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Il diritto dei beni comuni. Un invito alla discussione, in Rivista critica ...

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DISCUSSIONI<strong>Il</strong> <strong>diritto</strong> <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong><strong>Un</strong> <strong><strong>in</strong>vito</strong> <strong>alla</strong> <strong>discussione</strong>Maria Rosaria MarellaSOMMARIO: 1. <strong>Il</strong> comune oltre il pubblico. – 2. Le radici di un possibile statuto giuridico.– 3. <strong>Un</strong> tentativo di tassonomia. – 4. Alla ricerca di una fisionomia comune.– 5. Le ragioni di un’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e <strong>alla</strong>rgata.1. I processi di privatizzazione imposti dal progressivo smantellamentodello stato sociale e dalle politiche neoliberiste hanno accresciutoenormemente l’<strong>in</strong>teresse per i <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong> e la loro difesa.La battaglia che oggi si combatte <strong>in</strong> Italia contro la privatizzazionedell’acqua, ormai giunta <strong>alla</strong> fase f<strong>in</strong>ale della campagna referendaria,non esaurisce la tensione politica che anima movimenti e soggettivitàvarie attorno all’emblema <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>: nelle mobilitazioniche hanno accompagnato l’approvazione della c.d. riformaGelm<strong>in</strong>i dell’università e lo stesso referendum <strong>dei</strong> lavoratori dell’auto aMirafiori si è parlato di sapere bene comune e di lavoro bene comune.Tuttavia la lotta per l’acqua bene comune resta centrale <strong>in</strong> questopanorama: l’acqua quale simbolo forte di un legame stretto e impresc<strong>in</strong>dibilefra risorse naturali e <strong>comuni</strong>tà umane, che non ammettel’<strong>in</strong>terferenza di terzi beneficiari, né di natura pubblica, né di naturaprivata. La vicenda italiana della gestione delle risorse idriche, d’altraparte, simboleggia pure il fallimento di quelle politiche che contrapponendoil privato al pubblico (così come <strong>in</strong> passato il pubblico al privato)hanno di fatto trascurato l’<strong>in</strong>teresse ultimo della collettività, verae unica dest<strong>in</strong>ataria della risorsa e della sua gestione.Questo è dunque il punto. La lotta per i <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong> non è semplicementeuna reazione al c.d. mercatismo <strong>in</strong> favore della restaurazionedella potestà dello stato sulle risorse <strong>comuni</strong>. Essa al contrariodà voce all’<strong>in</strong>soddisfazione e all’<strong>in</strong>sofferenza per quelle politiche pubblicheche hanno generato l’attuale crisi di fiducia nelle istituzioni enella rappresentanza politica.Quando si afferma il carattere di bene comune delle aree urbane,ad esempio, non ci si schiera contro alcuna privatizzazione, <strong>in</strong>tesaquale «trasferimento della proprietà di compendi produttivi d<strong>alla</strong> sferapubblica <strong>alla</strong> sfera privata» 1 , semmai contro la gestione del territorioad opera di amm<strong>in</strong>istrazioni pubbliche che hanno pianificato cemen-1 L. Nivarra, Alcune riflessioni <strong>in</strong> tema di <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>, http://giurisprudenza.unipg.it/images/stories/materiali_didattici/marella/Nivarra_Beni_<strong>comuni</strong>.pdf, visitatol’ultima volta il 27 maggio 2011.103


tificazione, gentrification, creazione di quartieri-ghetto, e con esse isolamento,securitarismo, rottura <strong>dei</strong> legami sociali, devastazione culturale,certo a vantaggio di pochi imprenditori privati, ma usando pienamentedella loro potestà pubblica. <strong>Il</strong> ‘tramonto’ dello spazio pubblicourbano, il mutamento della morfologia stessa delle città è, <strong>in</strong> altre parole,anche il frutto di politiche neoliberiste giocate <strong>in</strong> favore di <strong>in</strong>teressiprivati, ma testimonia di una relazione pubblico/privato assaicomplessa 2 , rispetto <strong>alla</strong> quale il recupero della centralità dello Stato odell’autorità pubblica locale diventa un progetto <strong>in</strong>attuale e <strong>in</strong>congruo,e forse pers<strong>in</strong>o irrealizzabile.Pubbliche – cioè gestite d<strong>alla</strong> mano pubblica – sono ugualmente lepolitiche che segnano l’arretratezza dell’Italia nella produzione e nell’impiegodi energie r<strong>in</strong>novabili, altro punto assai dolente nel dibattitopolitico di questo scorcio d’anno 3 ; ed esprime la volontà dello Stato edegli enti pubblici territoriali l’<strong>in</strong>credibile tolleranza italiana versol’abusivismo edilizio, per citare soltanto due snodi cruciali della compromissionedel bene ambiente ai danni della collettività 4 .La stessa gestione pubblica della ricerca fallisce la sua missione se‘segrega’ la conoscenza, non assicurando l’accesso e la condivisione <strong>dei</strong>saperi, così come la fallisce l’università pubblica se non realizza il <strong>diritto</strong>allo studio, non crea mobilità sociale, non privilegia la ricerca edissipa risorse per alimentare l’autoreferenzialità del ceto accademico.La strisciante privatizzazione di università e ricerca pubbliche sonodunque solo parte del problema 5 .2 Cfr. A. Petrillo, Ombre del comune: l’urbano fra produzione collettiva e spossessamento,http://giurisprudenza.unipg.it/images/stories/materiali_didattici/marella/Petrillo_Ombre_del_comune.pdf, visitato l’ultima volta il 29 maggio 2011.3 Si veda il decreto c.d. omnibus (art. 5, commi 1 e 8, d. l. 31 marzo 2011, n.34, convertito con modificazioni d<strong>alla</strong> legge 26 maggio 2011, n. 75) e il tentativodel governo Berlusconi di cancellare il quesito referendario sul nucleare. Lanorma, che disponeva la c.d. moratoria sulla costruzione delle centrali nucleari <strong>in</strong>Italia, è stata abrogata a seguito della consultazione referendaria del 12 e 13 giugno2011.4 Con l’art. 3 del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, «Semestre europeo. Prime disposizioniurgenti per l’economia» (c.d. decreto Sviluppo) siamo ormai oltre la logicadella sanatoria: la disposizione prevede la concessione a privati di diritti di superficieventennali «su aree <strong>in</strong>edificate formate da arenili» appartenenti al demaniomarittimo a f<strong>in</strong>i, ovviamente, edificatori. Formalmente non siamo <strong>alla</strong> svendita <strong>dei</strong><strong>beni</strong> pubblici ma ad una nuova modalità di gestione di <strong>beni</strong> demaniali. La disposizioneè fortunatamente caduta <strong>in</strong> sede di conversione.5 Senza volerne tuttavia trascurarne l’impatto: ancora il decreto Sviluppo fornisceun esempio di come la ricerca pubblica venga privatizzata surrettiziamente.L’art. 1 prevede un credito d’imposta a vantaggio delle imprese che f<strong>in</strong>anziano progettidi ricerca da svolgersi presso università e enti pubblici di ricerca. Se questo losi legge <strong>in</strong> comb<strong>in</strong>ato con le disposizioni sulla valutazione della qualità della ricercaesistenti a livello nazionale e di s<strong>in</strong>golo ateneo, <strong>alla</strong> stregua delle quali il conseguimentodi brevetti o la capacità di attirare f<strong>in</strong>anziamenti privati sono considerati<strong>in</strong> sé <strong>in</strong>dici di qualità, potrà facilmente concludersi che le agenzie per la valutazionedel merito sono <strong>in</strong>dirizzate dalle scelte dell’imprenditoria privata etenderanno a loro volta a premiare (e a garantire la sopravvivenza) alle strutture f<strong>in</strong>anziatedai privati.104


Non si tratta solo di valorizzare le fratture <strong>in</strong>trodotte con le costituzionidel dopoguerra, che già adottano un’idea di proprietà privatache «obbliga» e la sottopongono a politiche redistributive tali da sottrarreutilità al s<strong>in</strong>golo proprietario a vantaggio della collettività 8 : nonsempre è possibile o <strong>in</strong>discusso riconoscere <strong>in</strong> questo i s<strong>in</strong>tomi del superamentodel dom<strong>in</strong>io pubblico/privato, sebbene la funzione socialecui la costituzione italiana subord<strong>in</strong>a la tutela della proprietà privata(art. 42 cost.) sia spesso s<strong>in</strong>onimo di tutela del comune – come nelcaso ad es. <strong>dei</strong> v<strong>in</strong>coli paesisitici che limitano le facoltà <strong>dei</strong> proprietari<strong>in</strong> nome della tutela del paesaggio fruibile da tutti. E certamente è significativaun’altra norma costituzionale, l’art. 43, riportata <strong>alla</strong> ribaltadalle mobilitazioni f<strong>in</strong>alizzate a ridare all’acqua lo statuto giuridico dibene comune, secondo cui imprese di prem<strong>in</strong>ente <strong>in</strong>teresse generaleche si riferiscono a servizi pubblici essenziali, a fonti di energia o a situazionidi monopolio possono trasferirsi a <strong>comuni</strong>tà di lavoratori outenti. Non enti pubblici, dunque, ma <strong>comuni</strong>tà di cittad<strong>in</strong>i, al di làdell’opposizione pubblico/privato, sono i potenziali gestori di impresed’<strong>in</strong>teresse generale.Ma soprattutto è la stessa genealogia del <strong>diritto</strong> liberale il terrenosu cui lavorare. La tradizione giuridica europea non ha conosciuto solole teorizzazioni di John Locke e le enclosures, né un unico paradigma,quello della proprietà privata <strong>in</strong>dividuale 9 . <strong>Il</strong> <strong>comuni</strong>tarismo – dunquel’elemento collettivo e solidale, quali che siano le sue successive evoluzionie degenerazioni 10 – è presente nella sua genealogia a partire da alcunifra i suoi ‘padri fondatori’: come Friedrich Karl von Savigny 11 , nonsolo e non tanto perché riconosce forme di proprietà comune (l’ager publicusromano o la proprietà della corporazione) che consentono tantoil godimento comune quanto forme di godimento <strong>in</strong>dividuale, ma perché,a differenza di altri suoi contemporanei, Thibaut fra loro, rifiuta lacontrapposizione fra l’idea di proprietà esclusiva che contraddist<strong>in</strong>guerebbeil dom<strong>in</strong>ium del <strong>diritto</strong> romano e il regime feudale <strong>dei</strong> rapporti diappartenenza, e piuttosto sottol<strong>in</strong>ea l’aff<strong>in</strong>ità fra gli iura <strong>in</strong> re aliena8 Indicativa <strong>in</strong> tal senso la costituzione regionale dell’Assia del 1946 su cui cfr.A. Somma, Democrazia economica e <strong>diritto</strong> privato. Contributo <strong>alla</strong> riflessione sui<strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>, <strong>in</strong> corso di pubblicazione, <strong>in</strong> Materiali per una storia della cultura giuridica,2/2011.9 Per questa impostazione cfr. ad esempio U. Mattei e L. Nader, Plunder: Whenthe Rule of Law is <strong>Il</strong>legal, Wiley-Blackwell 2008.10 Cfr. Du. Kennedy, Three Globalizations of Law and Legal Thought: 1850-2000, <strong>in</strong> «The New Law and Economic Development: A Critical Appraisal», 19, 20(David M. Trubek & Alvaro Santos eds., 2006), a proposito dello sviluppo del pensierosociale e delle sue degenerazioni storiche <strong>in</strong> senso autoritario e fascista.11 Sulla tensione fra momento <strong>in</strong>dividualista e momento <strong>comuni</strong>tario all’<strong>in</strong>ternodel <strong>diritto</strong> a lui contemporaneo si veda il System des heutigen RömischenRechts, Berl<strong>in</strong>, 1840 e con particolare riferimento <strong>alla</strong> contrapposizione fra Vermögensrechte Familienrecht cfr. l’analisi di Du. Kennedy, Savigny’s Family/PatrimonyDist<strong>in</strong>ction and its Place <strong>in</strong> the Global Genealogy of Classical Legal Thought, 58 «Am.J. Comp. L.» 811 (2010).106


delle fonti romane e i diritti feudali, <strong>in</strong>timamente legati all’articolazionedella società <strong>in</strong> ceti, con ciò ammettendo l’impossibilità di una cesurafra una concezione anod<strong>in</strong>a del dom<strong>in</strong>ium, <strong>in</strong>tr<strong>in</strong>secamente compatto eunitario, così come viene a riproporsi davanti ai suoi occhi nella modernità,e l’esperienza della stratificazione delle situazioni di appartenenzae del comune 12 . Lo stesso G.W. Friedrich Hegel, d’altra parte, colnegare <strong>alla</strong> proprietà privata il carattere prestatuale e presociale che gliattribuiva Locke, e al soggetto il carattere di autoreferenzialità cheoscura la relazione con gli altri 13 , apre a visioni della proprietà assai piùarticolate, <strong>in</strong> cui <strong>in</strong>sieme al <strong>diritto</strong> del s<strong>in</strong>golo si manifesta l’elementodella responsabilità verso gli altri, la proprietà stessa si rivela una relazionefra soggetti, emergono elementi <strong>comuni</strong>tari, f<strong>in</strong>o <strong>alla</strong> possibilitàdi far collassare la stessa dicotomia soggetto/oggetto attraverso il superamentodella dicotomia essere/avere 14 .In questa fase è dunque strategico fare emergere la tensione fra<strong>in</strong>dividualismo e solidarietà, fra esclusivo e comune, che pervade l’<strong>in</strong>terosistema giuridico f<strong>in</strong> dentro alle strutture del mercato, poiché apartire da essa è possibile s<strong>in</strong> da ora pensare la costruzione di uno statutogiuridico del comune 15 . Non è irrilevante, ad esempio, che <strong>in</strong> tuttaEuropa siano presenti esperienze importanti di proprietà collettive, <strong>in</strong>cui immediato è il legame fra il bene e la <strong>comuni</strong>tà di riferimento. Néesse possono considerarsi semplicemente fenomeno premoderno, dest<strong>in</strong>atoall’est<strong>in</strong>zione; anche quando volessimo prendere <strong>in</strong> considerazionela giustificazione che fornisce Locke delle rec<strong>in</strong>zioni, cioè la necessitàdi remunerare il lavoro attraverso una forma di appartenenzaesclusiva (argomentazione da prendere peraltro molto seriamente, vistoche costituisce a tutt’oggi la giustificazione più diffusa delle rec<strong>in</strong>zionidell’immateriale, a com<strong>in</strong>ciare d<strong>alla</strong> brevettazione <strong>dei</strong> geniumani 16 ) ed <strong>in</strong> questo senso riducessimo il fenomeno delle proprietà12 Mi è parso che questa conclusione sia suffragata dallo studio di M. Brutti,L’<strong>in</strong>tuizione della proprietà nel Sistema di Savigny, <strong>in</strong> «Quaderni fiorent<strong>in</strong>i per lastoria del pensiero giuridico moderno», 1976-77, 4.13 G.W.F. Hegel, L<strong>in</strong>eamenti di filosofia del <strong>diritto</strong>. Diritto naturale e scienzadello stato <strong>in</strong> compendio con le Aggiunte di Eduard Gans, Roma-Bari, Laterza 1999,spec. 51 ss.14 Cfr. M. Davies, Property. Mean<strong>in</strong>gs, Histories, Theories, Routledge-Cavendish,2007, 96 ss.15 Questa scelta, meramente tattica, se vogliamo, mi sembra preferibile anchesul piano dell’analisi rispetto a quelle posizioni che focalizzandosi esclusivamentesulle enclosures e sul susseguente cambiamento di paradigma, oscurano la complessitàdella modernità, quasi conducendo ad un’idealizzazione del premoderno.D’altra parte un uso tattico del <strong>diritto</strong> nel senso suggerito nel testo, non è negatoneppure da chi assume come obiettivo strategico il superamento del <strong>diritto</strong>stesso: cfr. A. Negri, Rileggendo Pasukanis: note di <strong>discussione</strong>, <strong>in</strong> Id., La formastato. Per la <strong>critica</strong> dell’economia politica della Costituzione, Milano, Feltr<strong>in</strong>elli,1977, 195.16 A partire dal celeberrimo caso Moore v. The Regents of the <strong>Un</strong>iversity of California,793 P.2d 479 (Cal. 1990) deciso nel 1990 d<strong>alla</strong> Corte Suprema della Califor-107


collettive al godimento comune di boschi e altre situazioni di appartenenzanon accompagnate da lavoro (agricolo), ci scontreremmo condue evidenze: i terreni su cui <strong>in</strong>sistono le proprietà collettive conservano<strong>in</strong>tegro il loro valore naturalistico ed economico e smentisconol’<strong>in</strong>evitabilità della tragedia <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong> <strong>in</strong> assenza di forme di appartenenzaesclusiva; esistono proprietà collettive come le partecipanzedell’Emilia Romagna che rappresentano una realtà agricola gestita <strong>in</strong>comune sulla base di una forma di appartenenza collettiva, a dimostrazionedella non <strong>in</strong>evitabilità dell’appartenenza esclusiva sui ‘<strong>beni</strong>produttivi’ 17 .Sul terreno dell’immateriale, forme di resistenza all’appropriazioneesclusiva, dall’accesso alle risorse cognitive <strong>in</strong> rete 18 <strong>alla</strong> tutela delle culture<strong>in</strong>digene, sono quotidianamente messe a punto con successo,spesso facendo ricorso – <strong>in</strong> una prospettiva di commodification rovesciata19 – allo stesso strumentario messo a disposizione dal <strong>diritto</strong> dellania. <strong>Il</strong> caso riguarda i diritti sulle cellule di John Moore, un paziente affetto da leucemia<strong>in</strong> cura presso lo UCLA Medical Center. Nel corso delle terapie gli fu asportatala milza, da cui i ricercatori ricavarono una l<strong>in</strong>ea cellulare di grande valore sulpiano scientifico e commerciale. Sulla l<strong>in</strong>ea cellulare tratta dai tessuti di Moorel’università della California ricavò un brevetto molto lucroso, di cui Moore stessofu tenuto all’oscuro. Quando f<strong>in</strong>almente ne venne a conoscenza, Moore agì <strong>in</strong> giudiziocontro l’amm<strong>in</strong>istrazione di UCLA lamentando la violazione della proprietàdelle proprie cellule, nonché la violazione da parte <strong>dei</strong> medici dell’obbligo di ottenereil consenso <strong>in</strong>formato dal paziente, e contestualmente affermando il proprio<strong>diritto</strong> a partecipare agli utili ricavati dall’università d<strong>alla</strong> brevettazione e commercializzazionedella l<strong>in</strong>ea cellulare. La Corte rigettò la domanda correlata all’azionedi conversion, a tutela della proprietà, argomentando che il riconoscimento di un<strong>diritto</strong> di proprietà sulle parti staccate del corpo a vantaggio <strong>dei</strong> pazienti farebbevenir meno l’<strong>in</strong>centivo economico a <strong>in</strong>traprendere importanti ricerche mediche. Siriconosce d’altra parte il dovere del ricercatore di <strong>in</strong>formare il paziente <strong>dei</strong> propri<strong>in</strong>tendimenti non solo terapeutici ma anche scientifici e di ricerca; ma a fronte diciò non la proprietà sulle parti del proprio corpo, bensì la privacy e la dignità delpaziente meritano tutela. Tale conclusione giuridica è ritenuta idonea a bilanciarel’<strong>in</strong>teresse del paziente con l’esigenza di remunerare il lavoro di ricerca. Ma è altresìchiaro che la tutela di impianto personalistico – la tutela non-proprietaria delpaziente – è la soluzione maggiormente <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con lo sviluppo capitalistico: favoriscegli <strong>in</strong>vestimenti delle mult<strong>in</strong>azionali (la Sandoz era fra le parti convenute daMoore) e mantiene le parti dotate di m<strong>in</strong>ore potere economico e sociale <strong>in</strong> unacondizione di marg<strong>in</strong>alità.17 Cfr. P. Grossi, I dom<strong>in</strong>i collettivi come realtà complessa nei rapporti con il <strong>diritto</strong>statuale, <strong>in</strong> «Riv. dir. agr.», 1997, 261.18 Per una prima <strong>in</strong>formazione cfr. L. Lessig, The Future of Ideas. The Fate ofthe Commons <strong>in</strong> a Connected World, V<strong>in</strong>tage Book 2002; Id., Free Culture. How BigMedia Uses Technology to Lock Down Culture and Control Creativity, The Pengu<strong>in</strong>Press, 2004. Sulla tendenza dilagante all’imposizione di diritti di esclusiva su tuttociò che è capace di produrre profitto cfr. più <strong>in</strong> generale M. Heller, The GridlockEconomy. How Too Much Ownership Wrecks Markets, Stops Innovation and CostsLives, New York, Basic Books 2008.19 Sul complesso rapporto fra culture m<strong>in</strong>oritarie e mercato cfr. R. Aust<strong>in</strong>,Kwanzaa and the Commodification of Black Culture, <strong>in</strong> M.M. Ertman & J.C. Williams(eds.), Reth<strong>in</strong>k<strong>in</strong>g Commodification. Cases and Read<strong>in</strong>gs <strong>in</strong> Law and Culture,New York <strong>Un</strong>iversity Press, New York and London, 2005, 178; S. Hard<strong>in</strong>g, Culture,Commodification, and Native American Cultural Patrimony, ibidem, 137.108


proprietà <strong>in</strong>tellettuale, con l’esito di far apparire obsoleto, almeno <strong>in</strong> alcunicasi, l’uso consueto del brevetto 20 e la stessa retorica dell’autore. Cisi riferisce qui a strategie anche differenti fra loro. Messa da parte – peruna scelta di politica del <strong>diritto</strong> ampiamente condivisa 21 – la proprietàsui propri geni, che pur muovendosi dentro l’ord<strong>in</strong>e proprietarioavrebbe o avrebbe avuto una qualche possibilità di successo rispetto<strong>alla</strong> prospettiva di rovesciare il rapporto medico-paziente e soprattuttola marg<strong>in</strong>alità del s<strong>in</strong>golo <strong>in</strong>dividuo fornitore di materiale biologico/geneticodi fronte al potere economico che gestisce e trae profitto d<strong>alla</strong> ricercapiù lucrosa 22 , il giurista può comunque muoversi <strong>in</strong> una logicatrasformativa pur utilizzando gli istituti convenzionali del <strong>diritto</strong> liberale(e le sue articolazioni neoliberiste). Le pratiche riconducibili al c.d.copyleft (General Public License, Creative Commons, ecc.) sono alquantosignificative al riguardo: predispongono una sorta di via di fugad<strong>alla</strong> – ovvero uno svuotamento dall’<strong>in</strong>terno della – logica del <strong>diritto</strong>d’autore, senza formalmente contestare l’esistenza della sua discipl<strong>in</strong>a.<strong>Il</strong> progetto Creative Commons, <strong>in</strong> particolare, pur nascendo da una <strong>critica</strong>serrata al concetto di authorship e agli effetti negativi della superprotezionegarantita dalle norme sul copyright, si basa sul riconoscimentodi un <strong>diritto</strong> di esclusiva dell’autore, ma comb<strong>in</strong>a property rightsa opzioni di natura contrattuale consentendo <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e accessibilità e riproducibilitàdell’opera per scopi non commerciali (e non solo) 23 . Anchenel settore della proprietà <strong>in</strong>dustriale, la reazione agli abusi derivantidall’ampliamento senza freni della brevettabilità assumono taloraproprio le forme della tutela, sia pur sui generis, della proprietà <strong>in</strong>tellettualea vantaggio delle <strong>comuni</strong>tà <strong>in</strong>digene (first nations), che imprese eenti di ricerca tendono a spossessare <strong>dei</strong> saperi e delle pratiche da lorotramandati di generazione <strong>in</strong> generazione 24 .3. <strong>Un</strong> primo problema da affrontare quando si parla di un possibilestatuto giuridico <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong> è dato dall’ampiezza e varietà, diciamopure dall’estrema eterogeneità, delle situazioni <strong>in</strong> cui il s<strong>in</strong>tagmaè attualmente usato: si parla di acqua e ambiente come <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>,di sapere, di conoscenza, di genoma umano <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>, maanche di sanità, di università, pers<strong>in</strong>o di lavoro e da ultimo di demo-20 Cfr. S. Vezzani, Sciamani e «cacciatori di geni». Proprietà <strong>in</strong>tellettuale e diritti<strong>dei</strong> popoli <strong>in</strong>digeni, <strong>in</strong> I. Papanicopulu (cur.), Incontro di studio <strong>dei</strong> giovani cultoridelle materie <strong>in</strong>ternazionalistiche, Giuffrè, Milano, 2008, 85.21 <strong>Il</strong> dibattito è sconf<strong>in</strong>ato: r<strong>in</strong>vio a M.M. Ertman & J.C. Williams (eds.), Reth<strong>in</strong>k<strong>in</strong>gCommodification, cit., dove le diverse posizioni sono ampiamente rappresentate.Da noi cfr. G. Resta, La disposizione del corpo. Regole di appartenenza e dicircolazione, <strong>in</strong> S. Rodotà e P. Zatti (diretto da), Trattato di Bio<strong>diritto</strong>. <strong>Il</strong> governo delcorpo, tomo I, Giuffrè, Milano, 2010, 805.22 V. supra nota 15.23 Per una <strong>critica</strong> ai limiti del progetto cfr. N. Elk<strong>in</strong>-Koren, What ContractsCannot Do: The Limits of Private Order<strong>in</strong>g <strong>in</strong> Facilitat<strong>in</strong>g a Creative Commons, 74«Fordham Law Rev.» 375 (2005-2006).24 S. Vezzani, op.cit.109


crazia come <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>. Al di là della ovvia constatazione che un usotanto ampio del term<strong>in</strong>e può comprometterne l’efficacia espressiva ebanalizzarne il senso, è <strong>in</strong>dispensabile cercare di cogliere i caratteri<strong>comuni</strong> che attraversano gli usi eterogenei del term<strong>in</strong>e per poi capire<strong>in</strong> che misura <strong>in</strong>torno <strong>alla</strong> def<strong>in</strong>izione <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong> sia possibile costruireuna categoria unitaria di risorse.Intanto possiamo tentarne una classificazione.a) Si def<strong>in</strong>iscono <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong> <strong>in</strong>nanzitutto <strong>beni</strong> materiali comel’acqua, le risorse naturali, e <strong>beni</strong> che hanno un sostrato materiale maevocano anche scenari più complessi come l’ambiente e il patrimonioartistico e storico-culturale di un paese.b) La categoria <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> immateriali, motore dell’attuale fase disviluppo capitalistico, è <strong>in</strong>vestita da una tendenza fortissima all’appropriazioneesclusiva e di converso se ne rivendica il carattere comune,cosicché rappresenta oggi la categoria di commons maggiormente ampia(e <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>ua espansione). <strong>Un</strong> elenco esaustivo è pressoché impossibile:si va dalle creazioni <strong>in</strong>tellettuali (il giurista municipale lechiama opere dell’<strong>in</strong>gegno) ai geni, che proprio creazioni <strong>in</strong>tellettual<strong>in</strong>on sono 25 , dall’immag<strong>in</strong>e <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> (di edifici pubblici o privati, diauto, cavalli da corsa, imbarcazioni rese celebri da vittorie <strong>in</strong> competizionisportive) 26 ai saperi tradizionali e alle tradizioni popolari, i qualiperaltro possono trovare un sostrato materiale nel patrimonio artisticoo nella biodiversità di un luogo 27 , ecc.c) Di recente l’espressione bene comune si trova riferito anche aistituzioni erogatrici di servizi che sono oggetto di diritti sociali: è ilcaso della sanità come organizzazione pubblica strumentale <strong>alla</strong> realizzazionedel <strong>diritto</strong> fondamentale <strong>alla</strong> salute 28 e dell’università 29 e25 Si veda <strong>in</strong>fatti Association for Molecular Pathology v. U.S. Patent and TrademarkOffice, No. 09-cv-4515, 94 USPQ2d 1683 (S.D.N.Y. March 29, 2010) <strong>in</strong> cui lacorte federale americana decide per la non brevettabilità <strong>dei</strong> geni umani.26 Cfr. G. Resta, L’immag<strong>in</strong>e <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> <strong>in</strong> Cassazione, ovvero: l’<strong>in</strong>sostenibile leggerezzadella logica proprietaria, <strong>in</strong> marg<strong>in</strong>e a Cass., 11 agosto 2009, n. 18218 <strong>in</strong>«Danno e resp.», 2010, 477.27 La letteratura al riguardo è ormai amplissima. Cfr. C. Oguamam, InternationalLaw and Indigenous Knowledge, Toronto, Buffalo, London, <strong>Un</strong>iversity of TorontoPress 2006, 35 ss., 145 ss.; M. F<strong>in</strong>ger and P. Schuler (eds.), Poor People’s Knowledge.Promot<strong>in</strong>g Intellectual Property <strong>in</strong> Develop<strong>in</strong>g Countries, Oxford, Oxford<strong>Un</strong>iversity Press 2004; C. Bellmann, G. Dutfield and R. Meléndez-Ortiz (eds.), Trad<strong>in</strong>g<strong>in</strong> Knowledge. Development Perspectives on TRIPS, Trade and Susta<strong>in</strong>ability,London - Sterl<strong>in</strong>g, Earthscan Publicatios Ltd. 2003, 157 ss.; P.P. Gowda & U. Khan,Sacred but Vulnerable: A Critical Exam<strong>in</strong>ation of the Adequacy of the Current LegalFramework for Protection of Tribal Sacred Traditional Knowledge, 1 «NUJS L. Rev.»109 (2008); T.L. Gearhart-Sema, Women’s Work, Women’s Know<strong>in</strong>g: Intellectual Propertyand the Recognition of Women’s Traditional Knowledge, 21 «Yale J.L. & Fem<strong>in</strong>ism»372 (2009-2010).28 Cfr. C. Romagnoli, Salute e sanità come <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>: per un nuovo sistemasanitario, file a disposizione dell'autrice; R. Avraham and K.A.D. Camara, The Tragedyof the Human Commons, 29 «Cardozo L. Rev.» 479 (2007-2008).29 Cfr. Madison, Frischmann, Strandburg, The <strong>Un</strong>iversity as Constructed CulturalCommons, <strong>in</strong> 30 «Wash. U.J.L. & Pol’y» 365 (2009).110


dell’istruzione pubblica complessivamente <strong>in</strong>tesa, funzionali <strong>alla</strong> realizzazionedel <strong>diritto</strong> allo studio.d) Anche un luogo e <strong>in</strong> particolare la città, lo spazio urbano, è def<strong>in</strong>ibilecome bene comune 30 (un uso del term<strong>in</strong>e ormai diffuso nellapratica politica: ad es. a Roma è nato un movimento di cittad<strong>in</strong>i <strong>in</strong>titolatoa «Roma bene comune»). L’espressione r<strong>in</strong>via qui ad un complessodi piani discorsivi che a loro volta trovano la loro ragion d’essere<strong>in</strong> forme diversificate di spossessamento: da una parte è bene comuneil territorio urbano nel suo complesso, che dev’essere preservatod<strong>alla</strong> cementificazione e da altre forme di sfruttamento giustificateunicamente da f<strong>in</strong>alità speculative, dall’altra possono considerarsi <strong>beni</strong><strong>comuni</strong> i quartieri cittad<strong>in</strong>i, soggetti, <strong>in</strong>sieme al loro specifico culturale,a spossessamento attraverso strategie proprie del mercato immobiliaree del mercato delle locazioni (gentrification) 31 , <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e l’idea delcomune implica uno sguardo critico nei confronti del fenomeno dellaprivatizzazione dello spazio pubblico urbano, con il mall (centro commerciale)che prende il posto della piazza e riduce gli spazi della democrazia32 .e) Da ultimo l’espressione bene comune si trova associato a «lavoro»,a «<strong>in</strong>formazione» (nel senso di <strong>diritto</strong> di cronaca) e a «democrazia».Qui l’uso dell’espressione è sv<strong>in</strong>colata dallo sfruttamento e/o d<strong>alla</strong>gestione di una risorsa e evoca piuttosto complessi di istituzioni, relazionipolitiche e/o rapporti economici che hanno dignità costituzionalee funzione costituente un dato ord<strong>in</strong>e sociale e politico.4. Questa approssimativa mappatura conferma l’eterogeneità delleaccezioni e <strong>dei</strong> contesti <strong>in</strong> cui l’espressione bene comune è impiegata.Evidentemente è impossibile ricondurre alle diverse categorie uno statutogiuridico generale del comune.Anzi uno stesso statuto giuridico è da escludersi pure <strong>in</strong> riferimentoalle prime due categorie. L’espressione «proprietà <strong>in</strong>tellettuale»,comunemente usata per <strong>in</strong>dicare diritti di esclusiva sull’immateriale,<strong>in</strong>fatti, non ha molto a che vedere con il <strong>diritto</strong> di proprietà, che è <strong>diritto</strong>di godere e disporre di <strong>beni</strong> materiali 33 . Lo statuto giuridico del30 Cfr. A. Petrillo, Ombre del comune: l’urbano fra produzione collettiva e spossessamento,cit.31 <strong>Un</strong> classico deve considerarsi Du. Kennedy, The Effect of the Warranty ofHabitability on Law Income Hous<strong>in</strong>g: «Milk<strong>in</strong>g» and Class Violence, 15 «Florida St.U. Law Rev.» 485 (1987); cfr. <strong>in</strong>oltre, Id., Legal Economics of U.S. Low Income Hous<strong>in</strong>g<strong>in</strong> Light of «Informality Analysis», 4 «J. L. <strong>in</strong> Soc’y» 71 (2002), e, fra i molti, K.Aoki, Race, Space and Place: The Relation Between Architectural Modernism, Postmodernism,Urban Plann<strong>in</strong>g, and Gentrification, 20 «Fordham Urban L.J.» 699(1992).32 Cfr. A. Bottomley, A Trip to the Mall. Revisit<strong>in</strong>g the Public/Private Divide, <strong>in</strong>H. Lim and A. Bottomley (eds.), Fem<strong>in</strong>ist Perspectives on Land Law, Routledge Cavendish2007, 65.33 Cfr. A. Gambaro, Ontologia <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> e jus excludendi, <strong>in</strong> «Comparazione e111


comune che emerge <strong>in</strong> questa varietà di risorse e contesti è dunque da<strong>in</strong>dividuare di volta <strong>in</strong> volta, ma si può già anticipare che esso non necessariamentesi lega a forme giuridiche di appartenenza (<strong>in</strong>dividualeo collettiva) <strong>in</strong> senso tecnico 34 .Possiamo però <strong>in</strong>dividuare alcuni caratteri che queste diversefacce del comune condividono. Nel corso di una serie di sem<strong>in</strong>ari che,grazie al sostegno del mio Dipartimento (un bene comune anch’esso?),ho potuto organizzare <strong>in</strong> questo anno accademico, abbiamo tentato difarlo rivolgendoci soprattutto ad <strong>in</strong>terlocutori provenienti da altre discipl<strong>in</strong>e:l’antropologia, la filosofia politica, la sociologia, l’urbanistica,l’economia, la storia del <strong>diritto</strong>, ecc.i) <strong>Un</strong> primo carattere si def<strong>in</strong>isce, dunque, <strong>in</strong> negativo, nella mancanzadi un regime giuridico comune ai <strong>beni</strong> che def<strong>in</strong>iamo comecommons. Ciò implica la diversità delle strategie da eleggere caso percaso nell’affermare e difendere la natura di commons di una risorsa.<strong>diritto</strong> civile», giugno 2010 (file reperibile all’<strong>in</strong>dirizzo http://www.comparazione<strong>diritto</strong>civile.it/prova/files/rav_gambaro_ontologia.pdf).34 In tal senso chiare le <strong>in</strong>dicazioni provenienti d<strong>alla</strong> Commissione Rodotà(Commissione sui Beni Pubblici, presieduta da Stefano Rodotà, istituita presso lail M<strong>in</strong>istero della Giustizia, con Decreto del M<strong>in</strong>istro, il 21 Giugno 2007 al f<strong>in</strong>e dielaborare uno schema di legge delega per la modifica delle norme del codice civile<strong>in</strong> materia di <strong>beni</strong> pubblici). Cfr. lo Schema di disegno di legge delega al Governo perla novellazione del Capo II del Titolo I del Libro III del Codice Civile, il cui art. 1,comma 3, lett. c) stabilisce che sono <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>: «[le]cose che esprimono utilitàfunzionali all’esercizio <strong>dei</strong> diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona.I <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong> devono essere tutelati e salvaguardati dall’ord<strong>in</strong>amento giuridico,anche a beneficio delle generazioni future. Titolari di <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong> possonoessere persone giuridiche pubbliche o privati. In ogni caso deve essere garantita laloro fruizione collettiva, nei limiti e secondo le modalità fissati d<strong>alla</strong> legge. Quandoi titolari sono persone giuridiche pubbliche i <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong> sono gestiti da soggettipubblici e sono collocati fuori commercio; ne è consentita la concessione nei solicasi previsti d<strong>alla</strong> legge e per una durata limitata, senza possibilità di proroghe.Sono <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>, tra gli altri: i fiumi i torrenti e le loro sorgenti; i laghi e le altreacque; l’aria; i parchi come def<strong>in</strong>iti d<strong>alla</strong> legge, le foreste e le zone boschive; le zonemontane di alta quota, i ghiacciai e le nevi perenni; i lidi e i tratti di costa dichiaratiriserva ambientale; la fauna selvatica e la flora tutelata; i <strong>beni</strong> archeologici,culturali, ambientali e le altre zone paesaggistiche tutelate. La discipl<strong>in</strong>a <strong>dei</strong> <strong>beni</strong><strong>comuni</strong> deve essere coord<strong>in</strong>ata con quella degli usi civici. Alla tutela giurisdizionale<strong>dei</strong> diritti connessi <strong>alla</strong> salvaguardia e <strong>alla</strong> fruizione <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong> ha accessochiunque. Salvi i casi di legittimazione per la tutela di altri diritti ed <strong>in</strong>teressi,all’esercizio dell’azione di danni arrecati al bene comune è legittimato <strong>in</strong> viaesclusiva lo Stato. Allo Stato spetta pure l’azione per la riversione <strong>dei</strong> profitti. I presuppostie le modalità di esercizio delle azioni suddette saranno def<strong>in</strong>ite dal decretodelegato». L’articolato e la relazione di accompagnamento si possono consultareall’<strong>in</strong>dirizzo: http://www.astrid-onl<strong>in</strong>e.it/Riforma-de2/Documenti/Commissione-Rodot-.pdf. L’approccio della Commissione r<strong>in</strong>via, fra i vari profili di <strong>in</strong>teresse, adun modello di proprietà pubblica ‘debole’ <strong>in</strong>erente <strong>in</strong> orig<strong>in</strong>e <strong>alla</strong> demanialità cosìcome concepita, secondo alcuni, nel Code Napoleon e nel codice italiano del 1865:cfr. sul tema O.T. Scozzafava, Vittorio Scialoja e la proprietà pubblica <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> demaniali,<strong>in</strong> questa <strong>Rivista</strong>, 2007, 195. <strong>Un</strong>a lettura <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> demaniali (e pubblici <strong>in</strong>generale) decl<strong>in</strong>ata <strong>alla</strong> luce delle esigenze dello Stato-collettività è ora fatta propriada Cass. SS.UU., 14 febbraio 2011, n. 3665.112


In alcuni casi il carattere di bene comune può trovare conferma <strong>in</strong> unregime giuridico che semplicemente neghi la costituzione di diritti diesclusiva sul bene stesso: questo è quello che sta accadendo (o che puòaccadere) per i geni, per la creazione di chimere, per alcune <strong>in</strong>novazionichirurgiche, ecc., rispetto a cui, dopo una prima fase di enclosures<strong>in</strong>discrim<strong>in</strong>ate, com<strong>in</strong>cia a emergere un orientamento diverso 35 .Ma <strong>in</strong> molti altri casi questa via non è sufficiente a affermare il caratterecomune di una risorsa; e <strong>in</strong> alcuni altri, forme di esclusiva <strong>in</strong> capoad una <strong>comuni</strong>tà (si pensi a culture tradizionali ‘esotiche’, come nelcaso Inuit, ad esempio) possono essere un utile strumento per impedireun’<strong>in</strong>desiderata commodification di simboli, saperi, ecc., laddoveun regime di open access apre <strong>in</strong>vece la strada all’appropriazione diutilità (e ad un’eventuale commercializzazione) da parte di chiunque 36 .Ciò esclude a mio avviso la possibilità di def<strong>in</strong>ire a priori (tutti) icommons come <strong>beni</strong> extra commercium, riprendendo un’antica e ancorasuggestiva classificazione romanistica 37 . Da una parte la varietàdi fisionomia e funzione <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> potenzialmente ricompresi nella categoria,dall’altra la pervasività del mercato come forma organizzativadom<strong>in</strong>ante della società, sconsigliano a mio avviso di assumere questocarattere fra quelli fondanti un comune statuto giuridico, pena la drasticariduzione di estensione della categoria. La stessa vicenda dell’acquaimplica una serie di questioni <strong>in</strong>erenti al mercato fissazione di tariffe,costi di gestione, ecc. – <strong>in</strong>compatibili con il regime delle res extracommercium.In alcuni casi sono <strong>in</strong>vece i limiti <strong>alla</strong> facoltà didisposizione, come nel caso delle proprietà collettive, a caratterizzarneil regime giuridico; <strong>in</strong> molti altri il v<strong>in</strong>colo di dest<strong>in</strong>azione (la fruizionecollettiva), che tende ad essere un carattere diffuso fra i commons,sebbene forse con gradi di <strong>in</strong>tensità diversi 38 . Tendenzialmente mi parrebbeun buon punto di partenza affermare per tutti i <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>non l’esclusione dal mercato, quanto la sottrazione al mercato concorrenzialee alle sue regole, prima di tutto quella del profitto 39 .ii) <strong>Un</strong> tratto sicuramente condiviso da tutte le accezioni del comuneprima <strong>in</strong>dividuate è <strong>in</strong>vece il legame fra risorsa (o servizio) e <strong>comuni</strong>tà40 . La def<strong>in</strong>izione di comune implica <strong>in</strong>fatti una domanda: comunea chi? Ora l’<strong>in</strong>dividuazione della <strong>comuni</strong>tà di riferimento, elementochiaro ad es. nelle proprietà collettive tuttora esistenti <strong>in</strong> molteregioni d’Italia, è un problema chiave nella def<strong>in</strong>izione di uno statutogiuridico per i <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>. La <strong>comuni</strong>tà si def<strong>in</strong>isce <strong>in</strong> ragione <strong>dei</strong> le-35 V. supra, nota 25.36 V. supra, § 2.37 Vi fa cenno A. Ciervo, <strong>Il</strong> futuro che avevamo dimenticato, <strong>in</strong> «Parolechiave», 1/2011, 41.38 V. supra, nota 34.39 In tal senso mi pare si orienti A. Somma, op. cit.40 Cfr. A. Lucarelli, Note m<strong>in</strong>ime per una teoria giuridica <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>, <strong>in</strong>«Quale stato», 2007, 87.113


gami sociali di solidarietà che esistono o dovrebbero <strong>in</strong>staurarsi <strong>in</strong> relazione<strong>alla</strong> fruizione del bene comune: il discorso è volutamente circolarepoiché fra commons e <strong>comuni</strong>tà esiste una relazione per cuil’uno risulta costitutivo dell’altra e viceversa. Inoltre i legami di solidarietàe l’<strong>in</strong>dividuazione della <strong>comuni</strong>tà che <strong>in</strong>sistono sul bene comunehanno anche una necessaria dimensione diacronica: quasi per def<strong>in</strong>izione,la gestione di un bene comune deve tener conto degli <strong>in</strong>teressidelle generazioni future. Infatti il modello di comune che assumiamodalle culture tradizionali con riguardo ad esempio <strong>alla</strong> fruizione diuna risorsa naturale (la foresta) o culturale (i saperi tradizionali di unpopolo) è appunto ritagliato sull’idea che i membri della <strong>comuni</strong>tàpassano ma il bene comune deve restare <strong>in</strong>tegro e come tale essere tramandatoa chi verrà dopo, cosicché il focus si sposta dal soggetto dellarelazione di appartenenza al bene stesso 41 .Sennonché il punto è assolutamente problematico. In primo luogopoiché, a seconda delle risorse <strong>in</strong> gioco, la <strong>comuni</strong>tà di riferimento puòessere l’<strong>in</strong>sieme delle persone che lavorano/studiano <strong>in</strong> una scuola, lapopolazione di un quartiere, la popolazione di una metropoli, una <strong>comuni</strong>tànazionale o l’<strong>in</strong>tera umanità e non sempre ne risulta facile o <strong>in</strong>contestatal’<strong>in</strong>dividuazione. Per esempio Pompei che crolla è un benecomune dell’umanità, delle italiane, o degli abitanti della zona? La rispostanon è <strong>in</strong>differente posto che <strong>alla</strong> gestione partecipata e <strong>alla</strong> tuteladel commons deve provvedere la <strong>comuni</strong>tà di riferimento.In secondo luogo, almeno <strong>in</strong> relazione ad alcune classi di <strong>beni</strong>, ladef<strong>in</strong>izione del comune attraverso l’<strong>in</strong>dividuazione della <strong>comuni</strong>tà di riferimentopuò rivelarsi il suo punto debole, proprio con riguardo allesue potenzialità di trasformazione sociale, economica e politica. Infattilo stretto legame commons-<strong>comuni</strong>tà può ridurre l’affermazione del comunea fattore di conservazione dello status quo, di enfatizzazione erafforzamento delle caratteristiche etniche e sociali di una <strong>comuni</strong>tà, ocomunque renderla <strong>in</strong><strong>in</strong>fluente rispetto all’obiettivo di una maggioregiustizia sociale, neutralizzando le sue capacità redistributive. <strong>Il</strong> valoredi un orto urbano, ad es., può non essere troppo diverso nel quartiereresidenziale alto-borghese rispetto al quartiere povero, sebbene nelprimo caso il suo significato culturale possa assumere una venaturasnob. Ma se pensiamo all’università come bene comune, allora nonpossiamo nasconderci che la Harvard Law School-as-commons garantisce<strong>alla</strong> <strong>comuni</strong>tà di studenti, docenti e lavoratori che <strong>in</strong> essa opera benaltre utilità e opportunità rispetto a quelle offerte <strong>alla</strong> propria <strong>comuni</strong>tàd<strong>alla</strong> Law School di Northeastern <strong>Un</strong>iversity, tanto per assumere come41 Ciò giustifica il ricorso ad un paradigma olistico che vada oltre l’opposizionesoggetto/oggetto propria della cultura occidentale: <strong>in</strong> tal senso U. Mattei e L. Nader,Plunder: When the Rule of Law is <strong>Il</strong>legal, cit. Ma valgono a mio avviso le cauteleespresse prima circa la percorribilità – almeno nell’immediato – di una via che r<strong>in</strong>neghi<strong>in</strong> radice la modernità, ponendosi al di fuori delle strutture del <strong>diritto</strong> liberale<strong>in</strong> una prospettiva di r<strong>in</strong>vio o attesa s<strong>in</strong>e die del momento della trasformazione.114


esempio due università private che sorgono a pochi kilometri l’una dall’altra(nella area di Boston, Massachusetts, <strong>in</strong> questo caso).L’esempio mostra come, date determ<strong>in</strong>ate condizioni socio-economichedi partenza, l’affermazione della natura di bene comune di unarisorsa o istituzione non necessariamente <strong>in</strong>neschi un circuito redistributivorispetto <strong>alla</strong> collettività ampiamente <strong>in</strong>tesa ovvero rispetto adaltre <strong>comuni</strong>tà di utenti o cittad<strong>in</strong>i, ma garantisca piuttosto una piùequa fruizione delle utilità <strong>in</strong>erenti quel bene all’<strong>in</strong>terno della propria<strong>comuni</strong>tà di riferimento. Questo sembrerebbe essere ad un primosguardo il limite della teoria di Ostrom 42 .Inf<strong>in</strong>e, nel pensare il <strong>diritto</strong> del comune, il riferimento <strong>alla</strong> <strong>comuni</strong>tànon deve ridursi all’evocazione di un’entità astratta e idealizzata eva considerato <strong>critica</strong>mente. Mi sembra che il rapporto fra metropoli ecomune sia un passaggio fondamentale al riguardo 43 . Proprio l’idea dispazio urbano come bene comune, nelle sue articolazioni, <strong>in</strong>duce a rivisitarela nozione di <strong>comuni</strong>tà, che non può essere <strong>in</strong>tesa nel sensopremoderno di <strong>comuni</strong>tà chiusa e statica. L’abitante della città è partedella <strong>comuni</strong>tà-quartiere <strong>in</strong> cui vive, della <strong>comuni</strong>tà che utilizza i trasporti,della <strong>comuni</strong>tà-quartiere <strong>in</strong> cui lavora e di cui utilizza i servizi,ecc. Questo serve ad una riconsiderazione d<strong>in</strong>amica del concetto di <strong>comuni</strong>tà(come flusso o <strong>in</strong>crocio fra flussi), e nello stesso tempo ad unaridef<strong>in</strong>izione della nozione di soggetto di <strong>diritto</strong>, che non scompare acausa della centralità acquisita d<strong>alla</strong> relazione commons-<strong>comuni</strong>tà,ma non può più essere il soggetto del <strong>diritto</strong> liberale, cioè un’entitàfissa nella sua identità, centrata su se stessa, ponendosi <strong>in</strong> questa relazionea sua volta come punto di <strong>in</strong>crocio di un fascio di rapporti 44 .La necessità di ridef<strong>in</strong>ire le nozioni di <strong>comuni</strong>tà e di soggettivitàgiuridica <strong>alla</strong> luce dell’idea dello spazio urbano-as-commons apre adulteriori ord<strong>in</strong>i di riflessione. Da una parte la relazione soggetto-<strong>comuni</strong>tà-comuneè fondamentale rispetto <strong>alla</strong> possibilità di resistere aquelle d<strong>in</strong>amiche <strong>in</strong> virtù delle quali lo sviluppo della metropoli, mentresi pone come pr<strong>in</strong>cipale fattore di dis<strong>in</strong>tegrazione <strong>dei</strong> rapporti sociali,nel contempo costruisce e impone identità rigide e <strong>in</strong>esorabili, <strong>in</strong>senso sociale, economico, etnico, di genere, separando s<strong>in</strong> sul pianospaziale i poveri dai ricchi (e all’<strong>in</strong>terno della classe medio-alta i colti– che privilegiano i quartieri gentrified – dagli <strong>in</strong>colti, che vivono <strong>in</strong> suburbs,‘residenze’, ecc.), le <strong>in</strong>digene dalle immigrate, le donne ‘al sicuro’dalle donne ‘<strong>in</strong> pericolo’.Dall’altra la relazione soggetto-<strong>comuni</strong>tà-comune, si dice, può nonessere emancipatoria. Si pone dunque un problema ulteriore, un problemadi potenziale frizione fra cooperazione e libertà <strong>in</strong>dividuale. <strong>Il</strong>42 E. Ostrom, Governare i <strong>beni</strong> collettivi. Istituzioni pubbliche e <strong>in</strong>iziative delle<strong>comuni</strong>tà, Venezia, Marsilio 2006.43 Cfr. A. Negri & M. Hardt, Commonwealth, cit., 153 ss.44 G. Frug, Decenter<strong>in</strong>g Decentralization, 60 «U. Chi. L. Rev.» 253 (1993).115


soggetto può rimanere <strong>in</strong>gabbiato nella relazione reciprocamente costitutivafra bene comune e <strong>comuni</strong>tà. È questa una preoccupazioneavvertita <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>tenso <strong>in</strong> una certa letteratura liberal nordamericana,sulla quale credo si debba riflettere 45 .iii) Si arriva così al terzo decisivo elemento di un possibile statutogiuridico <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>: la gestione. O, più esattamente, la gestionecollettiva e/o partecipata del bene comune. Diciamo subito che, anchequi, la questione non è affatto semplice. L’idea di gestione partecipata<strong>in</strong>contra le stesse obiezioni cui va <strong>in</strong>contro l’idea di democrazia diretta:ad es. quella di presupporre un’entità omogenea preposta <strong>alla</strong> gestione,la <strong>comuni</strong>tà, che nella maggior parte <strong>dei</strong> casi non è affatto omogenea,date le ovvie differenze culturali, sociali, di genere al suo <strong>in</strong>terno (ritorna<strong>in</strong> term<strong>in</strong>i rovesciati la problematicità dell’elemento della <strong>comuni</strong>tà).D’altra parte uno strumento sia pur collaudato come quello cooperativo,ove applicabile, non assicura affatto la gestione partecipata,dato il vizio dell’abuso di delega da cui è tendenzialmente afflitto.Alcuni elementi per pensare <strong>in</strong> positivo la gestione partecipata sidesumono d<strong>alla</strong> regolamentazione delle proprietà collettive ancora esistenti<strong>in</strong> Italia: <strong>in</strong>nanzitutto il v<strong>in</strong>colo di dest<strong>in</strong>azione sul bene, che <strong>in</strong>cidesulla gestione <strong>in</strong> funzione di limite. Se poi il carattere comune delbene si accompagna ad una situazione di appartenenza collettiva, com’èappunto nel caso delle proprietà collettive, allora forti limiti <strong>alla</strong>facoltà di disposizione connoteranno ovviamente l’attività di gestione.Tuttavia la situazione di appartenenza non è carattere necessariodel bene comune. Lo è certamente <strong>in</strong>vece la gestione partecipata chequando non si esprime <strong>in</strong> forma di appartenenza deve necessariamentemanifestarsi come facoltà di controllo e tutela <strong>in</strong> capo <strong>alla</strong> <strong>comuni</strong>tà.<strong>Un</strong> possibile modello al riguardo si ritrova nella proposta di riforma<strong>dei</strong> <strong>beni</strong> pubblici licenziata d<strong>alla</strong> c.d. commissione Rodotà: quila categoria <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong> è disegnata a presc<strong>in</strong>dere dall’appartenenza,cioè d<strong>alla</strong> titolarità della proprietà sul bene, che può esserepubblica o privata. <strong>Il</strong> bene comune è piuttosto <strong>in</strong>dividuato <strong>in</strong> quantonecessario <strong>alla</strong> realizzazione <strong>dei</strong> diritti fondamentali degli <strong>in</strong>dividui. Inconseguenza di ciò ciascuno è legittimato ad agire <strong>in</strong> giudizio lamentandola cattiva gestione del bene da parte di chi ne è formalmente titolare.Si tratta di un modello non solo praticabile, almeno <strong>in</strong> teoria,nel sistema attuale, ma anche idoneo ad essere accolto <strong>in</strong> modo favorevolepoiché si avvale della retorica forte <strong>dei</strong> diritti fondamentali. Sipossono però muovere almeno due obiezioni di carattere politico almodello proposto: la tecnica <strong>dei</strong> diritti fondamentali gioca sul terreno<strong>in</strong>dividuale e perciò occulta o trascura la dimensione collettiva che dovrebbe<strong>in</strong>vece connotare la gestione del bene comune; la dimensione45 Cfr. H. Dagan & M.A. Heller, The Liberal Commons, 110 «Yale L.J.» 549(2000-2001).116


<strong>in</strong>dividuale (ovvero l’occultamento di quella collettiva) porta con sé asua volta l’occultamento <strong>dei</strong> conflitti che <strong>in</strong>torno ai <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong> si agitano.<strong>Il</strong> caso della ‘rap<strong>in</strong>a’ ai danni <strong>dei</strong> popoli <strong>in</strong>digeni fornisce unesempio dell’uno e dell’altro profilo.Ma la relazione fra diritti fondamentali e <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong> può forseessere guardata sotto un’altra luce. Consideriamo il concetto di sanitàcome bene comune. L’idea di una gestione partecipata della sanità imponedi pensare lo stesso <strong>diritto</strong> fondamentale <strong>alla</strong> salute <strong>in</strong> un mododiverso: essa implica un’organizzazione della sanità che sia <strong>in</strong> grado direalizzare il <strong>diritto</strong> <strong>alla</strong> salute di quella data persona ed <strong>in</strong>sieme il <strong>diritto</strong><strong>alla</strong> salute di ciascuna e di ciascuno e dell’<strong>in</strong>tera collettività. Mentreassumiamo il <strong>diritto</strong> <strong>alla</strong> salute come necessariamente ‘personalizzato’vediamo come la sua concreta realizzazione porti a conformarela stessa istituzione deputata a soddisfarlo 46 . Insomma l’idea è che i dirittifondamentali possano acquistare una dimensione diversa – ed esserecomponente costitutiva della gestione del bene – se visti nella prospettivadella solidarietà sociale. Analogo discorso può farsi per la cittàimmag<strong>in</strong>ando i modi <strong>in</strong> cui i diritti di cittad<strong>in</strong>anza (scontando per ilmomento l’ambiguità del term<strong>in</strong>e), di libertà, di autodeterm<strong>in</strong>azione,l’aspirazione al wellness, <strong>alla</strong> democrazia, possano/debbano <strong>in</strong>cideresul suo funzionamento, sviluppo, ecc. E lo stesso dicasi per l’istruzionee per l’università, dove il <strong>diritto</strong> allo studio, attraverso la gestione partecipatadel bene comune scuola o del bene comune università, smettedi essere semplice fruizione di servizi e di opportunità e diventa produzioneculturale e di democrazia. Insomma si tratta di rovesciare lalogica oggi dom<strong>in</strong>ante <strong>in</strong> Europa per cui il <strong>diritto</strong> ai servizi essenziali,sebbene fondamentale, è sostanzialmente visto come oggetto di sussidie di assistenza, <strong>in</strong> una parola come improduttivo, nient’altro che unavoce di spesa nel bilancio statale.Resta un problema sp<strong>in</strong>oso nel configurare l’esercizio <strong>dei</strong> dirittifondamentali come parte della gestione <strong>dei</strong> <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>: la radice <strong>in</strong>dividuale<strong>dei</strong> diritti fondamentali trova conferma nella struttura delprocesso, anch’essa tendenzialmente estranea <strong>alla</strong> dimensione collettiva.Da questo scaturisce non solo la difficoltà dell’azione del s<strong>in</strong>golo<strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di <strong>in</strong>formazione, <strong>in</strong>iziativa, ecc. ma anche il problema <strong>dei</strong>costi esorbitanti della giustizia che il s<strong>in</strong>golo membro della <strong>comuni</strong>tàpuò non essere <strong>in</strong> grado di sopportare 47 . Qui è possibile lavorare suuna migliore organizzazione e maggiore diffusione delle class actions,soprattutto superando l’idea che la class action sia una sommatoria dipretese <strong>in</strong>dividuali ed esaltando <strong>in</strong>vece la sua dimensione collettiva.46 Cfr. A. Pioggia, Consenso <strong>in</strong>formato ai trattamenti sanitari e amm<strong>in</strong>istrazionedella salute, <strong>in</strong> «Riv. trim. dir. pubbl.», 2011, 127.47 U. Mattei, Provid<strong>in</strong>g Direct Access To Social Justice By Renew<strong>in</strong>g CommonSense: The State, the Market, and some Prelim<strong>in</strong>ary Question about the Commons, <strong>in</strong>http://un<strong>in</strong>omade.org/prelim<strong>in</strong>ary-question-about-the-commons/.117


5. Queste poche pag<strong>in</strong>e, e il ciclo di sem<strong>in</strong>ari da cui traggonospunto, non possono certo realizzare l’aspirazione ad uno statuto giuridicocompiuto per i <strong>beni</strong> <strong>comuni</strong>. E neppure vi si avvic<strong>in</strong>ano. Macredo possano quanto meno <strong>in</strong>dicare qualche obiettivo. Innanzituttoquello di cont<strong>in</strong>uare la ricerca sul versante giuridico per contribuiread un dibattito che anche <strong>in</strong> Italia è ormai alquanto vivace. In secondoluogo quello di cercare un fitto scambio <strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>are, il solo chepuò consentire di vedere da angolazioni diverse cosa accade <strong>in</strong> una societàretta da un sistema e da un <strong>diritto</strong> nei quali la dimensione del comuneè soppressa o comunque occultata.<strong>Il</strong> lavoro di ricerca <strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>are può <strong>in</strong>oltre aiutare a scopriree a elaborare, per chi lo desideri, pratiche <strong>in</strong>terstiziali di affermazione– e/o di difesa d<strong>alla</strong> soppressione – del comune. Può trattarsi di pratichemateriali come le ‘uglyfication strategies’ messe <strong>in</strong> campo <strong>in</strong> alcuniquartieri di Berl<strong>in</strong>o a rischio di gentrification 48 . Oppure possonoessere pratiche che fanno leva sulle emergenze del comune che sonodentro il sistema giuridico.A questo proposito uno <strong>dei</strong> problemi fondamentali della gestionedel comune, il problema dell’accesso <strong>alla</strong> giustizia e <strong>dei</strong> suoi costi, potrebbeessere <strong>in</strong> parte affrontato proprio attraverso la pratica del comune,praticando le facoltà di giurisprudenza come bene comune,cioè realizzando il gratuito patroc<strong>in</strong>io attraverso quelle particolariesperienze didattiche che negli USA hanno nome di law cl<strong>in</strong>ics e checonsentono a studenti e docenti <strong>in</strong>sieme di patroc<strong>in</strong>are cause di variotipo a titolo gratuito. Dai ricorsi contro la vendita a scopo di speculazioneedilizia dell’ex demanio militare <strong>in</strong> attuazione del recente decretosul federalismo demaniale 49 , alle cause contro la brevettazione digeni che impediscono l’accesso a costi contenuti a importanti strumentidiagnostici, le possibilità di praticare il comune a com<strong>in</strong>ciaredalle nostre aule sono molte 50 .48 Con l’espressione «uglyfication» si vuole <strong>in</strong>dicare un <strong>in</strong>sieme di pratichevolte a tenere lontani i nuovi <strong>in</strong>quil<strong>in</strong>i borghesi: dal non riparare f<strong>in</strong>estre rotte, almettere il cibo <strong>in</strong> buste di plastica appese fuori <strong>alla</strong> f<strong>in</strong>estra f<strong>in</strong>gendo di non avereil frigo, ecc. Queste pratiche vengono messe <strong>in</strong> opera dopo essere state decise collettivamente<strong>in</strong> assemblee di quartiere.49 D.lgs. 28 maggio 2010, n. 85, «Attribuzione a <strong>comuni</strong>, prov<strong>in</strong>ce, città metropolitanee regioni di un proprio patrimonio, <strong>in</strong> attuazione dell’articolo 19 della legge 5maggio 2009, n. 42».50 Per un’esperienza italiana cfr. B. W<strong>in</strong>kler, Relazione al Sem<strong>in</strong>ario Impararefacendo. Cosa sono le cl<strong>in</strong>iche legali e perché vale la pena di <strong>in</strong>trodurle nelle facoltà digiurisprudenza. <strong>Un</strong>iversità degli Studi di Brescia, 13 maggio 2010, reperibile al seguentel<strong>in</strong>k: HYPERLINK «http://www.adapt.it/acm-on-l<strong>in</strong>e/Home/.../documento7297.html» www.adapt.it/118

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