La Gestalt nel contesto delle vie di sviluppo - Claudio Naranjo

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11.07.2015 Views

LA TERAPIA GESTALTICA RIVISITATAdi una seduta; e non c'è ragione per cui questo non possa essere esteso (come hafatto spesso Jim Simkin) alla prescrizione di compiti che vadano oltre l'orario dellaterapia vera e propria, cioè a consigli per il lavoro su dinella vita quotidiana.Finora ho parlato di buchi la cui natura è la mancata incorporazione di unavalida risorsa, remissione di attività che potrebbero contribuire al processoterapeutico, in nome della purezza della Gestalt. Ora vorrei parlare dei buchi la cuinatura è più psicologica. Ne descriverei uno come la tendenza della Gestalt alla"durezza" piuttosto che alla "tenerezza". Per quanto valido possa essere stato ilcontributo della Gestalt nel suo sistematico sostegno all'espressione della rabbia,penso che il suo primato in rudezza abbia a volte implicato la dimenticanzadell'ideale dell'amore; ideale che anch'io, come Freud, credo non si possa separaredalla nostra idea di guarigione. E' vero che l'espressione dei conflitti e del dolore inmolti casi è sufficiente a rimuovere le barriere all'integrazione spontanea; tuttavia èdi aiuto avere come obiettivo esplicito il processo di integrazione, sapere chestiamo lavorando per ricostruire la capacità di amare senza la quale non ci puòessere soddisfazione profonda ne fine alla sofferenza. A questo proposito igestaltisti possono avere molto da imparare (come ho già detto) dal processoFischer-Hoffman; non perché debbano necessariamente trasformarsi in terapeuti instile Fischer-Hoffman, ma perché l'enfasi che in tale psicoterapia viene data afattori importanti quali amore e perdono può essere di ispirazione per la praticagestaltica.Un'altra tendenza della Gestalt che ha come conseguenza la perpetuazione diun buco è l'apprezzamento del piacere più che del dolore nel processo ditrasformazione. Come l’ho descritta nei primi anni, la Gestalt è "edonismoumanistico". E' vero, l'espressione degli impulsi ha aiutato a dissolvere larepressione; l’ingiunzione a non trattenere ha favorito il processo di prenderecoscienza degli impulsi, ma questo non ci deve portare a pensare che il processocontrario, di inibizione degli impulsi, sia infruttuoso come approccio in sé. Laspiritualità tradizionalmente non è stata edonistica ma ascetica, austera, a causa delPARTE TERZA219

iconoscimento che anche la restrizione può affinare l'attenzione ai nostri desideried emozioni. Se guardiamo con più attenzione la pratica gestaltica possiamovedere che in essa sono riflessi entrambi gli aspetti. Parte della Gestalt consistenell'osare stare senza il Persecutore (in misura maggiore che nella vita reale) maparte di essa consiste anche nella capacità di "stare con" la propria esperienzasenza agirla, come ad esempio quando un membro del gruppo dice "Mi sento adisagio per quello che hai detto", invece di fare un'osservazione critica.L'espressione principale di questo buco nella pratica gestaltica sta nelsuggerimento per la vita quotidiana che la maggior parte dei partecipanti riportadalle sedute di Gestalt. La convinzione comune è che si debba vivere in "modogestaltico" in ogni momento, e quindi esprimere i propri sentimenti negativi infamiglia e al lavoro. Io non sono d'accordo con questa idea, perché ho osservatotroppo spesso come porti a una spirale senza fìne di irritazione in gruppi nonorientati o assistiti in senso psicoterapeutico, in cui questo diventa distruttivoinvece che costruttivo. Penso che la regola della trasparenza sia molto valida entroi confini della terapia gestaltica, ma che le formule tradizionali per l'inibizionedella distruttività nella vita quotidiana possano essere lo sfondo migliore per unlavoro complementare su se stessi.Penso che la terapia gestaltica, metodo rivoluzionario 15 anni fa, quandofiorì ed emerse nella cultura, oggi corra il rischio di trasformarsi in un'ulterioreortodossia, in un monopolio non dissimile a quello della psicoanalisi nel passato. Epenso che sarebbe appropriato che oggi - quando la Gestalt è ampiamentericonosciuta - rendesse i suoi confini più flessibili in modo da facilitare lo sviluppodi una Gestalt più ampia: un approccio olistico in cui le capacità dell'individuo dilavorare su di sé venissero impiegate nella meditazione e nella pratica quotidianadella consapevolezza, e in cui sia il lavoro sul corpo, sia il punto di vistaintellettuale sullo sviluppo umano contribuissero al processo di crescitadell'individuo, oltre alle vere e proprie sedute terapeutiche. La terapia della Gestaltallora svolgerebbe ancor meglio la sua funzione di elemento prezioso in unmosaico che nello stesso tempo la completerebbe e sosterrebbe.

LA TERAPIA GESTALTICA RIVISITATA<strong>di</strong> una seduta; e non c'è ragione per cui questo non possa essere esteso (come hafatto spesso Jim Simkin) alla prescrizione <strong>di</strong> compiti che vadano oltre l'orario dellaterapia vera e propria, cioè a consigli per il lavoro su <strong>di</strong> sé <strong>nel</strong>la vita quoti<strong>di</strong>ana.Finora ho parlato <strong>di</strong> buchi la cui natura è la mancata incorporazione <strong>di</strong> unavalida risorsa, remissione <strong>di</strong> attività che potrebbero contribuire al processoterapeutico, in nome della purezza della <strong>Gestalt</strong>. Ora vorrei parlare dei buchi la cuinatura è più psicologica. Ne descriverei uno come la tendenza della <strong>Gestalt</strong> alla"durezza" piuttosto che alla "tenerezza". Per quanto valido possa essere stato ilcontributo della <strong>Gestalt</strong> <strong>nel</strong> suo sistematico sostegno all'espressione della rabbia,penso che il suo primato in rudezza abbia a volte implicato la <strong>di</strong>menticanzadell'ideale dell'amore; ideale che anch'io, come Freud, credo non si possa separaredalla nostra idea <strong>di</strong> guarigione. E' vero che l'espressione dei conflitti e del dolore inmolti casi è sufficiente a rimuovere le barriere all'integrazione spontanea; tuttavia è<strong>di</strong> aiuto avere come obiettivo esplicito il processo <strong>di</strong> integrazione, sapere chestiamo lavorando per ricostruire la capacità <strong>di</strong> amare senza la quale non ci puòessere sod<strong>di</strong>sfazione profonda ne fine alla sofferenza. A questo proposito igestaltisti possono avere molto da imparare (come ho già detto) dal processoFischer-Hoffman; non perché debbano necessariamente trasformarsi in terapeuti instile Fischer-Hoffman, ma perché l'enfasi che in tale psicoterapia <strong>vie</strong>ne data afattori importanti quali amore e perdono può essere <strong>di</strong> ispirazione per la praticagestaltica.Un'altra tendenza della <strong>Gestalt</strong> che ha come conseguenza la perpetuazione <strong>di</strong>un buco è l'apprezzamento del piacere più che del dolore <strong>nel</strong> processo <strong>di</strong>trasformazione. Come l’ho descritta nei primi anni, la <strong>Gestalt</strong> è "edonismoumanistico". E' vero, l'espressione degli impulsi ha aiutato a <strong>di</strong>ssolvere larepressione; l’ingiunzione a non trattenere ha favorito il processo <strong>di</strong> prenderecoscienza degli impulsi, ma questo non ci deve portare a pensare che il processocontrario, <strong>di</strong> inibizione degli impulsi, sia infruttuoso come approccio in sé. <strong>La</strong>spiritualità tra<strong>di</strong>zionalmente non è stata edonistica ma ascetica, austera, a causa delPARTE TERZA219

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