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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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PARTE SECONDA 43le (19), riguarda la rivalutazione fiscale dei beni di primo grado della societàincorporata utilizzando i valori fiscali costruiti dalla società incorporante suibeni di secondo grado (partecipazioni), la questione che ci interessa ora concerneinvece la prima valutazione ai fini fiscali di beni che non hanno maiavuto alcun valore riconosciuto ai fini fiscali italiani. Infatti, le poste contabiliche riflettono avanzi e disavanzi da fusione, specie da annullamento, non riflettonoper forza la differenza tra il valore contabile dei beni di primo gradoe quello di mercato, bensì semplicemente la differenza tra il valore contabiledi tali beni e quello delle partecipazioni nella società incorporata, sicchéprendere a riferimento per la questione che ci interessa avanzi e disavanzi sarebbeuna approssimazione un poco deludente, non in grado di ripartire la potestàimpositiva tra gli Stati membri secondo il criterio di «territorialità fiscale,affiancato da un elemento temporale» richiamato dalla Commissione UEnella comunicazione sulle exit taxes (20).Nell’ottica delle fusioni transfrontaliere, peraltro, qualcuno potrebbeobiettare che l’assunzione del valore di mercato dei beni di primo grado inentrata comporta un danno per l’Erario, che vede svanire il valore riconosciutoalle partecipazioni annullate in base al quale avrebbe potuto, in caso direalizzo esercitare un domani il prelievo, specie nel caso di operazioni chedanno luogo ad avanzi. Tuttavia, non v’è chi non veda come, in un regime diirrilevanza di avanzi e disavanzi, lo stesso accade anche nel caso delle operazionidomestiche.Al riguardo, infatti, l’art. 172 t.u.i.r., stabilisce che i beni ricevuti sonovalutati fiscalmente in base all’ultimo valore riconosciuto ai fini delle impostesui redditi. Come noto, però, l’art. 172 t.u.i.r. è disposizione che nasce inun’ottica domestica ed è naturalmente destinato a regolare le fusioni domestiche,così come l’art. 173 le scissioni. Per quanto ci interessa qui, occorre ricordareche il problema sorge proprio dal rinvio che l’art. 179 t.u.i.r. fa all’art.172 t.u.i.r., equiparando la disciplina delle operazioni intracomunitarie aquella delle operazioni domestiche, salvo le specifiche disposizioni contenutenegli artt. 179 e ss. in ossequio alla direttiva n. 434 del 1990.Il che, evidentemente, crea seri problemi proprio nel caso delle operazionitransfrontaliere in cui una società italiana incorpori una società non residente,con afflusso nell’ordinamento italiano di beni che non hanno mai avutoun valore fiscalmente riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi italiane.L’ordinamento fiscale italiano, in sostanza, contiene la medesima lacuna delladirettiva 434/90/Cee. E proprio per risolvere questo dilemma, Silvestri sostieneche la disposizione andrebbe assoggettata ad interpretazione «correttiva»,aggiungendo per l’appunto che «i beni ricevuti sono valutati in base all’ultimovalore fiscalmente riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi italiane».Con il che si arriverebbe quindi a dire che i beni che tale valore «italiano»non hanno mai avuto prima dovrebbero essere assunti al loro valore corrente(21).In dottrina si trovano sul punto opinioni discordanti. Da un lato, infatti,(19) Sull’irrilevanza di avanzi e disavanzi v. da ultimo Agenzia delle entrate, Circ.21 marzo 2007, n. 16/E.(20) Contra Silvestri, cit., 508, il quale propone invece come misura del valore dimercato da utilizzare come base storica per la fiscalità dei beni in entrata il disavanzo dafusione, sia esso da concambio, sia esso da annullamento.(21) Silvestri, op. loc. cit.; Stevanato, op. loc. cit.

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