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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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PARTE SECONDA 147zando la tutela anche a ipotesi in cui la retroattività non è propriamente configurabile,ma si pongono comunque esigenze di certezza del diritto: vienequindi precisato che relativamente ai tributi periodici le modifiche introdottesi applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corsoalla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.Quello della retroattività è un tema classico che involge l’altro ancorapiù battuto della certezza del diritto; temi che hanno spesso ispirato ai giuristie agli studiosi ricostruzioni immaginifiche e metafore quasi mitologiche.Basti ricordare quanto affermava il Quadri circa il fondamento normativodel divieto di retroattività, asserendo che è vano sforzo andare alla ricercadi norme particolari onde giustificare un principio che non è scritto innessun luogo perché corre nelle viscere di tutto l’ordinamento (R. Quadri,Dell’applicazione della legge in generale, inCommentario al codice civile,Scialoja-Branca, Bologna, 1974, 173), ovvero ancora le teorie che spiegano laricerca della certezza della legge in chiave freudiana, come retaggio del bisognoinfantile di un padre autoritario che soddisfi il bisogno di fermezza, sicurezzaed infallibilità (così il Frank, citato da U. Natoli, L’attuazione del rapportoobbligatorio, inTratt. di dir. civ. e comm. diretto da Cicu e Messineo,Milano, 1974, XVI, t. 1, 31, nota 62).Tralasciando la parte poetica della questione, sono probabilmente nelgiusto quegli autori che ricollegano l’irretroattività e la certezza del dirittoagli artt. 2e42della Costituzione, nel senso che la propria autodeterminazionee la libertà di iniziativa privata economica sarebbero compromesse se l’individuonon potesse conoscere con certezza le conseguenze tributarie che derivanodalle proprie azione e dalle proprie scelte (in questo senso E. DellaValle, Affidamento e certezza nel diritto tributario, Milano, 2001).Quest’esigenza di rispettare la programmazione economica compiuta dasoggetto traspare chiaramente in una delle prime applicazioni giurisprudenzialidel divieto di retroattività, rappresentata dalla sentenza della Cassazione,sez. trib., 14 aprile 2004, n. 7080 (in Foro it., 2004, 3112, e in Boll. trib.,2004, 1339).La vicenda, piuttosto complessa, riguarda le riforme intervenute in materiadi accisa sugli spiriti. In particolare, per la grappa (chiamata dalla leggecon l’elegante definizione di acquavite di vino) destinata a invecchiare venivaaccordato un abbuono d’imposta in relazione al numero di anni d’invecchiamento,fino a un massimo dell’88%. Così l’art. 7, d.l. n. 142 del 1950.Poiché l’acquavite viene lasciata ad invecchiare anche per lunghi periodi,c’era la possibilità che la grappa, posta nelle botti a riposare quando si applicavala legge citata, ritornasse a veder la luce sotto l’imperio di norme tributariedel tutto diverse che magari non riconoscevano più abbuoni per il preziosoliquore.È proprio il caso che ha dato luogo alla vicenda concreta. A seguito dell’entratain vigore del d.l. n. 331 del 1993, con il quale è stata ridisciplinatala materia delle accise, l’Amministrazione finanziaria ha disconosciuto l’applicabilitàdegli abbuoni vigenti nella precedente legislazione e ha chiesto aidistillatori il pagamento dell’accisa piena al momento in cui è stata immessain consumo l’acquavite invecchiata, risvegliata dal suo sonno più che decennale.L’Amministrazione finanziaria faceva leva sul fatto che il momento diriscossione delle accise è quello dell’immissione in consumo e che l’impostanon può che essere applicata secondo la legge in vigore in quel momento.La Corte ha respinto tale interpretazione rigida, ricollegandosi alle dispo-

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