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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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PARTE PRIMA 201ed aree pubbliche è espressamente richiamato, nell’ambito del 2 o commadell’art. 2 d.lgs. n. 546 del 1992, con l’esatta definizione e persinocon il rinvio alla normativa, discendente dal d.lgs. n. 446 del 1997,senza che, pertanto, possano sorgere dubbi in merito all’intenzione legislativadi riferirsi invece all’alternativa tassa. In tutte le altre ipotesi,anche quando la disciplina di riferimento avrebbe potuto essere rinvenutanello stesso d.lgs. n. 446 del 1997, il richiamo è rimasto moltopiù generico ed impreciso. A ciò si aggiunga che la terminologia, utilizzataper identificare le tipologie di entrate rientranti nella giurisdizione<strong>tributaria</strong>, appare in molti casi più simile a quella di matrice fiscaledel 1993 che a quella successivamente utilizzata nel riformare leentrate stesse (120). Simile interpretazione riduttiva, tuttavia, non convincené soddisfa non solo perché fondata su un’eccessiva strumentalizzazionedella imprecisione terminologica, ma soprattutto perché appareirrazionale. Se il legislatore avesse voluto semplicemente ribadirela natura fiscale, mai messa in discussione, di alcune tasse comunalinon vi sarebbe davvero stata alcuna necessità di prevedere quest’elencazioneaggiunta in calce al 2 o comma dell’art. 2 d.lgs. n. 546 del1992. Non convince neppure, come premesso, che possa essersi trattatodei soliti «strafalcioni» causati dall’imperizia del legislatore, chepure tanti danni continuano a causare. Sembra, invece, potersi concludereche il legislatore abbia voluto utilizzare formule generiche ed impreciseperché preoccupato di individuare nella sostanza, piuttosto chenelle mutevoli forme, una serie di entrate poste in relazione a determinatiservizi. L’interesse del legislatore, in altri termini, appare volto adindividuare, senza incertezze, una serie di entrate a prescindere dall’indellacircostanza seconda la quale le entrate possono ancora assumere ed essereregolate secondo la precedente normativa, rimasta alternativa rispetto alla nuovaregolamentazione.(120) Così il riferimento al canone per lo smaltimento dei rifiuti urbani ècertamente ambiguo poiché, pur definendo l’entrata quale canone anziché tassa,riprende la terminologia utilizzata ai fini di quest’ultima giacché, come noto,l’acronimo TARSU sintetizza proprio l’espressione tasssa per lo smaltimento deirifiuti solidi urbani, laddove, viceversa, il riferimento alla nuova disciplina dell’entrataavrebbe dovuto contemplare il rimando alla tariffa d’igiene ambientale(TIA). Anche nel richiamare l’imposta sulla pubblicità ed il diritto sulle pubblicheaffissioni il legislatore mostra una affezione anacronistica nei confronti della definizionedell’imposta, come tracciata dall’art. 1, d.lgs. n. 507 del 1993, mentre ilriferimento al successivo ed alternativo canone per l’istallazione di mezzi pubblicitarisi potrebbe ricavare solo dall’uso del termine «canone» laddove il testo normativo,in modo assai sintetico e generico, riporta: «... l’imposta o il canone...».Per altro verso l’affermazione della giurisdizione <strong>tributaria</strong> sul «canone per loscarico e la depurazione delle acque reflue» è assolutamente imprecisa poiché illegislatore del 1994, come già ricordato, aveva identificato l’entrata in questionesotto la forma di tariffa per il servizio idrico integrato e, dunque, a tutto volerconcedere, le quote relative allo scarico e depurazione avrebbero dovuto individuarsipropriamente quali quote di tariffa.

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