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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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32 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIAe, addirittura, per quel che concerne le presunzioni semplici, ancheben al di là dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile (34).In tale ambito si assiste, difatti, ad una ampia utilizzazione dellepresunzioni legali e semplici, maggiore rispetto agli altri rami del diritto,con conseguenti problemi di compatibilità con i precetti costituzionali(in specie con gli artt. 3, 24, 53 e 111 Cost.) (35); tutto ciò decontribuenteche potrebbe utilizzare la prova per presunzioni per contrastare lapretesa <strong>tributaria</strong> dell’ufficio a sua volta fondata su ricostruzioni presuntive; il tuttocon l’ovvia constatazione che in ultima analisi spetterà comunque sempre alprudente apprezzamento del giudice tributario valutarne l’ammissibilità comemezzo probatorio.(34) A tal riguardo, è opportuno fare un cenno alle presunzioni c.d. «semplicissime»o «affievolite», ossia a quelle presunzioni per le quali non sono richiestii caratteri di gravità precisione e concordanza: si tratta delle ipotesi di accertamentoinduttivo previste dagli artt. 39, 2 o comma e 41, 2 o comma del d.p.r.n. 600 del 1973. In tal caso il problema consiste nello stabilire cosa il legislatoretributario abbia voluto intendere con tale espressione e se, in particolare, abbia intesofacoltizzare gli uffici al ricorso ad un tipo di imposizione non accompagnatadalla ragionevole certezza del suo presupposto. Sul punto è stato giustamente sottolineatoche il legislatore non ha inteso ammettere presunzioni arbitrarie imprecisee contraddittorie, in quanto persino l’accertamento extracontabile dovrà, comunque,possedere una certa attitudine al convincimento, anche per superarel’eventuale vaglio giurisdizionale (in tal senso R. Lupi, Manuale giuridico professionaledi diritto tributario, Milano, 2001, 515 ss.) ciò in quanto l’esercizio dipresunzioni credibili si riflette sul corretto esercizio dell’onere della prova che incombesull’ufficio. Il legislatore in questo caso non ha voluto alcuna inversionedel suddetto onere ma ha soltanto agevolato l’Amministrazione finanziaria in presenzadi un impianto contabile complessivamente inattendibile. L’ufficio non solodovrà dimostrare l’esistenza dei presupposti per l’accertamento induttivo, ma dovràprovare che la rettifica operata è supportata da presunzioni convincenti. Ladifferenza rispetto alle ordinarie presunzioni semplici andrebbe individuata nongià su un piano qualitativo, ma esclusivamente su un piano quantitativo: in talicasi è sufficiente un grado di probabilità più attenuato, una approssimazione maggiore,ma pur sempre ragionevole; deve comunque sempre trattarsi di un ragionamentodotato di una sua intrinseca, anche se minore, rigorosità e ragionevolezza,nel senso che «le presunzioni poste a fondamento dell’accertamento devono pursempre ottemperare alla regola, il cui rispetto è assoggettabile a controllo giurisdizionale,dell’inferenza (non già necessaria, ma) quantomeno probabilistica»(cfr. Cass., sez. trib., 8 marzo 2000, n. 2605, in banca dati Fisconline). Parte delladottrina sul tema ha anche sostenuto che la mancanza di quei requisiti debbaascriversi al fatto che le presunzioni c.d. semplicissime riguardano casi in cui nonvi è da accertare un fatto ma vi è da determinare un valore. La decisione del giudicetributario sarebbe, quindi, analoga a quella che deve effettuare il giudice civilein materia di valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c. e non si tratterebbe,pertanto, secondo tale orientamento, di vere presunzioni perché non riguarderebberol’accertamento in via presuntiva di un fatto (in tal senso F. Tesauro,La prova nel processo tributario, inRiv. dir. fin., 2000, 95).(35) Per quanto concerne il problema della rispondenza della presunzione aiprincipi costituzionali posti dagli artt. 3, 23, 24, 53, 111 della Costituzione occor-

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