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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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48 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA4. – ConclusioniLe potestà di prelievo degli Stati devono essere coordinate non solo daun punto di vista spaziale e territoriale, ma anche dal punto di vista temporalee per questo motivo lo Stato di destinazione deve poter tassare le plusvalenzematurate nell’ambito del suo ordinamento fiscale, e pertanto quellecreatesi a partire dall’«entrata» dei beni, qualunque ne sia la modalità. Da ultimo,valga come argomento in questo senso la considerazione che recepirecome valore fiscale di entrata il valore storico invece di quello di mercatoesporrebbe l’Erario a ingenti perdite, probabilmente maggiori dei guadagnisperati. È evidente, infatti, che il riconoscimento del valore storico implicherebbeuna sorta di effetto calamita dell’ordinamento italiano rispetto ai soggetticon minusvalori latenti. Anche per prevenire questi fenomeni di abuso,difficilmente contrastabili all’interno di un’area di libertà di stabilimento (31),quantomeno per le imprese, occorre recepire sempre il valore di mercato, aprescindere dall’applicazione di una exit tax all’estero (32). E di ciò pare rendersiconto anche l’Agenzia delle entrate quando nella risoluzione 67/E sostieneil criterio del valore di mercato anche [...] al fine di evitare [...] saltid’imposta. E d’altra parte risulta che proprio per questa preoccupazione inoccasione di una risposta ad interpello del 2002 (33) l’Agenzia delle entrateabbia sostenuto che il valore da assumere ai fini fiscali per i beni che entrinonella giurisdizione italiana in seguito ad un’operazione di fusione internazionalesiano quelli inferiori tra quelli di mercato e quelli iscritti nel bilanciodell’incorporata nell’esercizio precedente l’operazione. La soluzione data alcaso concreto, però, per quanto fondata sull’esigenza di scongiurare fenomenidi elusione fiscale, non è certo sostenibile in via generale.In effetti, la questione potrebbe risolversi già dal punto di vista interpretativo,estendendo il principio richiamato dalla stessa Agenzia delle entratenella risoluzione n. 67/E del 2007. Al momento, tuttavia, l’interpretazionefornita non può ancora dirsi al riparo da contestazioni e ripensamenti.È quindi auspicabile che il legislatore, preferibilmente comunitario, intervengaper chiarire questo aspetto, eventualmente integrando ancora le disposizionidella direttiva n. 434 del 1990.avv. PAOLO DE’CAPITANI DI VIMERCATEDottore di ricerca in <strong>Diritto</strong> privatopresso l’Università di Pisasottolinea peraltro l’esigenza di una normativa di dettaglio, portando ad esempio il problemache sorge nei casi in cui i beni in entrata siano minusvalenti e quindi vi sia il rischioche assumendoli al valore normale nell’ordinamento di destinazione il contribuente perda lapossibilità di sfruttare tali minusvalori nella misurazione dei redditi imponibili, sia di quiche di là la frontiera. Sul punto anche de’Capitani, The ECJ rules on exit taxes, cit.(31) V. Della Valle - Marini, Libertà di circolazione dei capitali nell’Unione Europea,inCorr. trib., 2004, 3247.(32) Ciò ovviamente non dovrebbe invece avvenire per quei beni che già possiedanoun valore fiscalmente riconosciuto in Italia, in quanto per esempio facenti parte di una stabileorganizzazione del soggetto estero che si trasferisce in Italia o che viene incorporatoda un soggetto residente.(33) Mai pubblicata, ma di cui si ha notizia da Il Sole 24 Ore, 22 settembre 2005,22.

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