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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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PARTE PRIMA 51degli studi di settore), nel prevedere la possibilità di utilizzo degli studidi settore in sede accertativa, ha sempre richiesto e continua tutt’oraa richiedere che tale tipologia di accertamento si giustifichi sulla basedi gravi incongruenze tra i ricavi/compensi dichiarati dal contribuentee ciò che risulta dall’applicazione degli studi di settore.Pertanto, è stato correttamente osservato (73) come un’interpretazionecostituzionalmente orientata (all’art. 53 Cost.) di tale dato normativoimponga di intendere il requisito delle gravi incongruenze nelsenso che l’ufficio sarebbe costretto «a prendere contatto con la specificasituazione di riferimento, al fine di ricercare l’adattamento tra ilsuddetto dato di normalità e le caratteristiche individuali del soggettopassivo». In altri termini, «non basta, dunque, lo scostamento rispettoallo studio di settore: è necessario che codesto scostamento presentiquella connotazione di “gravità” idonea a motivare l’assunzione di unammontare di ricavi pari a quanto determinato, appunto, con riferimentoa situazioni di normalità economica». Solo così si riuscirebbead evitare un utilizzo dello strumento degli studi settore in contrastocon il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 della Costituzione,ispirato ad un modello di imposizione costruito sulla persona enon già sulla «massa» o «normalità economica». Difatti, mentre ilprincipio di capacità contributiva impone una personalizzazione dellacontribuzione, diversamente, gli studi di settore si basano su schemiimpositivi di natura matematico-statistica che prescindono dal datocontabile, il quale, invece, è stato assunto, nell’ambito del nostro sistemaimpositivo reddituale, quale regola di determinazione del redditod’impresa effettivamente prodotto (74).Ne consegue che, anche al fine di evitare un’interpretazione deldato positivo in contrasto con i principi costituzionali, non può chepropendersi per una qualificazione delle risultanze degli studi di settorequali mere presunzioni semplici. Difatti, in forza di una tale qualificazione– come già detto in precedenza – l’ufficio accertatore non puòlimitarsi ad applicare al caso di specie, sic et simpliciter, il risultatodello studio, ma deve argomentare in modo convincente in motivazionesulla plausibilità del risultato dello studio con riferimento al casoconcreto, peraltro, con conseguente possibilità di impugnare l’avvisodi accertamento perché viziato da difetto di motivazione.(73) In tal senso cfr. M. Beghin, Utilizzo sistematico degli studi di settore erispetto del principio di capacità contributiva, op. cit., 1977 ss.; Id., I soggettisottoposti all’applicazione degli studi di settore, op. cit., 651 ss.(74) Sull’argomento si rinvia a quanto già detto in precedenza. In particolare,in dottrina (cfr. M. Beghin, I soggetti sottoposti all’applicazione degli studi disettore, op. cit., 667) è stato autorevolmente evidenziato che «nel fondare la rettificadel reddito d’impresa sul risultato ottenuto attraverso l’applicazione dello studiodi settore, si finisce per spostare il baricentro dell’imposizione reddituale dalmodello analitico-contabile coniato in occasione della riforma fiscale del 1971 aquello, appunto, della “normalità” o “potenzialità” produttiva. In breve, si passada “ciò che è” a “ciò che potrebbe essere”».

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