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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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10 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIAIl criterio cui attenersi non si può, insomma, definire in termini menoche generici e alla lettera delle massime giurisprudenziali non deve essere datopeso, sul punto (27).Ciò non toglie che si tratta di profilo di estrema importanza e interesse,rispetto al quale vale la pena di tentare qualche approfondimento ulteriore.2. – Criteri empirici per la determinazione della probabilità sufficienteOgni tentativo di determinare in modo univoco la soglia, raggiunta laquale il ragionamento presuntivo può dirsi sufficientemente plausibile, è destinatoad insuccesso. La ricerca di una definizione generale di tale valore diverosimiglianza è operazione sterile. Ciò però non significa che non possanoindividuarsi alcuni punti di riferimento e parametri per orientare sia la ricercasia la <strong>pratica</strong> attuazione nella materia.In effetti, tra i due estremi della riduzione del problema della verosimiglianzadella prova a una formuletta matematica, da un lato, e quello dellacaduta nel campo delle intuizioni irrazionali, dall’altro c’è tutta un’area intermedia,di ragionevolezza e buon senso, che merita di essere attentamente coltivata.Il fatto che tale tema sia invece, tendenzialmente trascurato ed esauritoproprio o con il richiamo a formulette pigre o affermando la non riducibilitàdell’argomento a una trattazione razionale è un grave difetto della culturagiuridica, difetto culturale e di impostazione che costituisce anticamera di verie propri vizi strutturali della applicazione del diritto.Un primo punto fermo appare peraltro ineludibile: nelle valutazioni diprobabilità esiste una successione ininterrotta di valori che vanno da un minimoa un massimo, senza soluzione di continuità. In termini assolutamenteteorici e matematico-statistici, è evidente che la determinazione di un qualsiasipunto della scala, come soglia di passaggio tra la probabilità insufficiente equella sufficiente, è arbitraria. Il diritto non è tuttavia scienza statistica madominio della ragionevolezza e buon senso e sulla base di questi criteri èpossibile rifuggire da una aporia altrimenti irrisolvibile (28).sentire al giudice di adattare la massima di esperienza alla peculiarità del singolo caso considerato,tenendo in conto ogni elemento che possa dirsi rilevante. Certo, sarebbe più chedesiderabile che nell’applicazione concreta, in generale del diritto e in particolare delle imposte,si raggiungesse la certezza assoluta circa la sussistenza del fatto cui sono ricollegatigli effetti giuridici. Posto però che ciò non è possibile, l’ordinamento rimette, evidentemente,al giudice (e all’amministrazione), vagliati alla luce del suo discernimento tutti gli elementiin suo possesso, di decidere se vi sia un grado di probabilità sufficiente, per ritenereaccertato il fatto oggetto della prova.(27) L’estrema ampiezza delle oscillazioni di esse, da richiami alla certezza assolutaa impostazioni dichiaratamente probabilistiche, non corrisponde tanto a una diversa opzioneconcettuale di base, quanto alla tecnica motivazionale. Si tratta di aspetti raramente realmenteapprofonditi sul piano dei fondamenti teorici e molto spesso, a ben vedere, il richiamoalla certezza assoluta è proprio di sentenze che non valutano la ricostruzione operata attendibile(alzando, letteralmente, a tale livello la soglia di plausibilità richiesta è più facilemotivare il perché si ritiene la inferenza non sufficientemente fondata), mentre i richiamialla sufficienza della probabilità sono di solito propri di decisioni che ritengono sufficientela prova raggiunta (e il richiamo alla probabilità serve a rintuzzare l’eccezione di chi alcontrario non la ritiene conseguita).(28) Si può notare che tale problema non è diverso da quello posto in altri settoridelle scienze umane. Ad esempio, in linguistica, è noto come la differenza nella pronuncia

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