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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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38 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIAposto a carico dell’Amministrazione finanziaria nell’espletamento dellasua attività accertativa.Ebbene, esaminando, innanzitutto, la posizione espressa a tal riguardoproprio da quest’ultima, è già stato detto come, inizialmente, ilcambiamento di rotta manifestato nelle più recenti circolari ministeriali,avesse riguardato soltanto la (riconosciuta minor) valenza probatoriadei «nuovi» indicatori di normalità economica e non anche la valenzaprobatoria degli studi di settore. Difatti, solo per i primi era statoespressamente detto che ad essi va riconosciuta la natura probatoria dimere presunzioni semplici, mentre nulla veniva detto con riferimentoalla valenza probatoria delle risultanze degli studi di settore, rispettoalle quali sembrava continuasse a persistere (pur non mancando nellediverse circolari ministeriali affermazioni poco chiare e contraddittorie(42) rispetto al) l’errato convincimento da parte dell’Amministrazionefinanziaria che si trattarebbe di presunzioni legali relative, ingrado da sole di fondare eventuali avvisi di accertamento. Seguendoquesto orientamento, gli uffici, utilizzando in sede accertativa gli studidi settore, verrebbero liberati da qualsiasi onere probatorio in merito(42) Difatti, non può sottacersi come in passato la stessa prassi ministerialeabbia sottolineato la necessità di un adeguamento delle risultanze degli studi disettore alla fattispecie concreta, le quali dovrebbero, peraltro, essere associate anchead altri elementi di accertamento. Più precisamente, nella circ. ministeriale n.110/E del 21 maggio 1999, è stata la stessa Amministrazione finanziaria ad affermareche: «sulla base degli elementi di valutazione direttamente acquisiti ovveroforniti dal contribuente in sede di contraddittorio, gli uffici avranno cura di adeguareil risultato dell’applicazione degli studi alla concreta particolare situazionedell’impresa, tenendo anche conto della localizzazione nell’ambito del territoriocomunale non colta dalle elaborazioni dalle quali sono scaturiti gli studi di settore.Le osservazioni formulate dai contribuenti nel corso del contraddittorio andrannoattentamente valutate motivando sia l’accoglimento che il rigetto dellestesse». È, dunque, evidente come, pur a voler sostenere la natura di presunzionilegali degli studi di settore, queste affermazioni sono comunque in aperta contraddizionecon la tesi (ministeriale e non) secondo cui un accertamento di maggiorricavi o compensi possa basarsi, sic et simpliciter, sulle sole risultanze di talistrumenti presuntivi. Dunque, anche lo stesso orientamento espresso dall’Amministrazionefinanziaria non appare chiaro, sebbene sembri in ogni caso prevalere inambito ministeriale l’indirizzo secondo cui gli studi di settore produrrebberoun’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, manifestato dallaripetuta affermazione secondo cui lo scostamento dei ricavi o compensi dichiaratirispetto a quelli attribuibili al contribuente sulla base degli studi di settore costituirebbeuna presunzione grave precisa e concordante (in tal senso, ex multis, cfr.circ. ministeriale del 7 giugno 2004, n. 21/E, par. 3). Allo stesso modo, nella guidainterattiva agli studi di settore (consultabile sul sito dell’Agenzia delle entrate)si legge: «l’aggravamento per il contribuente è che si inverte l’onere della provain quanto sarà lui a dover dimostrare perché i suoi ricavi o compensi sono inferioria quelli determinati con procedure i cui risultati, dopo numerose prove, sonostati riscontrati attendibili dalla Commissione di esperti». In altri termini, perl’Amministrazione finanziaria si trarrebbe, quindi, di presunzioni legali relative.

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