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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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30 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIAme la presunzione legale opererebbe sul piano sostanziale della formazionedella fattispecie, mentre la presunzione semplice agirebbe sulpiano della rappresentazione o ricostruzione delle fattispecie oggettive,con la conseguenza che nella prima è assente ogni questione probatoria,alterando solo indirettamente la distribuzione dell’onere della prova,mentre nella seconda è in gioco la prova di un fatto.L’art. 2728 c.c. stabilisce, poi, un’ulteriore classificazione dellepresunzioni legali: esistono presunzioni legali contro le quali non èammessa prova contraria (c.d. presunzioni assolute o iuris et de iure),in forza delle quali, accertato il fatto noto, il giudice deve affermarel’esistenza del fatto presunto e presunzioni legali contro le quali è amziale,incidendo sulla delimitazione del presupposto dell’imposta. Difatti, sempresecondo il citato Autore, la nozione di «predeterminazione normativa» «(...) attienenon già ai percorsi logici argomentativi propri della funzione accertativa o giudiziaria– nei quali pure l’esistenza di un fatto fiscalmente rilevante può, a certecondizioni, essere affermata alla stregua di un ragionamento basato su criteri forfetari– bensì a quegli strumenti di fonte normativa, sia essa legislativa o regolamentare,in forza dei quali un dato stabilito ex ante, o comunque determinabile inbase a criteri prefissati, è destinato a prendere il posto del dato effettivo, rilevandoesso stesso e non quest’ultimo ai fini della tassazione». Pertanto, gli studi disettore avrebbero in comune con le presunzioni legali relative la loro matrice normativa,ma se ne discosterebbero in quanto, diversamente da queste ultime, il percorsoche conduce dal fatto noto al fatto ignoto non si baserebbe su una massimadi comune esperienza, intesa come collegamento all’id quod plerumque accidit; inaltri termini, tale percorso non sarebbe di tipo logico - argomentativo, risultando,invece, trasfuso nel contenuto precettivo della norma, come una sorta di finzione,esemplificazione legale, postulando, quindi, una disciplina costruita tutta sul pianonormativo, senza avere riguardo, o addirittura in contrasto, con la realtà effettiva.In questo modo, pertanto, in sede di accertamento, l’Amministrazione finanziariasi dovrebbe limitare ad applicare le risultanze degli studi di settore, sostituendolealle realtà costituite dai ricavi e compensi effettivamente prodotti. Allo stesso modo,sempre secondo questo orientamento dottrinale, rappresentando i ricavi ocompensi determinati in base agli studi di settore una semplice predeterminazionedegli stessi sul piano normativo, conseguentemente mancherebbe nell’accertamentoeffettuato attraverso gli studi di settore una vera e propria prova del ricavo ocompenso accertato e non si porrebbe, in relazione agli stessi, un vero e proprioproblema di prova contraria da parte del contribuente, essendo quest’ultimo piùche altro chiamato a fornire «i ragguagli necessari a far emergere la specificitàdella propria situazione». Tuttavia, è di tutta evidenza come, sulla base di questaricostruzione, gli effetti degli studi di settore quali predeterminazioni normative,sul piano pratico e sostanziale, sarebbero simili a quelli delle presunzioni legalirelative, in quanto, in ambito processuale produrrebbero il medesimo effetto:quello di produrre un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.In tal senso cfr. M. Versiglioni, Prova e studi di settore, op. cit., 178. Contra unapossibile rilevanza sostanziale degli studi di settore sembrerebbe esprimersi A.Marcheselli, Gli studi di settore devono valorizzare la realtà del singolo contribuente,inGT-Riv. giur. trib., 2007, 513-514, secondo il quale Autore «(...) le disposizioniin tema di studi di settore costituiscono disciplina di modalità di accertamentodel reddito effettivo, e non definizione del presupposto di imposta (...)».

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