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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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PARTE PRIMA 197risdizione sussiste a prescindere dalla natura <strong>tributaria</strong> o meno. Tantovero che in sede di commento della sentenza è stato rilevato che implicitamentela Corte avrebbe addirittura inteso confermare la naturanon <strong>tributaria</strong> delle entrate, piuttosto che affermare il contrario (109).È appena il caso di ricordare la crescente rilevanza del precedentegiurisprudenziale nel diritto vivente, rilevanza riconosciuta dal legislatorestesso nella Relazione d’accompagnamento al d.lgs. n. 40 del2 febbraio 2006 (110). Non mi sembra, peraltro, che dal raffronto trala disciplina sostanziale delle entrate considerate e l’attribuzione dellagiurisdizione delle Commissioni debba necessariamente emergere uninsanabile contrasto. In verità l’indirizzo interpretativo della Corte diCassazione riguardo alle suddette entrate appare fondato, ma nonsempre necessitato e, sebbene si fosse realizzata una perfetta coincidenzadi vedute tra Supremo Collegio ed Amministrazione finanziaria(111), non erano mancate né mancano tuttora, differenti interpreta-(109) Cfr. Lovisetti, Un caso di apparente conflitto giurisprudenziale, op.cit., 497; Id., Ampliata la giurisdizione <strong>tributaria</strong> sulle entrate locali, inCorr.trib., 2006, 191, dove l’autore sostiene: «La nuova normativa fa sorgere il quesitose l’attribuzione alle Commissioni equivalga al riconoscimento normativo dellanatura <strong>tributaria</strong> dei proventi locali in esame... Al riguardo sembra doversi dare...una soluzione negativa, in quanto la natura giuridica di un istituto dovrebbe esseredesunta dalla specifica normativa che lo disciplina e non dai profili processuali».Al di là di quest’ultima affermazione sulla quale non si può che concordare edi cui si è già trattato ed ancora si tratterà, la conclusione cui si deve giungere,come già più volte ribadito, deve essere esattamente opposta poiché è necessarioche alle entrate in esame sia attribuita natura <strong>tributaria</strong>. Non erra, tuttavia, l’autore,che peraltro ha il pregio di scrivere nell’immediatezza della riforma, laddovefa discendere la sua conclusione non tanto da convinzione personale, ma dal raffrontocon la giurisprudenza di legittimità. Le decisioni della Corte di Cassazione,come già si è rilevato, evidenziano come i giudici del Supremo Collegio non abbianocolto l’importanza di quest’aspetto ed addirittura abbiano a volte ceduto allatentazione di esprimere considerazioni in base alle quali si è ritenuto ormai superatoil limite della materia <strong>tributaria</strong> estendendo, in altri casi, la giurisdizionedelle Commissioni ad ipotesi quantomeno dubbie (si considerino le sentenze intema di autotutela e di liti tra sostituto e sostituito). Se, infatti, la sentenza in esamesi pone in relazione con l’affermazione contenuta nella precedente ordinanza,n. 2888 del 2006, si potrebbe avere la dimostrazione di un orientamento già intesoa considerare pienamente ammissibile l’estensione della giurisdizione <strong>tributaria</strong>a materie estranee alle imposte e tributi.(110) In particolare con riferimento al precedente delle sezioni unite e proprioper spiegare la riforma dell’art. 374, 3 o comma, c.p.c. – da parte dell’art. 8,d.lgs. n. 40 del 2006 – nella Relazione si legge: «... le decisioni della Cassazionecostituiscono dei precedenti che, senza essere vincolanti, finiscono con l’orientarela giurisprudenza di merito, è importante valorizzare questa funzione di guida; ciòal fine di acquisire sempre maggior certezza del diritto attraverso statuizioni che,per la forza stessa delle argomentazioni giuridiche su cui si fondano, per l’autoritàdel giudice dal quale promanano, per l’esigenza costituzionale di ragionevolezzadi eventuali decisioni difformi, fissino principi interpretativi delle norme».(111) Le entrate considerate, introdotte tra il 1994 ed il 1997, erano state

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