Prima di concludere <strong>la</strong> nostra analisi però, è necessario soffermarsi su un punto importante: <strong>la</strong> natura giuridica <strong>del</strong>Rego<strong>la</strong>mento. Esso è un atto di diritto derivato, stabilito all'unanimità dal Consiglio e da questo modificabile. Come è emersodal<strong>la</strong> sentenza <strong>del</strong> Tribunale di primo grado al<strong>la</strong> causa Kik 42 :«[§58] … il rego<strong>la</strong>mento n. 1 è solo un atto di diritto derivato, che trova il suo fondamento giuridico <strong>nell</strong>'[ex] art.217 <strong>del</strong> Trattato. Sostenere, come fa <strong>la</strong> ricorrente, che il rego<strong>la</strong>mento n. 1 esprime precisamente un principio didiritto comunitario di parità <strong>del</strong>le lingue al quale non si può derogare, neppure con un successivo rego<strong>la</strong>mento <strong>del</strong>Consiglio, equivarrebbe a disconoscere <strong>la</strong> sua natura di diritto derivato. In secondo luogo, si deve rilevare che gliStati membri non hanno stabilito, nel Trattato, un regime linguistico per le istituzioni e gli organi <strong>del</strong><strong>la</strong> Comunità,ma l'art. 217 <strong>del</strong> trattato <strong>la</strong>scia <strong>la</strong> possibilità al Consiglio, che <strong>del</strong>ibera all'unanimità, di fissare e modificare ilregime linguistico <strong>del</strong>le istituzioni e di stabilire regimi linguistici differenziati. Tale articolo non dispone che unavolta che sia stato decretato dal Consiglio, tale regime non possa più essere successivamente modificato. Neconsegue che il regime linguistico stabilito dal rego<strong>la</strong>mento n. 1 non può essere equiparato ad un principio didiritto comunitario.».Detto in altri termini, fatto salvo il rispetto dei principi generali <strong>del</strong> diritto comunitario come <strong>la</strong> certezza <strong>del</strong> diritto e <strong>del</strong>ledisposizioni specifiche dei trattati (come l'articolo 21 TCE), le disposizioni contenute nel Rego<strong>la</strong>mento non sono fisse e assolutein sé ma sono modificabili dal Consiglio all'unanimità; di conseguenza <strong>la</strong> parità <strong>del</strong>le lingue ufficiali non è un principio inassoluto inderogabile 43 .Per concludere è il caso di sottolineare nuovamente l'importanza <strong>del</strong> Rego<strong>la</strong>mento n° 1 come il documento che fissa iprincipi fondamentali <strong>del</strong>l'utilizzo <strong>del</strong>le lingue <strong>nell</strong>e varie istituzioni, e come una <strong>del</strong>le più importanti misure di politica linguisticacomunitaria 44 (Labrie, 1993: 74).Fino a questo punto abbiamo studiato nel dettaglio quali sono le disposizioni normative generali in materia linguistica<strong>nell</strong>e istituzioni <strong>del</strong>l'Unione Europea. Nel prossimo capitolo, come accennato, affronteremo nel dettaglio i regimi linguistici interninegli organismi comunitari e le prassi che in seno ad essi si sono imposte nel corso <strong>del</strong> tempo.Concluderemo questo capitolo con una panoramica generale su quali sono state fino ad oggi le iniziative europee incampo di politica linguistica e di rego<strong>la</strong>zione linguistica non strettamente collegate al funzionamento istituzionale; questo è unexcursus necessario per avere un quadro d'insieme più completo e per meglio capire <strong>la</strong> situazione odierna e le contraddizioniche <strong>la</strong> percorrono.~ - ~8. IL MULTILINGUISMO COME OSTACOLO ALL'EUROPA.Se è vero che solo recentemente e in via sussidiaria <strong>la</strong> Comunità ha acquisito <strong>del</strong>le competenze in materia di lingue edi cultura, è altrettanto vero comunque che fin dal<strong>la</strong> sua nascita il motivo assolutamente dominante nel<strong>la</strong> costruzionecomunitaria è stato quello economico. A tal proposito, le parole di Tesauro (2001: 325) illustrano al<strong>la</strong> perfezione l'idea:«Nel processo di integrazione europea globalmente considerato, <strong>la</strong> realizzazione di un mercato comune <strong>del</strong>lemerci e dei fattori <strong>del</strong><strong>la</strong> produzione – <strong>la</strong>voro, servizi e capitali – ha avuto sempre un ruolo centrale. La Corte hapiù volte ribadito che "gli articoli <strong>del</strong> Trattato re<strong>la</strong>tivi al<strong>la</strong> libera circo<strong>la</strong>zione <strong>del</strong>le merci, <strong>del</strong>le persone, dei servizi e42 Sentenza <strong>del</strong> Tribunale di primo grado (Quarta Sezione ampliata) <strong>del</strong> 12 luglio 2001. Christina Kik contro Ufficio perl'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e mo<strong>del</strong>li) (UAMI). Causa T-120/99. Raccolta <strong>del</strong><strong>la</strong> giurisprudenza2001 pagina II-02235. Va notato che è in corso il ricorso al<strong>la</strong> Corte di giustizia, causa C-361/01.43 Questa interpretazione non ha mancato di sollevare perplessità e timori. In partico<strong>la</strong>re ci si chiede se questa sentenza possaaprire le porte a una riduzione <strong>del</strong>le lingue ufficiali anche <strong>nell</strong>e istituzioni comunitarie o comunuque possa portare a unripensamento <strong>del</strong>l'eguale trattamento <strong>del</strong>le lingue stesse. A tal proposito cfr (Marì e Strubell, 2002 : 9 e Nic Shuibhne, 2002: 5e 11).44 A tale proposito Salmasi (2002) sostiene invece che « [il Rego<strong>la</strong>mento] è stabilito all'unanimità dai ministri rappresentantidegli Stati membri in sede di Consiglio e si riferisce unicamente alle istituzioni comunitarie: non si può quindi par<strong>la</strong>re di vera epropria politica linguistica europea, ma solo <strong>del</strong><strong>la</strong> manifestazione diretta e circoscritta di singoli interessi nazionali». Credopersonalmente che si tratti semplicemente di chiarirsi sul significato <strong>del</strong>le parole. È vero che, in quanto «diretta emanazione<strong>del</strong><strong>la</strong> volontà degli Stati membri», il Rego<strong>la</strong>mento ha carattere più “intergovernativo” che “comunitario”, ma ciò non toglie chesia comunque stabilito da un'istituzione comunitaria <strong>nell</strong>'esercizio <strong>del</strong>le sue prerogative. Quanto poi al termine politicalinguistica, <strong>la</strong> nostra definizione non tiene conto <strong>del</strong>l'ampiezza di respiro <strong>del</strong><strong>la</strong> politica stessa, ma solo <strong>del</strong><strong>la</strong> tipologia diintervento, che, in questo caso, era un intervento politico avente come scopo quello di influenzare [qui] <strong>la</strong> ripartizionefunzionale dei codici linguistici <strong>del</strong>le persone (v sopra). Del resto, nel 1958, mancavano le basi giuridiche per una politicalinguistica di più ampio respiro, <strong>la</strong> quale, inevitabilmente, avrebbe toccato l'ambito culturale con gli annessi inconvenientiaccennati in apertura di capitolo.14
dei capitali sono norme fondamentali per <strong>la</strong> Comunità ed è vietato qualsiasi ostacolo, anche di minoreimportanza, a detta libertà."» – Enfasi mia.La questione che conseguentemente si pone è re<strong>la</strong>tiva a come <strong>la</strong> diversità linguistica europea e le politiche nazionali disalvaguardia <strong>del</strong><strong>la</strong> stessa, possono entrare in contrasto con il principio <strong>del</strong>le libera circo<strong>la</strong>zione <strong>del</strong>le merci e dei fattoriproduttivi, garanzia <strong>del</strong><strong>la</strong> libera concorrenza. Va subito notato che è soprattutto nei settori re<strong>la</strong>tivi al<strong>la</strong> libera circo<strong>la</strong>zione <strong>del</strong>lemerci e <strong>del</strong>le persone che si incontrano il maggior numero di interventi che impattano sull'ambito linguistico, e proprio perquesto loro effetto indiretto sono propriamente <strong>del</strong>le misure di rego<strong>la</strong>zione linguistica (Labrie, 1993: 162).Qual è stato l'atteggiamento <strong>del</strong> legis<strong>la</strong>tore comunitario a riguardo? In generale si è trattato di un atteggiamento non diostilità ma di indifferenza (Fenet, 2001: 249). Detto in altri termini, gli Stati membri possono perseguire le politiche linguisticheche più ritengono opportune, ma esse sono comunque soggette al diritto comunitario nel momento in cui si presentano ostacoliall'esercizio <strong>del</strong>le libertà economiche (Yasue, 1999: 280). In realtà, come nota sempre Fenet (2001: 249), questa logicacomporta fatalmente dei problemi: può accadere che, nel privilegiare principalmente <strong>la</strong> componente economica <strong>del</strong>le situazionicon risvolti di tipo sociale, si finisca per proibire <strong>la</strong> presa in conto <strong>del</strong>le specificità locali perché viste come interessi partico<strong>la</strong>ri. Inquesto senso, <strong>la</strong> protezione <strong>del</strong>le peculiarità locali ad opera <strong>del</strong> diritto nazionale viene assimi<strong>la</strong>ta a una misura ad effettoequivalente ad una restrizione quantitativa, e, come tale, in aperto contrasto con l'art. 28 TCE. Conseguenza di questoatteggiamento è il fatto che «le ragioni culturali e linguistiche [nazionali o regionali] raramente hanno superato il test comunitariodi proporzionalità 45 , e solitamente al<strong>la</strong> fine lo hanno fallito – così, l'applicazione <strong>del</strong>le regole <strong>del</strong> mercato interno ha praticamentesempre prevalso sull'interesse culturale e linguistico. 46 » (Nic Shuibhne, 2002: 6).3.1. – La libera circo<strong>la</strong>zione <strong>del</strong>le merciI rego<strong>la</strong>menti e le direttive aventi come scopo facilitare <strong>la</strong> circo<strong>la</strong>zione <strong>del</strong>le merci che contengono <strong>del</strong>le disposizionire<strong>la</strong>tive alle lingue sono molteplici e non essendo questa <strong>la</strong> sede per uno studio approfondito sul tema, si rimanda al<strong>la</strong>letteratura specializzata. Partico<strong>la</strong>rmente rappresentativo è comunque il caso concernente le etichettature e <strong>la</strong> presentazione<strong>del</strong>le derrate alimentari destinate al consumatore finale così come <strong>del</strong><strong>la</strong> pubblicità fatta a loro riguardo, un caso in cuiconfiggono gli interessi dei consumatori e dei produttori 47 . Dal <strong>la</strong>to <strong>del</strong><strong>la</strong> produzione, si ha l'esigenza di evitare <strong>costi</strong> ditraduzione per le informazioni qualitative <strong>del</strong>le merci scambiate richieste <strong>del</strong>le leggi linguistiche nazionali; dall'altro <strong>la</strong>to risiede <strong>la</strong>tute<strong>la</strong> dei consumatori i quali hanno il diritto di poter essere pienamente informati sul prodotto che acquistano 48 . A riguardo, <strong>la</strong>sentenza <strong>del</strong><strong>la</strong> Corte al<strong>la</strong> causa Piageme 49 vieta che <strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione nazionale obblighi ad usare esclusivamente unadeterminata lingua <strong>nell</strong>'etichettatura dei prodotti alimentari senza considerare <strong>la</strong> possibilità che si usi un'altra lingua facilmentecomprensibile agli acquirenti o che l'informazione <strong>del</strong>l'acquirente sia comunque garantita da altre misure. In sostanza, siafferma che le etichette dei prodotti devono essere scritte in una lingua facilmente comprensibile dal consumatore, lingua chenon necessariamente equivale a una lingua ufficiale <strong>del</strong>lo Stato membro (Nic Shuibhne, 2002: 7).3.2. – La libera circo<strong>la</strong>zione <strong>del</strong>le personePer quanto concerne in partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong> libera circo<strong>la</strong>zione <strong>del</strong>le persone, il principio guida è quello <strong>del</strong>l'eguale trattamentodei <strong>la</strong>voratori, e quindi è necessario evitare <strong>la</strong> discriminazione su base nazionale, diretta o indiretta che sia 50 ; inoltre«l'applicazione <strong>del</strong> principio <strong>del</strong><strong>la</strong> parità di trattamento <strong>nell</strong>'accesso al <strong>la</strong>voro vieta anche le discriminazioni dissimu<strong>la</strong>te»(Tesauro, 2001: 429).In generale <strong>la</strong> Corte di giustizia ha ammesso che il <strong>la</strong>voratore può essere legittimamente soggetto ai requisiti richiestidalle politiche linguistiche <strong>del</strong> Paese ospite, ma solo fin dove sono rispettati i principi base che governano <strong>la</strong> libera circo<strong>la</strong>zionedei <strong>la</strong>voratori, cioè <strong>la</strong> proporzionalità e <strong>la</strong> non-discriminazione (Nic Shuibhne, 2002: 6). Nel caso Groener 51 , ad esempio, unasignora di nazionalità o<strong>la</strong>ndese che <strong>la</strong>vorava come insegnante non tito<strong>la</strong>re in Ir<strong>la</strong>nda, non aveva acquisito una conoscenza <strong>del</strong>gaelico sufficiente per accedere al posto di insegnante tito<strong>la</strong>re, nonostante il fatto che <strong>la</strong> non conoscenza <strong>del</strong><strong>la</strong> lingua non45 Il principio di proporzionalità vuole che «i mezzi prefigurati per raggiungere lo scopo <strong>del</strong><strong>la</strong> norma siano idonei e noneccedano quanto è necessario per raggiungerlo.» (Tesauro, 2001: 105).46 «cultural and linguistic arguments have rarely succeeded, usually failing, ultimately, the EC test of proportionality – and so,the application of internal market trade rules has almost always overruled the cultural/linguistic interest.». Traduzione mia.47 Nel caso in esame si trattava <strong>del</strong>le leggi belghe che impedivano <strong>la</strong> vendita <strong>del</strong>l'acqua minerale se non si faceva comparire <strong>la</strong>composizione <strong>del</strong> prodotto in lingua fiamminga. (Yasue, 1999: 281).48 A tal proposito vedi l'articolo 14 <strong>del</strong><strong>la</strong> direttiva 79/112/CEE <strong>del</strong> Consiglio, <strong>del</strong> 18/12/1978, in GUCE L 33, 8 feb. 1979 –oggi in versione consolidata nel<strong>la</strong> direttiva 2000/13 in GUCE n. L 109 <strong>del</strong> 6 maggio 2000, pag. 29-42.49 Causa C-369/89, Piageme e a., Racc. p. I-2971 sull'avvicinamento <strong>del</strong>le legis<strong>la</strong>zioni sulle etichette e sul<strong>la</strong> pubblicità deiprodotti alimentari.50 A tal proposito vedi il Rego<strong>la</strong>mento 1612/68 <strong>del</strong> Consiglio <strong>del</strong> 15 ottobre 1968 re<strong>la</strong>tivo al<strong>la</strong> libera circo<strong>la</strong>zione dei <strong>la</strong>voratoriall'interno dal<strong>la</strong> Comunità, in GUCE L 257, 1968.51 Causa Anita Groener C379/87, Racc p. 3967.15
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