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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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172 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIAti fissati dalla stessa Amministrazione finanziaria a seguito della valutazione dellecondizioni economiche del contribuente. In sostanza l’aver riconosciuto la sussistenzadi una situazione che integra gli estremi dello stato di necessità non consentedi negare allo stesso soggetto l’accesso alla sanatoria dopo che lo stessosi sia attenuto alle indicazioni degli Uffici finanziari (Cass., sez. trib., 22 settembre2003, n. 14000, in Riv. dir. trib., 2004, II, 493).La Cassazione ha in altra occasione precisato che la tutela del principiodell’affidamento non può essere riconosciuto nel caso in cui la condotta delcontribuente sia finalizzala a realizzare intenti elusivi ovvero a realizzare indebitirisparmi d’imposta, ancorché mediante operazioni compiute nell’astrattorispetto delle norme di legge (Cass., sez. trib., 29 agosto 2007, n. 18218,in Fiscovideo).Nel caso di specie un contribuente che produceva alcolici era passato dalregime del deposito fiscale a quello del deposito libero ad accisa assolta chegli consentiva di risparmiare, ancorché illegittimamente, l’accisa sul vino miscelatonella produzione del liquore.La Corte ha inoltre, affermato come a fondamento della buona fede nonpossano essere invocate né le generiche informazioni fornite dall’amministrazionecirca la possibilità di cambiare regime, né il fatto che gli Uffici avesseroin precedenza accolto le istanze di rimborso presentate e che non avesserosollevato eccezioni di sorta nei controlli periodici effettuati. Secondo la Corte,infatti, la vigilanza saltuaria non è idonea a riscontrare errori od omissionecome nel caso di un controllo generale sulla contabilità del soggetto, sicchél’esito positivo delle verifiche periodiche non è idoneo a fondare l’affidamentocirca la correttezza del proprio operato. Va detto comunque che, al di làdelle considerazioni circa la validità degli elementi di fatto a fondare l’affidamento,risulta difficile parlare di buona fede ove si riscontri una effettiva ecosciente elusione delle norme tributarie da parte del contribuente.Particolare la fattispecie esaminata dalla Commissione Tributaria Provincialedi Matera, sez. III, 29 giugno 2004, n. 45 (in Fisco, 2004, 16770, concommento di M. Colonna e C. Ferrari).Nel caso di specie, un contribuente destinatario di un atto di accertamentocon irrogazione di sanzione, proponeva istanza di annullamento in autotutela,avendo riscontrato un errore materiale nel calcolo dell’imposta dovuta edi conseguenza nelle sanzioni irrogate.L’ufficio accoglieva l’istanza del contribuente provvedendo a correggerel’errore e a rideterminare la somma dovuta al netto del precedente sbaglio. Ilcontribuente ha tuttavia impugnato l’atto di autotutela, affermando che eraonere dell’ufficio mettere un nuovo atto sostitutivo del precedente al fine diconsentire al destinatario di poter pagare le sanzioni in misura ridotta ai sensidell’art. 16, 3 o comma, d.lgs. n. 472 del 1997.La commissione ha accolto il ricorso ritenendo che il principio dell’affidamentoe l’obbligo di collaborazione imponevano all’ufficio di riemettere unnuovo atto al fine di consentire al contribuente, se voleva, di pagare le sanzioniin misura ridotta, cosa che non aveva fatto l’ufficio.Oltre al profilo dell’impugnabilità degli atti di annullamento in autotutela,che non attiene alla materia dello Statuto, la sentenza in rassegna fornisceun interpretazione dell’art. 10 come norma creatrice di doveri e obblighi ulterioririspetto a quelli previsti in specifiche disposizioni di legge, al pari diquanto avviene nel diritto civile con le analoghe disposizioni sulla buona fedein senso oggettivo.Tale interpretazione, sicuramente favorevole per i contribuenti, avrebbe

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