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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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28 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA345) aveva modificato l’art. 2-bis, 2 o comma, citato, escludendo la definizioneper adesione solo in presenza di reati tributari. Di conseguenza, sostenevanoi ricorrenti, vi sarebbe stata violazione e falsa applicazione dell’art. 2-bis,5 o comma, del d.l. 30 settembre 1994, n. 564.La Cassazione ha accolto il motivo di ricorso e ha cassato la sentenzaimpugnata in relazione a tale motivo. I giudici del Supremo Collegio hannosuperato l’impasse precisando come l’art. 17 del d.lgs. 19 giugno 1997, n.218 abbia abrogato l’art. 2-bis del d.l. n. 564 del 1994, convertito in leggedel 30 novembre 1994, n. 656, che stabiliva anche altre cause di esclusione edi inammissibilità al concordato. Il mutamento normativo – ha sottolineato laCassazione – è stato introdotto anche «dall’art. 2, 6 o comma, dello stesso decretolegislativo, il quale disponendo espressamente l’assenza di cause ostativeper poter accedere alla definizione concordata, riguarderebbe anche le dichiarazionipresentate entro il 30 settembre 1994».5. – La ratio della decisione del Supremo CollegioAl fine di comprendere l’arresto della Corte – peraltro pienamente condivisibile– è necessario analizzare il dato positivo relativamente alla retroattivitào meno delle leggi tributarie, per poi arrivare, attraverso un’analisi interpretativaed euristica, al disvelamento della portata della nuova normativa.Alla luce del diritto positivo, il divieto di applicazione retroattiva dellanorma è «una massima di contenuto generalissimo, dalla quale non si può dedurrese non una norma regolatrice di un’intera serie di attività» (37). Il principiodi irretroattività, nonostante assurga a dignità costituzionale solo in materiapenale, permea tutto il sistema normativo (art. 11 delle preleggi) e puòconsiderarsi principio generale anche in campo tributario (art. 3, 1 o commaed art. 1, 1 o comma dello Statuto dei diritti del contribuente, l. n. 212 del2000), salvo il temperamento espressamente disposto per le leggi di interpretazioneautentica. La medesima norma attiene anche all’attività degli interpreti(al di fuori dei casi di interpretazione autentica), i quali, in assenza di specificheindicazioni del legislatore, hanno l’obbligo assoluto di ricondurre lefattispecie prospettate alla loro attenzione ai principi generali dell’ordinamentogiuridico (38). Deve essere in tale senso valorizzata la ratio legis emergentedall’art. 3, 1 o comma, dello Statuto dei diritti del contribuente, vale a direl’impossibilità che sia un atto amministrativo e, quindi, di secondo grado, adestendere al passato l’efficacia di una norma legislativa: qualora si verifichiciò, il regolamento retroattivo è da ritenersi illegittimo (39).(37) Si era espresso in questo senso A. Levi, Teoria generale del diritto, Padova,1967, 188 ss.(38) Si veda, Cass., 16 marzo 1968, n. 977, in Giust. civ. Mass., 1968, 492: «la retroattivitàdella legge, esclusa dalla Costituzione per le leggi punitive, ha, negli altri campidel diritto, carattere eccezionale e la volontà del legislatore intesa ad attuarla, ove non siaesplicitamente affermata, può essere ricavata dall’interprete solo se il significato letteraledella norma sia incompatibile con la normale destinazione della legge di disporre unicamenteper il futuro».(39) Cfr. E. Allorio, Breve trittico sulla irretroattività delle norme tributarie, inStudi in onore di A.D. Giannini, Milano, 1961, 29, il quale puntualizza che: «la Costituzionedella Repubblica stabilisce il divieto della retroattività per le leggi penali, e nonper le norme tributarie: – che la irretroattività in termini generali è statuita nelle dispo-

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