamente sostenibile senza dover indebolire ulteriormente la concezione di eguaglianza.I "sistemi asimmetrici", finanziariamente sostenibili, non sono infatti politicamente accettabili se non nel quadro di unulteriore indebolimento della concezione di eguaglianza.69
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