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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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20 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIAtrasformarsi da mero strumento di supporto per l’Amministrazione finanziarianella sua attività di controllo, in uno strumento attraverso cuisi rischia di realizzare una sorta di vera e propria «catastalizzazione»dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo, laddove la determinazionedel reddito finisce per poggiare su dati di mera «normalità economica»,prescindendo dalla personale ed effettiva attitudine alla contribuzionedel singolo contribuente.Orbene, questa evoluzione «degenaritiva» della disciplina deglistudi di settore ha trovato, da ultimo, una conferma diretta nei sostanzialie radicali interventi modificativi della stessa recati dal d.l. 4 luglio2006, n. 223 (c.d. decreto «Visco - Bersani»), convertito, con modificazioni,nella l. 4 agosto 2006, n. 248 e dalla l. 27 dicembre 2006,n. 296 (Legge Finanziaria per il 2007) (13).tare congruo (c.d. ricavo puntuale) e della soglia minima (c.d. ricavo minimo) delc.d. intervallo di confidenza; iii) indipendentemente dalla congruità, un’indicazionecirca la coerenza o meno delle variabili indipendenti. Ebbene, a fronte diun’indicazione di non congruità il contribuente è stato messo nelle condizioni didecidere se adeguare i ricavi indicati in dichiarazione a quelli presunti «normali»dallo studio, in forza di quanto disposto dall’art. 1, d.p.r. 31 maggio 1999, n. 195;ovvero di non adeguarsi ed eventualmente far attestare le cause che giustificherebberola non congruità. Peraltro, in caso di ricavi non congrui, ma comunqueall’interno del c.d. intervallo di confidenza, l’ufficio può verificare e chiedere alcontribuente di giustificare in contraddittorio per quale motivo abbia ritenuto diadeguarsi ad un valore di ricavi inferiore rispetto a quello puntuale; pertanto, lacircostanza che il contribuente si sia mantenuto all’interno di tale intervallo di valorinon esclude di per sé la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di ricorrereall’accertamento presuntivo in base agli studi di settore; difatti, secondoquanto chiarito da quest’ultima, tale circostanza farebbe scaturire solo una speciedi obbligo rafforzato per quest’ultima ad attivare il contraddittorio preventivo.Quanto, infine, alle ipotesi di congruità ma non di coerenza, un tale risultato legittimerebbegli uffici ad utilizzare questi dati di incoerenza solo al fine di selezionarele posizioni da sottoporre a controllo con metodi di accertamento diversida quelli fondati sugli studi di settore. Ovviamente, qualora, a seguito di verifica,dovessero emergere situazioni di irregolarità, quali, ad esempio, la mancata contabilizzazionedi costi, questo legittimerebbe l’amministrazione ad effettuare accertamentipresuntivi in base agli studi di settore.(13) Tra le novità introdotte con la Legge Finanziaria per il 2007, si ricordache è stato ulteriormente ampliato l’ambito applicativo degli studi di settore, anzitutto,eliminando dal 1 o comma, dell’art. 10, l. n. 146 del 1998 l’inciso che escludeval’utilizzo degli studi di settore in sede di accertamento per i soggetti con periododi imposta diverso dai 12 mesi; nonché innalzando il limite massimo dei ricavidi cui all’art. 85, 1 o comma, t.u.i.r. [esclusi quelli di cui alle lett. c), d) ede)] o dei compensi di cui all’art. 54, 1 o comma, t.u.i.r., previsto per l’applicazionedegli studi di settore, fissato a partire dal 2007 in P 7,5 milioni [ex art. 10, 4 ocomma, lett. a), l. n. 146 del 1998]. Sempre nell’ottica di ampliamento della plateadei soggetti accertabili attraverso l’utilizzo degli studi di settore, si inserisconoanche le altre modifiche apportate nella disciplina delle cause di esclusione dall’applicazionedi tale tipologia accertativa di cui al citato 4 o comma dell’art. 10, l.

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