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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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PARTE SECONDA 81Suprema Corte ricorda espressamente come «proprio nel caso di imbarcazioneda diporto, il cui utilizzo è quello di “piacere”, è possibile ipotizzare cheforniture di bordo siano effettuate in regime di esenzione dal dazio dichiarandouna partenza “fittizia” al fine di beneficiare (fraudolentemente) dell’agevolazionee giustamente il legislatore pretende che la partenza avvenga effettivamente,perché l’esenzione operi». Il meccanismo previsto dall’art. 254T.U.L.D., che permette all’imbarcazione da diporto di caricare provviste dibordo esenti da diritti doganali, stabilisce che l’unità da diporto deve esseremunita del giornale delle partenze e degli arrivi per l’imbarco delle provvistedi bordo in franchigia doganale, ove verranno annotate le provviste imbarcatee che il natante parta entro le otto ore successive con diretta destinazione diun porto di un paese extra-Ue, che dovrà apporre il visto d’entrata sul medesimogiornale.In realtà, al fine di ovviare a tutte queste macchinosità, le navi da diportohanno escogitato un meccanismo ben diverso dalla dichiarazione di unapartenza fittizia – che se non avviene è facilmente verificabile – messo in attoal di fuori delle strutture e controlli portuali.Tra i diportisti, infatti, si è diffusa la <strong>pratica</strong> di fare rifornimento di carburantee provviste in acque internazionali, mediante gli «empori galleggianti»ovvero navi battenti bandiera di stati non appartenenti all’Ue che stazionanonei tratti di mare extra-territoriale per vendere prodotti petroliferi ed altreprovviste (c.d. bunkeraggio off-shore).Si tratta ovviamente di operazioni che, se fatte in tale maniera, garantisconoun risparmio notevole non dovendo essere corrisposte né iva sui beniné accise sui carburanti, ma che proprio per questo configurano il reato dicontrabbando una volta rientrati nelle acque di un paese dell’Ue.Per regolarizzare la propria posizione e non incorrere in denunce e sanzioni,non appena rientrato in acque comunitarie, il Comandante dovrebbe dichiararealla Dogana l’importazione di tali prodotti o la volontà di ripartirealla volta di un porto extra-Ue entro le successive otto ore: nel primo casodovranno essere versati alla Dogana Iva ed accise sul carburante in aggiuntaall’iva sulle merci acquistate.La questione era già stata affrontata in tempi diversi sia dal Tribunale diGenova che da quello di Savona, giunti poi a conclusioni opposte circa la debenzadei diritti doganali in caso di rifornimento in acque internazionali.Il primo (7) si era occupato di un caso in cui una imbarcazione da diportoaveva acquistato da una bettolina in acque extraterritoriali 1200 litri dicarburante, utilizzato in gran parte per la successiva battuta di pesca, che alsuo rientro in porto si è vista contestare dalla Guardia di Finanza una illecitaimportazione di gasolio, avendo omesso il pagamento delle relative accise,ma con riferimento a tutti i litri di carburante acquistati nelle acque internazionali,nonostante l’utilizzo del medesimo fosse già in parte avvenuto ed inacque non territoriali. Il Tribunale di Genova si era così pronunciato nel sensodi ritenere «illegittima l’ingiunzione dell’Amministrazione al pagamentodel diritto doganale che, non tenendo conto dell’avvenuto consumo, si riferisceall’intero rifornimento avvenuto in acque internazionali»: al contrario,avrebbe dovuto riferirsi alla sola quantità di carburante effettivamente presentenel serbatoio al momento dell’arrivo in porto.(7) Trib. Genova, 19 dicembre 2001, Biancheri c. Amministrazione delle Finanze, inDir. mar., 2004, 1479.

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