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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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PARTE SECONDA 41Per quanto concerne i soggetti non esercenti attività imprenditoriali, ineffetti, l’assunzione del valore normale come base di riferimento per l’imposizionenell’ordinamento di destinazione potrebbe più facilmente dar luogo afenomeni elusivi, posto in particolare che nei vari Paesi è più raro riscontrarein questi casi specifiche disposizioni che affermino la potestà impositiva dell’ordinamentodi partenza al momento del trasferimento. Una di queste ipotesiricorre proprio nella disciplina tedesca che ha indotto il contribuente allapresentazione dell’istanza di interpello poi sfociata nella risoluzione 67/E:trattandosi di partecipazioni, infatti, l’emigrazione del contribuente avrebbereciso ogni legame con l’ordinamento di partenza.Al riguardo, tuttavia, si può rilevare che anche tali comportamenti elusivipossono essere contrastati con l’applicazione di disposizioni antielusive,oppure con l’estensione a queste fattispecie delle exit tax più frequentementeapplicate nei confronti delle imprese, sicché parrebbe opportuno, anche per isoggetti non imprenditori, assumere quale costo fiscalmente riconosciuto aifini reddituali il valore corrente al momento del trasferimento.* * *Proprio la direttiva n. 19 del 2005 cui si accennava sopra è stata recentementerecepita in Italia (17). Nella relazione illustrativa dello schema di decretodi recepimento, in particolare, si afferma che «il trasferimento di sedesociale all’estero, accompagnato dalla perdita della residenza fiscale e dalmantenimento nel Paese di origine di una stabile organizzazione, [è] operazionesostanzialmente assimilabile alla fusione e alla scissione di una societàdi uno Stato membro con beneficiaria una società di un altro Stato membro emantenimento nello Stato di residenza della incorporata o scissa di una stabileorganizzazione superstite» (par. 25 della relazione). Tanto è vero questoche il decreto prevede l’estensione del national tax credit per le plusvalenzerealizzate (rectius, tassate) in relazione alla stabile organizzazione, localizzatain un Paese terzo della UE, della società italiana incorporata anche al casodel trasferimento di residenza.L’assimilazione è senz’altro ammissibile per quanto riguarda la prospettivadello Stato della società incorporata e di quella scissa o che emigra. Alcunituttavia potrebbero non condividere la conclusione che l’operazione ditrasferimento di residenza sia perfettamente equiparabile a quelle di fusione escissione per quanto concerne la prospettiva dello Stato di destinazione equello della società incorporante o beneficiaria. Sul punto, pertanto, occorresvolgere alcune brevi considerazioni.A questo riguardo e con specifico riferimento alla valorizzazione dei beniche entrano nella sfera impositiva dello Stato di destinazione, occorre rilevareche mentre nel caso del trasferimento di residenza i beni «in arrivo» nondispongono di alcun valore, nel caso delle operazioni di fusione alcuni potrebberosostenere che ciò non è sempre vero. In particolare, nel caso di fudeltrasferimento della residenza sia dal punto di vista del Paese di origine che di quello didestinazione, basti pensare al caso del credito d’imposta per i dividendi, la cui dichiarazionedi incompatibilità ha costretto diversi Stati ad adottare il regime della participationexemption; v. Gammie, The Role of the European Court of Justice in the Development ofDirect Taxation in the European Union, inBull. int. fisc. doc., 2003, 86.(17) D.lgs. 6 novembre 2007, n. 199, in vigore dal 24 novembre 2007.

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