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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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42 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIAsione per incorporazione di una società già partecipata dalla incorporante, seè vero che i beni di primo grado della società incorporata non possiedono alcunvalore nel Paese dell’incorporante, è però vero che questo Paese già disponedel valore fiscale delle partecipazioni dell’incorporata annullate in occasionedell’operazione. Si tratta quindi di stabilire quale sia la rilevanza diquesti valori, che come noto in occasione della fusione comportano l’emersionedi avanzi e disavanzi da annullamento.Come noto, la direttiva n. 434 del 1990 (art. 4, par. 2) impone allo Statomembro della società incorporata di astenersi dall’assoggettare al prelievo iplusvalori che emergano in occasione di una delle operazioni indicate dall’art.2, quando i beni di tale società su cui sono maturati tali plusvalori confluiscanoin una stabile organizzazione collocata nel medesimo Stato. In tal modo,come detto anche più sopra, si garantiscono le pretese dello Stato della fonte,ove si sono verificati i presupposti per tale incremento di valori tassabili, senzacompromettere le ragioni dell’economia e del mercato unico. I valori fiscalidei beni confluiti in una stabile organizzazione rimangono quelli riconosciutialla società incorporata prima dell’operazione.La disciplina comunitaria, così come quella di recepimento contenuta nelt.u.i.r. (artt. 178 e ss., che per la fusione rinviano all’art. 172), però, non trattanodei valori fiscali da riconoscersi in capo alla società incorporante residentein un altro Stato membro (18).Ciò che fa la direttiva, in sostanza, è impedire allo Stato della societàincorporata di esercitare il prelievo sui beni di tale società, a meno che talibeni non sfuggano definitivamente dalla sua giurisdizione fiscale in quantonon confluiscono in una stabile organizzazione all’interno del suo territorio.Per quanto riguarda la società incorporante l’art. 4 stabilisce che il regimedi neutralità è subordinato al fatto che la stessa società continui a mantenereper i beni ricevuti i medesimi valori fiscali precedentemente riconosciutialla società incorporata. Tale disposizione, tuttavia, non fa altro che ribadirel’esigenza di tutela della ragion fiscale dello Stato della fonte, che non puòcerto garantire salti d’imposta a favore della società incorporante. Il trasferimento(roll over) dei valori fiscali, infatti, è riferito ai beni che confluiscononella stabile organizzazione e concerne la loro tassazione ai fini dell’ordinamentofiscale del Paese della fonte, mentre nulla si dice nella direttiva del valorefiscale da assegnare a questi beni nell’ordinamento fiscale della societàincorporante.La questione potrebbe accostarsi al trattamento di avanzi e disavanzi dafusione, che riflettono il diverso valore del patrimonio della società incorporatarispetto alle sue partecipazioni. Al riguardo, l’unica disposizione della direttivasi ritrova nell’art. 7, ai sensi del quale gli avanzi da fusione sono irrilevantiai fini della tassazione della società incorporante, salva restando lapossibilità per gli Stati membri di tassare tale avanzo alla stregua di un dividendo,secondo la disciplina prevista dalla direttiva madre-figlia.Mentre però la disciplina sugli avanzi e disavanzi da fusione, che per gliartt. 178 e 179 t.u.i.r., i quali rinviano alle disposizioni sulle operazioni domestichedi cui agli artt. 172 e ss., non assumono alcuna rilevanza fisca-(18) Wheeler, What The Merger Directive Does Not Say, in European Taxation,1995, 142.

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