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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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126 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIAIl dibattito sulla riconduzione della «tassa portuale» all’una o all’altracategoria, infatti, ha appassionato molto la dottrina che si è occupata dellamateria e parimenti ha impegnato la giurisprudenza di merito e di legittimità(24).Ciò in quanto la qualificazione giuridica di «tassa» implicava, nelle argomentazionidedotte, che l’obbligo al pagamento sussistesse solo in caso difruizione dei servizi i cui costi la tassa serviva a coprire, con la conseguenzache, in caso di movimentazione delle merci in proprio da parte dell’utenteportuale, con derivante mancata fruizione dei servizi offerti in contropartitadel tributo, l’obbligazione <strong>tributaria</strong> assumeva carattere vincolante esclusivamentesotto forma di imposta (25).Ed infatti la Cassazione, in un primo momento, aveva negato che la«tassa portuale» fosse inquadrabile nella categoria delle «tasse» (26), non essendotale imposizione collegata in via commutativa al godimento di un servizioamministrativo, giacché pur dovendosi riscuoterla in concomitanza conil transito di merci in un porto, essa prescinde da ogni elemento di corrispettivitàrispetto alle concrete utilità ricavate dall’utente.Successivamente, con altre pronunce (27), la Corte ha però rivisto lapropria posizione, riconoscendo che la «tassa portuale» potesse essere ricondottaalla categoria delle «tasse», considerando non un rapporto di «corrispettività»del tributo a un servizio in particolare, ma un rapporto di «correlatività»della tassa con il più generale interesse al buon funzionamento del porto.In sostanza, la «tassa portuale» sarebbe un corrispettivo in senso lato, collegatoall’utilizzazione delle strutture portuali in generale, cioè all’effettuazionedelle operazioni di sbarco ed imbarco delle merci in un determinato porto, resapossibile dalla creazione e manutenzione in efficienza delle infrastrutturefisse ed organizzative del porto, le cui spese le tasse portuali erano, in parte,destinate a coprire (28).In altra pronuncia e in senso analogo, la Corte ha stabilito che la «tassaportuale» potesse essere applicata per il solo fatto dell’imbarco e sbarco didel 1994). Per i porti ove non sono state istituite le predette Autorità, l’art. 28, 6 o comma,l. n. 84 del 1994, ha previsto la devoluzione del gettito della «tassa portuale» al bilanciodello Stato.(24) Tale dibattito, peraltro, ha coinvolto anche la «tassa erariale», con riferimentoalla quota devoluta alle Aziende dei mezzi meccanici e magazzini. In questo lavoro, tuttavia,al fine di non complicare ulteriormente una materia già di per sé piuttosto «contorta»,si farà cenno solo alla «tassa portuale», posto che i contenuti delle sentenze riguardanti idue tributi sono sostanzialmente sovrapponibili e considerato che, in alcuni casi, i giudicifanno addirittura riferimento indistintamente alle «tasse portuali» intendendo con ciò sia la«tassa portuale» che quella «erariale».(25) Sul punto si veda l’esaustiva trattazione di G. Marongiu, Sulla natura e sulladebenza della «tassa portuale», inFisco, 2004, 7244.(26) In tal senso Cass., 24 aprile 1997, n. 3612, in Dir. mar., 1998, 399 e Cass., 27marzo 1997, n. 2721, in banca dati Fisconline.(27) Tra le quali Cass., 20 marzo 1998, n. 2939 (in Dir. mar., 2000, 150).(28) In dottrina è stato osservato che la «tassa portuale», pur essendo considerata untributo a base commutativa, non risulta però legata da un vincolo di corrispettività in sensogiuridico con l’attività dell’ente pubblico. In altre parole, non può ravvisarsi, sul piano giuridico,un vero e proprio scambio (una reciproca interdipendenza genetica) tra prestazionedel singolo e prestazione dell’ente pubblico. Cfr. G.A. Micheli, Corso di diritto tributario,Utet, Torino, 1989, 25; P. Russo, Manuale di diritto tributario, Giuffrè, Milano, 1994, 20;C. Berliri, Corso istituzionale di diritto tributario, Giuffrè, Milano, 1985, I, 80-81.

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