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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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48 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIArelevatio ab onere probandi, tipica delle presunzioni legali relative (64),con conseguente soccombenza del contribuente.Tuttavia, sotto il diverso (seppur connesso) profilo dell’obbligo di motivazionedegli atti impositivi, –aparziale correttivo (o meglio al fine diprevenire) il rischio di un’eccessiva rigidità cui potrebbe condurre un taleorientamento interpretativo – è stato correttamente osservato (65) che,qualora si dovesse aderire alla tesi che riconosce agli studi di settore valoredi presunzione legale relativa, ciò dovrebbe portare ad ammettere soltantoun esonero dell’Amministrazione finanziaria dall’onere della provama non anche un esonero dall’obbligo di motivazione dell’avviso diaccertamento, in quanto l’applicazione degli studi di settore al caso concretodovrebbe, comunque, essere motivata. In altri termini, anche nell’ipotesiin cui si attribuisca a questi valore di presunzione legale relativa,sussisterebbe, comunque, un preciso obbligo di motivazione dell’accertamento,che potrà ritenersi soddisfatto solo con l’esplicitazione delleragioni che avrebbero indotto l’ufficio a disattendere le argomentazionisollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, nonché dei criteriin base ai quali l’incongruenza tra reddito dichiarato e risultato deglistudi di settore sia stato ritenuto grave dall’ufficio, ex art. 62-sexies, 3 ocomma, d.l. n. 331 del 1993.In contrapposizione a questo orientamento interpretativo si colloca,poi, all’estremo opposto, quell’opinione dottrinale (66) che, nell’affrontareil problema della qualificazione giuridica degli studi di settore,lo risolve in radice, negando l’appartenenza degli stessi al concettogiuridico di prova, in quanto gli studi di settore rappresenterebberonon già «fatti di accertamento», bensì «fatti di mera conoscenza».Tale dottrina giunge a questa conclusione in forza di diverse argomentazioni,tra cui la natura del procedimento logico sotteso all’elaborazionedegli studi, in merito al quale è detto: «la breve analisi dellepur dettagliate note metodologiche che accompagnano tali elaborazionidimostrano che queste non costituiscono altro che una rigorosa escientifica formazione di medie di dati storici, contabili e strutturali,dichiarati dai contribuenti e, per questo, assunti come verità minimale.Anche a voler prescindere dalla circostanza (...) che sono il frutto ditecniche invero contaminate da parecchie scorie di soggettività, in ognicaso gli studi costituiscono medie: purissime (in teoria), ma pur sempremedie. Essi, insomma, non presentano alcuna delle due strutture tipologichedella prova: né quella scientifica, che postula inferenze statistichebasate su frequenze o propensità, né quella etica, che necessitadi congetture giustificate da un’idonea premessa maggiore. Non sono(64) In tal senso cfr. R. Lupi, Manuale giuridico professionale di diritto tributario,op. cit., 573.(65) Cfr. C. Gioé, Gli studi di settore e obbligo di motivazione, op. cit.,1730 ss.(66) In tal senso si veda M. Versiglioni, Prova e studi di settore, op. cit.,183 ss.

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