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Diritto e pratica tributaria n° 1-2008 - Shop WKI

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144 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA– emanò la nota sentenza n. 156 del 21 maggio 2001 (1) con cui tuttele medesime questioni vennero giudicate infondate.Le motivazioni sulla base delle quali la Corte assunse le propriedeterminazioni furono, nell’ordine, le seguenti:a) Il presupposto dell’imposta, integrato dall’esercizio abituale diun’attività economica autonomamente organizzata diretta alla produzioneo allo scambio di beni ovvero alla prestazioni di servizi, indipendentementedal risultato economico di tale attività, nonché l’individuazionedella base imponibile nel valore della produzione netta, alnetto degli ammortamenti, costituita dalla differenza tra ricavi e costi,con esclusione degli interessi passivi e degli oneri relativi al personale,non possono considerarsi incostituzionali. Invero, nel caso dell’irap, illegislatore ha considerato quale indice di capacità contributiva il valoreaggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate, il qualealtro non è che la nuova ricchezza creata dalla singola unità produttiva.L’imposta colpisce pertanto, con carattere di realità, un fattoeconomico diverso dal reddito, consistente nel valore aggiunto prodottodall’organizzatore dell’attività (2);b) L’assunto secondo cui l’irap non è un’imposta sul reddito,bensì un’imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiuntoprodotto dalle attività economiche autonomamente organizzate, e chequindi non percuote i redditi personali, priva di fondamento l’eccezionedi incostituzionalità basata sull’equiparazione dei redditi di lavoro(nella specie, autonomo) ai redditi d’impresa. Infatti l’assoggettamentoall’imposta in esame del valore aggiunto prodotto da ogni tipo di attivitàautonomamente organizzata è conforme ai princìpi di eguaglianzae di capacità contributiva, essendo identica, in entrambi i casi, l’idoneitàalla contribuzione ricollegabile alla nuova ricchezza prodotta dalsoggetto esercente l’attività stessa.c) Una volta chiarito che l’irap non colpisce il reddito personale(1) In Fisco, 2001, 7766 ss., ed ivi i commenti di G. Falsitta, La sentenzadella Consulta sull’Irap e l’insostenibile iniquità di un tributo mal fatto, 8722 ss.;S. Golino, La sentenza della Corte costituzionale e sue possibili implicazioni,9751 ss.; e C. Ciampolillo, La portata applicativa ai fini Irap della sentenza dellaCorte costituzionale n. 156 del 21 maggio 2001, 11409 ss.(2) In tal modo la Corte ha evitato di entrare in rotta di collisione con ilprincipio affermato nella sua precedente sentenza del 6 luglio 1972, n. 120, inForo it., 1973, I, 24 ss., in materia di tasse sugli atti giudiziari, secondo cui è illegittimoassumere quale indice di capacità contributiva il semplice «esercizio diuna attività organizzata per la produzione di beni e di servizi», anziché la produzionedel reddito da questa derivante. Analogo principio essa aveva quindi ribaditonella sentenza del 3 dicembre 1987, n. 431, ivi, 1988, I, 10 ss., con nota diT. Ferrari, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma istitutivadel contributo per le prestazioni del S.S.N. (l. 28 febbraio 1986, n. 41, art.31, n. 10) nella parte in cui, fissando dei minimali alla contribuzione a carico dideterminate categorie di contribuenti, non consentiva di fornire la prova del minorreddito effettivamente conseguito su cui commisurare l’onere contributivo.

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