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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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202 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIAcidentale nomen iuris che le identifica. Né il riferimento esplicito, effettuatonel caso del canone Cosap e mancante nelle altre ipotesi, autorizzaad una lettura rigidamente formale oppure ad assegnare un significatopeculiare ed esclusivo a quest’ipotesi specifica rispetto allesuccessive. Anzi il richiamo espresso nei confronti del d.lgs. n. 446del 1997, effettuato proprio all’inizio della nuova elencazione, puòagevolmente essere inteso quale chiave di lettura anche in relazionealle successive ipotesi la cui regolamentazione trovi origine nel medesimotesto normativo. L’omissione del richiamo, in questi altri casi,appare discendere da esigenze di sintesi piuttosto che da una imperscrutabilevolontà o scelta sistematica. Occorre, pertanto, concludereche non appare opportuno trarre dalle imprecisioni terminologiche motivoper operare una arbitraria e grave delimitazione della portata dellanorma in relazione alle entrate considerate, né è questa la via seguitadalla Suprema Corte o dalla dottrina. È chiaro, quindi, che il problemava ricondotto sempre nei termini della formula «tributi di ogni generee specie comunque denominati» e, pertanto, si manifesti sempre la necessitàdi appurare che la natura delle nuove entrate, in relazione aiservizi individuati, continui ad essere <strong>tributaria</strong>, essendo indifferente,invece, la denominazione con la quale esse entrate sono individuatenell’ambito della loro disciplina sostanziale, come pure nello stesso 2 ocomma dell’art. 2 in esame (121).Se ciò è vero occorre considerare che non è affatto agevole effettuareil raffronto tra disciplina sostanziale delle entrate e loro attribuzionegiurisdizionale. Ciò in quanto in relazione alle «tipologie di servizio»individuate non si rintraccia un’unica specifica regolamentazionequanto piuttosto una serie di normative pluristratificate sulle qualiagiscono anche regimi transitori più volte prorogati e possibilità discelta alternativa, da parte dell’Ente locale, tra diverse forme cui sembrerebberocorrispondere differenti regimi giuridici.In quest’ottica occorre, peraltro, valutare anche il significato daattribuire alla stessa possibilità di scelta alternativa tra differenti regi-(121) Al riguardo si osserva che anche in relazione all’individuazione delsoggetto attivo del tributo (recte del soggetto che emette l’atto di riscossione avversoil quale il «contribuente» presenta ricorso) non possono essere consentitieccessi di «formalismo nominalistico» ed occorrerà evidenziare la sostanza dellecose piuttosto che soffermarsi sull’accidentalità delle forme. In tal senso, peraltro,sembra orientata la Suprema Corte che ha sempre stigmatizzato i tentativi volti asottrarre alle forme di controllo proprie della utilizzazione del denaro pubblico leerogazioni finanziarie effettuate per il tramite di strutture societarie private, ma difatto riconducibili all’ente pubblico, detentore esclusivo delle quote societarie (sinoti in argomento anche l’intervento del 587 o comma della Finanziaria 2007). Lesezioni unite della Cassazione, con sentenza n. 4511 del 1 o marzo 2006, hannoaffermato che: «la regola per distinguere la giurisdizione ordinaria da quella contabile,in materia di responsabilità amministrativa per danno erariale, si è spostatadalla qualità del soggetto (che può ben essere un privato od un ente pubblico noneconomico), alla natura del denaro e degli scopi perseguiti».

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