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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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192 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIAindugio, l’illegittimità della modifica intervenuta in sede processualeed insistere riguardo alla necessità di un intervento immediato e risolutivodella Corte costituzionale, quale giudice delle leggi, o del legislatore,onde sanare il contrasto.Occorre evidenziare che non è ammissibile, invece, strumentalizzaretalune osservazioni della Corte di Cassazione al fine di proporreuna «rivoluzione» interpretativa inammissibile. È bensì vero che laCorte, ancora una volta a sezioni unite (98), in quello che deve essereconsiderato un obiter dictum, sostiene che «va constatata la tendenzaespansiva dell’ambito della giurisdizione <strong>tributaria</strong>... estesa dal legislatore...amaterie estranee alle imposte e tributi: l’intervento più recenteè rappresentato dall’art. 3-bis del d.l. 30 d.l. 30 settembre 2005, n.203...», ma quest’affermazione deve essere fortemente ridimensionata.È davvero presumere troppo e certamente si sconfina pericolosamentein una sorta di fictio iuris (99) laddove si voglia, per questa via, anchesolo ritenere ammissibile un intervento legislativo che, volutamente,contrasti in modo così stridente con il dettato costituzionale. In altritermini, è certamente possibile ritenere che il legislatore possa commettereerrori e che i suoi interventi denuncino difetti di coordinamento,talora talmente gravi da destare dubbi di legittimità, ma dalla letteradella legge non emerge in alcun modo, né potrebbe emergere, laprecisa volontà di trascendere un limite che non solo è imposto dalla(98) Con l’ordinanza n. 2888 del 10 febbraio 2006, in Fisco, 2006, 1865.(99) Secondo Pugliatti, voce Finzione, inEnc. dir., Milano, XVII, 1968, 658,la «finzione» giuridica sarebbe il «risultato di un processo mentale che, in quantoimmaginato o inventato, non corrisponda puntualmente ad una specifica realtà». Tecnicamentela fictio iuris si sostanzia di norma in una presunzione, ma secondo un’approssimativadefinizione essa è rinvenibile in qualsiasi interpretazione a priori. Orbene,si discute ed a ragione della liceità di ricorrere a tali modelli astratti di riferimentoda parte del legislatore, e si deve concludere per l’inevitabilità della logicadel «come se fosse», in quanto indispensabile a garantire una certa elasticità all’ordinamentogiuridico (Falzea, Teoria generale del diritto, Milano, 1999, 117) senza,tuttavia, dimenticare che ove l’ordinamento stesso affidasse la propria evoluzione allefinzioni apparirebbe quantomeno artificiale (Gentile, Ordinamento giuridico. Travirtualità e realtà, Padova, 2001, 9). È chiaro che nel definire le fonti del diritto,secondo la tradizione di civl law, che contraddistingue l’ordinamento giuridico italiano,il ricorso alle fictiones iuris non può essere consentito agli interpreti del diritto,neppure ai giudici. In questo senso si vuol dire che l’affermazione contenutanell’ordinanza della Corte di Cassazione qui richiamata, se decontestualizzata, ed assuntaa canone ermeneutico, rappresenterebbe un chiaro abuso della funzione giudizialedissimulando una vera e propria creazione del diritto. Certamente per tal verso,se diviene agevole addirittura soddisfare le esigenze di riforma – creando quasidal nulla un nuovo diritto (Cfr. H.S. Maine, The ancient Law: Its Connection withthe Early History of society and its Relation to Modern Ideas, 1861, London, 1890,3 a ed., trad. it. <strong>Diritto</strong> antico, Milano, 1998) – tanto più è semplice avallare le istanzedi riforma fatte proprie dallo stesso legislatore, senza curarsi della circostanza chesia rimasta immutata una previgente, ma non abrogata, disciplina positiva eventualmentecontrastante.

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