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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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PARTE PRIMA 47dandolo esclusivamente su tali risultanze, senza alcuna ulteriore attivitàistruttoria. Una tale ricostruzione deriverebbe (62) essenzialmente dall’assuntosecondo cui il reddito stimato in base agli studi di settore rappresenterebbeil risultato dell’applicazione di formule matematiche determinatesu basi statistiche ed elaborate con metodo rigoroso e sofisticato; inaltri termini, l’accertamento del maggior reddito stimato attraverso gli studidi settore si baserebbe su di un ragionamento inferenziale non valutabiledal contribuente in quanto normativamente previsto oltre ché rigorososotto il profilo scientifico. In considerazione di ciò, tra i fautori ditale orientamento è stato anche detto che la prova contraria non possa riguardarel’effettivo ammontare dei ricavi, bensì solo la circostanza chele risultanze dello studio di settore non siano «ragionevoli» in un determinatocaso, in quanto lo strumento presuntivo non terrebbe conto di unao più circostanze specifiche in grado di porre l’attività esercitata dal contribuenteaccertato al di fuori della «normalità economica» in esso considerata.Pertanto, la prova contraria dovrebbe essere diretta a dimostrarenon già l’insussistenza del fatto ignoto (l’ammontare dei ricavi stimatiin via presuntiva), bensì a confutare la sussistenza del fatto noto (l’analogiatra l’attività economica nello specifico esercitata dal contribuentee quella «normale» considerata dallo studio di settore), in quanto la presunzioneposta dal legislatore, e cioè che l’attività «normale» ha ricavipari a quelli medi delle attività analoghe, è di fatto insuscettibile di provacontraria (63).Chiaramente – ribadendo quanto già detto in precedenza – il riconoscimentodel valore di presunzioni legali agli studi di settore implicache, laddove ne sussistano le condizioni di applicabilità, le loro risultanzepossono essere poste da sole a base dell’avviso di accertamento, senzache gli uffici debbano fornire ulteriori elementi probatori, in quantol’utilizzo degli studi di settore sarebbe di per sé sufficiente per l’adempimentodell’onere della prova a carico dell’Amministrazione finanziaria,con conseguente inversione dello stesso a carico del contribuente accertato.Tutto ciò si ripercuote, chiaramente, anche a livello processuale,in quanto l’attribuzione agli studi di settore, ad opera dello stesso legislatore,di un’efficacia probatoria vincolante, dovrebbe avere la seguenteconseguenza: la mancanza di prova contraria concretizzerebbe quella(62) Un argomento che potrebbe essere utilizzato per sostenere la natura dipresunzioni legali degli studi di settore, oltre a quello rappresentato dalla nuovaformulazione dell’art. 10, 1 o comma, l. n. 146 del 1998 (argomento quest’ultimoutilizzato soprattutto dall’Amministrazione finanziaria), potrebbe essere costituitodalla previsione normativa di limitazioni alla prova contraria, in quanto l’esistenzadi limitazioni all’esercizio del diritto alla prova contraria sarebbe giustificabilesolo dalla natura di presunzione legale relativa degli studi di settore. Tuttavia, inmerito all’infondatezza di un tale ragionamento per insussistenza di limiti normativiall’esercizio della prova contraria si rinvia a A. Marcheselli, Gli studi di settoredevono valorizzare la realtà del singolo contribuente, op. cit., 513.(63) In questi termini cfr. A. Fantozzi, Gli studi di settore nell’accertamentodel reddito d’impresa, op. cit., 397-398.

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