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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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PARTE PRIMA 187possibilità del soggetto passivo di concorrere alle spese pubbliche, indipendentementedall’esistenza o meno di servizi resi al contribuente(91).Appare chiaro, in ogni caso, che la nozione di tributo, non trovandouna puntuale definizione, è imprecisa e, per di più, sovente utilizzatadal legislatore stesso in modo atecnico (92). Non si può negare,pertanto, la rilevanza diretta e riflessa delle norme processuali sullaqualificazione sostanziale delle entrate e, tuttavia, l’operazione ermeneuticatesté condotta non appare soddisfacente. Se è vero che le normeprocessuali e quelle sostanziali concorrono, tutte, all’individuazionedella natura <strong>tributaria</strong> è anche vero che tra le une e le altre occorrenon si palesi un insanabile contrasto. Laddove, infatti, si dovesse evidenziareun simile contrasto questo non appare agevolmente superabile,neppure in considerazione della sopravvenienza delle norme processualirispetto a quelle sostanziali. La funzione delle norme sostanzialie processuali, in relazione al fine considerato, è, invero, inevitabilmentecomplementare. Nel caso di specie se si operasse al di fuoridi questa complementarietà, si correrebbe il rischio di approvare qualcosadi più di un’interpretazione autentica. In mancanza di un confrontocon le norme sostanziali o, peggio, in presenza di un confronto negativo,in base al quale emergano insanabili difformità tra disciplinasostanziale ed inquadramento processuale, si dovrebbe riconoscere allanovella un’azione innovativa sulla natura sostanziale delle entrate, cheessa non può e non deve avere. Non solo perché veicolata tramite l’insostanziali,l’ammontare dell’imposta dovuta non appare determinato sulla basedella capacità contributiva espressa quanto, piuttosto, tramite procedimenti generalied astratti dai quali traspaiono intenti repressivi e sanzionatori che finisconoper configurare ipotesi non dissimili dalle sovrimposte (per es. nel caso del 7 ocomma dell’art. 21, d.p.r. n. 633 del 1972). La circostanza, interessando la distinzionetra tributo e sanzione, non assume particolare rilievo in relazione allo specificooggetto dell’approfondimento rispetto al quale acquisisce rilievo, piuttosto, ladistinzione tra tributo ed entrata patrimoniale, tuttavia dimostra chiaramente l’inesistenzadi margini precisi in relazione alla nozione di tributo. Per l’approfondimentodelle tematiche appena accennate si rinvia a: Coppa - Sammartino, voceSanzioni tributarie, in Enc. dir., Milano, XLI, 1989, 425 e ss.; Rastello, voceSanzioni tributarie (contributo alla teoria generale), in Noviss. dig. it., XVI, 1969,645 ss.(91) Fedele, La distinzione dei tributi dalle entrate di diritto privato e lacompetenza del giudice tributario, retro, 1969, 93 ss., rilevava l’inesaustività edimprecisione del semplice riferimento alla «imposizione» della prestazione concludendoriguardo alla necessità, conformemente all’art. 53 Cost., di considerarealtresì la funzione del tributo nell’ottica del «concorso alla spesa pubblica» e distinguendo,poi, la natura «contributiva» dell’imposta da quella «commutativa»della tassa.(92) Può essere interessante rilevare che la stessa Corte costituzionale ha divolta in volta incluso ed escluso la tassa dalla nozione di tributo secondo i casi.Si veda in merito quanto osserva Fichera, L’oggetto della giurisdizione <strong>tributaria</strong>,op. cit., 1086-1087.

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