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FOCUS > forumI NUOVI RUOLI DELL’INNOVAZIONE:IL BUSINESSINNOVATIONMANAGERE. Baglieri■ HANNO PARTECIPATO AL FORUMEnzo Baglieri <strong>SDA</strong> <strong>Bocconi</strong>, Head Unit Produzione e TecnologiaEnzo Biagini Amministratore Delegato Apple ItaliaGiovanni Bigazzi Vicepresidente FedermanagerMarcello Miradoli Responsabile Business Development RCS MediagroupMartina Pareschi Responsabile Human Capital Management, Service Line, IBM GBS ItalyNicola Redi Chief Technology Officer, TT Venture, Fondamenta SGRE. Biagini■ A CURA DIEnzo BaglieriSilvia Zambonienzo.baglieri@sdabocconi.itsilvia.zamboni@sdabocconi.itG. BigazziOBIETTIVO DI QUESTO FORUM È DELINEARE IL PROFILODI NUOVE PROFESSIONALITÀ E RUOLI NELLA GESTIONEDELL’INNOVAZIONE IN AZIENDA NELLA SUA ACCEZIONE PIÙM. MiradoliM. PareschiN. RediAMPIA, LEGATA NON SOLO ALLO SVILUPPO DI UN NUOVO PRO-DOTTO O DI UN NUOVO SERVIZIO, MA ANCHE ALL’INNOVAZIO-NE DI BUSINESS, DI PROCESSO O ORGANIZZATIVA, FAVORENDOLA CRESCITA AZIENDALE ATTRAVERSO NUOVI MERCATI E L’E-SPANSIONE DI QUELLI ESISTENTI, L’INTRODUZIONE DI NUOVIO MIGLIORATI PRODOTTI E SERVIZI E L’IMPLEMENTAZIONE DINUOVI MODI DI LAVORARE.© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATIe&m 5 | 2009 9


FOCUS > forumIn un contesto complesso e altamente competitivo l’innovazioneè il risultato di differenti competenze tra lorointerconnesse, di strategia, tecnologiche, tecniche, scientifiche,di marketing, di gestione delle risorse umane, finanziariee di gestione delle relazioni con soggetti esternisu scala sempre più internazionale e globale.Dal punto di vista organizzativo, quindi, è necessariostrutturare un processo che non sia frammentato, mache con continuità e sistematicità consenta di allineare leattività e i comportamenti delle unità funzionali o di staffcoinvolte verso l’obiettivo trasversale comune, che è l’outputdell’innovazione stessa. Come è accaduto per altriprocessi in passato, anche l’innovazione è ormai diventataun processo strategico per la competizione e questoporta alla creazione del Chief Innovation Office (CIO),una figura complessa, con molte sfaccettature, in gradodi governare e orientare lo sviluppo innovativo dell’aziendada tutti i punti di vista. In quest’ottica il CIO, oBusiness Innovation Manager, dovrebbe svolgere quindiuna reale attività di spinta all’innovazione di business,che va al di là della gestione dei processi, in una direzionepiù strategica di propulsione all’innovazione, crescitae vantaggio competitivo.L’obiettivo dell’evento è discutere di nuove professionalitàper la gestione dell’innovazione e, potenzialmente, la❝Anche l’innovazione èormai diventata unprocesso strategico perla competizione, equesto porta allacreazione del ChiefInnovation Office (CIO)❞nascita e l’affermazione di un ipotetico Business InnovationManager, un manager all’interno dell’azienda cheabbia il compito di portare trasversalmente e diffondereuna cultura dell’innovazione e gestirne poi i processi.Il contributo offerto dai panelist vuole pertanto approfondirel’evoluzione in atto nella gestione dei processiinnovativi e comprendere le caratteristiche che questoruolo – individuale o collettivo sotto forma di board – dovrebbericoprire in azienda.BAGLIERI Ha davvero senso parlare di un ruolo di managerdell’innovazione? Qual è la vostra opinione rispettoa questo profilo?BIGAZZI Forse arriviamo un po’ in ritardo nella definizionedi questo ruolo nel nostro paese. Le aziende dimatrice anglosassone hanno già da qualche anno introdottoin maniera strutturata la figura del Chief InnovationOfficer, o Business Innovation Manager. Secondola mia esperienza, è preferibile che questo ruolo provengadall’esterno dell’azienda, poiché deve avere la capacitàdi far emergere l’innovazione dall’interno, daimanager e dai quadri aziendali. Dovrebbe essere unagente del cambiamento, con spiccate capacità comunicative,di brainstorming e di maieutica, un forte metodologopiuttosto che un profilo dalle competenze chiaramentepredefinite o predeterminabili. Deve saper apportaree mantenere una visione dall’esterno all’interno,come generatore di discontinuità nella conoscenzasedimentata in azienda. In aziende che detengono unasupremazia tecnologica nei loro prodotti questo ruolopuò essere ricoperto dall’uomo del marketing, in altreaziende può coincidere con il direttore della R&S, conil Chief Information Officer, talvolta anche con il TotalQuality Manager.Per il Business Innovation Manager la creatività è solo unpresupposto: deve poi saper trasformare questa creativitàin innovazione attraverso strumenti strutturati, anche graziealla propria esperienza. Un altro elemento di assolutorilievo è l’analisi del rischio, attraverso l’utilizzo di strumentidi natura strategica e di analisi progettuale.BAGLIERI Qual è oggi l’esperienza di grandi multinazionalicome IBM intorno ai ruoli per stimolare l’innovazione?Quali sono i processi fondamentali e che profilohanno le persone che svolgono ruoli affini a quelli di cuistiamo discutendo?PARESCHI L’esperienza in IBM è emblematica. IBM ènata come azienda hardware e ora più del 60% del nostrofatturato deriva dai servizi. È un mondo di businessdiversi in centocinquanta paesi, con quattrocentomila© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI10e&m 5 | 2009


I nuovi ruoli dell’innovazione© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATIREDI Io provengo da un mondo industriale, abbastanzatradizionale, Pirelli Pneumatici prima e successivamenteIdeal Standard International, ai tempi American Standard.Sono stato nel gruppo Pirelli fino al 2002, dove servivonel Project Management Office della ricerca di base. Pirelliera un punto di riferimento per quello che riguardavala ricerca in Italia, grazie a Pirelli Labs e alla sua piattaformadi ricerca di base.Già nel 2000 aveva una piattaforma strutturata di KnowledgeManagement interno esteso alle risorse che provenivanodall’esterno.Nel Gruppo Ideal Standard ero il responsabile per progettidi sviluppo prodotto della regione EMEA. In questo conpersone;il modo in cui negli ultimi ottant’anni ha saputorinnovarsi all’interno dei singoli business è la traduzionestessa di quello che, a livello di mission strategica,chiamiamo innovazione.In IBM abbiamo iniziative specifiche mirate alla gestionedei nostri talenti, finalizzate a sviluppare in loro unapropensione maggiore all’innovazione, per la generazionedi nuovi business ma anche per cambiamenti organizzativiimportanti. A livello globale l’iniziativa forsepiù conosciuta è la nostra Innovation Jam, una communityin cui per tre giorni i nostri dipendenti, clienti, fornitori,le università – in sintesi, il nostro network – siconfrontano on line nella proposta di idee innovative,che vengono poi selezionate per essere successivamenterealizzate.Al di là della capacità del singolo di sviluppare delle idee,tuttavia, ritengo debba esistere un’attitudine organizzativaestesa che sia quasi una seconda “anima” delle personeche operano in azienda, poiché anche le grandi aziendenon possono permettersi che siano tutti dedicati all’innovazione.L’innovation manager dovrebbe aiutare agenerare le condizioni perché questo avvenga non soloall’interno, ma anche nell’interazione con l’esterno. Èl’interazione con i nostri clienti che stimola le miglioriidee. Naturalmente, è necessario poi creare le condizioniorganizzative per cui questa innovazione possa essererealmente assorbita, e l’organizzazione possa cambiarein linea con questa.BAGLIERI Cosa vuol dire sviluppare un’attitudine organizzativaall’innovazione? E come si fa?❝Per il Business InnovationManager la creativitàè solo un presupposto:deve poi saperlatrasformare ininnovazione attraverso❞strumenti strutturatiBIAGINI Al di là del singolo profilo del Business InnovationManager, parlando di innovazione occorre innanzituttofare riferimento a una cultura dell’innovazioneche deve permeare l’azienda stessa, cioè a un’organizzazioneche abbia una visione e tensione innovativa,un piano per l’esecuzione della medesima, risorseorganizzative e profili delle figure professionali chesiano coerenti con tale programma; tenderei a distingueretra cultura dell’innovazione che ha per obiettivola modifica del posizionamento di un’azienda – segnatamentela tensione ad anticipare i tempi (nuovi prodotti,servizi, processi) – e ricerca continua di nuova efficienzaoperativa, che in realtà deve essere presente siain aziende innovative sia in aziende più “tradizionali” efollower.Per esempio, la tecnologia digitale ha rivoluzionato e ridefinitoi confini di diversi mercati, principalmente le telecomunicazioni,l’informatica e i contenuti o media.Questo fenomeno deve tradursi in una nuova definizionedi ruoli, in investimenti sulle persone in termini diformazione, in nuove modalità di misurazione delle prestazionie di definizione delle ricompense.Nelle aziende in cui è già forte la cultura dell’innovazionenon ha senso premiare l’innovazione “in sé”, ma piuttostopremiare i risultati. In altre aziende, invece, perpromuovere tale cultura occorre definire e identificareun attivatore, un evangelista, un advisor, un fattore abilitanteche sia in grado di supportare altri processi affinchési possa creare cultura e produrre innovazione.BAGLIERI Mi rivolgo a Redi: cosa pensa un venture capitalistdi questa attitudine all’innovazione? Quanto la ritrovanelle aziende in cui ha operato e con cui si trovaadesso a operare?e&m 5 | 200911


FOCUS > forumtesto ho potuto apprezzare l’importanza della capacità diascolto dei clienti, nonostante, di fatto, l’azienda ne siapiuttosto distante per via della struttura della catena distributivadel settore della ceramica: è stato interessante ritornarea lavorare con il cliente, analizzarne i bisogni, e da lìricostruire non certo la supply chain, ma il prodotto.Concordo con l’ingegner Bigazzi sul fatto che non cipossa essere innovazione senza metodo. Anche l’approcciodel design di Ideal Standard si basava sugli strumentipresi in prestito dal Design for Six Sigma (DFSS) inmodo da dare concretezza alle idee generate.Nella mia esperienza attuale, Fondamenta stessa è un’innovazioneorganizzativa, poiché una SGR ha scommessosulle competenze industriali legate alla ricerca, impiegandopersone che provengono dal mondo industriale enon solo dal private equity.Dal mio punto di vista, nel nostro paese manca il concettodi “ecosistema dell’innovazione”, concetto che prendoin prestito dal MIT di Boston. Il MIT lavora prevalentementesulla ricerca applicata in un ecosistema dell’innovazione,dove l’insieme delle strutture, dei centri di ricercae delle opportunità di networking fa sì che si possanogenerare costantemente nuove idee che trovino applicazione,supportate da un forte metodo.In Italia i nostri imprenditori non hanno metodo. Le proposteche riceviamo sono completamente destrutturate,a eccezione di pochi fortunati casi. Ci sono idee interessanti,ma non bastano le idee per fare innovazione. Ecosistemae metodo, quindi, potrebbe essere la combinazioneinteressante per generare idee che si traducano ininnovazione reale.BAGLIERI Come è possibile conciliare la continua tensioneall’innovazione con l’efficienza? Si può ovviare attingendoa questi ruoli dall’esterno?MIRADOLI Io sono un forte sostenitore dell’innovazionecontinua a tutti i livelli dell’azienda, perché credo checi troviamo sempre più in un ecosistema di mercato soggettoa forti pressioni evolutive, di trasformazione, o involutive,come la crisi attuale.Provengo dal mondo IBM, poi in Sky e ora in RCS, quindi,come l’ingegner Biagini ricordava, il mondo della tecnologiae dei media mi è noto. Diventa strutturale il fattoche si debba reagire, si debba anticipare, si debba continuarea cambiare, e questo deve necessariamente esserefatto a tutti i livelli. È chiaro, poi, che esistono alcuni momentistorici per l’azienda in cui è necessario fare un❝Ci troviamo semprepiù in un ecosistemadi mercato soggetto aforti pressioni evolutive,di trasformazione,o involutive, comela crisi attuale❞cambio di paradigma, trasformarsi velocemente in modoradicale e diventare qualcos’altro. Credo che proprio inquesti momenti sia necessaria la presenza di un ruoloesterno, che catalizzi questo cambiamento con le metodologieadeguate, ponendo grande attenzione a coinvolgeretutta l’organizzazione verso il nuovo cambiamento.Il primo Business Innovation Manager in questi forticambiamenti è l’amministratore delegato.BAGLIERI Abbiamo parlato di definizione di innovazione,di necessità di distinguerla dal “miglioramentocontinuo”, che pare essere parte delle attività quotidianeche si svolgono nel miglioramento di prodotti, processie servizi. Quando parliamo di vera innovazione facciamoriferimento a una sfida maggiore: la generazione di unnuovo business o una discontinuità forte su prodotti eservizi e, quindi, la necessità di ruoli dedicati.Se dovessimo prendere in considerazione anche impresedi dimensioni minori rispetto a quelle qui rappresentate,dove potremmo collocare questa tipologia di profilie, soprattutto, pensate possano essere ricoperti da unsingolo o, piuttosto, da gruppi di lavoro?PARESCHI Dal mio punto di vista siamo ben lontanidal fatto che l’innovazione continua sia già nella nostraoperatività, poiché non mancano mai spunti su come farmeglio. Proprio perché il tema dell’innovazione è moltosfaccettato tenderei a sposare l’idea di un board, dove dovrebberoessere presenti anche lo sviluppo organizzativoe la gestione del cambiamento, in modo da poter gestirein modo efficace i processi di trasformazione che ne dovesseroderivare.© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI12e&m 5 | 2009


I nuovi ruoli dell’innovazione© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATIBIAGINI Personalmente, credo che dipenda molto daltipo di azienda e dalla sua fase evolutiva in essere, daltipo di settore, nonché dall’importanza del progetto considerato.Se l’azienda vuole dare un’impronta di innovazionemolto forte, deve innanzitutto infondere una culturadell’innovazione, e questo richiede l’endorsement,l’imprimatur dell’alta direzione e, quindi, dell’amministratoredelegato e del top management.Per ciò che concerne l’attenzione verso il cliente e l’ascoltodelle sue esigenze, certamente è importante mantenereun legame forte con il mercato, ma se si vuole innovarein modo veramente radicale – cioè portare sul mercatoqualcosa che ad oggi non esiste e che possa rappresentareun vero breakthrough, una vera discontinuità positivasul mercato – ritengo sia difficile che ciò possa esseresuggerito dai clienti, in quanto è difficile per loro intravedereche cosa può esserci dietro l’angolo. Quindi, diventanofondamentali la visione e la cultura dell’azienda,che, con le sue competenze, riesce a farsi interprete diuna nuova metodologia d’uso, di una nuova funzioned’uso del prodotto, del servizio o del processo che difficilmentei clienti possono immaginare. Credo che la veradiscontinuità presupponga una visione di più alto livello,una cultura ancora più forte all’interno dell’azienda euna forte focalizzazione delle risorse a disposizione chepensino in quella direzione. È difficile da codificare, mava costruita nel tempo e consolidata attraverso una fortevisione e una forte missione dell’azienda.Infine, credo che la complessità limiti l’innovazione: lasemplicità dell’idea, dei processi dell’azienda, dei modelliorganizzativi, applicata ai progetti, e quindi agli obiet-❝È importante mantenereun legame forte con ilmercato, ma se si vuoleinnovare in modoveramente radicaleè difficile che ciò possa❞essere suggerito dai clientitivi, è una leva molto forte per conseguire l’innovazione;questo faciliterebbe, almeno in teoria, le piccole e medieimprese rispetto alle grandi, tipicamente più strutturate,ma in genere anche più burocratizzate. In questi casi, iproblemi di disponibilità di risorse potrebbero essere indirizzatida progetti comuni all’ecosistema di cui si è parlato.Questo richiederebbe un approccio mentale piùaperto, rivolto alla condivisione e al superamento di taluniparticolarismi locali che impediscono opportuneforme di aggregazione tra aziende locali o di messa in comunedi risorse per raggiungere determinati obiettivi,realizzando di fatto una sorta di evoluzione del distrettoper come è conosciuto oggi.A questo proposito, al contrario, non solo riscontro ancorauna scarsa attenzione e consapevolezza verso la culturadell’innovazione, ma addirittura investimenti moltolimitati in tecnologia e adozione della stessa, con inevitabiliconseguenze sul piano del miglioramento dell’efficienzaoperativa.La tecnologia fine a se stessa non serve, ma la cultura dell’innovazionesenza tecnologia è impossibile da portareavanti. Oggi non si può prescindere dal suo impiego, eanche le grandi imprese, oltre a essere consumatrici ditecnologia, decidono di stipulare accordi con i propriconcorrenti per acquisire know-how, e quindi soluzioniad hoc, che non potrebbero essere sviluppate internamentecausa gli ingenti investimenti richiesti: quindi, lavalidità e la consapevolezza che tale modello è perseguibilesono già provate (coopetition).MIRADOLI Mi permetto di aggiungere un elementoimportante. Credo che la governance dell’innovazionevada di pari passo con la complessità organizzativa dell’organizzazionestessa. In un’azienda multi-business emulti-unit una trasformazione importante ha bisognodel commitment continuo del top management, e ilBusiness Innovation Manager sarà il “braccio armato” diquesta volontà esplicitata. In un’azienda più piccola, piùpadronale, la sintesi di governance di top management,di business development, di direttore commerciale èl’imprenditore stesso. In questo caso, è il cosiddetto imprenditoreilluminato che è in grado di innovare, di inventarsi,di trasformare un business, di avere quell’ideache trasforma un settore. Concordo sul fatto che organizzazionipiù semplici catalizzino l’innovazione in mododecisamente migliore, però è anche vero che organizzazionicomplesse e burocratiche per cambiare pelle devonopartire da quello che sono. Un’organizzazione “buro-e&m 5 | 200913


FOCUS > forumcratizzata” necessita di un sistema di governance dell’innovazionepiù complicato, perché se si vogliono trasformarele persone, la cultura, il modo di approcciare delleorganizzazioni, necessariamente si deve partire con glistrumenti che già sono utilizzati abitualmente, altrimentisi crea uno strappo, non una trasformazione.BAGLIERI Alla luce di quanto si è detto sulla mancanzadi metodo da parte degli imprenditori nel formulareproposte di progetto, è possibile pensare a figure di affiancamento,a professionisti esterni in grado di trasformarela loro creatività, la loro intuizione, attraverso il metodo,in una proposta più strutturata che possa poi essere presentata,eventualmente, per il finanziamento? Le piccolee medie imprese non potrebbero percepire questo ruolocome rischioso rispetto alla propria capacità di generareinnovazione e stimolarla all’interno dell’azienda?REDI L’imprenditore, come figura molto accentratriceche non accetta che altri, specie se esterni, possano dareconsigli, non è la persona che ci interessa, perché non èaperta a imparare, a trasformarsi, a crescere. La nostrasfida è proprio quella di riuscire a far emergere chi oggiha la potenzialità di essere un imprenditore e che vuolemettersi in gioco. In realtà, le imprese veramente interessantinon sono quelle che partono con un’idea e conun prodotto nuovo, ma quelle che partono con una piattaforma,qualcosa che ha già una possibilità di gemmarsiin altre tecnologie e prodotti su diversi mercati e applicazioni.Le persone giuste per noi sono quindi gli imprenditoriaperti a un supporto di metodo per svilupparealtri prodotti, per gestire l’azienda, per farla crescere.BAGLIERI C’è rischio di conflittualità tra questi ruoli inun’impresa?non ci si trasforma tout court da permanent manager intemporary manager, ma ci sono fondi regionali ed europeiper fare formazione continua all’essere temporarymanager, per adeguarsi a questo nuovo contesto e adottareun linguaggio diverso. Forse, l’imprenditore affiancatoda un temporary manager può risolvere il conflittodi cui si parlava.BAGLIERI Nella creazione di questa attitudine all’innovazione,l’università e le scuole di management hanno laloro parte di responsabilità nel cercare di creare unamente aperta all’apprendimento continuo. Quali sono,secondo voi, i temi più importanti per i giovani che stannofrequentando gli studi di natura manageriale-economicao di natura tecnico-scientifica che possono aiutarea sviluppare questa attitudine all’innovazione? Dopodieci anni di apprendimento sul campo, quali sono itemi cruciali nell’ambito della formazione managerialeche possano svolgere appieno questo ruolo di motoredell’innovazione?MIRADOLI Secondo me sono gli stessi ingredienti cheservono a una società moderna. Gli elementi di base riguardanola curiosità, la comprensione della diversità ela capacità di reagire. Questo vale nel mondo del businesse in tanti altri settori della società. Forse il sistemascuola oggi in Italia, al di là dell’educazione superioreuniversitaria, è rimasto un po’ indietro. Bisogna lavoraremolto sulla multiculturalità, sull’abitudine alla temporaneitàe al fatto che le cose cambiano, mettere gli studentidi fronte a questa condizione e farli reagire, farli riflettere.Nella mia esperienza le persone più aperte all’innovazionedal punto di vista manageriale hanno tutteun background scolastico, culturale, di vita, fortementediversificato.BIGAZZI Sicuramente sì. Nelle PMI, cioè la maggiorparte delle imprese nel nostro paese, manca la gestionemanageriale, e la loro competitività spesso si basa sulcosto: strategia ormai letale nel lungo periodo. La crisi,però, aiuterà a capire la necessità dell’affiancamento diquella nuova figura, che in Italia ancora fatica ad affermarsi,che è il temporary manager.Credo che, se vogliamo fare innovazione nelle PMI, compatibilmentecon la loro capacità di investimento e con leesigenze di equilibrio interno di gestione delle risorseumane, occorra rivalutare in Italia il concetto di managertemporaneo, come avviene in altri paesi. Naturalmente14e&m 5 | 2009❝Bisogna lavorare moltosulla multiculturalità,sull’abitudine allatemporaneità e al fatto❞che le cose cambiano© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI


I nuovi ruoli dell’innovazione© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATIBIAGINI Condivido ciò che ha detto Miradoli e aggiungereil’importanza di una certa ampiezza di preparazionedi base e della sua solidità, che comporta il fatto cheil nuovo manager non abbia timore di confrontarsi, dimettere in discussione le proprie idee, di affrontare ilnuovo: forte senso critico e fiducia sono caratteristichechiave nei processi decisionali manageriali di successo eveloci.BAGLIERI Percepite delle differenze tra il nostro sistemauniversitario e quelli di altri paesi?REDI Esistono grandi diversità. Io sto facendo un dottoratopart-time in Innovation Management a Birmingham,cosa molto difficile da fare in Italia, continuandoad avere un lavoro full-time. Il sistema con cui si vieneselezionati è un po’ inusuale rispetto al contesto italiano:ho una proposta di ricerca, cerco un docente cheabbia voglia di seguire la mia ricerca per quattro o seianni, dopodiché si passa attraverso un criterio selettivo.Non ci sono concorsi, non ci sono borse. Quest’approcciosi estende anche ai criteri selettivi del corpo docente,che si trova in un job market simile al contesto privato.Ogni università è responsabile del proprio budget,che è legato per una parte consistente alla sua produzionescientifica, non nella scarsissima percentuale che abbiamoin Italia. Vengono svolte delle review per assegnarepunteggi ai singoli dipartimenti e, successivamente,i dipartimenti ottengono finanziamenti in baseall’output scientifico. Alla produttività scientifica e allacapacità di portare i dottorandi al completamento dell’iterformativo è inoltre correlata buona parte dello stipendiodei docenti.Queste sono le differenze sostanziali. Le persone che silaureano non sono poi così diverse, in termini di metodidi ricerca, dai ragazzi che vedo uscire dalle università italianedi oggi: in entrambi i casi vi è molta immaturità. Aimiei tempi, quando si faceva una tesi, si conosceva qualera l’applicazione di un metodo scientifico per arrivare airisultati. Questa cosa la insegnano ora in Inghilterra aidottorandi. Per fare innovazione è necessario formarepersone che siano abituate a pensare, in un backgrounddiversificato, con la capacità di affrontare contesti multiculturali,multidisciplinari. La direzione presa dalle universitàitaliane di creare dei superspecialisti, ma senzauna forte formazione di base più ampia che consenta distrutturare un ragionamento in contesti “sconosciuti”, ritengosia molto rischiosa.❝Creare superspecialistisenza una formazionedi base più ampia, checonsenta di strutturareun ragionamentoin contesti ‘sconosciuti’,è molto rischioso❞BAGLIERI In IBM come selezionate i giovani perchésiano stimolati a fare innovazione?PARESCHI Oggi abbiamo programmi a livello internazionaleper scegliere top talent in erba, che vengono inseritiin programmi internazionali, per diciotto mesi di formazionecon un mix di attività lavorative e attività formativein paesi diversi.La scarsa padronanza dell’inglese degli studenti italiani avolte limita molto la loro esposizione ai diversi stimoli.IBM, da questo punto di vista, è una specie di scuola d’urto,in un contesto in cui il melting pot è promosso comeuna modalità per allenarsi a essere sempre in difficoltà all’internodi modelli che cambiano continuamente. Questoè il nostro modo per valorizzare la diversity e compensareciò che non deriva direttamente dall’università italiana.A mio parere, però, i nostri studenti hanno un potenzialemaggiore rispetto ai colleghi stranieri in termini di capacitàdi sviluppare idee, anche grazie alle difficoltà chesiamo abituati ad affrontare, talvolta anche inutili ma checi allenano a trovare sempre soluzioni che altri non sannonemmeno pensare. Il vero gap sta nella strutturazionedelle idee, nella loro buona presentazione, nel sapersi farrispettare in questi contesti e arrivare con metodo infondo ai progetti, perché ci perdiamo nella disciplina dell’esecuzione.BAGLIERI Quali sono i concetti principali che unascuola di management dovrebbe trasferire a chi ha maturatouna competenza strettamente disciplinare perchépoi faccia un salto di qualità verso la trasversalità e ilcambiamento?e&m 5 | 200915


FOCUS > forum❝Gli studenti italiani hannoun potenziale maggiorerispetto ai colleghistranieri, in terminidi capacità di sviluppareidee, anche grazie alledifficoltà da affrontare❞BIGAZZI Riparto dalle tre caratteristiche per innovarecitate da Miradoli, che mi sono piaciute molto: creatività,diversità, capacità di reagire. Il problema non nasce all’università,ma ben prima, dalla scuola elementare o, forse,dall’asilo. Questi valori – curiosità, diversità, capacità direagire – nelle nostre famiglie si sono trasformati neltempo in omologazione, narcisismo, protezione.È qui che nasce il problema. Per quanto riguarda, invece,l’università, credo che l’Italia si fondi su una cultura diprodotti e non su una cultura di processi e, di conseguenza,l’atteggiamento tipico del manager italiano è fondatopiù sulla reattività e sul management by crisis che sullaproattività. Non abbiamo l’educazione di stile anglosassone,che è quella che porta alla leadership, attraverso l’esperienzacumulata nel gestire processi, applicabile indifferentementein settori di mercato diversi.Secondo me, l’università deve cominciare a privilegiarenon il nozionismo, ma l’approccio ai processi. Solo allorasi crea leadership. Concludo con una triste verità: inmolte multinazionali di cultura anglosassone che hannoacquisito imprese nel nostro paese, tutta la prima schieradei manager, ovvero la leadership aziendale, non è piùitaliana, ma lo è rimasta tutta la schiera della competenza,quella dedicata allo sviluppo del prodotto.PARESCHI Rispetto alla propensione italiana a rimanereall’interno di determinati settori o specializzazioni,ritengo che questo sia una conseguenza della scarsa mobilitàdel mercato del lavoro e, quindi, della mancanza diabitudine a cambiare spesso posizione, oltre che un indicatoredi una minore affermazione del ruolo del managerin quanto tale, non sempre percepito come professionalitàa sé e non necessariamente vincolata a competenzeed esperienze all’interno di determinati settori.BAGLIERI Redi, cosa dobbiamo insegnare a un managerdi 35-40 anni perché diventi attivatore dell’innovazione?REDI Rispetto all’educazione universitaria, sono ingegnereaeronautico, e sono ben felice di avere imparatocome si fa un calcolo aeroelastico o un’analisi strutturale.I processi li ho poi imparati lavorando. Sono d’accordosul fatto che la gestione per processi sia fondamentaledal punto di vista aziendale. Mi sono sempre occupatodi sviluppo prodotto, ma pensare in maniera trasversalesignifica pensare a cosa succede al resto dell’aziendaintroducendo una certa innovazione, e per far questodevo avere una visione di mercato, dell’impatto finanziario.Uno strumento fondamentale che fornisce molta trasversalitàdi competenze è l’MBA, per esempio. Aggiungo,però, che ci vorrebbe una curiosità personale, anchesu temi apparentemente lontani come, per esempio, lastoria.BAGLIERI Un MBA può aiutare ad affinare questa attitudineall’innovazione?© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI16BIAGINI Nel mio caso il master è stato estremamenteutile, soprattutto perché, non avendolo frequentato immediatamentedopo la conclusione degli studi, ho avutola possibilità di operare sul campo e quindi di strutturaremeglio con metodo, con modelli, quello che ho primamaturato a livello esperienziale diretto. Per i colleghistranieri il master non è un add-on limitato ai casi di eccellenzao comunque per un numero limitato di professionisti,ma è parte integrante del curriculum di studi.Quindi, questa competenza entra subito a far parte della“cassetta degli attrezzi”, del tool-kit del futuro managercon una certa trasversalità di conoscenza in ambitoaziendale. Non entro, in questa sede, nel merito della vicinanzadel sistema scolastico o educativo al mondo dellavoro, ma focalizzo l’attenzione su un punto: ritengoche la formazione dipenda molto anche dalla domandadel mercato. In Italia, la maggior parte delle aziende èancora costituita da aziende di prodotto, dell’industrianel senso classico della definizione. La parte servizi e ricercae sviluppo è sicuramente diventata più importantenelle nazioni più avanzate negli ultimi anni, e questo èun fatto strategico che è parzialmente vero in Italia, ove,peraltro, anche l’impianto produttivo non è stato rivisitae&m5 | 2009


I nuovi ruoli dell’innovazione© RCS Libri SpA - TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATIto a fondo, come invece è accaduto, per esempio, in Inghilterraa livello di sistema paese. Di conseguenza, registriamoanche una domanda di profili in parte disallineatarispetto al resto del mondo più avanzato. Inoltre, si dovrebbeparlare maggiormente di attrattività del sistemaItalia, che non è più tale da incentivare investimenti digrandi aziende che abbiano una visibilità a livello mondiale.Questo è un fattore limitante per l’interscambio cognitivotra nazioni avanzate e la ricchezza di esperienzedi qualità, nonché per la disponibilità di risorse finanziariee umane. Per quanto riguarda, infine, i profili che reclutiamo,per prima cosa verifichiamo la loro coerenza rispettoalla capacità potenziale di soddisfare le nostre esigenzespecifiche interne e operative. Soddisfatto questorequisito di base, cerchiamo di intuire se il candidatoavrà poi passione per ciò che dovrà fare e per le sfide chesi troverà ad affrontare, ed è questo che fa la differenza aparità di competenze e orientamento di base.MIRADOLI Nel mio settore servono tante idee nuove.Il settore dei media italiano è un settore che forse più dialtri, nel passato, ha sofferto di molta autoreferenzialitàe molta chiusura rispetto all’internazionale, all’estero equindi alle contaminazioni. Parliamo italiano: quello chescriviamo o diciamo è difficile da esportare. Esiste, inoltre,una certa commistione tra i media e la politica, chein qualche modo regolamenta e blocca dinamiche dicompetizione allargata e libera, che invece si può riscontrarein altri settori. Tutto questo ha parzialmente ingessatole dinamiche evolutive negli ultimi trenta-quarant’anni.Quindi, è necessario un ricambio in termini dinuove competenze, nuove idee, che provengano anchedai settori più diversi.Credo che uno stimolo alla formazione universitariapossa essere far lavorare i giovani su idee di imprenditorialitàda mettere in qualche modo in pratica, anche semi rendo conto che può essere una proposta di difficileapplicazione.BAGLIERI I sistemi di compensation e di misurazionedelle performance stimolano i nostri manager all’assunzionedel rischio, alla presa di decisione, alla ricerca dell’innovazione?PARESCHI In IBM non si fa carriera se non si condividela conoscenza, per cui siamo stimolati allaproattività, alla capacità di portare idee e, soprattutto,a non essere redarguiti nel caso in cui l’idea non siasempre quella “corretta”, data la natura americana dell’azienda,orientata a “uscire dal guscio” e affrontareambienti dinamici.Credo che questo, a livello di enunciato, sia un principioormai affermato in tutte le aziende ma non sempre facileda realizzare effettivamente. È poi vero che anche i migliorisistemi di incentivazione spesso si focalizzano sulrisultato e meno sul processo.BAGLIERI Il mondo della finanza, dei capitali è sensibilea stimolare e finanziare l’innovazione?REDI Premetto che sono abbastanza giovane nell’ambitodella finanza per poter dare una risposta che sia esaustiva.Riporto, però, un dato per capire quanto il mondofinanziario italiano sia disposto a scommettere sull’innovazione:il peso percentuale del venture capital sul PIL,rilevato annualmente dall’Unione Europea nell’ambitodel Europe Innovation Scoreboard.Questo dato ci vede intorno allo 0,12% rispetto a unamedia europea di 0,42%, e in termini percentuali è l’indiceche ha perso di più nel tempo. Secondo me, è giustoche il finanziamento all’innovazione derivi da fondidi venture capital o da parte di business angel che comincianoa fare i primi passi in Italia, ma non attraverso ilsistema bancario, perché si potrebbe arrivare a una situazionedi conflitto di interessi, dove di fatto l’interesse apartecipare con l’equity è più legato a un successivo interessea trasformare questo equity in debito.Ci sono, comunque, anche fondi stranieri molto grandiche intervengono in Italia, soprattutto fondi che operanonell’ambito del biotech piuttosto che, in alcuni casi, nell’ambitodell’ICT. In questi anni è stato fatto un grandelavoro di sensibilizzazione da parte del precedente ambasciatoredegli Stati Uniti in Italia, Ronald P. Spogli,cercando di creare una mentalità dell’imprenditorialitàscientifica in Italia. Tuttavia, non siamo ancora molto ricettividi fronte agli inviti sostanziali e molto interessantiche sono stati proposti. πe&m 5 | 200917

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