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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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PARTE SECONDA 133che, come è noto, contiene un elencazione degli atti impugnabili di fronte algiudice tributario.Il progressivo ampliamento della giurisdizione <strong>tributaria</strong>, infatti, ha portatoall’abbandono dell’impostazione tradizionale, secondo cui l’elencazionedegli atti impugnabili ex art. 19, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, assumevarilevanza anche al fine della giurisdizione, ritenendosi che la stessa trovasseun limite esterno nella previsione di tributi assegnati alla competenza dellecommissioni ed un limite interno nell’elencazione degli atti impugnabili:l’opinione oggi più diffusa è, per contro, che la giurisdizione <strong>tributaria</strong> è correlataesclusivamente alla natura delle entrate di cui si controverte (art. 2) el’individuazione dell’atto impugnabile si qualifica come condizione di proponibilitàdell’azione nanti al giudice tributario (44).Con riferimento al caso di specie, pertanto, ove trattasi di somme la cuiriscossione avviene in assenza di atti anche solo riconducibili a quelli previstidall’art. 19 (45), si pongono seri problemi di adeguatezza della tutela, che,però, per dirlo con le parole della Cassazione, «non attengono alla giurisdizione,ma che devono essere risolti nel quadro della cognizione sull’ammissibilitàe/o proponibilità della domanda e, quindi, sono estranei al giudizio diregolamento».I problemi summenzionati derivano dal fatto che all’elencazione di attiimpugnabili, contenuta nell’art. 19, è stata attribuita natura tassativa (46), sicchérisulta incerto quale sia il giudice dotato della giurisdizione quanto aduna controversia pur relativa ad un tributo, ma che non è un giudizio di impugnativadi uno degli atti in questione. Il carattere esclusivo della giurisdizione<strong>tributaria</strong> comporta infatti che non possono ritenersi devolute, in via residuale,al giudice ordinario azioni non consentite nel giudizio tributario, qualequella – proposta nel caso di specie – di accertamento negativo dell’obbligazione<strong>tributaria</strong> (47).(44) Sul punto, cfr. A. Lovisolo, Osservazioni sull’ampliamento della giurisdizione esui poteri istruttori del giudice tributario, cit.; in proposito si veda anche Cass., sez. un.,ord. 22 luglio 2004, n. 13793 (in banca dati Ipsoa La Legge), secondo cui il criterio di attribuzionedella giurisdizione è quello della materia e non quello della situazione soggettivadi cui si denuncia la lesione, né, tanto meno, del tipo di tutela giuridica richiesta. Per quantoattiene, in particolare, al tipo di azione introducibile dinanzi al giudice tributario, si ponesoltanto un problema di proponibilità o di ammissibilità, in relazione al modo con cui la litepuò essere instaurata, e cioè, secondo l’art. 19, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, l’impugnazionedi specifici atti impositivi o di riscossione, o di determinati atti di rifiuto.(45) Si veda, sul punto, L. Sandullo, Per una necessaria delimitazione della giurisdizione<strong>tributaria</strong>, inFisco, 2007, 1439.(46) La previsione dell’art. 19, 3 o comma, che gli «atti diversi» da quelli indicatinon sono impugnabili autonomamente, nonché il rinvio della lett. i) del 1 o comma a specificheprevisioni di legge per individuare «ogni altro atto» autonomamente impugnabile,escludono infatti il carattere meramente esemplificativo dell’elenco e la possibilità di integrarloper via di estensione analogica (cfr. F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Utet,Torino, 2004, 328; P. Russo, Contenzioso tributario, inDig., sez. comm., 538; C. Consolo-C. Glendi, op. cit., 184).(47) Secondo una pluriennale e consolidata giurisprudenza della Corte, infatti, l’azionedi mero accertamento del debito d’imposta non può ritenersi devoluta al giudice tributario,e la sua proposizione dinanzi alle Commissioni tributarie dà luogo soltanto ad una dichiarazionedi improponibilità assoluta della domanda. In tal senso si vedano Cass., sez.un., 6 novembre 1993, n. 10999; Cass., 4 novembre 1994, n. 916; Cass., 19 giugno 1990,

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